Il canto del gallo: E i rumori divennero suoni
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Anteprima del libro
Il canto del gallo - Anna Rita Tombari
1. FINALMENTE
23 maggio 2018
Amore mio,
per la prima volta, oggi, ho sentito la mia voce.
Quando la dottoressa Giorgia si è avvicinata e ha posizionato gli apparecchi, ho chiuso gli occhi. Quante volte ci abbiamo provato? Tante. Quante volte sono tornata a casa delusa? Troppe. Lo dicevi sempre che di donne come me non ne avevi mai incontrate, che ero una su un milione. Era vero, è vero, da qualunque prospettiva si voglia guardare la vita. Ma quando la dottoressa mi ha sorriso, il mondo è esploso in mille colori e aveva il suono della mia voce. Una voce che non mi piace, te lo scrivo a scanso di equivoci, un suono che ho trovato imbarazzante, incauto e terribilmente titubante. Questo accade a chiunque provi ad ascoltarsi, e l’imbarazzo felice che ho provato conferma che nonostante tutto sono simile a te e sono uguale al vicino che abita dall’altra parte del pianerottolo, sono una persona come lo sono le mie amiche, come lo è il presidente della Repubblica e lo era, persino, Giacomo Leopardi – mi piace questo accostamento, lo sai che è il mio preferito. Per la prima volta in tutta la mia vita, ho assaporato quel che si nasconde oltre il silenzio.
Oggi ho ascoltato la mia voce e ho pensato: Allora esisto. Avrei voluto piangere, ma non l’ho fatto, ero troppo felice e incredula. Poi c’erano i nostri figli, più belli e più grandi di come li hai lasciati, ma sempre sorridenti, con quel sorriso che è il mio e il carattere che, invece, mi pare somigli più al tuo. Avevi mai fatto caso alla melodia della parola papà
? Quattro lettere, due sillabe che si ripetono con accenti diversi, ma se suona bene almeno la metà di come rimbalzano allegre le lettere di mamma
, è già uno spettacolo. È una parola fantastica da ascoltare, mamma
. Come amore
, felicità
, bellezza
. Come sorriso
. Sono tutte parole che ho letto milioni di volte, che ho scritto altrettante e che queste orecchie, che non sanno cogliere altro che echi deboli, non ne hanno mai sperimentato la forza come oggi.
Quando la dottoressa si è avvicinata, ha posizionato gli apparecchi e ho detto: «Ciao», entrambi i nostri figli mi hanno risposto con un: «Ciao, mamma». Credo sia valsa la pena arrivare fino a qui soltanto per un momento del genere, per sentirmi parlare e ascoltare la risposta di quei cuori che sono un po’ anche il mio. Ho sentito i colori del mondo accendersi tutto intorno e la bolla scoppiare: ero in mezzo a loro, proprio come loro.
Oggi sono nata per la seconda volta. Oggi che è il giorno del tuo compleanno. È sicuramente un tuo regalo, come tutti quelli che mi hai fatto da quando te ne sei andato fisicamente, perché lo sai che sei sempre qui accanto a me.
Scusami se ti scrivo solo adesso, alla luce di un’alba che fatica a sorgere, ma è stata una giornata piena, nel vero senso della parola: piena di suoni sconosciuti, di prime volte e di emozione. Sono tornata a casa che era già notte e ho sfidato le leggi del buon vivere comune con la televisione accesa, la radio sintonizzata e il telefono incollato all’orecchio per riascoltare la mia stessa voce. Un mare di parole del quale ho fatto il pieno, standomene stesa immobile sul divano finché quel poverino che abita di fianco non ha iniziato a protestare per il rumore.
«Abbassa il volume!» mi ha rimproverato. «Scusa,» gli ho urlato in risposta «sai che non sento!» E senza smettere di ridere ho preso la penna, ho aperto il diario e cercato la data di oggi, che ormai è già ieri, per scriverti a centro pagina: Finalmente
.
La città non mi era mai sembrata così caotica come all’uscita dal Centro Audin. Tenevo il braccio stretto attorno a quello di Alessandro, mi stava incollato come tu gli avevi insegnato, perché quei rumori erano troppi, ingoiati tutti insieme. «Dove vuoi andare?» mi ha chiesto Stella, una volta preso posto in auto. Alla mia risposta ha sorriso e, senza fare altre domande, ha messo in moto. Non ti nascondo che durante il viaggio ho spento per qualche minuto gli apparecchi, dissimulando in una scusa terribile: «Ho paura che si scarichi la batteria» ho detto «ai miei gioielli
– Haec ornamenta mea, come dice Cornelia; mi prendono sempre in giro quando li definisco con questa locuzione latina.» La verità è che volevo soltanto nascondermi ancora un po’ nel mio mondo silenzioso, lo sai bene che a me piaceva anche così. Ma al mondo silenzioso mancano delle cose alle quali non rinuncerei mai più: il suono delle onde, il rumore dell’acqua che