Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Memento Postridie
Memento Postridie
Memento Postridie
E-book243 pagine3 ore

Memento Postridie

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Sulle orme di capolavori come 1984 di George Orwell o Il Mondo nuovo di Aldous Huxley, Memento Postridie ci mostra un probabile futuro così lontano e allo stesso tempo così vicino. Le vicende di Andrea Rossi, un cittadino normale nella Milano del 2073, sono un esempio di come il tanto amato progresso può avere effetti sulle nostre vite e sul ruo

LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2016
ISBN9780957411395
Memento Postridie
Autore

Trevor P. Kwain

"I Love Wimbledon, History and the Absurd"Trevor P. Kwain is a child of the Eighties. He belongs to the video generation and multi-media lifestyle that is slowly degenerating speech and text of today. Yet, he is no knight in shiny armour to defend the old way of writing. He simply wants to bridge the written word with the dormant imagination in people's minds. An eclectic mind may find the third way, the third alternative, in a bi-dimensional reality torn between yesterday and tomorrow.Trevor P. Kwain currently lives in London.

Leggi altro di Trevor P. Kwain

Correlato a Memento Postridie

Ebook correlati

Fantascienza per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Memento Postridie

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Memento Postridie - Trevor P. Kwain

    Prefazione

    Il tema di Memento Postridie non è il progresso scientifico in sé; è il progresso della scienza per come influisce sugli individui umani.

    I trionfi della fisica, della chimica e dell’ingegneria sono dati per scontato. E’ solo attraverso i mezzi delle scienze biologiche che la qualità della vita può cambiare radicalmente. Gli altri campi scientifici possono essere applicati in modo tale da distruggere la vita o renderla estremamente complessa e difficile. La vera rivoluzione è da ricercare non nel mondo esterno, ma nelle anime e nei corpi degli uomini. [...] Ho voluto riassumere numerose predizioni futuristiche, non per il semplice fatto di predire, ma anche per poter capire come la nostra vita e le nostre abitudini potrebbero cambiare rapidamente. La scienza non si ferma e, di questo passo, quello che vediamo oggi potrebbe non esserci più in futuro

    Aldous Huxley

    Ho scritto Memento Postridie nel lontano anno 2000, all’alba del ventunesimo secolo, e ancora oggi mi sorprende come io abbia potuto immaginare il futuro descritto nel racconto che vi apprestate a leggere. Quando riuscii a pubblicare il romanzo per la prima volta nel 2012, molte cose erano cambiate ed ero cambiato anche io. La voglia di fare qualche modifica o qualche piccola correzione qua e là era irresistibile; d’altronde molti dei fatti predetti si sono gia in parte avverati ma forse non allo stesso modo in cui vengono spiegati nel racconto. Qualsiasi modifica o correzione da parte mia sarebbe stato un grande errore, un lavoro fatto male. Buona lettura.

    Trevor P. Kwain

    I

    Era notte fonda e il buio regnava sia dentro che fuori gli appartamenti. Se si tendeva l’orecchio si poteva ancora sentire in lontananza il fischio lugubre dell’Oscuramento, ma in realtà la sirena aveva fischiato tre ore fa e adesso in strada non c’erano luci, non c’erano rumori. Soltanto la luna faceva capolino tra le nuvole nel freddo cielo autunnale e sembrava l’unica cosa viva nei quartieri silenziosi di Milano. Tutti erano a dormire nei loro letti, ma c’era qualcuno che non poteva sopportare l’idea di dover convivere con i suoi pensieri nel silenzio assoluto.

    Nella stanza 221b l’orologio a ricarica aveva appena segnato le ventitre e per l’ennesima volta Andrea Rossi si preparava a passare una notte insonne. La stanza era ovviamente immersa nell’oscurità e ogni parte dell’arredamento aveva perso i suoi contorni ben definiti lasciando soltanto un’ombra. L’unica fonte di luce era una piccola candela che Andrea teneva nel cassetto e accendeva solo in momenti come questi, quando la distribuzione di energia elettrica veniva momentaneamente sospesa. Tutto il resto doveva rimanere spento dopo l’Oscuramento, perfino l’orologio a cristalli liquidi con il suo trillo allegro. In questo modo ogni notte rimaneva statica senza nessun segno che ti ricordasse il lento scorrere del tempo. Naturalmente Andrea ci aveva fatto l’abitudine e infatti rimaneva seduto alla scrivania del salotto per circa mezz’ora senza accorgersene. Di solito se ne stava seduto a fissare la parete bianca davanti a sé, ma il più delle volte aveva la testa rivolta verso il basso a guardare le pagine bianche e vuote di un diario. La lancetta dell’orologio a ricarica segnò le ventitre e dieci, ma Andrea non se ne accorse. Egli aprì il cassetto senza fare il minimo rumore e tirò fuori il famoso diario. La copertina era di velluto rosso leggermente sgualcito, probabilmente risaliva a più di dieci anni fa, ma le pagine e la rilegatura facevano pensare il contrario. Andrea aprì la prima pagina e prese la penna in mano. Non appena la ebbe in mano sentì subito una strana sensazione, una sensazione di scomodità e inadeguatezza dal momento che era la prima volta che utilizzava un simile oggetto. Non riusciva a credere che un tempo la gente scrivesse con questi strumenti così arcaici e per fortuna adesso tutto veniva scritto e stampato attraverso uno schermo di quindici pollici, non esistevano più penne né matite. Andrea avrebbe preferito usufruire della tecnologia digitale, ma scrivere al computer a quell’ora era impossibile e così insieme al diario si era preso anche una penna. Purtroppo il gesto si era rilevato più difficile del previsto, già gli faceva male la mano premendo semplicemente la penna e di sicuro dopo due o tre parole non avrebbe più sentito le dita. Ma Andrea era deciso a farlo e si mise a scrivere.

    Lettera I – Milano, 6 novembre 2073

    Andrea smise di scrivere, non per il dolore, ma per leggere quello che aveva scritto, così semplice, ma così strano. Stava guardando quella data e subito si era perso in una nebbia confusa di immagini e parole. Lavorando in ufficio ne aveva viste tante di date, ma non gli era mai venuto in mente che questa semplice cifra stesse ad indicare lo scorrere del tempo. A dire la verità non ci aveva mai fatto caso dal momento che ogni giorno gli sembrava di vivere sempre lo stesso anno, la stessa vita. Da giorni gli capitava spesso di avere strani pensieri, di perdersi in inutili riflessioni ed era questo problema che ultimamente non lo faceva dormire. All’inizio riteneva fosse soltanto stanchezza, ma poi il malessere era raddoppiato tanto da avere effetti negativi sul lavoro. La Compagnia gli aveva suggerito di farsi visitare dal suo team di medici, ma era tutto inutile. Sì, inutile perché non era un semplice mal di testa o un trauma cranico, era qualcosa di più profondo, dentro la sua personalità. Ancora adesso Andrea era ignaro della sua condizione, però rimaneva la sensazione, la sensazione che tutto stesse assumendo un nuovo significato e lui non potesse afferrarne l’essenza.

    Andrea riprese a scrivere cercando di cambiare discorso, ma ogni volta che vedeva il diario non poteva far altro che tornare sull’argomento. Purché aveva preso questo diario? Era difficile trovare la risposta a questa domanda, ma Andrea sentiva il bisogno di scaricare un peso, era sicuro di dover trasferire sulle pagine vuote il lungo monologo che da giorni gli frullava per la testa. E così riprese la penna e ad occhi chiusi fece in modo che la sua mente guidasse la mano.

    Nessuno si ferma più per pensare

    Andrea strabuzzò gli occhi. Le parole erano uscite così facilmente come l’acqua che scivola su una pietra levigata. Il risultato fu sorprendente. Questa frase l’aveva già sentita più o meno una settimana fa.

    Quel giorno Andrea era uscito dal lavoro due ore prima ed era un vero sollievo poter finire di lavorare presto. Di solito, quando dovevi uscire prima, arrivava un messaggio del CEO che ti chiedeva di fare lo straordinario, ma quella volta per Andrea non c’era stata nessuna richiesta e così alle diciassette era già fuori dall’ufficio. Era troppo presto per tornare a casa e così Andrea decise di fare un giro al centro, approfittando del fatto che i transport non erano in riserva. Le uniche volte che Andrea era riuscito a trovare un po’ di tempo libero, i transport erano sempre in riserva. Non che questo gli impedisse di andare a fare una passeggiata o di vedere i negozi, però sia l’ufficio sia il suo appartamento erano abbastanza distanti da Piazza Duomo. Certe volte la riserva poteva durare giorni, a volte settimane, ma la gente ci aveva fatto l’abitudine perché sapeva che prima o poi sarebbe finita. In quasi trent’anni la crisi petrolifera aveva colpito il mondo intero e all’inizio il solo pensiero di dover limitare il consumo della luce, di dover rispettare gli orari dell’Oscuramento, tutto questo sembrava qualcosa di impossibile, ma col tempo l’intera popolazione si era assuefatta alle nuove abitudini. Andrea, come tutti gli altri del resto, vedeva la crisi come parte della routine quotidiana, non c’era il minimo segno di panico e in effetti non c’era mai stato. Infatti la vita continuava, la tecnologia progrediva, e l’energia continuava ad essere utilizzata in modo limitato e senza che si creassero tanti problemi. Qualche volta il Presidente della Global Corp. comunicava il bilancio della situazione attuale, una serie di numeri in discesa il cui ordine non era tuttavia sempre chiaro alle moltitudini che passavano davanti ai dvd-screen o si fermavano a vedere una copia multimediale del Time. L’annuncio durava pochi minuti, il tempo di annunciare dati importanti mentre mezzo mondo rimaneva col fiato sospeso, e poi...pof!...la tensione svaniva subito dopo senza lasciare traccia e tutti quanti tornavano a fare quello che per un attimo avevano lasciato in sospeso. Come poteva essere pericolosa la crisi, se la gente continuava a godere dei vantaggi della moderna tecnologia? Andrea si comportava allo stesso modo, noncurante della situazione, ed ogni giorno accendeva la luce al neon, il microonde, il computer e il lettore cd.

    C’era poca gente in giro per le strade e non c’era nessuno alla fermata. Il transport arrivò quasi vuoto e frenò bruscamente. Andrea salì e si sedette ad uno dei primi posti senza badare a chi ci fosse a bordo, di certo non potevano passare inosservate le risate fastidiose di un gruppo di giovani seduti in fondo al veicolo. Andrea non odiava i ragazzi, ma la loro presenza gli faceva ritornare in mente la sua gioventù, un insieme di eventi slegati tra di loro e in parte poco felici. Lungo tutto il tragitto, da Piazza Firenze vicino a Piazza della Scala, Andrea cercò di non ascoltare gli schiamazzi dei ragazzi, ma immerso nei suoi pensieri non poté fare altro che ricordare. La sua infanzia non era stata un granché, sin da piccolo aveva passato tanti anni in un orfanotrofio circondato da donne in camice bianco e altri bambini orfani. Non aveva mai conosciuto sua madre, probabilmente lo aveva abbandonato ancora in fasce per le strade. Il padre, invece, non lo aveva mai avuto dato che sua mamma aveva deciso con coraggio di intraprendere l’inseminazione artificiale. Andrea non aveva risentimenti per una madre che non sapeva minimamente che aspetto avesse, però non tollerava il fatto che lo avesse abbandonato dopo aver scelto di testa sua di fare un bambino tramite la fecondazione in vitro. Così andava il mondo, e alla fine finivi per associarti a quello che la massa preferiva senza preoccuparti che potevi fare a qualcuno lo stesso male che avevi subito. Andrea stesso era andato più di una volta alla Banca del Seme e malediva il suo collega Alberoni che lo aveva convinto a donare i suoi spermatozoi dentro un vasetto di plastica. Purtroppo non si poteva tornare indietro ed era meglio lasciar perdere.

    Il transport continuò la sua corsa, poi l’autista suonò il campanello e frenò all’improvviso. Andrea trasalì tutto d’un colpo e si guardò intorno, di nuovo a contatto con la realtà che lo circondava. Il gruppo di ragazzi era già sceso e Andrea li vide allontanarsi con i loro jeans larghi, le giacche di velluto grigio e le teste rasate. Non li aveva visti bene in faccia, già si erano allontanati in fretta dal mezzo pubblico e ora si confondevano tranquillamente nella folla. Andrea guardò meglio fuori dal finestrino appannato e vide un orologio che segnava le diciassette e un quarto. Fuori era calata la sera e il transport aveva acceso per norma la luce di servizio mentre nelle strade i lampioni gialli si erano accesi contemporaneamente emanando la loro luce fioca sulle strade. Andrea scese con calma e si alzò il colletto non appena sentì sulla pelle la brezza gelida. Fuori, avvolte nei cappotti, migliaia di persone camminavano tutte insieme in galleria Vittorio Emanuele, chi verso la fermata, chi verso la stessa meta di Andrea Rossi.

    Piazza Duomo era bella come sempre, soprattutto da quando avevano installato i riflettori laser sulle guglie della cattedrale. Spettacolo davvero suggestivo! Quelle erano le uniche luci a rimanere accese dopo l’Oscuramento e le potevi vedere proiettarsi sopra la città silenziosa nel cielo buio e impenetrabile. La notte si intravedevano facilmente dai piani alti degli appartamenti ed erano diventati l’unica attrazione del dopo Oscuramento. In realtà la possibilità di ammirare quattro fasci di luce ondeggianti verso destra e verso sinistra non era molto eccitante, ma nella notte solitaria servivano da conforto all’Oscuramento. Andrea stesso considerava i riflettori un vero spreco di denaro, inutili contro la sua insonnia, ma allo stesso tempo non poteva fare a meno di ammirarli e dire ad alta voce quanto fossero belli e maestosi. Ad Andrea dava fastidio questo atteggiamento, era uno dei sintomi irritanti che da tempo lo influenzavano ininterrottamente. Succedeva spesso che le sue opinioni non combaciassero assolutamente, c’era un grande divario tra ciò che gli piaceva all’esterno e ciò che gli piaceva all’interno. Questo lo costringeva ad un forte disagio ogni volta che parlava con qualcuno e così, per un certo periodo, aveva pensato di parlare poco, di evitare discorsi con amici e colleghi allo scopo di non mettere in mostra il suo malessere. Tuttavia stare da solo con i suoi pensieri lo faceva sentire sempre peggio e l’unico modo per sentirsi in forma consisteva nel smettere di giocare allo psicologo con il proprio cervello.

    Andrea camminò a passo lento fino alla fine della galleria. Sull’angolo destro, vicino ad una delle colonne annerite di bugnato, un quartetto cantava a squarciagola a ritmo di musica technoplus. Il forte basso tuonava insieme alla batteria fino a diventare una pulsazione omogenea accompagnata da svirgolate e vibrazioni elettroniche. Andrea non era attratto da questo nuovo genere di musica, ma era molto apprezzato dai giovani e anche dagli adulti. Una gran folla era lì ad ascoltare e a saltare fuori tempo gridando e scatenandosi come forsennati. Sembrava fossero suonatori di strada e invece non erano altro che la banda di intrattenimento del vicino locale. Era un centro di ristorazione, un’ala estrema dell’ipercoop McDonald-Nestlè dove si potevano gustare dei panini alla griglia davvero squisiti. Non era l’unico, ce n’erano molti di più, sparsi in giro per i quindici piani dell’enorme edificio, così largo da coprire più di 5 km² e così alto da toccare il cielo. Si diceva che negli Stati Uniti gli ipercoop fossero ancora più alti, quasi fino a raggiungere i quaranta piani. Questo e altro potevi trovare negli immensi ipercoop che si affacciavano su Piazza Duomo. In tutto ce n’erano quattro che illuminavano l’intera piazza con le loro luci multicolori e accecanti. Dolci suoni e allegre melodie riecheggiavano dappertutto, diffondendo nel raggio di chilometri un clima di ‘compra e vendi’. Più di duecento megafoni riempivano l’aria con note di gioia annunciando sconti e nuove offerte. Luci e suoni stimolavano occhi ed orecchie della frenetica vita milanese, e secondo le direttive della Global Corp., questi erano gli unici edifici che potevano permettersi due ore in più di luce elettrica. Gli ipercoop chiudevano i battenti alle ventidue mentre il resto della città era già scomparsa nell’oscurità. Questo privilegio per il centro era dovuto al fatto che gli ipercoop erano fondamentali perché dentro potevi trovare di tutto, dentro non mancava assolutamente niente, tutto quello che ti serviva era dentro questi quattro palazzi mastodontici. Il McDonald-Nestlè era incentrato sugli alimentari sia per l’acquisto sia per il consumo. Era il più variopinto, decorato con migliaia di ‘m’ gialle e logo rossi. I supermercati erano un vero e proprio inno all’opulenza, simbolo di ricchezza e benessere. Gli scaffali contenevano ogni tipo di pietanza, dalla verdura ai cibi surgelati, dalla carne ai cibi in scatola, tutto quello che l’uomo desiderava mangiare era immagazzinato qui giornalmente, trecentosessantacinque giorni l’anno, ventiquattro ore su ventiquattro. Inoltre, se non c’era il tempo di cucinare, ci si poteva fermare ad uno dei centri di ristorazione aperti non-stop e scegliere qualsiasi pietanza dalle penne al curry di Madras ai tacos messicani, dal Japanese Teppan-yaki agli spaghetti alla bolognese. Tutto a disposizione, tutto nutriente, tutto manipolato geneticamente. Il cibo veniva creato negli stabilimenti bio-agricoli sparsi per tutto il territorio della Pianura Padana. I pharmacontadini avevano il compito di fabbricare il DNA di piante e animali in modo da renderle resistenti contro ogni forma di malattia o intemperie mentre gli ecoscout dovevano controllare la stabilità della struttura genetica per evitare brutte sorprese a contatto con l’ecosistema. In seguito il prodotto finale era pronto per essere coltivato in grandi serre costruite accanto agli stabilimenti. Andrea non aveva mai visto questi stabilimenti, ne era venuto a conoscenza grazie all’eklettoencyclopedia on-line. Aveva visto foto e varie statistiche e si era fatto una certa cultura. Sapeva che si trovavano nelle campagne e che erano così lontani e sperduti da non poter essere raggiunti molto facilmente, ma non ci faceva molto caso visto che tanto solo gli addetti potevano entrare negli stabilimenti. Andare fin là era quindi uno spreco di tempo.

    Di fronte al McDonald-Nestlè vi era il secondo ipercoop, il Laurent-Chanel che era dedicato esclusivamente all’abbigliamento. Copriva l’altra metà della galleria più altre due paia di km² in direzione di Piazza Babila e dei Giardini pubblici. La parte più interessante del Laurent-Chanel era l’aspetto esteriore. Si trattava di un edificio stravagante che su ogni facciata presentava strane decorazioni e statue stravaganti accentuate dagli effetti delle luci psichedeliche. L’interno era ancora più creativo: corridoi asimmetrici, scale sbilenche, pareti bianchissime, assenza di mobili superflui e tante di quelle rifiniture che davano un meraviglioso tocco d’arte. Su ognuno dei quindici piani migliaia di capi d’abbigliamento erano esposti in vetrina, dal frac allo smoking, dalla beat generation alla rave generation, dalla tenuta sportiva alla tenuta da spiaggia, tutti gli stili e tutte le combinazioni possibili le trovavi qui in cinquantasettemilaseicento colori diversi.

    Le forti luci del Laurent-Chanel venivano in parte offuscate dal terzo ipercoop di fronte ad esso che poteva usufruire pienamente della brillante tecnologia digitale. Il New Microsoft-Sony si orientava su questo campo, qui ogni apparecchio elettronico aveva il suo settore specifico, dagli elettrodomestici agli stereo, dai computer alle tv satellitari. Era il più grosso, raggiungeva i venti piani e si estendeva fino a Piazza Medaglie d’Oro. Si divideva in due parti, una si affacciava su Piazza Duomo ed era il punto vendita tecnologico, l’altra invece fungeva da magazzino per le merci che provenivano da fuori. Infatti dall’ottavo piano della facciata sud partiva un tunnel trasportatore che si collegava con la stazione di Porta Romana. Da lì poi le merci venivano portate dentro o fuori Milano. Sistema ingegnoso che permetteva un rapido spostamento di materiale in poco tempo e garantiva sicurezza nel trasporto grazie all’uso di robot avanzati. Il fenomeno dell’automatizzazione aveva raggiunto livelli molto alti e adesso non c’era più bisogno di operai o manovali. Il New Microsoft-Sony aveva aperto in passato le porte del futuro con l’elettronica e per questo motivo era diventato il simbolo del progresso. Di conseguenza era il più gettonato dalle masse e ogni santo giorno milioni di persone passavano per i corridoi a comprare un pacchetto di batterie o un minidisc vergine. Il grande afflusso di gente era dovuto anche all’Ospedale Policlinico, costruito al centro al New Microsoft-Sony; infatti nella moltitudine si potevano scorgere spesso chirurghi, v-dentisti, ingegneri del tessuto, programmatori genetici ed infermiere. L’ospedale si collegava anche con il quarto ipercoop che era altrettanto affollato. Si trattava dell’Amazon-Virgin, un punto vendita che offriva una grande varietà di oggetti e accessori e in più ospitava sia il CSR che il GASDAQ. Esso arrivava fino a Via De Amicis e lì terminava il cerchio commerciale di Milano.

    Tutti e quattro gli ipercoop formavano insieme la grande azienda mondiale, la Global Corp., che cinquant’anni fa decise di togliere ogni piccolo negozietto dalle strade, di abolire ogni forma di piccola azienda e di riunirle tutte insieme sotto un unico nome. In questo modo, con l’aiuto del World Wide Web, il mercato divenne finalmente unico, capace di raggiungere ogni piccolo angolo del pianeta senza ostacoli né barriere. All’inizio il

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1