Sedimenti
Di Andrea Keji
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Anteprima del libro
Sedimenti - Andrea Keji
633/1941.
Prefazione
Ci sono parole che continuamente si perdono nel caos della vita e si depositano sul fondo dell'anima, nell'abisso dell'invisibile. Discorsi interi fatti tra me e me nelle solitudini delle attese o nelle sere più scure, lasciati scappare nella fragile memoria che li cancella in pochi attimi. Sono questi i miei sedimenti, quelli che ho raccolto e accudito come fossero un tesoro inestimabile. Esperienze e riflessioni, un confronto attivo con la parte occulta del mio essere, la maratona infinita verso l'incontro con il mio vero me stesso, con la verità. Questi scritti sono momenti fotografati durante la mia esistenza, istantanee sincere, parziali e sporche delle parabole che la mia anima ha compiuto lungo gli anni, senza sapere bene dove andare.
Ho aspettato molto per mettere insieme questi testi, li considero stralci di me, parti del mio corpo che hanno deciso di fossilizzarsi. Non avrei mai preso in considerazione l'idea di renderli pubblici, ma questo lavoro nasce dall'esigenza di portare a compimento un viaggio. Il viaggio della parola, che ha senso solamente quando viene ascoltata, che compie il proprio ciclo di vita solo quando viene accolta per quello che è: un messaggio. Ho sentito la necessità di dare una forma ai messaggi che sentivo dentro, che erano qualcosa di immateriale, tratti impalpabili.
In questo libro ci sono io, con tutti i miei limiti infiniti, ma ora per me è arrivato il momento di spostarmi dietro lo specchio, e provare a riflettere una luce diversa.
Per me è un piacere essere tra le tue mani, passare attraverso i tuoi occhi e cadere sul fondo dei tuoi pensieri, come un sedimento anch'io e le mie parole, i miei messaggi.
Grazie per essere qui.
A. Keji
I.
Quindi, è finalmente arrivato
il nostro tempo.
Quello che abbiamo atteso,
sperato e voluto.
Dunque ora è il momento
per tacere,
per crollare di fronte all’evidenza
di un presente che vuoto,
non significa proprio niente.
Era questo che cercavo?
Era questo il mio perché?
In questo silenzio alieno
non voglio annegare,
non voglio affondare.
II.
Passiamo i momenti a guardarci, come fossimo delle montagne che si stagliano alte nel cielo, che amano ferirsi sotto ogni tempesta, sotto ogni sole. Galleggio continuamente nel mare petrolifero dei miei neri pensieri, un raggio di luce timida illumina leggermente le mie mani
solitarie. Naufrago, mi perdo, gli arti immobilizzati, nel misto di acqua e gasolio. Nella mente corrono autostrade vuote, nelle quali esplodono ordigni che riscrivono, ridisegnano, rielaborano cose in realtà assenti.
Hanno cementato tutte intorno le pareti, ci hanno abbandonati, ora il tuo respiro cresce affannoso tra le pieghe delle lenzuola, sudi caldo come ogni notte.