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I segni del destino
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E-book290 pagine3 ore

I segni del destino

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Info su questo ebook

Dopo tredici anni di silenzio Fabio Ortolani riprende il discorso con il prosieguo de I segni del destino, edito nel 2010. In tutto questo tempo molte cose sono mutate: l’assetto socio-economico e politico ha contribuito a sviluppare una società fondata su valori effimeri e spesso privi di moralità. È l’Italia che si regge a stento, che barcolla sotto pesanti fardelli recanti scandali e pastette elettorali, è quella che risorge dalle ceneri per poi riabissarsi di nuovo. Fabio Ortolani, con la passionalità che lo contraddistingue e l’attivismo all’interno del sindacato, racconta di sé mostrando un attaccamento ai suoi ideali di giustizia sociale ed uguaglianza. La salvaguardia dei diritti dei lavoratori, la dignità di un lavoro che non sia alla stregua di schiavitù, che non umilii e venga remunerato in maniera adeguata, sono i pensieri che occupano la sua mente. Elegante nella sua esposizione, elenca i fatti con molta precisione facendo riferimento ai momenti che più lo hanno colpito in questi ultimi anni. Esplicito ma contenuto nelle sue allusioni, rivela le sue perplessità e il rammarico di non poter giungere ad una soluzione costruttiva. Bellissimi gli omaggi dedicati ad Aldo Ortolani, suo padre, uomo di grandi ideali e fonte di ispirazione profonda per il nostro Autore.
I segni del destino raccontano di un uomo, a testimonianza del fatto che la storia continua… 

Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana, dal 1972 al 1988 è stato funzionario direttivo della Regione Lazio, ricoprendo significativi incarichi, tra i quali: delegato con nomina del Presidente della Giunta della Regione Lazio, al censimento ed alla formalizzazione del passaggio alla Regione Lazio dei beni mobili ed immobili dei disciolti enti inapli, enalc, iniasa e Vice Capo dell’Ufficio Ispettivo e Vigilanza dell’Assessorato alla Formazione Professionale della Regione Lazio. 
Dal 1995 al 2000 è stato dirigente, con incarichi di rilevanza esterna, della società assicurativa laborfin s.r.l.
Dal 1988 al 2000 è stato Segretario Confederale, Tesoriere della uil e componente i Consigli di Amministrazione di unipol spa e unisalute spa, di quest’ultima anche Vice Presidente.
Dal 2000 al 2008 è stato componente della Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (covip).
Dal 2006 al luglio 2009 è stato componente del Consiglio di Amministrazione della Fondazione cesar ora unipolis.
Dal 2008 al 2011 è stato Presidente del Fondo di Previdenza Complementare del settore metalmeccanico cometa.
Dal 2012 al 2015 è stato Presidente del Fondo fonchim e componente in detto periodo, del Consiglio di Amm.ne dei fondi pensione fopen, pegaso, premungas e previdenza cooperativa.
Da maggio 2016 al 2019 è stato Presidente del Fondo Pensione eurofer (ffss e anas) successivamente ha rivestito e riveste tuttora il ruolo di Vice Presidente all’interno dello stesso fondo.
LinguaItaliano
Data di uscita11 mag 2022
ISBN9791220124317
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    Anteprima del libro

    I segni del destino - Ortolani Fabio

    cover01.jpg

    Ortolani Fabio

    I segni del destino

    A cavallo di due ere con gli occhi

    di un protagonista

    © 2022 Europa Edizioni s.r.l. | Roma

    www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it

    ISBN 979-12-201-1934-4

    I edizione febbraio 2022

    Finito di stampare nel mese di febbraio 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    I segni del destino

    A cavallo di due ere con gli occhi di un protagonista

    Il presente volume deve molto ad alcune persone: ringrazio Costanza Troini e Gianvittorio Fedele e Raffaele Romano che mi hanno aiutato nelle ricerche storico-bibliografiche e infine, ma non per questo di meno importanza, tutti coloro – e sono tanti – che con la loro Amicizia hanno voluto testimoniare episodi che hanno accomunato il nostro percorso lavorativo e di vita.

    Ai miei figli, a mia moglie e alle persone

    che hanno fatto e fanno parte della mia vita

    … tutte le gocce che compongono i mari e

    tutte le stelle del firmamento non sono

    nulla di fronte all’amore…

    (Mano nella mano)

    Presentazione dell’opera a cura

    di Claudio Tarlazzi – Segretario Generale UilTrasporti

    La necessità di scrivere un libro che ritragga e racconti momenti della propria vita contestualizzati in determinate fasi storiche del nostro Paese rappresenta, a mio avviso, la forte necessità di interagire con gli altri, di raccontarsi, dal momento che con il passare degli anni spesso si tende a semplificare esperienze di vita vissute così come traguardi raggiunti. Ciò non avviene se questi momenti si contestualizzano nella realtà di quel tempo passato.

    Ho imparato a conoscere Fabio da quando ricopro la carica di Segretario Generale in Uiltrasporti e ho apprezzato sin da subito la sua capacità di coinvolgere le persone e la voglia di trasmettere agli altri il sapere e la sua curiosità intellettuale.

    Di lui ho apprezzato soprattutto il dinamismo, l’energia e la forza che lo hanno contraddistinto anche nei momenti più difficili in cui ha dovuto lottare con problemi di salute che avrebbero fermato uomini più forti di lui.

    Conoscenza, esperienza, tenacia è ciò che Fabio ha messo a disposizione della Uiltrasporti che a sua volta ha ricambiato affidandogli incarichi di prestigio nella Previdenza Complementare. Un plauso anche per come ha svolto il ruolo di Presidente del Fondo Eurofer con grande professionalità, impegno e dedizione.

    Alla scadenza del mandato non ha esitato a dare la sua disponibilità anche per ruoli diversi e di minore responsabilità.

    Una esperienza consolidatasi con gli anni di impegno nel Sindacato, in

    covip

    e come presidente del più grande Fondo di Previdenza Complementare

    cometa

    .

    Fabio è senza dubbio un uomo originale e per molti è ancora un maestro che ama mettere a disposizione il suo sapere, le sue conoscenze, con intelligenza pratica e talvolta con grande caparbietà quando sa di essere dalla parte della ragione.

    Il tratto più caratterizzante di Fabio, considerato forse da molti la sua parte più scomoda, è l’indipendenza di giudizio e la coraggiosa difesa delle proprie idee. Un uomo d’altri tempi?

    forse

    , ma sicuramente un uomo che può ed ha da raccontarsi.

    Sono profondamente onorato di far parte del libro di Fabio con una testimonianza che è frutto del rapporto professionale che c’è stato tra noi e che si è consolidato nel corso degli anni.

    Roma, 22 settembre 2021

    INTRODUZIONE

    di Enea Mazzoli¹

    Il libro autobiografico, a cui è dedicata questa presentazione, riporta il percorso di una parte della vita in cui alcune premesse condizionavano in parte il giovane Fabio ben più, forse, dei segni del destino.

    Conobbi Fabio Ortolani circa venticinque anni fa, quando entrò a far parte della Segreteria della UIL Nazionale.

    Era il più giovane fra i tredici componenti e fu delegato al bilancio della stessa, ai rapporti con l’associazionismo-volontariato, al movimento cooperativo, alla responsabilità dell’ufficio legale e alle sue partecipazioni finanziarie.

    A questo titolo egli entrò a far parte del Consiglio d’Amministrazione della Unipol Assicurazioni S.p.A., di cui la UIL deteneva una discreta quota azionaria, acquisita prima delle analoghe acquisizioni di CGIL e CISL.

    In quegli anni Giorgio Benvenuto stava lanciando un nuovo orientamento generale per la UIL: il Sindacato dei Cittadini, una innovazione che apparve non facile e che richiese molta responsabilità, coraggio e nuovi dirigenti. Fabio Ortolani fu tra questi.

    Nel 1989 ero Presidente del Consiglio d’Amministrazione dell’Unipol da undici anni, dal 1979 mi occupavo direttamente dell’area del personale, dei temi della partecipazione aziendale, dei rapporti con le Organizzazioni socie, sindacali e professionali.

    Entrai, perciò, in relazione con Fabio ben presto e posso testimoniare del suo continuo e costruttivo contributo ai lavori consiliari, come anche alle relazioni interne – non sempre facili – fra la Compagnia e le strutture sindacali dell’impresa.

    Su questo piano divenne un referente di indubbio valore. Nel lavoro comune di molti anni nacquero fra noi stima ed un’amicizia profonda, com’è logico, quando sul piano dei principi si ha una comune visione, che trova applicazione in un tipo di gestione aziendale partecipativa e di democrazia economica cui ho sempre creduto, applicandola quale dirigente del movimento cooperativo.

    Più concretamente, per essere ben capito, devo aggiungere che l’introduzione nei contratti integrativi aziendali, di dettagliate piattaforme partecipative, con obblighi di informazione preventiva, di consultazioni e discussioni, per la Direzione aziendale sui problemi di strategia dell’impresa, fu un fatto sconvolgente, per le ovattate relazioni interne, calate dall’alto, di tutte le imprese assicurative italiane.

    Questo nuovo tipo di relazioni sindacali fu assunto in pieno dalle direzioni sindacali nazionali, della UIL, poi anche di CISL e CGIL, nei testi delle loro piattaforme per il settore assicurativo.

    Non ebbero grande successo. Queste tematiche erano nettamente respinte dall’A.N.I.A. di quel tempo.

    Interessante e inoppugnabile la testimonianza di Luciano Lama che qui di seguito riproduco.

    Sostiene Luciano Lama (Da Via Stalingrado a Piazza degli Affari, 1988), con elementi di revisione critica, anche autocritica, che per quanto riguarda i rapporti con Unipol […] la CGIL ha cercato sempre di aiutarne e agevolarne la crescita. C’è stato però chi si è dato da fare più di noi, nel movimento sindacale italiano: alludo in particolare alla UIL.

    Un po’ alla volta – dice più avanti – ci siamo ravveduti, anche perché ci sono stati momenti e situazioni in cui abbiamo usufruito dell’aiuto di Unipol in termini abbastanza rilevanti, per esempio per l’acquisizione di sedi sindacali. […] Erano del resto anni in cui il termine profitto veniva demonizzato.

    In quegli anni il Sindacato dei lavoratori non pensava a ruoli e funzioni di servizio per gli associati, tanto meno per i cittadini.

    La UIL, allora, diversamente da noi, accettò un ruolo ed una partecipazione maggiore, nell’Unipol (p. 107). Ma la UIL è nata e cresciuta senza laccioli pregiudiziali e rispetto a noi aveva tutt’altra filosofia. Intendiamoci: non nel senso di attendersi chissà quali benefici, ma nel senso di creare un sistema di copertura degli interessi dei lavoratori, che fosse più ampio e completo di quanto può essere quello creato dal movimento sindacale soltanto, isolato in questo senso (p. 108).

    Non mi ha sorpreso dunque che Fabio mi abbia chiesto di scrivere l’introduzione del suo libro, che ho letto accanitamente, rivivendo nella sua vicenda personale un percorso dapprima parallelo e poi convergente al mio, pur essendo abbastanza diversificato.

    Naturalmente ho accettato, con entusiasmo, nella speranza di produrre anche una utile testimonianza per chi vorrà leggermi.

    Suo padre era un sindacalista di professione affermato, legato dopo la Liberazione alla CGIL (al tempo della leggendaria leadership di Giuseppe Di Vittorio), dirigente della federazione dei trasporti e dei portuali.

    Fabio aderisce all’organizzazione europea dei giovani socialisti del PSLI. Da allora resta socialista, e assume diversi incarichi, anche politici e di rilievo, negli anni Sessanta e Settanta.

    Il mio percorso, come accennavo sopra, è parallelo ma diverso, per territorio e cultura. Il mio ambiente sociale era marcatamente classista e, pur avendo ben chiaro che il mondo odierno, le società europea e italiana sono ben diversamente organizzate rispetto agli anni Quaranta, Cinquanta e Sessanta penso che alcuni concetti di base vadano tenuti sempre presenti soprattutto oggi.

    Ce li ricorda Guido Rossi nel suo libro Mercato d’Azzardo (2008), quando scrive testualmente quanto segue.

    "All’inizio di questo secolo tra le cento maggiori economie mondiali compaiono cinquantun gruppi societari multinazionali e solo quarantanove Stati. Sommando tra loro i prodotti interni lordi di tutti gli Stati esistenti (191, al momento del conteggio), ad eccezione dei nove più importanti (Stati Unti, Giappone, Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Cina, Brasile e Canada), si ottiene una cifra inferiore al valore aggregato delle vendite annuali delle prime duecento società del mondo. In base agli stessi calcoli il fatturato di Walmart, dodicesima società al mondo in ordine di grandezza, supera, da solo, quello di ben 161 Stati; i fatturati di DaimlerChrysler, General Motors e Ford sono superiori al prodotto interno lordo, rispettivamente di Norvegia, Danimarca e Sudafrica. A questo punto non sorprenderà che la capitalizzazione della borsa cinese abbia di recente superato il prodotto nazionale lordo del paese, e che fra dieci società mondiali maggiori per capitalizzazione ben tre siano cinesi. […] Le corporation vanno ormai considerate i veri protagonisti della scena economica contemporanea: dominano in molti casi le entità statuali ai cui ordinamenti sarebbero in teoria assoggettate, riflettono (anzi, spesso sanciscono) la divisione del mondo tra ricchi e poveri: il 93 per cento delle prime duecento società al mondo appartiene infatti a soli sette paesi. […] I grandi gruppi internazionali rappresentano di fatto un sistema di scambio parallelo, in grado di porsi al di fuori – o al di sopra – sia del mercato, che della legge. Secondo uno studio delle Nazioni Unite, agli inizi degli anni novanta, un terzo del valore delle esportazioni mondiali era rappresentato da scambi intragruppo tra società controllate o collegate. Il fenomeno di concorrenza dei mercati finanziari da parte di sistemi di scambio organizzati da banche e intermediari al proprio interno, riconosciuto dalla Markets in Financial Instruments Directive (o MiFID) del 2004, è solo un esempio particolarmente vistoso di come le società possano assumere direttamente il controllo e la gestione dell’unico istituto su cui dovrebbe fondarsi un’economia liberale: il mercato.

    Le corporation possono naturalmente promuovere, qualora lo desiderino, il progresso, la pace e il benessere; il fatto è purtroppo che lo slancio filantropico non sembra essere la prima delle loro pulsioni".

    Anche nel febbraio 2009, mi sembra di poter dire che il sistema finanziario autoreferenziale che controllava il mercato globale con sicurezza e protervia non si è autodistrutto, ma si è chiaramente svelato per quello che è, per cui oggi, diversamente dal passato, nessuno osa più sostenere né politicamente né sul piano della dottrina economica, che si debba lasciare libero.

    Deve essere molto ben controllato, per evitare altri temuti immani disastri, nazionali e globali, come purtroppo si è verificato.

    Aggiungo che un pensiero mi turba. Un’idea di incongruenza, di profonda ingiustizia, cui non saprei dire con certezza come rimediare.

    Arriva la grande crisi. Preannunciata da alcuni, da pochi creduta. Per superarla sembra necessario salvare dal dissesto grandi banche, grandissime imprese. Si devono salvare nell’interesse generale.

    Sarà così. Già lo si fa, negli Stati Uniti e in Europa. Per imprese di peso mondiale che negli anni e decenni passati hanno realizzato e distribuito ai loro azionisti e massimi dirigenti enormi profitti. Per poterlo fare i cittadini debbono farsene carico. Per poterlo fare si tolgono mezzi all’economia sociale, cooperative, mutue, associazioni, fondazioni; si annullano certi modestissimi sostegni concessi loro in ragione della loro funzione sociale, riconosciuta dalla legislazione vigente e in Italia dalla stessa Costituzione.

    Sono imprese medie e piccole ad alta responsabilità sociale che in questi anni hanno accresciuto l’occupazione, pagato le imposte, sostenuto i più deboli, respinto il lavoro nero.

    Non c’è in ciò una profonda contraddizione?

    Non siamo in presenza di un’ingiustizia inaccettabile?

    Rimediarvi non è certo facile; penso sia possibile almeno in parte con misure di politica economica e legislazioni di sostegno delle fasce deboli della popolazione, della piccola e media impresa, delle imprese dell’economia sociale. Usando il fisco per correggere le disuguaglianze del sistema tributario, che incombe con severità e precisione sulle retribuzioni dei dipendenti del settore privato e di quello pubblico, dei pensionati. Riprendendo a combattere l’evasione fiscale, l’illegalità economica diffusa.

    Nella sua autobiografia Fabio mi ha fatto rivivere la storia italiana, vista dal basso, del movimento sindacale, di quello cooperativistico, della sinistra italiana sociale e politica, dal 1945 al 2008. Sono uomo di parte, schierato e impegnato, che ha vissuto quel periodo. Rivivere quella storia mi aiuta a vedere l’oggi senza le passioni di allora. Credo con molta oggettività e immutata partecipazione.

    Condivido idealmente e capisco il suo percorso, con una annotazione, che è una raccomandazione per tutti noi e per chi, come Ortolani, ha ancora un futuro da percorrere con l’importante incarico che ricopre.

    Non dovremmo mai dimenticare che negli anni più lontani l’Italia viveva una struttura sociale complessivamente assai più povera e con differenze sociali e di categorie molto più marcate rispetto a quelle di oggi.

    Entrando in una piazza di qualunque paese, si identificavano subito visivamente le appartenenze di ceto delle persone che vi si trovavano, dagli indumenti oltre che dagli atteggiamenti: il capannello dei mezzadri, il gruppetto degli operai, quello dei braccianti, i commercianti, gli agricoltori e i possidenti.

    Oggi fortunatamente non è più così, le mantelle sono sparite, il benessere è evidente, come la motorizzazione, per il felice risultato di aspre, durissime contese e lotte sindacali, e anche per il progresso tecnologico e culturale.

    Resistono ancora classi sociali in difficoltà, meriti non riconosciuti. Disuguaglianze e privilegi da combattere. Fabio li ha sempre riconosciuti e combattuti. Egli ha sempre manifestato la sua fede in idee di giustizia e fraternità; ha sempre creduto, come idoneo strumento per realizzare queste idee, più che in un unico sindacato (da non escludere mai) nell’unità sindacale, a superamento delle ormai vecchie e superate differenziazioni ideologiche, come delle rivalità fra persone, gruppi, correnti di potere.

    Nel pieno dei movimenti del ’68, con la sua moto, di cui è appassionato cultore, percorre la Pontina, o Statale 48. Ascolta i braccianti (categoria oggi estinta) e scopre il movimento cooperativo mentre svolge la sua attività sindacale, riconoscendo sia nel sindacato che nel movimento cooperativo due fondamentali strutture di autodifesa delle fasce più deboli della società.

    Comincia perciò a lavorare anche nell’ambito della neonata AGCI. È un leader che ha nel suo DNA il solidarismo e l’aiuto ai lavoratori più umili, tramite l’autogestione cooperativa e la tutela del sindacato.

    Nel 1972 è assunto dalla Regione Lazio come Ispettore nell’ambito dell’Assessorato alla cultura e alla formazione professionale. Ciò non gli impedisce di continuare nella sua triplice attività di sindacalista nella UIL, nella Cooperazione dell’AGCI e in politica come socialista.

    Sul giornale sindacale Fencotat Notizie chiarisce il suo orientamento, a dimostrazione di una maturazione ormai completata, nel 1980.

    «È quindi opportuno che il sindacato ricerchi, su linee politiche precise, un costante avvicinamento alla cooperazione» e chiude auspicando l’istituzione di un Ufficio Cooperazione all’interno della Federazione Sindacale Unitaria.

    A mio parere fu questa una proposta politica coraggiosa e di alto valore, che dà compiutamente il senso del lavoro e dell’indirizzo perseguito poi da Fabio Ortolani.

    Il 15 aprile 1981 Fabio è eletto Segretario Nazionale della UIL Enti locali (ex UNDEL), in questa veste concorre a caratterizzare la UIL come sindacato al servizio dei cittadini, in piena sintonia con la linea di Giorgio Benvenuto, rivelatasi vincente.

    Lo dimostra il suo saggio pubblicato nei Quaderni di Proposta UIL ENTI LOCALI, di cui riporto un piccolo brano qui di seguito, a sostegno della necessità di un grande sforzo di rinnovamento e formazione dei quadri sindacali italiani: L’Europa, anche se lentamente, sta facendo passi in avanti: anch’essa fa parte del futuro, del nostro futuro.

    Ecco allora l’importanza della formazione di quadri pronti all’evoluzione della figura del lavoratore in chiave Europea e tecnologica.

    L’organizzazione della UIL ENTI LOCALI – conclude il saggio – e la preparazione dei quadri sindacali deve essere posta al centro della nostra attività futura. Così è stato.

    La sua è una scelta fatta da qualche anno chiara ed esplicita a favore dell’innovazione tecnologica, contro gli ostacoli e le resistenze che portano a ritardarla.

    Quando si dimette da Segretario Confederale della UIL, assume un diverso nuovo importante incarico: Commissario della COVIP. Si riconverte rapidamente al nuovo ruolo, e diventa una specie di Docente COVIP.

    Ricordo il suo intervento, ancora nella veste di Commissario della Commissione di Vigilanza dei Fondi Pensione, tenuto a Bologna, in occasione di un convegno della COM.P.A., che si svolse il 12 settembre 2002 nell’ambito di una manifestazione fieristica. Trattò il tema della centralità e peculiarità della comunicazione nella previdenza complementare pubblica con una brillante presentazione.

    Prima di chiudere questa introduzione ritengo indispensabile un’ultima annotazione.

    È per me di eccezionale rilevanza che Angela Merkel, Cancelliere della Repubblica Federale della Germania, intervenga con grande decisione e durezza sul tema delle cause dell’attuale crisi economica globale scatenata da una speculazione irresponsabile, in particolare americana. Vede nella crisi economica globale il fallimento dei mercati.

    Milton Friedman, riconosciuto e applaudito sommo gran sacerdote dell’iperliberismo in economia, giudicava essere esso la sola via dello sviluppo e quindi della felicità degli uomini, giudice assoluto di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato in termini di politica economica.

    Poiché il mercato sa autoregolarsi in linea di fatto (è il suo principio-base) non si deve in nessuna maniera né regolamentare né condizionare. Insomma: mercato,

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