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La vita dentro: Il viaggio interiore in gravidanza
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E-book361 pagine4 ore

La vita dentro: Il viaggio interiore in gravidanza

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Info su questo ebook

Che cosa sarebbe di te se iniziassi a guardare la gravidanza con occhi diversi? Che cosa succederebbe se finalmente ti dessi la possibilità di percepire che questi nove mesi sono anche un tempo prezioso per te perché pensato appositamente per la tua crescita interiore? Ti assicuro che succederebbe qualcosa di realmente importante, perché risponderesti in modo affermativo all’invito che la natura stessa rivolge alla tua persona riguardo alla necessità di prendere coscienza della tua vita dentro e di portarvi pulizia prima dell’arrivo di tuo figlio. Cambia infatti la tua fisiologia, diventi più sensibile e intuitiva, e questa è la modalità attraverso cui la natura ti sprona a intraprendere questo traghettamento verso l'interno. Quest'opera è altresì un invito alla fusione di vedute sulla vita: la trattazione di molti degli aspetti che riguardano l'evento nascita, come la paura e il dolore, il ruolo giocato dal tuo cervello nel parto, la pratica del pelle a pelle, ecc. sono infatti volutamente affrontati sia da una prospettiva scientifica, sia da una prospettiva psicologico-esistenziale.
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2022
ISBN9788863656503
La vita dentro: Il viaggio interiore in gravidanza

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    Anteprima del libro

    La vita dentro - Wilma Riolo

    PRIMA PARTE

    GRAVIDANZA

    BAMBINA, ADULTA E GENITORE: SEI TRE IN UNO

    Il vero io è quello che tu sei, non quello che hanno fatto di te.

    Paulo Coelho

    TRE, UN BEL NUMERO!

    Bambina, adulta e genitore: a ognuno di loro e a tutti e tre insieme è dedicato questo capitolo.

    È sorprendente pensare che puoi essere tre in uno: una bambina, un’adulta e un genitore. Tre che si prendono per mano e che si muovono con disinvoltura sul palcoscenico della vita. Ora la protagonista è la te bambina che ama giocare con il suo gatto, ora l’adulta che si occupa dei suoi sbalzi d’umore, ora il genitore che offre un gesto di cura al figlio in grembo, cantandogli una ninna nanna.

    Tre, un bel numero!

    Tanto il due divide quanto il tre unisce. Tanto il numero due crea separazione – bianco o nero, luce o buio, caldo o freddo – quanto il tre fa convergere gli opposti. Pensa alla forma del triangolo dove due punti separati nello spazio si uniscono convergendo in un terzo punto situato più in alto. Il tre è unione, è l’approccio al conflitto dualistico che tiene insieme entrambe le parti senza rinnegare nessuna delle due. Due elementi hanno bisogno del terzo per trovare conciliazione tra loro: l’essere umano spesso ricorre a una terza persona per cercare la mediazione.

    E dunque accogliere il tre dentro di te significa dar vita alla congiunzione degli opposti: un processo questo davvero importante per il benessere di donne e uomini.

    Ma partiamo dal comincio, come direbbe un bambino, e vediamo insieme chi è la bambina, la prima dei tre inquilini che vivono nella tua casa interiore.

    LA BAMBINA

    La bambina che vive al tuo interno è quella parte di te che sente di non essere capace di affrontare da sola alcune delle difficoltà che si snodano lungo il sentiero della vita.

    Bambino del resto è colui che viene al mondo senza la facoltà di potersi occupare di se stesso e che ha bisogno, per sopravvivere, dell’aiuto dei suoi genitori. Questa stessa necessità la ritroviamo in natura: il cucciolo d’animale non sa procurarsi il nutrimento necessario alla sua sopravvivenza facendo esclusivamente leva sulle sue forze; all’inizio, per sfamarsi, deve potersi avvalere dell’aiuto della sua mamma e del suo papà.

    In ognuno degli esseri umani vi è dunque una parte che sente di non farcela da sé: un pezzo del puzzle che percepisce di aver bisogno dell’altro per sentirsi al sicuro o capace di superare una determinata situazione.

    Nell’aver bisogno dell’altro non c’è nulla di sbagliato: in questo sentire, e nell’atto che ne consegue che è il chiedere aiuto, vi è semplicemente la manifestazione di una delle parti che albergano dentro di noi: la nostra parte bambina.

    Purtroppo però in molti di noi sussiste invece la credenza erronea che nel vivere quotidiano ce la si debba sempre cavare da soli. Quante volte ci siamo infatti sentiti dire che nella vita vincono i forti o che è da deboli chiedere aiuto?

    Accogliere la nostra parte bambina non significa comportarsi a 360° come bambini bisognosi; questa non ci chiede affatto di diventare l’unica protagonista della nostra vita, nonostante purtroppo questo protagonismo oggigiorno sia presente con una certa frequenza nella maggior parte degli uomini e delle donne la cui età anagrafica corrisponde però all’adultità.

    Tuttavia questa non ci chiede nemmeno di tenere in vita un atteggiamento del tutto contrario a quanto appena menzionato: mi riferisco alla sua negazione totale, al considerare sbagliata la sua espressione al nostro interno, atteggiamento anch’esso presente in buona parte degli esseri umani.

    Ciò che invece ci invita a fare nei suoi confronti è di esser da noi riconosciuta anch’essa come qualità esistenziale, funzionale al nostro benessere. In talune situazioni o momenti della vita, avere bisogno dell’altro è ciò che di più naturale possa emergere dal nostro essere. O forse ci siamo dimenticati di essere donne e uomini che vivono in società? Non siamo qui di certo per vivere alle spese degli altri, ma nemmeno per dimostrare a noi stesse di sapercela sempre cavare da sole. Questo è un condizionamento sociale che dobbiamo scrollarci di dosso. Imparare a dire «ho bisogno di te» senza sentirsi sbagliate per quanto detto è un passaggio di fondamentale importanza per tutte quante noi.

    LA BAMBINA HA BISOGNO DI RICEVERE

    Vediamo dunque insieme questa parte bambina mentre agisce nel quotidiano: ella si manifesta quando ti senti affaticata, e magari, senza rendertene conto, volgi gli occhi al cielo in cerca di sostegno; ella c’è nel gesto di chiamare al telefono la tua amica più cara perché senti di avere bisogno di conforto; è presente in te quando dinanzi a una questione che consideri complicata chiedi supporto, sia esso di tipo emotivo, tecnico o di altra natura, alla persona che consideri più appropriata per quella circostanza.

    Mi piace pensare che, proprio in questo momento in cui stai leggendo di lei, la tua parte bambina sia molto felice di tutto ciò, perché si sta venendo a creare per lei la possibilità di essere forse per la prima volta da te vista per ciò che intimamente è: la parte di te che ha bisogno dell’altro e che non ha in sé nulla di sbagliato.

    «Conoscimi e rispettami», questo è ciò che viene a dire a ognuna di noi.

    Rispettare la bambina che sei, e che fa capolino nel tuo mondo interiore, significa sentire che, anche se durante la tua infanzia ti è stato detto apertamente «non fare la bambina», la verità è un’altra: questa bambina ha tutto il diritto di avere il suo sacrosanto spazio dentro di te e di potersi esprimere. Come vedremo più avanti insieme, bisogna allo stesso tempo imparare a non permanere fin troppo in lei, pena il prolungamento temporale della nostra parte più immatura e bisognosa, ma sì, bisogna imparare a stare insieme a lei il tempo necessario affinché ella si senta compresa e rispettata nelle sue paure e necessità. Sarà questo atteggiamento di apertura e comprensione nei suoi confronti che ti permetterà un passo alla volta di aprirti sempre di più ad altre dimensioni di te più forti e strutturate, come quella adulta.

    Ricordi la potenza del numero tre? Esso non rinnega nessuno degli inquilini che ti abitano, semplicemente li accoglie tutti. Bene, da oggi devi avere chiaro che la tua bambina è uno di questi inquilini e che in quanto tale ha il diritto di vivere nello spazio che le è stato dato.

    Michela sperimenta ansia ogni volta che il suo corpo si fa sentire; teme in modo ricorrente di poter avere un infarto perché a volte inizia a percepire qualcosa di diverso nella zona del suo cuore. Un giorno Michela mi riferì di provare rabbia verso suo padre che a detta sua «dice di stare sempre male e ci chiede costantemente aiuto». La coloritura accesa di questa sua frase, pronunciata verso la sua figura paterna, mi suggerì di chiederle come invece lei si rapportasse a se stessa quando si sentiva male, ovvero se era in grado di essere gentile con la sua parte spaventata o se invece la giudicava sbagliata. Decisi di rivolgerle questa domanda perché intuii che il gran fastidio che provava verso suo padre potesse in larga scala dipendere proprio dal grande giudizio che, anche se inconsciamente, riversava su quella parte di sé che avrebbe potuto volersi lamentare dei suoi malesseri e che invece non lo faceva (dell’ombra e del meccanismo di proiezione che sottendono questo mio ragionamento ti parlerò all’interno del libro). «Michela, tu chiedi aiuto quando sopraggiungono questi sintomi che ti portano preoccupazione?». Lei iniziò allora a raccontarmi che, quando era piccola, sua mamma andava in panico quando lei presentava i malesseri classici dei bambini (alzamento della temperatura, mal di pancia, ecc.). Dal momento che le reazioni della mamma la spaventavano e la facevano sentire in colpa, da piccola Michela aveva smesso di dirle quando si sentiva male e inconsciamente aveva imparato a considerare come cosa da non fare chiedere aiuto per sé stessa. Ecco che la sua parte bambina, quella bisognosa, è stata precocemente messa a tacere. Oggi Michela quando è sola in casa con la sua piccina avverte paura e per questo, di notte, lascia alcune lucine accese, fino a quando il marito non rincasa; mentre quando lui è con loro, non ne ha bisogno. L’immagine del marito come luce a lei necessaria – luce che spazza via le tenebre – mi riporta nuovamente a considerare che Michela abbia estremamente bisogno di imparare a chiedere aiuto e sostegno e a narrare i suoi malesseri non solo a me, ma anche, nel suo contesto quotidiano, a chi sente che è in grado di poterla comprendere in questo; ma anche e soprattutto a porsi come obiettivo quello di far pace con la sua parte bambina bisognosa, smettendo di considerarla sbagliata. Oggi Michela continua a lavorare su se stessa e io tifo per lei.

    Accogliere: gran parte del lavoro interiore si snoda sull’accoglienza: dobbiamo imparare ad accogliere la nostra parte fragile e bisognosa. E rammentare: dobbiamo rammentare a noi stesse che in noi non c’è nulla da rinnegare, ma è tutto solo da amare, amare profondamente.

    Fare spazio alla tua parte bambina significa innanzitutto non giudicarla. Si tratta in primo luogo di iniziare a renderti conto di tutte le volte in cui ti giudichi per quello che fai o che senti. Se ti senti infantile perché ti ritrovi in un mare di lacrime dopo una giornata disastrosa al lavoro, probabilmente ti stai giudicando perché non stai accogliendo quella parte di te che avrebbe bisogno di un sostegno, di un cuore amico che comprenda il tuo disagio. Se ti senti sbagliata perché nutri il bisogno di richiedere più attenzioni al tuo compagno proprio ora che il pancione si fa più ingombrante, ma c’è qualcosa dentro di te che ti blocca nel chiederlo: anche questa è una forma di giudizio. Qualunque sia la situazione, è bene che tu ti renda conto di quanto questo dito puntato contro te stessa sia a te di ostacolo.

    Il giudizio verso noi stesse regna laddove i nostri aspetti più mentali sono di casa, ovvero quando la nostra parte pensante è fortemente attiva e pronta a ricordarci che ciò che stiamo sentendo non va bene perché così non si fa e perché così si comporta una bambina. Quella voce che ti suggerisce che il pianto è roba da bambini o che pretendere attenzioni dagli altri non ti si addice perché hai una certa età, proprio quella voce oggi deve essere da te osservata con molta attenzione e messa piano piano a tacere. Oggi questa voce va identificata chiaramente come voce giudicante. Voce che suggerisce un da farsi lontano dall’accettazione profonda che dovremmo invece avere verso la bambina che vive in noi, e che molto spesso non abbiamo potuto vivere liberamente come volevamo.

    Questo lavoro di accoglienza verso la tua parte bambina ti sarà di grande aiuto anche in relazione al tuo divenire madre, perché ti permetterà di sintonizzarti con più naturalità sulle tue personali necessità mentre ti occupi di tuo figlio, e non solo sulle sue, come molto spesso accade tra le neomamme che si dimenticano di se stesse. Imparare a essere amorevole con le tue richieste interiori, che ti portano a chiedere aiuto all’altro, ti accompagnerà, per risonanza, a sviluppare la capacità, tutta al femminile, di essere comprensiva con te stessa mentre sarai sobbarcata da tutte le richieste che tuo figlio appena nato ti farà, come è naturale che sia. Quando sarai stanca, ti aiuterà a non sentirti in colpa mentre ritaglierai un po’ di tempo per te stessa, per prendere una boccata d’aria; ti accompagnerà con maggiore leggerezza a chiedere a un’altra persona di sostituirti per un po’ di tempo mentre ti concedi del sano riposo, perché ti farà sentire capace di percepire che esiste un senso di responsabilità condiviso con gli altri adulti (papà, nonni, amica intima, ecc.) che ruotano intorno a tuo figlio.

    INIZIAMO CON UN PO’ DI PRATICA

    Individuo la voce giudicante che è in me.

    Ti invito a osservarti in questi giorni e a rispondere a queste domande:

    Tendo a fare tutto da me perché ho imparato che è giusto così?

    Se mi trovo nella condizione di dover chiedere aiuto, faccio una gran fatica a farlo?

    Cosa mi suggerisce la mia voce giudicante quando mi viene offerto dell’aiuto? Quali parole uso nei miei confronti?

    Cosa provo e cosa dico a me stessa se chiedo agli altri di fare ciò che io credo spetti a me, nonostante io sia molto stanca e una parte di me preferirebbe delegare?

    Inizio a chieder aiuto: «Ho bisogno di te».

    Dopo esserti osservata, inizia a mettere in pratica quanto segue:

    inizio a chiedere aiuto partendo dalle piccole cose;

    quando mi viene offerta una mano mi sforzo di accettare;

    se mi osservo mentre declino l’invito dicendo «grazie ma faccio da me» offro a me stessa un sorriso colmo di grande comprensione, e, con lo stesso sorriso, comunico al mio interlocutore che invece sì, accetto!

    ACCOGLIERE LA BAMBINA PER FAR NASCERE L’ADULTA

    Come a breve vedremo insieme è estremamente importante dare spazio all’adulta che c’è in te, perché essa è quella parte di te che viene a salvarti da tutte quelle sofferenze protratte nel tempo e che ognuna di noi si porta dentro.

    La sofferenza che persiste nel tempo è qualcosa che conosciamo bene anche se siamo diventate abilissime a nasconderla a noi stesse. Tuttavia permanere nella condizione di non voler fino in fondo osservare ciò che si muove al nostro interno, in termini di dolore e vecchie ferite emotive, è una strada che porta dritta all’allontanamento da noi stesse e che ci spinge a continuare a fare e a essere ciò che gli altri si aspettano da noi.

    Per questo motivo, nostro dovere è iniziare a prendere contatto con la nostra bambina interiore, la quale, se da un lato condivide l’essenza della nostra parte bambina, che come abbiamo visto sente di avere bisogno di un’altra persona, dall’altro lato è un mondo infinito di sofferenza: un mondo però che abbiamo il dovere di guardare in faccia.

    Ogni donna, come ogni uomo, porta dentro di sé il bambino che è stato. In ognuna di noi giacciono tutte le sfumature della bambina che un tempo ha vissuto la sua vita ma che oggi non se ne è andata via, perché infatti continua a vivere al nostro interno.

    Questo significa che dentro di te c’è una bambina di qualche anno che è fortemente arrabbiata, ma c’è anche una bambina triste che magari ha qualche anno in meno di quella arrabbiata, pur essendo sempre colei che sei stata da piccola. In te può esserci anche la bambina piena di sensi di colpa per non avere fatto ciò che gli altri si aspettavano che lei facesse, e un’altra piena di paure, vergogna e così via… tante piccole bambine.

    Come abbiamo visto insieme, la tua parte bambina non va rinnegata ma vista e sentita come parte vera e funzionale. Questo stesso atteggiamento di apertura e riconoscimento dobbiamo offrirlo alla materia di cui ella è composta, fatta di tutte le emozioni e forme di pensiero che ognuno di noi porta dentro di sé da quando ha iniziato a subire l’influenza dell’ambiente familiare, sociale e culturale di appartenenza.

    Riconoscere l’esistenza della nostra bambina interiore è un preziosissimo punto di partenza. Dobbiamo darci la possibilità di sentire, per esempio, che in molte di noi c’è una bambina arrabbiata con la sua mamma perché sente di non essere mai stata da lei apprezzata per quello che era. Questa rabbia oggi magari la manifesti arrabbiandoti con lei ogni volta che, per esempio, esprime un’opinione diversa dalla tua, anche se state parlando di qualcosa che apparentemente non c’entra nulla con la bambina che sei stata.

    Sonia un giorno esplode con molta rabbia verso sua madre poiché manifesta il suo disaccordo rispetto al modello della carrozzina che vorrebbe acquistare per sua figlia. Una rabbia antica viene a farle visita. Lei non è consapevole del fatto che si tratta di qualcosa che viene da lontano ma lo inizia a diventare nel momento in cui comincia a entrare in contatto con la sua bambina interiore, la quale, come la aiuto a capire, le sta da tempo dicendo «mi sento male perché mamma non è mai d’accordo con me». Sonia pensava invece di avere semplicemente avuto una giornata storta e che questo stress l’avesse portata ad arrabbiarsi in quel modo con la madre; si era poi sentita in colpa per ciò che le aveva detto. Se si fosse fermata a questo livello di apparente comprensione credo che non si sarebbe attuata in lei quella trasformazione che ho invece poi visto giungere al suo interno con il tempo. Ha pianto molto Sonia, si è data il permesso di piangere tutto quel dolore, di sentire perfino come cosa non sbagliata il diritto di avercela con sua madre per tutte le volte che l’aveva fatta sentire non degna di esprimere le sue opinioni e portarle avanti fino in fondo. Ha imparato un passo alla volta a offrire tanto amore alla sua bambina interiore triste; a offriglielo tutte le volte che questa tristezza affiorava in lei. La stingeva a sé e le diceva «ora ti do io il permesso di fare ciò che più desideri: scegli tu i prossimi acquisti, sceglili tu tesoro mio, andiamo, mano nella mano, a sceglierli insieme».

    È vero ciò che, come tra poco osserveremo insieme, ci ricorda la nostra parte adulta: è un’illusione credere che nostra madre debba riconoscerci per quello che siamo, apprezzarci per ciò che facciamo e in sostanza amarci come noi desideriamo tanto che faccia. Ma è altrettanto vero, e estremamente utile, far sentire alla nostra parte bambina che non è sbagliato ciò che sente, che il bisogno che essa porta dentro di sé di essere vista, amata, rispettata ecc., è un bisogno sacrosanto, e, come tale, dobbiamo prenderci cura di lei proprio mentre sente ed esprime con le emozioni questi suoi bisogni. Solo la comprensione e l’amore da noi offerti a noi stesse possono curarci davvero.

    Ero rientrata a casa dopo la mia prima visita ginecologica, con un grande dolore. Ero incinta di Martina ed ero andata a quel primo incontro con molta gioia, curiosa di conoscere colei che mi avrebbe guidato per mano nei meandri di questi nove mesi. Ricordo ancora che su un libro dei tanti che mi ero comprata durante la gravidanza avevo letto più volte dell’importanza della prima visita ginecologica: «Il tuo ginecologo vorrà conoscerti!». Sulla scia delle emozioni che mi aveva suscitato questa lettura (a quei tempi ero ancora molto bisognosa di essere vista e presa per mano) mi ero recata a quella visita carica di curiosità mista ad apprensione (ho sempre avuto paura dell’autorità). In quella visita non venni nemmeno guardata in faccia e venni immediatamente sgridata perché avevo già preso un chilo a inizio gravidanza. Tornai nel mio appartamento madrileno e scoppiai a piangere, un pianto infinito: le emozioni di dolore misto a rabbia potevano finalmente manifestarsi con chiarezza perché ora ero a casa, lontana da sguardi altrui, da sola con me stessa. Era ingiusto ciò che avevo vissuto; perché ero stata trattata in quel modo? All’epoca non sapevo nulla sulla mia bambina interiore, sulle vecchie ferite emotive che si riattivano proprio per delle circostanze della vita quotidiana che fanno breccia su di esse, aprendole e portando in superficie tutto il dolore che abbiamo stipato al di sotto. Stavo molto male, ero molto triste. Non mi presi realmente cura di quel dolore e, come avevo fatto per tante altre emozioni, semplicemente lo misi da parte, nulla di più.

    Con il tempo, molti anni dopo l’arrivo della mia primogenita, alla luce delle mie nuove conoscenze sulle sofferenze della nostra bambina interiore, ma soprattutto alla luce dell’importanza di offrire tanto amore alle nostre parti emotive ferite, iniziai, un passettino alla volta, a prendermi cura della mia piccola Wilma, spaventata dall’autorità – il camice bianco – e sempre pronta a sentirsi in colpa per qualunque cosa – era colpa mia se avevo preso un chilo.

    Oggi so che quello era uno di quei momenti in cui senza saperlo mi stavo ritrovando a tu per tu con la mia bambina interiore, spaventata e sempre pronta a giudicarsi sbagliata. In quante altre circostanze della vita l’ho poi ritrovata, tantissime! Ma ogni volta diventava ai miei occhi l’occasione per farmi sentire sempre un po’ più vicina a lei e comprensiva, e così facendo sentii chiaramente che un passo alla volta, un’occasione alla volta, ella iniziava ad alleggerirsi, imparando a non sentire più tutta quella paura per l’autorità e sentendosi sempre un po’ meno schiacciata dai sensi di colpa.

    L’ADULTA

    E ora è il momento di presentarti l’adulta.

    La tua parte adulta è colei che si prende cura di te. Lei sente quando hai bisogno di spazio per te stessa, di tempo per dedicarti alle tue passioni, di regali per onorare la tua bellezza, e si attiva per soddisfare le tue necessità. Non si tratta di sfizi ma di vere e proprie necessità dettate da qualcosa di molto profondo in te, che ti vuole rammentare quanto sia importante avere cura di sé.

    L’adulta che vive in te sa molto bene che tu sei la protagonista della tua storia, e, come custode di questa conoscenza tanto autentica quanto profonda, viene a ricordarti che per poter offrire amore intorno a te devi in prima istanza coltivarlo al tuo interno. È un po’ quello che ci suggeriscono le procedure di emergenza previste in aereo: anziché precipitarci a mettere la mascherina con l’ossigeno ai nostri bambini dobbiamo indossarla noi per primi.

    Io personalmente ritrovo l’essenza di questo messaggio d’amore verso noi stesse nelle parole pronunciate da Gesù Cristo, quando affermava: «Ama il prossimo tuo come te stesso», così come è riportato nel Vangelo di Matteo.

    Il «come te stesso» ci viene a indicare proprio questo: dobbiamo rieducarci ad amare noi stesse: è da questo amore che dobbiamo ripartire. Come è possibile amare l’altro se prima non amiamo noi stesse?

    La maggior parte degli esseri umani oggi sono mascherati da falso buonismo e ciò avviene perché ancora non abbiamo imparato ad amarci. Oggi c’è un gran fare per l’altro, che nasce però dalla necessità di ricevere in cambio qualcosa: briciole d’amore, riconoscimento, sguardi comprensivi, parole confortanti, ma in realtà si tratta di un amore condizionato, non libero, non puro: è una forma di energia che senz’altro si muove verso l’altro, ma nel farlo attende che l’altro a sua volta faccia qualcosa per noi. Se invece imparassimo ad amarci non avremmo bisogno di usare gli altri per un nostro tornaconto personale ma doneremmo loro la nostra presenza, il nostro affetto e aiuto, in maniera incondizionata, senza desiderare nulla in cambio. Io credo che dovremmo aspirare a questo.

    E dunque, mia cara lettrice, questo vuole essere un invito da parte mia, a imparare a cominciare ad amarti. E come si fa, mi domanderai?

    Si inizia un giorno; un giorno ci si fa una promessa e con disciplina la si porta avanti ogni giorno; il fine è quello di riportare la nostra persona al centro del nostro interesse, dei nostri amorevoli pensieri, della nostra attenzione. Inizia dunque da oggi a offriti ciò che ti fa stare bene, fa’ ciò che ti piace fare, comincia a ricordati di te. Resta sintonizzata sulle tue necessità ora che aspetti la venuta di tuo figlio e mantieniti ancorata a questo principio, facendolo diventare una pratica quotidiana. Per riportare in vita l’adulta che c’è in te, colei che sa prendersi cura di sé, è di fondamentale importanza fare per sé.

    IMPARARE A PRENDERSI CURA DI SÉ

    Imparare a prendersi cura di sé non lo si fa dall’oggi al domani, ma, come detto, è qualcosa che richiede la nostra perseveranza. Si tratta di un processo lento e graduale che va nutrito tutti i giorni. L’obiettivo deve essere chiaro, così come deve essere chiara l’ubicazione del nord per chi cerca di orientarsi in montagna.

    «Io voglio imparare a prendermi cura di me»: questo è un intento che gode di una certa chiarezza e che è ben definito. Puoi scriverlo su un diario e leggerlo tutte le mattine appena sveglia, così da portarvi la tua attenzione in modo consapevole ogni giorno.

    Una volta stabilito e rinfrescato l’intento, è necessario passare all’azione dando vita ogni giorno a piccoli gesti quotidiani in cui al centro ci siate tu e la cura che scegli deliberatamente di offrire a te stessa. Questo è un lavoro di vitale importanza per ogni donna che si appresta a diventare mamma e che pertanto sarà chiamata a dare molto di se stessa al figlio. È un lavoro fondamentale perché va a lavorare sul bilanciamento tra

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