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Il mistero della dama mascherata
Il mistero della dama mascherata
Il mistero della dama mascherata
E-book220 pagine2 ore

Il mistero della dama mascherata

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Info su questo ebook

Matteo Terenzi giovane scrittore ed ex ufficiale dell'esercito italiano in Afghanistan cerca di scoprire cosa contiene la pen drive lasciatagli da una misteriosa donna durante una festa in maschera a Venezia. Si troverà così ad indagare sul mistero in un'affascinante città di Napoli dove nel frattempo una setta massonica guidata dall'ultimo discendente del Principe Raimondo di Sangro della dinastia dei Merovingi trama contro la Chiesa di Roma alla vigilia dell'elezione del nuovo Pontefice.
LinguaItaliano
Data di uscita12 apr 2022
ISBN9791221400816
Il mistero della dama mascherata

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    Anteprima del libro

    Il mistero della dama mascherata - Maurizio Falduti De Rosa

    Indice

    PROLOGO

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    EPILOGO

    Mau­ri­zio Fal­du­ti De Ro­sa

    Il Mi­ste­ro del­la Da­ma Ma­sche­ra­ta

    Let­te­re Ani­ma­te

    Mau­ri­zio Fal­du­ti De Ro­sa

    Il Mi­ste­ro del­la Da­ma Ma­sche­ra­ta

    ISBN: 979-12-21400-81-6

    PROLOGO

    La co­nob­be a una fe­sta in ma­sche­ra, quel­le fe­ste do­ve tut­to sem­bra sur­rea­le. do­ve la not­te è com­pli­ce del­la tra­sgres­sio­ne.

    Lei ve­sti­ta da da­ma ve­ne­zia­na set­te­cen­te­sca. Ave­va una ma­sche­ra de­co­ra­ta a ma­no, sul­la qua­le bril­la­va­no del­le per­le di cri­stal­lo.

    Quel­la ma­sche­ra ce­la­va del tut­to il suo vi­so e la­scia­va scor­ge­re so­la­men­te i suoi at­traen­ti e mi­ste­rio­si oc­chi scu­ri.

    Lui era in abi­to da se­ra co­pri­va il suo vol­to so­la­men­te con una sot­ti­le ma­sche­ra da Ar­lec­chi­no.

    At­trat­ti su­bi­to l’uno dall’al­tra dal mi­ste­ro, dal­le vo­ci, dai sus­sur­ri, da­gli sguar­di, dai vol­ti na­sco­sti dal­le ma­sche­re.

    La mu­si­ca, le mo­ven­ze tra­sci­nan­ti e una dan­za sen­sua­le fu ga­leot­ta per i due per­so­nag­gi mi­ste­rio­si.

    Una dan­za co­sì coin­vol­gen­te do­ve i cor­pi era­no av­vin­ghia­ti at­tra­ver­so pas­sio­na­li bal­li, do­ve nel frat­tem­po i so­spi­ri si sta­va­no so­sti­tuen­do al­le pa­ro­le. Com­pli­ci del mo­men­to fu­ro­no i bic­chie­ri scin­til­lan­ti di ef­flu­vi be­van­de al­co­li­che che la­scia­va­no ca­de­re ogni ini­bi­zio­ne. Quell’am­bien­te non po­te­va più con­te­ne­re ciò che ine­vi­ta­bil­men­te sta­va per ac­ca­de­re. Pre­si dall’esta­si, gui­da­ti dall’istin­to ab­ban­do­na­ro­no ciò che li ren­de­va car­ne e car­ne­fi­ce nel­la sof­fe­ren­za dei sen­si.

    Ec­co­li ma­no nel­la ma­no scen­de­re fur­ti­vi in stra­da tra i vi­co­li se­mi­bui di Ve­ne­zia, sen­za sa­pe­re chi fos­se lui, se­na sa­pe­re chi fos­se lei.

    Av­vol­ti co­sì nel fa­sci­no ero­ti­co del mi­ste­ro, com­pli­ce le ma­sche­re ca­la­te sui vol­ti e sull’ani­ma, la­scia­ro­no an­da­re i lo­ro fre­ni ini­bi­to­ri. Tra­vol­ti dal­la pas­sio­ne i due cor­pi si uni­ro­no all’uni­so­no con­su­man­do il lo­ro pres­san­te de­si­de­rio di tra­sgres­sio­ne.

    Lei ap­pog­gia­ta al­la pa­re­te del vi­co­lo, lui che la pren­de­va sen­sual­men­te fa­cen­do­la gri­da­re di pia­ce­re.

    I ba­ci sul col­lo si per­de­va­no tra il vi­so le lab­bra e il se­no. Il de­si­de­rio di aver­si au­men­ta­va ogni istan­te. Lei lo at­ti­rò a sé e in un istan­te con pas­sio­ne lui era den­tro di lei pas­san­do tra le pie­ghe de­gli in­du­men­ti in­ti­mi. Mo­vi­men­ti len­ti rit­ma­ti ac­com­pa­gna­ti da so­spi­ri e ge­mi­ti di pia­ce­re men­tre le ma­ni per­cor­re­va­no ogni an­go­lo del cor­po. Poi, co­me a in­ter­rom­pe­re quell’idil­lio, all'im­prov­vi­so due gat­ti che si az­zuf­fa­va­no pas­sa­ro­no re­pen­ti­ni di­nan­zi a lo­ro.

    Una fi­ne­stra si aprì so­pra le lo­ro te­ste e una vec­chia as­son­na­ta lan­ciò con un con­te­ni­to­re una sec­chia­ta d'ac­qua sui gat­ti che sgat­ta­io­la­ro­no ac­can­to agli aman­ti. I due aman­ti im­per­ter­ri­ti, do­po un mo­men­to di smar­ri­men­to ed im­ba­raz­zo, con un se­du­cen­te sor­ri­so con­ti­nua­ro­no ad ali­men­ta­re la lo­ro pas­sio­ne.

    Lei ap­pro­fit­tan­do di quell’istan­te si gi­rò cam­bian­do po­si­zio­ne con le ma­ni ra­den­ti al­la pa­re­te del mu­ro del­la ca­sa.

    Lui gli al­zò l’am­pio ve­sti­to sfi­lan­do­le gli slip con ge­sto ra­pi­do e de­ci­so. Al suo co­spet­to nel­la pe­nom­bra ap­par­ve­ro all'im­prov­vi­so ro­ton­di­tà re­con­di­te, vo­lut­tuo­se, bian­che, che apri­ro­no in­fi­ni­te fan­ta­sie e de­si­de­ri dell’uo­mo. So­lo la ton­da lu­na che era so­pra di lo­ro, con i suoi ul­ti­mi rag­gi pri­ma dell’ar­ri­vo dell’au­ro­ra, era pa­ra­go­na­bi­le per si­mi­li­tu­di­ne a co­tan­ta bel­lez­za.

    Lui la pre­se co­sì da die­tro ac­ca­rez­zan­do­gli i se­ni e cin­gen­do­glie­li for­te con le ma­ni.

    Lei spin­se fi­no in fon­do per as­sa­po­ra­re e rac­co­glie­re in tut­ta la sua pie­nez­za ciò che le da­va il suo pia­ce­re e spin­se più for­te fi­no a far bat­te­re i suoi glu­tei sul­le gam­be di lui.

    Poi gi­rò la te­sta per in­con­tra­re le sue lab­bra af­fon­dan­do la lin­gua co­me a cer­ca­re an­cor di più un pia­ce­re con­di­vi­so e car­na­le.

    Lui gli ba­ciò il col­lo af­fer­ran­do­le dol­ce­men­te i ca­pel­li die­tro la nu­ca e rac­co­glien­do­li tra le sue ma­ni pro­vo­can­do in lei un in­fi­ni­to fre­mi­to di pia­ce­re.

    La da­ma in un sus­sul­to di pas­sio­ne con una ma­no al­lun­gò le sue brac­cia, pre­se il mem­bro tra le sue ma­ni, lo sfi­lò da do­ve era fi­no a po­co pri­ma e lo por­tò nel ni­do na­sco­sto e buio dei suoi glu­tei.

    Len­ta­men­te lei si ap­pog­giò al­la sua estre­mi­tà e pia­no si inar­cò per ac­co­glier­lo den­tro di sé. Do­po un pri­mo ap­proc­cio in­cer­to ini­ziò il pia­ce­re, sem­pre più de­ci­so.

    Lui spin­se pia­no fi­no in fon­do e lei sen­tì tut­ta la sua in­te­rez­za. La ma­no di lui si in­fi­lò tra le gam­be a toc­ca­re i suoi più in­ti­mi se­gre­ti.

    Il pia­ce­re di lei ora era con­fu­so non sa­pe­va da do­ve pro­ve­nis­se, ma era par­ti­co­la­re, ec­ci­tan­te, nuo­vo e i due cor­pi si av­vin­ghia­ro­no men­tre lui rag­giun­se il pia­ce­re den­tro di lei inon­dan­do­la di sen­sa­zio­ni e di emo­zio­ni. Il se­re­no do­po la tem­pe­sta di pas­sio­ni pre­se po­sto nel lo­ro ani­mo.

    Esau­sti dall’in­ce­de­re del­le emo­zio­ni, sfi­ni­ti, si ab­ban­do­na­ro­no uno sull’al­tro a ri­dos­so del­la pa­re­te del mu­ro an­co­ra an­si­man­ti.

    La da­ma ma­sche­ra­ta sfi­lan­do­si da quell’ab­brac­cio, sco­stò l’uo­mo che, ri­las­sa­to, cer­cò un ap­pog­gio si­cu­ro per le sue mem­bra tra le mu­ra ve­ne­zia­ne. La don­na lo guar­dò per un istan­te, poi gli die­de un ul­ti­mo ba­cio e co­sì co­me era ap­par­sa si di­le­guò via la­scian­do die­tro di sé quell'alo­ne di mi­ste­ro.

    In lui in­ve­ce si fa­ce­va spa­zio quel de­si­de­rio di ri­ve­der­la, di rias­sa­po­rar­la, pur non sa­pen­do chi o co­sa si na­scon­des­se die­tro quel­le men­ti­te spo­glie.

    Nel­la sua men­te con­fu­sa pen­sa­va che for­se era sta­to tut­to un so­gno. Un’il­lu­sio­ne do­vu­ta ai fu­mi dell’al­cool o ai fan­ta­smi del­la sua men­te.

    Si av­viò an­ch’egli per i vi­co­li che al­beg­gia­va­no al­le lu­ci del pri­mo mat­ti­no e pas­san­do­si una ma­no tra i ca­pel­li ba­gna­ti dal­la bri­na del­la not­te, guar­dò ver­so il ma­re e lì vi­de una gon­do­la al­lon­ta­nar­si.

    A bor­do rac­co­glie­va una don­na, una da­ma che an­co­ra in ma­sche­ra si uni­va al suo uo­mo che era lì ad at­ten­der­la per por­tar­la via con sé. Lui li guar­dò im­po­ten­te an­da­re via, men­tre il so­le sor­ge­va all'oriz­zon­te sten­den­do i suoi pri­mi rag­gi lu­mi­no­si sull'ac­qua con­fon­den­do le fi­gu­re che len­ta­men­te si al­lon­ta­na­va­no.

    Chiu­se gli oc­chi re­spi­rò quel­le sen­sa­zio­ni pro­fon­da­men­te per non far­le fug­gi­re via dal suo ani­mo e pia­no si av­viò ver­so un bar che con il suo aro­ma di caf­fè lo in­vi­ta­va a per­der­si nel nuo­vo gior­no.

    1

    Mat­teo, que­sta era il no­me dell’uo­mo, do­po aver gi­ron­zo­la­to per qual­che ora tra i rii ve­ne­zia­ni a smal­ti­re gli ef­fet­ti dell’al­col, si se­det­te a un ta­vo­li­no all’in­ter­no di un bar vi­ci­no Piaz­za San Mar­co. Si di­ste­se sul­la se­dia chiu­den­do gli oc­chi co­me a ri­per­cor­re­re le ul­ti­me ore del­la sua vi­ta.

    Si pas­sò le ma­ni sul vol­to, sul­le ma­ni vi era an­co­ra l’in­ten­so pro­fu­mo la­scia­to­gli dal­la don­na, un pro­fu­mo par­ti­co­la­re, una fra­gran­za di es­sen­ze orien­ta­li. An­nu­sò fi­no in fon­do quel dol­ce pro­fu­mo af­fin­ché nel­la sua men­te si ma­te­ria­liz­zas­se quel­la splen­di­da vi­sio­ne. Nel rac­co­glie­re i suoi pen­sie­ri cer­cò di fis­sa­re nel­la sua te­sta quel­le sen­sa­zio­ni e quell’ es­sen­za in­de­le­bi­le.

    Do­po un po’, de­stan­do­lo dai pro­pri ri­cor­di si av­vi­ci­nò il ca­me­rie­re del bar che as­son­na­to e chie­se: Il si­gno­re de­si­de­ra?

    Un caf­fè gra­zie…! Dop­pio pos­si­bil­men­te! Or­di­nò Mat­teo.

    Mat­teo Te­ren­zi era un at­traen­te scrit­to­re emer­gen­te. Ave­va pub­bli­ca­to di­ver­si li­bri con­se­guen­do un ot­ti­mo ri­scon­tro di cri­ti­ca e di pub­bli­co con le sue mi­glia­ia di co­pie ven­du­te. Egli era al mo­men­to con i suoi 37 an­ni di età, uno dei più pro­met­ten­ti gio­va­ni au­to­ri del mo­men­to ri­cer­ca­to dal­le mag­gio­ri ca­se edi­tri­ci ita­lia­ne.

    I suoi ro­man­zi era­no rac­con­ti av­ven­tu­ro­si, th­ril­ler, do­ve all’azio­ne si me­sco­la­va il sen­ti­men­to, la pas­sio­ne, il mi­ste­ro, un po’ co­me la not­te ap­pe­na tra­scor­sa.

    Ec­co a lei il caf­fè dop­pio! dis­se il ca­me­rie­re ap­pog­gian­do la taz­za sul ta­vo­li­no in­ter­rom­pen­do an­co­ra una vol­ta i pen­sie­ri dell’uo­mo che flui­va­no len­ti nel ri­cor­do del­la da­ma.

    Quan­to pa­go?

    Cin­que eu­ro si­gno­re!

    Mat­teo mi­se len­ta­men­te la ma­no de­stra in ta­sca per pren­de­re il de­na­ro e nel ti­rar­la fuo­ri in­sie­me ai sol­di, che por­se al ca­me­rie­re, no­tò tra le sue ma­ni un fo­gliet­to di car­ta e uno stra­no og­get­to, una mi­nu­sco­la pen­dri­ve e sul fo­gliet­to vi era­no ri­por­ta­ti dei nu­me­ri, dei sim­bo­li al­ge­bri­ci scrit­ti si­cu­ra­men­te da ma­no ve­lo­ce e fret­to­lo­sa. Sem­bra­va­no in­di­ca­zio­ni si­mi­li a coor­di­na­te G.P.S. da in­se­ri­re in un na­vi­ga­to­re sa­tel­li­ta­re per tro­va­re un luo­go, una stra­da o un al­ber­go.

    Mat­teo pen­sie­ro­so ini­ziò a me­sco­la­re il caf­fè do­ve ave­va ri­po­sto una bu­sti­na e mez­za di zuc­che­ro fi­ne e bian­co.

    Fis­sò il li­qui­do bru­no e per­se i suoi pen­sie­ri nel­le spi­re che vol­teg­gia­va­no len­te nel­la taz­za di ce­ra­mi­ca bian­ca.

    2

    Era­no cir­ca le ot­to del mat­ti­no. Un av­ven­to­re che era se­du­to lì an­ch’egli, sfo­glia­va tra le sue ma­ni il gior­na­le del gior­no.

    Si sof­fer­mò sul­la pa­gi­na del­la cro­na­ca e ri­vol­gen­do­si al ba­ri­sta, che pro­ba­bil­men­te co­no­sce­va già da tem­po escla­mò ad al­ta vo­ce.

    Ehi Bep­pe hai let­to qua che c’è scrit­to?

    No! Co­sa? Ri­spo­se l’uo­mo men­tre si di­stri­ca­va nel pro­prio la­vo­ro ser­ven­do qual­che al­tro clien­te che si era fer­ma­to al ban­co.

    A quan­to pa­re du­ran­te la fe­sta in ma­sche­ra or­ga­niz­za­ta ie­ri se­ra per l’am­ba­scia­to­re Ci­ne­se a Pa­laz­zo Du­ca­le, è sta­to com­mes­so un omi­ci­dio. In­fat­ti è sta­to tro­va­to il cor­po sen­za vi­ta di un uo­mo col­pi­to con uno sti­let­to al cuo­re. Que­st’in­di­vi­duo dall’aspet­to me­dio­rien­ta­le di cui non se ne co­no­sce an­co­ra l’iden­ti­tà è sta­to tro­va­to da­gli ad­det­ti al­le pu­li­zie sta­not­te nei ba­gni del pa­laz­zo. Inol­tre, dal­le in­da­gi­ni del­la po­li­zia sem­bra che que­st’uo­mo sia sta­to vi­sto in com­pa­gnia di una don­na ma­sche­ra­ta da da­ma ve­ne­zia­na.

    Mat­teo che sta­va sor­seg­gian­do il suo caf­fè ascol­tan­do la no­ti­zia si bloc­cò a me­tà con la ma­no tra la taz­za e la sua boc­ca ri­pen­san­do al­le ul­ti­me pa­ro­le let­te sul gior­na­le dall’av­ven­to­re.

    "In com­pa­gnia di una don­na ve­sti­ta da da­ma ve­ne­zia­na."

    Bev­ve in fret­ta il suo caf­fè, si al­zò e si av­vi­ci­nò in­cre­du­lo all’uo­mo vo­len­do ve­ri­fi­ca­re di per­so­na ciò che ap­pe­na ave­va udi­to e chie­se:

    Scu­si mi po­treb­be far ve­de­re la no­ti­zia che ha let­to po­co fa?

    Pre­go… si ac­co­mo­di pu­re, tan­to ho tut­ta la mat­ti­na­ta a di­spo­si­zio­ne. Ve­da, da quan­do so­no in pen­sio­ne de­vo or­ga­niz­zar­mi per im­pe­gna­re al me­glio la mia gior­na­ta e una del­le mie at­ti­vi­tà pre­fe­ri­te è la let­tu­ra.

    Fa be­ne è una sa­na abi­tu­di­ne. ri­bat­té Mat­teo. Pre­se il gior­na­le dal­le ma­ni dell’uo­mo che con­ti­nuò con non­cu­ran­za le pro­prie con­si­de­ra­zio­ni e fe­ce scor­re­re ve­lo­ce i pro­pri oc­chi sul­la no­ti­zia di cro­na­ca ap­pe­na ascol­ta­ta. Chiu­se con ge­sto ra­pi­do il quo­ti­dia­no e rin­gra­zian­do l’av­ven­to­re glie­lo por­se di nuo­vo. Uscì dal bar con le ma­ni in ta­sca nei pan­ta­lo­ni as­si­cu­ran­do­si del­la pre­sen­za di ciò che pri­ma ave­va tro­va­to al lo­ro in­ter­no.

    3

    Si av­viò a pas­so ve­lo­ce ver­so la piaz­za an­ti­stan­te al bar la­scian­do die­tro di sé il ru­mo­re del­le ce­ra­mi­che e il va­po­re del­la mac­chi­na del caf­fè. Sul­la so­glia a sa­lu­tar­lo ci fu il bru­sio dei clien­ti e il bron­to­lio dell’av­ven­to­re pen­sio­na­to al­le pre­se con un clien­te.

    All’usci­ta il so­le col­pì co­me spil­li di me­tal­lo i suoi oc­chi as­son­na­ti e istin­ti­va­men­te li chiu­se ve­den­do cen­ti­na­ia di pun­ti­ni ros­si ro­tea­re all’in­ter­no del­le sue pal­pe­bre ser­ra­te.

    Mi­se una ma­no da­van­ti al vol­to per ri­pa­rar­si dal­la lu­ce im­mer­gen­do­si nel­la splen­di­da piaz­za San Mar­co an­ti­stan­te il lo­ca­le. Una del­le più bel­le piaz­ze ita­lia­ne con la sua Ba­si­li­ca di San Mar­co che cu­sto­di­sce le spo­glie del san­to Evan­ge­li­sta. Un mo­nu­men­to uni­co per la mae­sto­si­tà del­la sua fac­cia­ta e del suo in­ter­no in cui han­no ope­ra­to per se­co­li gran­di ar­ti­sti ita­lia­ni ed eu­ro­pei. Il suo sti­le bi­zan­ti­no è evi­den­zia­to so­prat­tut­to nei gran­di mo­sai­ci che nar­ra­no le sto­rie di San Mar­co e gli epi­so­di dell’an­ti­co e nuo­vo te­sta­men­to. Ac­can­to al­la Ba­si­li­ca il Pa­laz­zo Du­ca­le an­ti­ca se­de dei Do­gi e ca­po­la­vo­ro del go­ti­co ve­ne­zia­no.

    Mat­teo in quel­lo sce­na­rio os­ser­vò le va­rio­pin­te co­mi­ti­ve di tu­ri­sti che co­lo­ran­do al­le­gra­men­te la piaz­za, stu­pi­ti, am­mi­ra­va­no quel­la me­ra­vi­glio­sa ope­ra d’ar­te uni­ca al mon­do.

    Ad es­si si ac­com­pa­gna­va­no de­ci­ne di svo­laz­zan­ti pic­cio­ni che ra­den­ti vol­teg­gia­va­no di­spet­to­si sul­le lo­ro te­ste.

    4

    Mat­teo era sta­to in­vi­ta­to al­la fe­sta in ma­sche­ra qua­le ospi­te del­la ca­sa edi­tri­ce la Fe­ni­ce, spon­sor del­la se­ra­ta. La Fe­ni­ce, la ca­sa edi­tri­ce la­gu­na­re che ave­va ac­qui­si­to i di­rit­ti d’au­to­re del pro­met­ten­te gio­va­ne scrit­to­re.

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