Protagonista è l’abbraccio: Temi teologici nel magistero di Francesco
Di Massimo Naro e Matteo Zuppi
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Info su questo ebook
Chiesa madre e pastora, popolo fedele di Dio, spiritualità popolare, misericordia, tentazioni ecclesiali, neo-pelagianesimo e neo-nosticismo, riforma, sinodalità e sinodo, gioia del vangelo, letizia dell’amore, gaudio della verità, processi da avviare, periferie esistenziali, umanesimo solidale, ecologia integrale, interconnessione e interdipendenza, dialogo, relazione, fraternità e fratellanza: sono le tematiche più significative nell’insegnamento di papa Francesco, le chiavi di lettura tramite cui egli interpreta il mondo odierno, il cambio d’epoca – come lo chiama – cui stiamo assistendo, nonché le sfide più urgenti e promettenti al contempo sia per la riflessione teologica sia per la prassi pastorale, oltre che per l’esperienza credente degli uomini e delle donne di questo nostro tempo. Intrecciate insieme, esse costituiscono l’ordito e la trama di una sorta di arazzo, la cui estensione si va dimostrando sempre più vasta e omnicomprensiva, inglobando la realtà ecclesiale innanzitutto, ma pure sporgendosi oltre i confini della Chiesa stessa e mostrando pertanto una portata universale, arricchita da ricadute ecumeniche, interreligiose, culturali, sociali e politiche. Il nucleo sorgivo di una tale concezione, complessa e articolata, è da individuare in un peculiare fatto relazionale, rappresentato dalla reciprocità. La quale, radicata teologicamente nell’orizzonte dell’agápē, si traduce nella «mistica del vivere insieme», vale a dire del sostenersi a vicenda, del sorreggersi in braccio gli uni con gli altri, del camminare abbracciati.
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Anteprima del libro
Protagonista è l’abbraccio - Massimo Naro
Massimo Naro
Protagonista è l’abbraccio
Temi teologici nel magistero di Francesco
© 2021, Marcianum Press, Venezia
Marcianum Press
Edizioni Studium S.r.l.
Dorsoduro 1 - 30123 Venezia
Tel. 041 27.43.914
marcianumpress@edizionistudium.it
www.marcianumpress.it
In copertina: Gino Covili, Il bacio al lebbroso, tecnica mista, cm 80x69, 1992-93, per gentile concessione di CoviliArte
Impaginazione e grafica: Massimiliano Vio
ISBN Edizione cartacea 978-88-6512-817-6
ISBN Edizione digitale 978-88-6512-863-3
ISBN: 9788865128633
Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write
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Indice dei contenuti
Presentazione
Premessa
CAPITOLO I
1. Bergoglio: una sorpresa da decifrare
2. La teologia come un castello di vetro
3. Uscire dall’accademia
4. Intellectus caritatis
5. Farsi carico dell’umano
CAPITOLO II
1. Pater, Ave, Gloria
2. Genealogia conciliare
3. Duplice senso di un genitivo
4. Ecclesiologia poliedrica
5. Riforma per una Chiesa a trazione integrale
6. Soggettualità teologale del popolo
7. Fede e cultura, coordinate dell’umanesimo cristiano
CAPITOLO III
1. Il principio-misericordia
2. Da attributo a nome
3. Il riscatto della Trinità
4. Proprietà evangelica della Chiesa
5. Fondamento di un umanesimo interreligioso
6. Prossimità che trascende ogni sacralità
7. Commozione viscerale che scavalca ogni disobbedienza
8. Perdono ad oltranza, grazia impagabile
CAPITOLO IV
1. Sovrabbondanza della misericordia: dalla Chiesa alle religioni
2. Gli attributi nel nome: dalla teodicea alla teologia pratica
3. Compatire: dai recinti del sacro alle piaghe del mondo
4. Smarcarsi dal legalismo: dalla centralità del peccato alla tenerezza di Dio
5. Mai senza gli altri: dal diverbio al dialogo
6. Mistica del vivere insieme: dalla dimostrazione all’invocazione
CAPITOLO V
1. Nel quadro di una metamorfosi magisteriale
2. Due tentazioni e l’eresia contro l’amore
3. Sulla scia di una prolungata tensione riformista
4. Due direttrici: missionarietà e sinodalità
5. La sovreccedenza della sinodalità
6. La concretezza del servizio
CAPITOLO VI
1. Un’«enciclica per l’Italia» da prendere sul serio
2. Umanesimo cristico
3. I sentimenti di Cristo e le rughe sul volto ecclesiale
4. Sinodalità come contrassegno dell’umanesimo spirituale
5. Sinodalità in concreto: questioni pratiche, non di pura teoria
6. Camminare abbracciati
CAPITOLO VII
1. Un lemma fondamentale
2. Accezione da indovinare
3. Polisemia nei sinonimi
4. Contagio salutare
5. Oltre il senso comune
6. Priorità dell’altro
7. Sospensione legittima
8. Sovreccedenza qualitativa
CAPITOLO VIII
1. La serietà dell’amore coniugale
2. Profilo comunionale-comunitario e impronta relazionale
3. La questione dell’alterità
4. Prima declinazione: dall’altro
5. Seconda declinazione: con l’altro
6. Terza declinazione: per l’altro
7. Lasciarsi pro-vocare
CAPITOLO IX
1. Dalla devozione
alla spiritualità
2. Superare il devozionismo
3. Il pastore reintegrato nel gregge
4. Soggettualità pastorale del gregge
5. Le radici teologiche
6. Oltre una lettura soltanto sociologica
7. La sfida pastorale
CAPITOLO X
1. Il «valore sociale» della lieta notizia
2. «Voi stessi date loro da mangiare»
3. La «cultura della cura»
4. L’impegno politico
5. L’umanizzazione dell’economia
CAPITOLO XI
1. Le esigenze del vangelo
2. L’ecologia integrale come Weltanschauung
3. L’ecologia integrale dall’ontologia agapica
4. L’ecologia integrale come intreccio di creaturalità e creatività
5. L’ecologia integrale come escatologia cosmica
CAPITOLO XII
1. La verità è un fatto estatico
2. Il paradosso della «parádosis»
3. Il contagio si rivela una cura
4. La pedagogia critica: il tocco e la visione
5. Solo un segno per tutti
Per concludere: la rivoluzione dell’amore
AUTORE
Indice dei nomi*
IL CALAMO - TEOLOGIA
IL CALAMO
Teologia
23
Massimo Naro
Protagonista è l’abbraccio
Temi teologici nel magistero di Francesco
Presentazione del card. Matteo Zuppi
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Presentazione
Protagonista è l’abbraccio. Come? Qualcuno è convinto – rivelando le preoccupazioni del fratello maggiore di quella parabola che è proprio l’icona della teologia dell’abbraccio
– che questa sia in realtà una ingenua e pericolosa visione sentimentale, che mette in discussione l’identità stessa della casa perché giustifica chi viola apertamente le regole e quindi le svuota di significato. Non è troppo semplice
parlare di abbraccio quando siamo chiamati a misurarci con la complessità della storia, nella quale la fragile barca di Pietro è esposta come non mai alla durezza delle onde? Massimo Naro, in queste pagine, ci aiuta a capire l’insieme della riflessione di Francesco e della teologia – non meno della prassi – dell’abbraccio.
Conosciamo il vocabolario del papa, che è entrato – era tempo che non avveniva, anzi spesso eravamo prigionieri di un ecclesialese che pensavamo spiegasse tutto e in realtà ci rendeva incomprensibili a tutti – nel linguaggio comune del mondo laico. «Chiesa madre e pastora, popolo fedele di Dio, spiritualità popolare, misericordia, tentazioni ecclesiali, neo-pelagianesimo e neo-gnosticismo, riforma, sinodalità e sinodo, gioia del vangelo, letizia dell’amore, gaudio della verità, processi da avviare, periferie esistenziali, umanesimo solidale, ecologia integrale, interconnessione e interdipendenza, dialogo, relazione, fraternità e fratellanza», sintetizza Naro. A questo aggiungerei «io e noi», «ponti piuttosto che muri», «siamo sulla stessa barca», «ci si salva solo insieme», «la casa comune», «conversione ecologica», «il tutto è superiore alla parte» o «il tempo è superiore allo spazio» e gli altri principi primi spiegati in Evangelii gaudium. La sintesi, però, è sempre l’abbraccio, scelta felicemente da Massimo Naro come immagine che è in realtà molto più di un programma, in quanto inizio e conclusione di tutto. Saremo una cosa sola. In esso si rivela e si misura tutta la profondità teologica e pastorale delle intuizioni del papa. Non riflessioni per laboratori di simulazioni pastorali o di prove tecniche teoriche, a volte ideologiche (i famigerati «piani di conquista di generali sempre sconfitti»), bensì una teologia che è quella di sempre sebbene accetti il rischio di misurarsi con la realtà di oggi, con le sfide poste dall’uomo digitale e medicalizzato, individuo isolato e comunque desideroso di senso, di futuro, di bello.
La tradizione è ben diversa dalla caricatura museale o parossistica di cui alcuni epigoni si credono difensori, credendo esserne rappresentativi. Affatto! La tradizione è comunicare la verità di sempre nell’oggi. Non è conservare o estrarre una verità pura fuori dal mondo, ma applicarla interpretando le varie situazioni alla luce dei contenuti di sempre. «Il pensiero di una fuga nella dottrina pura
mi appare assolutamente irrealistico. Una dottrina che esistesse solo come una sorta di riserva naturale, separata dal mondo quotidiano della fede e delle sue esigenze, rappresenterebbe in qualche modo la rinuncia alla fede stessa. La dottrina deve svilupparsi nella fede e a partire da essa e non affiancarla»: questa recentissima considerazione di Benedetto XVI offre un motivo in più per ringraziare lo sforzo di Massimo Naro che ci aiuta a conoscere in profondità la ricchezza della riflessione teologica di papa Francesco e ad inserirla nell’oggi della Chiesa e del mondo, sforzo indispensabile per comprenderla. Certo, c’è chi ancora ama contrapporre spirituale e materiale, come se questo limitasse o contaminasse la purezza della dottrina. L’ortodossia e l’ortoprassi non sono contrapposte. Non è possibile una vera ortodossia senza un’adeguata e credibile ortoprassi o viceversa. In realtà esse sono una garanzia dell’altra. Del mondo ridotto a ospedale da campo (lo abbiamo visto con crudezza nel tempo della pandemia) se ne rende conto solo chi ha occhi aperti dalla compassione, la quale permette di diventare consapevoli della fame della folla e di donare il pane per il corpo e per l’anima, legati l’una all’altro.
Francesco unisce nella sua riflessione molti adversa perché ci aiutano a diligere la verità del vangelo, dell’amore che Cristo ci ha affidato affinché raggiungesse gli estremi confini della terra. Tutto ciò che lo sciupa, lo vanifica, lo rende senza sapore, lo allontana da questo mandato è stigmatizzato nella riflessione del papa, a volte con ironia, perché con le porte chiuse si ammala anche la teologia. Massimo Naro con l’attenzione propria di un teologo innamorato della Chiesa e del mondo, nonché con la libertà e con il rigore della sua ricerca, ci aiuta a comprendere lo spessore teologico e pastorale per ogni persona di quella grande folla che è destinataria di quell’abbraccio. Con accuratezza ci aiuta a conoscere i vari aspetti della teologia e della pastorale di papa Francesco, comunicandoci la passione per abbracciare, per non avere paura di farlo, per evitare che diventi un freddo cliché, per comprendere la ricchezza che l’abbraccio stesso esprime. Si tratta di allargare le braccia, non di tenerle conserte, ad aspettare che un altro faccia il primo passo, o di verificare tutte le condizioni necessarie, o di spiegare prima la verità come se questa fosse altra cosa da quel gesto che la esprime e le conferisce concretezza esistenziale. Naro ci aiuta a comprendere i vari e differenti significati di questo abbraccio che si protende verso tanti perduti e verso tante situazioni di sofferenza.
Anche la Chiesa è chiamata a sperimentare l’abbraccio. Se riesce a farlo, non smette certo di essere maestra, non perde la sua grandezza, spesso purtroppo fraintesa quasi fosse estraneità o, peggio, curiosamente, mondanità. La Chiesa è madre e non teoricamente, sociologicamente, ma in maniera affettiva, personale, con una carità esagerata
, toccando il cuore di quei tanti figli che le sono affidati e che sente suoi sempre, forse ancor di più quando sono lontani. E una madre che li sente suoi non ha paura di incontrarli, non teme di perdere se stessa. Tutti sono il soggetto dell’abbraccio.
La fine della cristianità è una affermazione recente nella sua chiarezza, in realtà avvertita da pastori attenti e teologi lucidi già da più di ottanta anni, molto prima del Vaticano II come, solo per indicare alcuni esempi, certe acute riflessioni di Romano Guardini o la contemplazione del sacro nella laicità della squallida banlieue parigina di Madeleine Delbrêl o le lacrime che rigano il volto del cardinale di Parigi descritto da Cesbron in I santi vanno all’inferno, il quale si faceva «condurre nella sua piccola automobile nera, triste e fuori moda, attraverso i sobborghi di Parigi e con il viso contro il vetro, le mani giunte e il cuore stretto passava lentamente in mezzo a quel popolo ormai pagano. I suoi occhi azzurri facevano provvista di quei visi grigi. Tutti figli di Dio
diceva e io sono responsabile di tutti loro. Padre perdonami, perdonami
». Don Mazzolari parlava dei e ai lontani. E insegnava a non condannarli (la verità del fratello maggiore), ma a capire la loro condizione e a interrogarci sulle nostre responsabilità e su come quella lontananza esprimeva in realtà la richiesta di una Chiesa più evangelica e vicina. «La strada dei lontani
nessuno la può tracciare toponomasticamente (nessun programma per intenderci!), poiché, dopo aver visto o meglio intuito, il camminare è questione d’anima, di temperamento, di calore, di comprensione, d’audacia». «I lontani
vogliono essere capiti: non importa se noi non siamo in grado di aiutarli. Non lo pretendono neanche: pretendono soltanto di vedere in chiarezza il volto di una religione, che in fondo stimano ancora e dalla quale si sono staccati per delusione d’innamorati». In realtà la fine della cristianità non significa affatto la fine del cristianesimo e forse dovremmo dire che spogliata di orpelli e tuniche non richieste la Chiesa può riprendere il cammino per andare ad abbracciare i tanti che cercano una casa. Dobbiamo resettare gran parte dell’immaginario cristiano, perché solo così possiamo maturare una nuova autocoscienza capace di esprimere la nostra realtà e riconoscere i tanti frutti che pure ci sono donati da un seme che è sempre generativo di vita.
C’è da mettere in conto l’incertezza di questa transizione, indubbiamente fine di un’epoca. Attenzione però – come suggeriva già Giovanni XXIII e come torna ad avvertirci Francesco – a confrontare questi tempi con i secoli passati come si limitano a fare i profeti di sventura, «che annunziano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo» e «arrivano fino al punto di comportarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che è maestra di vita, e come se ai tempi dei precedenti concili tutto procedesse felicemente quanto alla dottrina cristiana, alla morale, alla giusta libertà della Chiesa». Forse anche noi dobbiamo saper vedere oggi, nonostante tante delusioni e ferite, con la sobria ebrezza del concilio, «i misteriosi piani della divina Provvidenza, che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini, e spesso al di là delle loro aspettative, e con sapienza dispongono tutto, anche le avverse vicende umane, per il bene della Chiesa».
Ecco perché ci aiuta molto il libro di Naro: ci aiuta a comprendere la sfida e a sentirci interrogati, non inquietati. Nella teologia di papa Francesco la verità e l’amore coincidono e non sono scindibili. L’abbraccio ne è il risultato e la premessa. Guai a contrapporli. Nella sua prima enciclica, quella scritta a quattro mani
con Joseph Ratzinger, si legge: «Se l’amore non ha rapporto con la verità, è soggetto al mutare dei sentimenti e non supera la prova del tempo. L’amore vero invece unifica tutti gli elementi della nostra persona e diventa una luce nuova verso una vita grande e piena. Se l’amore ha bisogno della verità, anche la verità ha bisogno dell’amore. Amore e verità non si possono separare. Senza amore, la verità diventa fredda, impersonale, oppressiva per la vita concreta della persona. La verità che cerchiamo, quella che offre significato ai nostri passi, ci illumina quando siamo toccati dall’amore. Chi ama capisce che l’amore è esperienza di verità, che esso stesso apre i nostri occhi per vedere tutta la realtà in modo nuovo, in unione con la persona amata. In questo senso, san Gregorio Magno ha scritto che amor ipse notitia est, l’amore stesso è una conoscenza, porta con sé una logica nuova» ( Lumen fidei 26). Massimo Naro ci aiuta a comprendere una tale visione: entrare nel mondo, cercare le categorie culturali ed esistenziali per non chiudersi ed essere lievito per tutta la pasta. Non si difende la tradizione in una «trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine che si tenta di imporre a forza di insistere» (EG 35). Alcune verità «sono più importanti per esprimere più direttamente il cuore del vangelo». «Perché complicare ciò che è così semplice? Gli apparati concettuali esistono per favorire il contatto con la realtà che si vuole spiegare e non per allontanarci da essa» (EG 194).
Al centro del messaggio biblico non c’è il peccato, bensì la misericordia. «Ma se il peccato – spiega Naro in una pagina di questo suo libro – non è una semplice infrazione delle regole, sé è errore, fraintendimento, smarrimento, allora più che l’espiazione, inflitta da una giusta
condanna, potrà guarirlo il ritorno, la conversione, e ancor più l’accoglienza di Dio, la gioia e la festa del Padre. La parabola del figliol prodigo, sotto questo profilo, è emblematica. E l’episodio del giovane ricco ne è la cartina al tornasole: egli se ne andò triste, pur avendo dichiarato che osservava tutti i comandamenti sin da quand’era bambino». Così si realizza, come a sua volta insegna il papa in EG 87, la «mistica di vivere insieme» – che trasforma «questa marea un po’ caotica» «in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio».
Per questo il «pelagianesimo» e lo «gnosticismo» sono davvero due grandi rischi attuali, tutt’altro che categorie del passato e molto più trasversali di quanto si potrebbe presumere. Se il pelagianesimo spinge la Chiesa a trincerarsi nella regola, lo gnosticismo la induce ad alienarsi nel concetto, presumendo di valorizzarne l’indole trascendentale. La presunta sicurezza dottrinale o disciplinare dà luogo – per dirlo con le parole del papa – ad un «elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare». La conseguenza è che «né Gesù Cristo né gli altri interessano veramente». E non si sente più l’urgenza, la necessità, la centralità, il contenuto, la responsabilità dell’abbraccio, dove «si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Chi è il protagonista? Tutti e due, o, per meglio dire, l’abbraccio», come Francesco ha detto il 15 giugno 2014 visitando a Roma la Comunità di Sant’Egidio, intravedendo in essa un esempio di popolo abbracciato
, realtà coesa, integrata e integrante. Forse proprio per questo Alda Merini diceva che solo con l’abbraccio si è interi. Naro ci aiuta a comprendere la necessità ecclesiale ed ecclesiologica di abbracciare, giacché la Chiesa non è intera se non riesce a raccogliere, nel suo abbraccio materno, tutti i figli che le appartengono e che le sono affidati. L’abbraccio significa comunione, si impara ricevendolo e dandolo, superando geografie e letture misere, quelle che offendono l’amore fraterno cui siamo tutti chiamati e fanno penetrare delle interpretazioni politiche nel terreno ecclesiale che niente hanno a che fare con la Chiesa e qualche volta ne inquinano le relazioni. Non è la Chiesa che fa politica, ma è la politica che intimidisce la Chiesa e finisce per usarla: «La Chiesa, letta con le categorie di conflitto – destra e sinistra, progressisti e tradizionalisti – frammenta, polarizza, perverte, tradisce la sua vera natura: essa è un corpo perennemente in crisi proprio perché è vivo, ma non deve mai diventare un corpo in conflitto, con vincitori e vinti. Infatti, in questo modo diffonderà timore, diventerà più rigida, meno sinodale, e imporrà una logica uniforme e uniformante, così lontana dalla ricchezza e pluralità che lo Spirito ha donato alla sua Chiesa».
«C’è un posto nel mondo dove il cuore batte forte, dove rimani senza fiato, per quanta emozione provi, dove il tempo si ferma e non hai più l’età; quel posto è tra le tue braccia in cui non invecchia il cuore, mentre la mente non smette mai di sognare… Da lì fuggir non potrò poiché la fantasia d’incanto risente il nostro calore e no… non permetterò mai ch’io possa rinunciar a chi d’amor mi sa far volar», scriveva Alda Merini. Gesù più di tutti d’amor ci sa far volare. L’abbraccio lo riceviamo ed è affidato a noi.
XMatteo card. Zuppi
Arcivescovo di Bologna
Premessa
Chiesa madre e pastora, popolo fedele di Dio, spiritualità popolare, misericordia, tentazioni ecclesiali, neo-pelagianesimo e neo-gnosticismo, riforma, sinodalità e sinodo, gioia del vangelo, letizia dell’amore, gaudio della verità, processi da avviare, periferie esistenziali, umanesimo solidale, conversione ecologica, interconnessione e interdipendenza, dialogo, relazione, fraternità e fratellanza: sono le tematiche più significative nell’insegnamento di papa Francesco, le chiavi di lettura tramite cui egli interpreta il mondo odierno, il cambio d’epoca – come lo chiama – cui stiamo assistendo, nonché le sfide più urgenti e promettenti al contempo sia per la riflessione teologica sia per la prassi pastorale, oltre che per l’esperienza credente degli uomini e delle donne di questo nostro tempo.
Intrecciate insieme, esse costituiscono l’ordito e la trama di una sorta di arazzo, la cui estensione si va dimostrando sempre più vasta e omnicomprensiva, inglobando la realtà ecclesiale innanzitutto, ma pure sporgendosi oltre i confini della Chiesa stessa e dimostrando pertanto una portata universale, arricchita ma anche complicata da ricadute ecumeniche, interreligiose, culturali, sociali e politiche: si pensi, per esempio, a quella che il papa chiama l’ecologia integrale.
Il nucleo sorgivo di una tale concezione, complessa e articolata, è da individuare in un peculiare fatto relazionale
, rappresentato dalla reciprocità. Questa può, difatti, esser considerata come la grammatica fondamentale dell’avventura cristiana non meno di quella umana in quanto tale e come la desinenza principiale
delle varie sue declinazioni. Si tratta di uno spunto filosofico radicato teologicamente nell’orizzonte dell’ agáp ē, tanto da tradursi nella «mistica
del vivere insieme» – come Francesco scrive al n. 87 di Evangelii gaudium –, vale a dire nel sostenersi a vicenda, nel sorreggersi in braccio gli uni con gli altri, nel camminare abbracciati.
Proprio l’abbraccio viene scelto, in questo libro, come l’efficace metafora che sintetizza le intuizioni teologiche custodite ed espresse nel magistero del papa argentino qui passate in rassegna e illustrate. Prima di sfogliarne le pagine, possono tornare utili due osservazioni preliminari.
La prima di queste riguarda la metamorfosi che il magistero pontificio mi sembra stia attraversando in questi ultimissimi anni, in particolare dacché Francesco è vescovo di Roma. Possiamo dire, a tal proposito, che il magistero del papa va assumendo un profilo epistemologico inedito, che lo connota ormai come una sorta di interlocuzione, più che come un insegnamento di tipo dottrinale. Non voglio dire che il magistero di Francesco (o al tempo di Francesco) non mantenga una valenza dottrinale e non si proponga perciò nella e alla Chiesa come vero e proprio insegnamento, specialmente quando è formulato nei classici generi letterari magisteriali, dall’enciclica alla bolla papale, passando per l’esortazione apostolica e il motu proprio. Intendo, semmai, rilevare che l’insegnamento viene appunto proposto
più che promulgato
, con un timbro colloquiale che lo fa risuonare come l’abbrivo per una discussione che il papa stesso spera si apra a partire da ciò che sta insegnando. Del resto, già Paolo VI diceva che oggi abbiamo bisogno di maestri che siano innanzitutto testimoni: in questi termini lasciava intendere che il magistero ai nostri giorni non può e non deve mantenere un profilo esclusivamente e meramente dottrinale, ma deve dimostrare pure attendibilità profetica, vale a dire una certa tensione al futuro, una certa disponibilità ad ulteriori sviluppi. Mi pare che Francesco si ponga in questa scia.
Un tale atteggiamento non si registra soltanto quando il papa dialoga con qualche suo interlocutore culturalmente e spiritualmente esterno alla comunità ecclesiale. Penso a tal proposito, per esempio, ai colloqui con Eugenio Scalfari, di cui il noto giornalista di tanto in tanto informa i suoi lettori pubblicandone i resoconti sul quotidiano «La Repubblica»: non a caso, nel primo di questi incontri, già nel 2013, papa Francesco spiegava a Scalfari che la verità sta nella relazione. Difatti, la propensione relazionale del papa si registra anche quando egli colloquia con qualche interlocutore che si pone al di dentro della comunità ecclesiale e che si fa mediatore con la comunità ecclesiale tutta quanta, o con l’opinione pubblica ecclesiale e con il mondo cattolico più in generale. Penso in questo caso ad alcune importanti interviste rilasciate da Francesco, specialmente alla prima, famosa, anch’essa del 2013, realizzata con Antonio Spadaro, pubblicata su «La Civiltà Cattolica», che per tanti mesi costituì, prima dell’uscita dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, una sorta di riferimento – appunto – magisteriale
.
Il tenore colloquiale permane anche tra le righe dei pronunciamenti propriamente magisteriali di Francesco, che a volte riproducono quasi alla lettera alcuni brani delle sue omelie mattutine a Santa Marta e contengono le medesime espressioni parlate
che il papa proferisce dalla finestra che s’affaccia su piazza San Pietro o nelle conferenze-stampa durante i viaggi apostolici. Reputo che non sia un caso che qualcuno, persino all’interno del collegio cardinalizio, più di una volta, si sia sentito autorizzato o nel diritto di chiedere pubblicamente spiegazioni
al papa stesso riguardo alcuni passaggi del suo magistero: più che per presunte imprecisioni o per presunte oscurità in tale insegnamento, ciò è probabilmente avvenuto perché esso contiene un qualcosa che spinge a interloquire col papa. Penso che questo qualcosa sia l’attitudine al dialogo, che il papa mette in atto personalmente e suggerisce anche agli altri. Nella già citata intervista rilasciata ad Antonio Spadaro, Francesco – riferendosi a Pietro Favre, gesuita vissuto nel Cinquecento, definito da Michel de Certeau il «prete riformato» per antonomasia e perciò guardato anche dal papa come un modello significativo cui ancor ora potersi ispirare – ha rimarcato l’importanza che il dialogo ha per lui: «Il dialogo con tutti, anche i più lontani e gli avversari; [coniugato con] la pietà semplice, [con] una certa ingenuità forse, [con] la disponibilità immediata, [con un] attento discernimento interiore, [col] fatto di essere uomo di grandi e forti decisioni e insieme capace di essere così dolce, dolce…».
Una seconda premessa riguarda la metamorfosi della teologia. Come il magistero, anche la teologia tende ormai a costruirsi prendendo le mosse da ben determinati contesti e da ben precise situazioni o, se vogliamo, emergenze pastorali.
Chiamo in causa, di nuovo, il magistero, perché esso stesso mostra un carattere spesso occasionato
, stimolato cioè da alcuni fatti accaduti, da fenomeni che forse prima non c’erano o non si notavano. Penso, per esempio, a ciò che il papa ha detto sulla corruzione – che puzza come una montagna di spazzatura o come una carcassa che imputridisce al sole – mentre camminava nel marzo 2015 per le strade di Scampia, a Napoli, in mezzo alla gente di quel posto. Un magistero desde , per dirla nella lingua madre del papa. Ma che, come tale, risulta consonante con una teologia anch’essa desde , cioè a sua volta capace di assumere definitivamente un metodo induttivo che valorizzi ambienti e vissuti. È di una tale teologia che papa Francesco si sta facendo portavoce.
CAPITOLO I
Analogia crucis: la teologia tra «principio-misericordia» e «razón compasiva»
1. Bergoglio: una sorpresa da decifrare
Dà a pensare il fatto che, su un papa che non ha scritto molto su temi teologici e che, negli anni precedenti al suo ministero petrino, non ha pubblicato libri di teologia
– intendendo l’espressione in senso tecnico
–, si stia accumulando, nel giro di poco tempo, almeno in Italia, una lunga bibliografia che tratta proprio degli aspetti teologici del suo magistero. Per fare alcuni esempi: la collana di undici volumi in formato tascabile, intitolata La teologia di papa Francesco , diretta da Roberto Repole per la Libreria Editrice Vaticana nel 2017, e l’analoga collana, intitolata I semi teologici di Francesco , diretta da Pierangelo Sequeri e Maurizio Gronchi, uscita nel 2018 con i tipi della San Paolo; e, inoltre, un numero sempre crescente di monografie firmate da autori ben rappresentativi del panorama teologico italiano e internazionale, come Alberto Cozzi, Giannino Piana e Severino Dianich, o come Ghislain Lafont e Walter Kasper [1] ; o, ancora, volumi collettanei di un certo interesse, come quello su La riforma e le riforme nella Chiesa , a cura di Antonio Spadaro e Carlos María Galli, uscito con Queriniana nel 2016, o volumi più recenti, come quello curato da Kurt Appel e Jakob Helmut Deibl – Misericordia e tenerezza. Il programma teologico di papa Francesco , edito da San Paolo nel 2019 –, quello curato da Fabrizio Mandreoli – La teologia di papa Francesco , edito dalle Edizioni Dehoniane di Bologna nel 2019 – e quello curato da Sergio Tanzarella assieme a Secondo Bongiovanni, che raccoglie gli atti del convegno tenutosi nel giugno 2019 a Napoli su «La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo», uscito col suggestivo titolo Con tutti i naufraghi della