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Scacco Matto alla Morte
Scacco Matto alla Morte
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E-book278 pagine4 ore

Scacco Matto alla Morte

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Info su questo ebook

L'immortalità. Vincere un destino ineluttabile per ogni essere umano. Esiste davvero questa possibilità? Oppure tutto finisce con l'ultimo respiro? E se questa possibilità fosse reale? Dipenderebbe tutto da noi o sarebbe qualcosa che ci verrebbe concessa? E ancora, come dovrebbe essere una vita talmente desiderabile fino al punto da volerla vivere per sempre? Abbiamo mai vissuto durante questa nostra vita, anche se solo per un momento, uno stato fisico, mentale ed emotivo così straordinario che vorremmo rivivere ancora? Qualcosa per cui varrebbe la pena investire il resto della propria vita per ritrovarlo, e stavolta, poterlo rivivere senza interruzione per l'eternità? Per dare una riposta a queste domande le vicende del romanzo iniziano nell'antico Egitto, si sviluppano durante gli intrighi nazisti della seconda guerra mondiale per giungere infine ai giorni nostri sul ciglio di una scogliera mozzafiato in Sardegna dove si raccontano dei fatti realmente accaduti che hanno dato inizio a una vera storia di conversione.
LinguaItaliano
Data di uscita13 mag 2022
ISBN9791221405828
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    Anteprima del libro

    Scacco Matto alla Morte - Carlo Marinucci

    Prefazione

    Cercare la via dell'immortalità. Una via che permetta all'uomo di sopravvivere alla morte. Qual è l'uomo che non ha sperato nel tempo della modernità, almeno una volta nella vita, che la scienza potesse dare finalmente la notizia di aver trovato il farmaco dell'immortalità? Ma qual è il motore che muove questa aspettativa? Ed è una aspettativa ragionevole o è senza senso? È umano desiderare una vita che non muore mai o è da folli, dato che non c'è nessuno che sia tornato in vita dopo la morte che possiamo incontrare nel nostro vissuto quotidiano? Forse, il fatto che non abbiamo scelto noi di nascere alla vita, è ciò che ci fa pensare che sarebbe nostro diritto, ora che ci è stata donata, che non finisca. E se ci fosse un’entità che ha messo in moto il dinamismo della vita, che poi noi abbiamo ricevuto attraverso i nostri genitori, sarebbe crudele il fatto che non facesse niente per preservarcela.

    Molti hanno rinunciato a cercare una risposta a tutte queste domande ma non potendo eliminare la realtà della morte, hanno addormentato il problema: sono tutti coloro che cercano emozioni forti, adrenalina pura in tutto quello che fanno, che annebbiano la mente fuggendo la realtà perché la realtà della vita è troppo dura per essere guardata in faccia e vissuta; o sono gli uomini che si buttano nel lavoro, nelle cose da fare, così da non darsi il tempo per pensare e trovarsi altrimenti nel disagio di non poter rispondere a queste domande; o sono gli uomini, che sapendo che prima o poi terminerà la loro esistenza in questo mondo, sperano che per loro la fine di tutto arrivi il più tardi possibile, così da poter sparare tutte le cartucce che hanno per vivere al meglio delle loro possibilità e poi alla fine non poter far altro che arrendersi al destino fatale, senza negarsi un ultima speranza che è quella di morire magari nel sonno, e dunque senza sofferenza, e senza accorgersi che tutto si è concluso...

    Ma queste risposte sono la vera risposta al problema?

    Tra l'altro, come dice bene l'autore del libro, se la vita che non finisce fosse il protrarsi eterno delle sofferenze, difficoltà, ingiustizie che sperimentiamo su questa terra, sarebbe piuttosto un inferno, non certo desiderabile. Ritornando alla domanda iniziale su quale sia il motore che muove le nostre azioni nella scacchiera dell'esistenza umana sembrerebbe potersi dire che l'anima di tutto sia la paura nei confronti di una realtà così oscura, come appunto è la morte. Una paura che rende l'uomo schiavo di sé stesso e del suo limite e che poi diventa motore di tutto quello che fa, e che lo porta spesso ad agire egoisticamente e contro il prossimo pur di preservare la sua incolumità. Quindi non uomo padrone di sé stesso, delle sue azioni ma piuttosto un uomo in fuga da sé stesso e dalla realtà che lo circonda che è diventata il suo nemico principale da cui difendersi. Ma un uomo che fugge non è un uomo che vive la vita ma appunto la sfugge.

    È possibile che non ci sia un'altra via? Sembrerebbe di sì, se facciamo fede a quello che l'autore del libro Carlo Marinucci, ci racconta, a partire da una storia romanzata, ma per questo non meno vera - se consideriamo il significato umano e alla fine anche di fede che emerge da queste pagine - ambientata nell'antico Egitto, che continua in un lager nazista tedesco per poi spostarsi in Argentina e che si conclude nel nostro presente in Sardegna, dove lui svela qualcosa che sembra assurdo solo a pensare ma che lui dice di aver trovato: e cioè che la vita senza fine, a cui l'uomo aspira, c'è! Qualcuno l'ha già conquistata per noi, perché ha vinto la morte e ci ha resi partecipi di questa vittoria senza che noi abbiamo dovuto far niente per ottenerla. Solo attende che noi apriamo gli occhi e ce ne appropriamo, non per meriti, ma perché ci spetta, è un nostro diritto, il diritto dei figli di Dio, di coloro che proprio perché figli hanno ricevuto dal Padre un’eredità, una Terra promessa, la possibilità di vivere la vita sentendosi amati profondamente da un Dio che si prende cura di noi e che quindi non è lontano da noi e che si manifesta nella Sua chiesa.

    Ma qui forse, stiamo entrando già nel prosieguo di una storia, che dopo la lettura di questa sua prima fatica letteraria, speriamo che Carlo, in un prossimo libro, voglia continuare a raccontarci.

    P. Carlo Frau ofmcap

    CAPITOLO PRIMO

    I pezzi vengono posizionati dall'alto sulla scacchiera.

    A quell’ora i tipici colori del tramonto davano al tempio di Anubi un’immagine ancor più mistica di quanto già non avesse.

    Le maestose colonne dell’ingresso principale, colte di lato dagli ultimi bagliori di sole della giornata, proiettavano la loro ombra allungata fino a ottanta passi dalla loro base.

    I geroglifici che vi erano incisi, con giochi di luci e ombre generati da quei raggi di sbieco, accentuavano la sacralità del tempio.

    All’interno le pareti erano sontuosamente decorate con altri geroglifici che raccontavano, tra colori decisi e ammalianti, le vicende del dio Anubi, colui che dopo aver pesato il cuore delle anime defunte consentiva o negava l'accesso nel regno dei morti.

    Dall'entrata principale del tempio, sulle due murate laterali, le gigantesche pitture descrivevano la storia della divinità, accompagnando i visitatori per oltre cento passi, dalle sue origini fino all'apice della sua potenza, che era rappresentata invece davanti alla parete di fondo da un'imponente statua in marmo nero e rifiniture in oro. Con il corpo in sembianze umane e la testa di sciacallo, il suo sguardo temibile puntava verso l'ingresso, e dall'alto, pareva ammonire tutti i mortali che entravano per adorarlo.

    Era da tantissimi anni che intorno al tramonto il vecchio Jahi, sacerdote e tenutario di quel tempio, con un passo che negli anni si era fatto sempre più lento, ne varcava la soglia per prepararsi alla meditazione e alle orazioni vespertine. Egli apparteneva alla cerchia dei più anziani sacerdoti di tutto il regno e ancora officiava le funzioni di adorazione per invocare la benevolenza della divinità protettrice dei morti in favore di tutto il popolo egizio, ma soprattutto per il faraone reggente.

    Il vecchio sacerdote con zelante ritualità iniziò ad accendere gli stoppini di tutte le lampade minori ai piedi della statua, e versando olii pregiati e profumati in quelle in cui si erano consumati, preparava il tempio, ma anche il suo spirito, alla preghiera e alla meditazione. Essenze deliziose si innalzavano dalle lampade e a ogni spostamento d’aria che filtrava in quel luogo di preghiera si insinuavano nelle sue narici ora il profumo del gelsomino, ora quello della rosa, oppure quello del papavero e del loto, e ancora, dalle misticanze di due o più di quelle stesse fragranze, si generavano nuovi aromi sublimi che con dolcezza inebriavano sempre più la sua mente.

    Durante le sue meditazioni, cadendo in uno stato ipnotico, aveva spesso delle visioni premonitrici grazie alle quali negli anni aveva conquistato la stima e la fiducia del faraone reggente Thutmosi III e anche dei suoi due predecessori, Thutmosi I e lo sfortunato Thutmosi II, morto prematuramente.

    Jahi godeva di grande fama ed era anche considerato un oracolo vivente da tutto il popolo egizio, e le sue previsioni erano sempre state tenute in grandissima considerazione da questi ultimi tre faraoni, sia per le preziose informazioni che spesso avevano consentito di prendere per tempo e risolvere le loro delicate questioni personali, sia per evitare delle vere e proprie crisi di stato.

    Dalla data esatta delle inondazioni del Nilo che condizionavano gran parte dell’economia del regno, agli attacchi a volte imprevedibili dei popoli nemici, le premonizioni di Jahi si verificavano con incredibile puntualità.

    Ogni volta che usciva dallo stato di trance, si preoccupava di trascrivere subito le sue visioni su cartigli di papiro che successivamente, grazie alle sue straordinarie doti, interpretava minuziosamente.

    A causa di quelle trance, quando era ancora fanciullo, i suoi coetanei lo avevano emarginato perché considerato strano e addirittura, per alcuni, un malato di mente. Invece i suoi genitori, pensando che fosse un potere donatogli dagli dèi, lo affidarono ai sacerdoti del tempio di Anubi.

    Proprio quando era ancora un novizio, ebbe una visione cruciale che cambiò per sempre la sua vita e lo rese, da quel momento in poi, degno della massima considerazione del faraone Thutmosi I e di tutti gli altri sacerdoti. Aveva profetizzato infatti una congiura che aveva lo scopo di assassinare il faraone. In quell'occasione il giovane Jahi non fu creduto dai sacerdoti suoi tutori e maestri; anzi, questi fecero di tutto per evitare che la notizia di una previsione simile trapelasse, con l'intento di evitare inutili allarmismi o disordini dovuti in fin dei conti a quelle che giudicarono delle improbabili e fantasiose invenzioni di un novizio.

    Il faraone Thutmosi I non solo era amato e lodato dagli egizi di tutti i ranghi, ma le imponenti e meticolose misure di sicurezza di un’ampia cerchia di fedelissimi che lo proteggevano, scoraggiavano qualsiasi tentativo di eventuali nemici, spie o cospiratori che avessero mirato ad assassinarlo. Proprio per questi motivi, sin da quando era diventato faraone reggente, mai si era verificato un evento di tale gravità. Il giovane Jahi invece, con la ferrea convinzione che la sua visione avrebbe preso corpo, ebbe il coraggio di disobbedire ai suoi superiori e, considerando l’inavvicinabilità del faraone, di nascosto riuscì quantomeno ad avvisare il capo delle sue guardie personali, il fidatissimo Turok.

    Questi volle dare credito al ragazzo; perciò, allo scopo di prendere delle contromisure, gli raccomandò di non raccontare a nessun altro della sua visione. Inoltre, per poter controllare meglio i rischi, decise anche di preparare una trappola, ovvero un’occasione ghiotta da offrire a eventuali cospiratori all'opera.

    Il tentativo di assassinio del faraone, incredibilmente, si verificò davvero! E solo grazie al tranello teso dal capo delle sue guardie personali si riuscì a evitare il peggio.

    Alla vicenda venne dato grande risalto e da allora Jahi venne soprannominato L'ORACOLO DI TEBE. Nominato da Thutmosi I come suo sommo consigliere, gli fu addirittura concessa la possibilità di incontrarlo ogni qualvolta lo avesse ritenuto importante senza dover seguire le severe procedure protocollari.

    Fiducia e stima rimasero le stesse anche quando, morto Thutmosi I, salì al trono prima Thutmosi II e poi Thutmosi III, l'attuale faraone regnante.

    Le lampade ora erano tutte accese e come sempre i cartigli di papiro e gli strumenti da scrittura, necessari per annotare le visioni al termine di ogni trance, erano stati accuratamente preparati e a portata di mano: il tempio era pronto per la preghiera.

    Jahi si inginocchiò sui cuscini ai piedi della statua di Anubi e iniziò pian piano le sue litanie.

    Regolando tra toni alti e bassi la sua voce, sembrava cercare gli accordi per la giusta frequenza e ben presto, grazie anche a un esperto controllo del suo respiro, il mantra che recitava lo trasportò in una profondissima trance.

    In quella specie di viaggio sospeso tra sogno e realtà, con gli occhi della mente vedeva immagini e scene di vita. Spesso confuse e sovrapposte, le visioni si succedevano libere e apparentemente senza senso fino a quando si risvegliava, e poi con calma, quando la mente tornava lucida del tutto, iniziava a trascriverle e a interpretarle.

    Era sempre andata così per migliaia di volte, ma in questa occasione stava accadendo qualcosa di diverso: il suo corpo, dapprima scosso da piccoli fremiti, a poco a poco fu assalito da sussulti violenti che gli resero il respiro convulso, corto e rapido, così come pure il cuore, che sembrava impazzito, prese a battergli frenetico!

    A un tratto sentì il suo fisico come circondato da qualcosa di invisibile e intangibile... ne poteva solo cogliere fortemente la presenza attraverso una sensazione sconosciuta!

    Percepiva quella strana fonte di energia come amica, ma allo stesso tempo la avvertiva anche invadente perché sembrava volergli entrare dentro… tentò di arginarla, ma le convulsioni gli stavano sottraendo ogni capacità di resistenza, mentre quell'energia invece era incredibilmente piacevole. Rinunciò a resistergli.

    Cominciò a entrare dentro di lui attraverso ogni singolo poro della sua pelle e mentre lo sentiva pervadere ogni angolo del suo essere, gli trasmetteva ondate rassicuranti di pace e di serenità. Solo quando ne fu completamente riempito si accorse che anche i sussulti e le convulsioni erano cessati. Anzi, ogni attività del suo organismo ora stava ulteriormente rallentando e il respiro, che nel frattempo si era affievolito, adesso si stava trasformando in rantoli sempre più prolungati, finché, assieme al suo cuore, dolcemente si spensero. Il suo corpo era... morto! Ma non la sua coscienza. Sì, la sua coscienza… in tutta la sua esistenza terrena non era mai stata così viva, sveglia, lucida e perfettamente in grado di elaborare pensieri e ragionamenti. Era perciò cosciente e consapevole della situazione, ma non ne era affatto turbato.

    Nonostante le numerose trance mistiche vissute durante la sua lunga vita, non aveva mai provato un’esperienza simile, quel che con gli occhi della sua mente vedeva ora erano immagini vere, incredibilmente nitide, persino più precise e più ampie della realtà alla quale era abituato.

    Si sentiva come sospeso, a mezz’aria, euforico, e mentre vedeva dall’alto tutto ciò che lo circondava, guardando verso il pavimento, si accorse anche delle sue spoglie, accasciate al suolo su un fianco.

    Consapevole di non avere consistenza fisica né forma, riusciva comunque a vedere e sentire ogni cosa e poteva spostarsi liberamente e anche molto velocemente verso qualsiasi direzione.

    Ora, incontaminato dal suo corpo, era spirito puro.

    Ancora incredulo e incerto, mentre cercava di capire e di dare un senso a quanto gli stava accadendo, si accorse di una luce che veniva da sopra, dall’esterno, sembrava attraversare il tetto del tempio... dapprima flebile, poi man mano sempre più decisa, fino a diventare un bagliore di una luminosità tale da far sparire tutto il resto.

    Mentre la contemplava, realizzò che quella fonte di luce di surreale bellezza sembrava volesse comunicare con la sua coscienza. Era sorpreso, impreparato, ma la sua coscienza, senza neanche sapere come, assecondò il suo desiderio di sapere…

    «Chi… sei?» riuscì a chiedere. Ricevette in risposta un messaggio chiaro, preciso e perfettamente comprensibile, che disse...

    «Io sono l'origine della luce e delle tenebre, fautore di ogni cielo e di ogni terra, di tutto ciò che è visibile e invisibile. Io sono generatore e sorgente di ogni vita e ho il potere su ogni cosa. Io ho fecondato il mondo, mia stessa creazione e voi esseri umani siete il frutto del mio seme. Ognuno di voi, ha la possibilità di scegliere come vivere la propria vita nel mondo e da tale scelta dipenderà anche il proprio destino. Tra le tante scelte possibili c'è anche una via, una soltanto, che conduce a me per far parte di tutto ciò che io sono per l'eternità.»

    E continuò dicendo: «Finché vivrete in questo mondo avrete sempre occasioni per cambiare le vostre scelte o per confermarle, e a ogni occasione sarà sempre presente anche la mia via. È per una di queste occasioni che oggi ti rivelo un modo per rendere inefficace gli effetti di ciò che tutti gli esseri umani conoscono come La Morte; tu non potrai metterlo in pratica per te stesso ma dalla tua scelta dipenderà chi potrà farlo».

    Dopo una pausa, il messaggio riprese: «Sappi dunque che alla Morte che voi conoscete non è consentito di falciare più di una vita umana per volta, lei sa essere veloce come nulla al mondo nel farlo; perciò, anche se ai vostri occhi sembra che migliaia di esseri umani stiano morendo tutti nello stesso momento, lei in realtà, con una rapidità a voi sconosciuta, sta prendendo le loro vite soltanto una alla volta».

    Proseguì…

    «Per questo… quando avverrà che due esseri umani moriranno realmente nello stesso e preciso istante, né un attimo prima né un attimo dopo, l’uno dell’altro, La Morte potrà prendere solo la vita di uno dei due e sarà costretta a rinunciare all’altra. Tra i due, il più giovane diverrà immortale.»

    Per un momento il messaggio sembrava essere finito, mentre invece…

    «Sappi ancora che ingannare così La Morte sarà possibile una sola volta e colui al quale sarà concesso ciò, non soltanto diventerà immortale per l'eternità, ma avrà anche la conoscenza dell'amore puro che è l'unica via che conduce a me.»

    Jahi aveva ascoltato rendendosi immediatamente conto che un messaggio del genere era contro ogni principio e ogni cosa che da sempre aveva ciecamente creduto con tutto sé stesso, e non soltanto lui, ma anche tutto il popolo egizio che da millenni nei propri dèi aveva riposto ogni principio e ogni fine, e affidato ogni speranza di salvezza.

    Eppure, in quel momento, nello stato in cui si trovava, a Jahi la rivelazione appariva l'unica verità possibile; tutta l’onnipotenza, la magnificenza e la grandiosità degli dèi egizi, che decidevano la sorte di ogni uomo, furono sradicate in un attimo dalla sua anima.

    Nonostante ciò, sentì comunque il desiderio di saperne di più. Chi era l'entità che gli stava parlando? Qual era il suo nome? Voleva ardentemente fare altre domande ma, a quel punto, la luce iniziò a diminuire la sua intensità a poco a poco. Non avrebbe voluto, ma a un certo punto svanì del tutto e lui tornò a vedersi attorno.

    La sua coscienza era ancora all’interno del tempio e dall’alto sentì il desiderio di cercare il suo corpo che subito individuò riverso senza vita sui cuscini. Da esso percepiva un fortissimo richiamo e vi si avvicinò fino ad avere la sensazione di toccarlo, e non appena lo fece ne fu istantaneamente riassorbito. Il cuore lentamente riprese a battergli! Prima piano, poi con un ritmo più regolare anche il respiro tornò a riempirgli d’aria i polmoni, finché finalmente riaprì gli occhi.

    Incredulo, cominciò a muoversi, a toccarsi per verificare la consistenza del proprio corpo che sentì di nuovo vivo. Sì, era vivo, ma era anche svuotato da tutte le forze e soprattutto scioccato e stordito per quanto gli era accaduto.

    La rivelazione che gli era stata appena fatta era troppo grande. Chi gli aveva parlato era certamente un Dio ma, stando a quanto aveva potuto percepire con assoluta certezza quando lo aveva avvolto con la sua luce, non aveva a che fare con nessuno degli dèi egizi che lui conosceva. Se l'avesse resa pubblica, pur essendo considerato l'Oracolo di Tebe, senza ombra di dubbio sarebbe stata rifiutata dagli egiziani di ogni rango, dal faraone all'ultimo scalpellino, e recepita con molta probabilità come un grandissimo sacrilegio. Anche nell'ipotesi che fosse stata creduta da una minoranza, questa avrebbe potuto iniziare a comportare divisioni sociali e chissà, con il tempo, persino una destabilizzazione del regno.

    Ora tutto gli sembrava meno scontato di quanto invece aveva provato nei momenti in cui il suo spirito si era sentito avvolto da quell'entità sconosciuta: «Non può essere possibile!!!» si disse, come se volesse ribellarsi al messaggio di quella rivelazione. Ma incredibilmente, a quel semplice pensiero, si sentì subito aggredito da un'angoscia pesante, da una sensazione di oblio misto a terrore che sembravano volersi impadronire di Jahi.

    Si sentiva soffocare, non solo fisicamente ma anche nell'anima. La sua mente, come a volersi difendere, tentò di scacciare via quel male assurdo che ora lo stava assalendo e sembrava volesse farlo impazzire.

    Jahi tentò di rifugiarsi d’istinto nel ricordo della meravigliosa esperienza extracorporea che aveva appena vissuta e che gli appariva come unica speranza di salvezza per il suo senno e la sua anima. Vi si aggrappò con gli ultimi istanti di lucidità che gli restavano.

    Un’immediata quanto inaspettata forza gli consentì di contrastare quel male sconosciuto, e in quel momento nella sua mente si fece strada la certezza che quel Dio con cui aveva comunicato era lì, presente e reale, come pure tutto ciò che gli aveva rivelato. Nel preciso istante in cui concretizzò questo pensiero, lo sgomento e l’angoscia lo abbandonarono rapidamente…

    Si avvicinò ai cartigli che aveva preparato prima della meditazione per trascrivere, anche questa volta, le straordinarie visioni appena vissute ma, nel momento in cui stava per prendere il primo foglio, vide qualcosa di assolutamente straordinario che diede una conferma provata al suo pensiero: la parte della rivelazione che descriveva il rito per ingannare La Morte vi era già trascritta con geroglifici inequivocabili e soprattutto di una perfezione incredibile.

    La profezia era riportata su due cartigli distinti: sul primo, i geroglifici descrivevano la prima parte del messaggio, ovvero il modo in cui si poteva rendere immortale un essere umano. Il secondo cartiglio, invece, diceva che La Morte si poteva ingannare con quel rito una sola e unica volta, e che chi vi fosse riuscito avrebbe anche conosciuto l'amore puro, unica via possibile per ricongiungersi per l'eternità all'entità che gli aveva parlato.

    Nonostante fosse frastornato, però, iniziarono a venirgli in mente le prime domande: Perché è accaduto a me? Io sono un vecchio sacerdote stanco e malandato che vive in solitudine e non aspetta altro che riposare in pace...

    Qualcosa gli sfuggiva e continuò a pensarci su.

    Ricordava benissimo il messaggio e

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