Oltre il tempo
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Anteprima del libro
Oltre il tempo - Andrea Attilio Grilli
Il capitano Keller
Agosto 1944
La fregata Aiace calò le ancore a poche miglia dall’isola. Alcuni uomini in divisa, soldati tedeschi, si affacciarono alle balaustre della nave. Un leggero vento accarezzava i volti di quegli uomini, volti stanchi, consumati e spesso incisi dal dolore e dalla sofferenza. Anche i più giovani avevano perso l’innocenza, anche i più giovani d’età avevano visto quanto bastava per non spaventarsi entrando all’Inferno. Ma in quell’istante sembrava che fossero lontano dagli orrori della guerra. Quel leggero vento mediterraneo ingannava e strappava a tutti un momento di estraneità dalla guerra, dalle brutalità di cui erano stati testimoni o attori consapevoli.
Quel fazzoletto di mare poteva essere un quadro, uno spazio isolato, un’isola felice in un mondo in fiamme e unito dalla peste dell’odio e del terrore. E gli untori con il vento tra i capelli si illudevano forse di aver guadagnato un momento di pace. Il capitano Keller osservava quegli uomini e si chiedeva cosa avrebbe ricordato la Storia, cosa avrebbe tramandato di ognuno di loro come uomini e come gruppo di soldati. Come li avrebbero ricordati? Untori o eroi della Patria, la Germania rinata dalle ceneri della sconfitta della Grande Guerra. Passò la mano destra per accarezzare l’avambraccio dolorante dopo una ferita subita in Africa. Pensò o sperò che il calore della mano avrebbe ridotto il dolore. Ma non sembrava che avesse il minimo effetto. Alzò lo sguardo verso la costa e con occhio attento cercò qualche traccia di vita. Sfoderò il binocolo e incominciò a osservare il promontorio che si presentava alla sua destra. Ogni tanto allontanava il marchingegno dagli occhi e guardava l’orizzonte azzurro leggermente macchiato da quella terra bruna, spesso tinta di verde che da secoli galleggiava lì, davanti alla Toscana, una regione che per i suoi studi conosceva molto bene e ma che non aveva mai visitato in tempo di pace.
I servizi segreti avevano riferito di alcune leggende su un abitante dell’isola, ma l’ufficiale tedesco non era minimamente interessato alle voci e alle storielle di marinai preoccupati solo di giustificare ataviche paure marinare. Dalla poca documentazione raccolta sapeva che avrebbero trovato poche vecchie case abbandonate. Se fossero stati fortunati avrebbero preso il controllo dell’isola senza troppe difficoltà. Non risultava la presenza di partigiani in un buco di terra come quello, ma se avesse potuto fare la lista degli errori della grande Germania, l’inefficienza dei servizi segreti avrebbe vinto il primo posto.
Non si sentiva affatto tranquillo. Lo stesso capitano della nave poteva essere un traditore antifascista.
Il mare era calmo, la brezza rinfrescava l’aria, era una bella giornata di maggio, il momento più adatto per lavorare su un’isola. Uno dei suoi sergenti, l’interprete del reparto, si avvicinò con rispetto.
Il capitano Keller aveva sentito i passi del soldato. - Mi dica sergente. - Il capitano aveva sempre un tono molto aristocratico quando parlava con i sottoposti, la sua educazione prussiana e un lungo percorso di studioso d’arte lo spingevano a mantenere le distanze. Per una serie di circostanze, nato da una antica famiglia di guerrieri al soldo di Bismarck, prussiano, ottimo fisico e un discreto coraggio, si era trovato più volte coinvolto in operazioni altamente complesse in quegli anni di guerra. Così il suo comportamento era sempre altezzoso, ma gentile, perché in fondo tutto era tranne l’essere superiore che avrebbe conquistato il mondo.
- Mi dica Schmit.
- Il capitano Moretti le comunica che siamo pronti a sbarcare.
Il capitano della fregata era un uomo enigmatico, gli italiani erano esseri enigmatici. Avevano lanciato per primi la nuova idea dello stato totalitario, ma non erano stati capaci di giungere a quel livello di fanatica efficienza del Reich, il reich millenario.
- Molto bene, mi chiami il tenente Olser. - Il sergente si allontanò velocemente. Gli italiani ormai non erano più capaci di apparire uno stato efficiente, piuttosto un esercito sbandato e senza comando; ma gli unici ad avere una flotta navale da usare per gli spostamenti nel Mediterraneo. Keller osservò la ringhiera e notò che la nave era curata e pulita. Un comandante fa il suo dovere comunque, indipendentemente da tutto e da tutti.
Il tenente Olser si avvicinò a passo deciso. Un giovane della nuova Germania, sicuro della vittoria anche in quel 1944 così grigio e sconfitto. Il Führer li avrebbe guidati comunque al trionfo sui nemici della patria. Gettò una rapida occhiata sulla divisa e il portamento dell’ufficiale, tutto in ordine come si aspettava; come quella nave anche il suo reparto manteneva la dignità e l’onore che ogni soldato deve conservare anche nei momenti di sconfitta. Da come si prende cura di sé stesso e del proprio modo di presentarsi al prossimo, si capisce se un esercito è ancora in grado di combattere.
Quando era studente d’arte, era rimasto sorpreso di vedere in alcuni quadri che rappresentavano la battaglia di Chattanooga, il particolare ordine delle divise e la compostezza di soldati e ufficiali. Altre guerre, altro onore. Ora c’era poco da essere fieri.
- Tenente, prepariamoci allo sbarco.
- Sì, signore.
- La sua squadra scenda sul lato destro della cala, quella del tenente Martens su quello sinistro. Io guido la terza compagnia. Avvisate il capitano Gass. - Il tenente fece schioccare i tacchi delle scarpe e si allontanò per preparare lo sbarco. Keller rifletteva sulla figura del capitano della SS Gass. Una classica figura di nullità era emersa con la nuova Germania, non capiva perché venisse dato così tanto spazio a criminali e malfattori senza spessore, quando la nuova Germania avrebbe avuto bisogno della nobiltà delle illustri famiglie prussiane che avevano unito quella terra così forte e solida, ricca e generosa. Erano loro con la superbia e l’ignoranza a ungerla di dolore e tristezza.
Stava diventando arrogante, sentimento che non apparteneva né alle sue qualità, né alla persona di nobile gentile. Ora avrebbe voluto essere nella stanza del vecchio palazzo di famiglia dove ascoltava musica da camera, rigorosamente dal vivo, suonata dalla sorella e dalle cugine. Tutte ottime musiciste.
Il capitano Gass non si fece attendere. Il suo passo marziale, da razza superiore, lo guidava con superbia verso il capitano Keller.
- Capitano mi cercava?
- Ci prepariamo allo sbarco per bonificare l’isola, ritengo che per domani mattina i genieri potranno iniziare a lavorare. - Non amava parlargli e si limitava sempre a comunicazioni di servizio. Anche il capitano Gass non nascondeva un discreto rifiuto per quel nobile che non portava la divisa del corpo scelto dal Führer per rappresentare la razza superiore. Le SS.
- Sono compiaciuto del suo lavoro, mi avevano segnalato la competenza e bravura del suo reparto. - Il tono era di rito, senza entusiasmo e senza nessuna particolare attenzione verso l’interlocutore. Grass non credeva nelle parole dette ed era sicuro che le sue SS avrebbe potuto fare di meglio, ma non voleva inimicarsi le uniche truppe di cui disponeva. Il capitano Keller avrebbe voluto rispondergli, forse insultarlo per l’ipocrisia, ma di quei tempi quei loschi figuri vestiti di nero avevano sempre più potere e in fondo al cuore il capitano sperava sempre di poter tornare a casa per riprendere gli studi che tanto amava.
Sorrise, anche lui fingendo, compiaciuto. Poi si liberò del capitano Gass dirigendosi verso i soldati per prepararsi allo sbarco. Il capitano Moretti aveva preparato delle scialuppe, sicuramente non adatte per uno sbarco, ma da vecchio lupo di mare, sapeva che in quell’isola non c’era proprio niente, anche il guardiano del faro se l’era data a gambe. Comunque non si poteva permettere di contraddire i padroni del mondo e aveva deciso di mantenere un tono di obbedienza. Almeno per ora.
Navigava da molti anni, soprattutto sulle rotte verso la Spagna e il sud della Francia, conosceva bene quella zona. Era vestito esattamente come un bambino si sarebbe aspettato un capitano di una nave, con la pipa, la barba bianca e il cappello con il bavero. Dall’alto della cabina di comando osservava i soldati tedeschi scendere sulle scialuppe; da quella posizione sembravano più umani e meno dominatori.
Chissà chi l’avrebbe vinta la guerra ora che gli americani avanzavano dal sud dell’Italia. Si chiedeva con una buona dose di cinismo marinaresco e