Io non apro mai gli allegati: Un giorno di ordinaria filosofia lavorativa
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Anteprima del libro
Io non apro mai gli allegati - Gaetano Amoruso
Gaetano Amoruso
"IO NON APRO MAI
GLI ALLEGATI"
Un giorno di ordinaria
filosofia lavorativa
Introductionis
Chi è l’uomo? Molti prima di me hanno cercato di dare una risposta oppure una riflessione, un pensiero, un semplice aforisma. Chi sono io per dire la mia? Eppure, dopo tanto girovagare nell’animo umano e nei suoi meandri più profondi posso dare un contributo, in maniera semplice, senza pretese, fuori da logiche di qualsiasi tipo, consapevole che sarò il solo a scrivere e leggere queste righe. Se saremo in due potrei essere contento.
Se state leggendo queste prime pagine all’interno di una libreria, è già un risultato esaltante; comprare il libro diventa il massimo della libidine; un ottima recensione di un quotidiano prestigioso diventa l’apoteosi.
Far proprio il messaggio mi rende perfetto, immortale, consapevole di aver scritto soprattutto per te che proprio in questo momento sei lì, in piedi, davanti allo scaffale, non riuscendo a chiudere la copertina e rimettere la tua anima in fondo al ripiano, insieme alle altre, in bella mostra, ansiose di far conoscere la propria storia . Ti sei seduto. Bene. Leggi ancora un po’. Questo è davvero forte, rimugini a pensieri stretti. Prendi, paghi e ti risiedi nella prima panchina fuori dal caos del non luogo per eccellenza.
Riprendi la lettura e si accendono i riflettori sui sogni a pagine aperte.
«Tieni saldo il tempo! Custodiscilo, vigila su di esso, ogni ora, ogni minuto! Trascurato scivola via…
Considera sacro ogni istante. Conferisci a ciascuno chiarezza e significato, a ciascuno il peso della tua consapevolezza, a ciascuno il suo vero e debito adempimento»
THOMAS MANN -
È ancora buio. Il ricordo volge al giorno prima, uguale a quello precedente, identico a quello di tre giorni addietro. È la monotonia del lavoro fordista, della sveglia sempre uguale, del gesto automatico, della guida perfetta e dell’arrivo senza aver capito di essere arrivati a destinazione. Chiudi l’auto, un ultimo sguardo al mezzo, senza motivo apparente e prima di entrare e varcare quella soglia estrema pensi al tempo che passa inesorabilmente.
Alice:
" Per quanto tempo è per sempre?"
Bianconiglio:
" A volte, solo un secondo".
Ed eccolo Peppe il semplice, barba incolta, sguardo stanco, occhi piagati dalla sofferenza, accendere lo sguardo alla mia vista.
Un impercettibile sorriso illumina la sua giornata e io cammino lento, inesorabile verso il declino. Alzo gli occhi verso la telecamera di sorveglianza, mimo il saluto irriverente, e rallento, rallento fino a diventare un bradipo che riflette sulla durata della vita umana, un punto, la sostanza di un flusso, la composizione di un corpo corruttibile, il fato imperscrutabile dell’ingresso al lavoro, infantile camminamento verso il nulla assoluto all’interno di un luogo inesistente. Un cenno, un sorriso adesso evidente, il solito esame; adesso la giornata di Peppe si è colorata. In attesa della prossima.
Pochi passi, l’accusa di inutilità del futile e dell’inutile attraversa lo spazio conosciuto. Poche anime distillano i primi accordi con il vaso di Pandora pronto per dispensare il briefing del mattino, la preghiera isolante del giorno, il volubile attestato di partecipazione all’organizzazione del tempo perso in quantità industriali e industriose di metodi per evitare di risparmiarlo in un misto terminale di considerazioni nebulose
Il nobile
Lo incontro a metà strada tra il corridoio e la stanza del bottone privo di particolare interesse, immerso nei numeri della coercizione collettiva, all’interno di una società terapeutizzata che mira all’esplorazione del lucro nella sua forma più triste.
Il mio silenzio al suo finto interesse gli conferma, ancora una volta, per l’ennesimo giorno consecutivo, la prostrazione dell’anima vagabonda che cerca di ritrovare se stessa e la strada perduta in ogni sacro momento della giornata, anche quando tutto sembra fermo ed equidistante, senza senso e credulità.
E come dare ordine al disordine tra miriadi di sovrastrutture che aleggiano come le palle di natale rosse e impolverate. Mi guardo attorno spaesato, è tutto freddo, tutto racchiuso in