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Ingegneria nuragica: Tecniche costruttive e organizzazione del cantiere
Ingegneria nuragica: Tecniche costruttive e organizzazione del cantiere
Ingegneria nuragica: Tecniche costruttive e organizzazione del cantiere
E-book275 pagine2 ore

Ingegneria nuragica: Tecniche costruttive e organizzazione del cantiere

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Info su questo ebook

Strutture imponenti, alte come palazzine moderne di tre-quattro piani, i nuraghi affascinano i curiosi, i turisti, i visitatori. Oltre alla loro reale funzione, rimane il mistero su come fossero stati costruiti, quali tecnologie impiegate per spostare gli enormi macigni che li compongono, dove furono estratti e soprattutto con quale perizia vennero collocati in combinazioni e in posizioni che destano meraviglia.
La logistica della costruzione dei nuraghi è sbalorditiva se si pensa che gli antichi Sardi non avevano strumenti di ferro né grandi macchinari. Nondimeno, l’organizzazione fondamentale per portare avanti così grandi opere edilizie rivela precise conoscenze nell’approvvigionamento del materiale edile, nell’organizzazione del cantiere, nella tecnica costruttiva. Venivano adottate attrezzature e tecniche elementari, ma sufficienti per il trasporto e l’allestimento dei grandi blocchi, richiedendo calcoli abbastanza rudimentali, sobrietà di materiali e mezzi, semplicità di movimentazione e posa in opera. Tecnologie e capacità adeguate alla grande produzione dei monumenti sardi durante l’Età del Bronzo secondo compagini estremamente solide e accurate, da concedere ancora oggi la loro fruizione a distanza di oltre tremila anni.
LinguaItaliano
EditoreNOR
Data di uscita15 giu 2022
ISBN9788833091075
Ingegneria nuragica: Tecniche costruttive e organizzazione del cantiere

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    Anteprima del libro

    Ingegneria nuragica - Massimo Rassu

    cop_ingegneria-nuragica_I.jpg

    «Le domande non sono mai indiscrete; le risposte a volte lo sono.»

    Oscar Wilde

    Massimo Rassu

    Ingegneria nuragica

    Tecniche costruttive e organizzazione del cantiere

    ISBN 97-88-3309-107-5

    nor

    Indice

    Introduzione

    I

    II

    III

    IV

    V

    VI

    VII

    VIII

    IX

    X

    Bibliografia

    Riferimenti fotografici

    Ringraziamenti

    L'Autore

    Sa colletzione Thesis

    Colophon

    INTRODUZIONE

    I nuraghi hanno sempre suscitato l’interrogativo tanto degli specialisti come quello del grande pubblico. In presenza di un complesso turrito, di un ingresso sormontato da un possente architrave, di una tomba con grandi pietre annunciata da un’alta stele, il turista incuriosito si chiede subito come l’architetto antico, considerato primitivo, abbia potuto trasportare e montare blocchi così grandi.

    È stato spesso commentato con meraviglia come un popolo vissuto in epoca preistorica, con un basso livello tecnologico, o nel migliore dei casi possedendo alcuni semplici strumenti di metallo, avrebbe dovuto essere in grado di spostare e mettere in posizione tali enormi blocchi di pietra. Con le moderne gru e i motori di trazione si può fare tutto ciò che, secondo il modo di pensare dell’uomo moderno, nell’età della pietra sarebbe stato impossibile. E invece, per ogni dove in Europa sono noti numerosi monumenti preistorici di dimensioni inaudite innalzati con macigni enormi, pesanti decine e centinaia di tonnellate, come a Stonehenge, Carnac, Newgrange.

    Così, per esempio, nel nuraghe Ponte (Dualchi), uno dei più belli della Sardegna, sopra l’ingresso c’è ancora un grande architrave, un blocco di basalto lungo tre metri e mezzo, pesante diverse tonnellate.

    Rimane irrisolto il quesito su come potevano alzare così in alto le pietre in un nuraghe senza i macchinari moderni. Si deve riconoscere che le testimonianze archeologiche riguardanti la loro costruzione sono molto scarse, tranne forse il sistema di acquisizione dei materiali.

    Non si deve mai confondere una civiltà antica con una primitiva: preistorico (ossia, senza testimonianze scritte ma solo archeologiche), non vuol dire antiquato o, peggio, selvaggio.

    Sebbene non conosciamo i dettagli su come i nuraghi furono innalzati, in realtà gli antichi Sardi avevano gran parte della tecnologia che abbiamo oggi, che includeva funi, pali, scavo di fossati, ecc. E, soprattutto, forza umana e intelligenza. I metodi attuali, implementati utilizzando apparecchiature alimentate da motori, non sono meccanicamente differenti dai metodi impiegati tremila anni fa: cavi, leve, rulli sono alla base delle macchine moderne. L’unica differenza davvero netta è nella fonte di energia, che allora derivava dai muscoli, richiedendo la partecipazione di molte persone, o di qualche coppia di buoi. Pur sprovvisti di computer e di altri sistemi evoluti di calcolo, i costruttori di nuraghi non erano privi di capacità adeguate. Lavoravano la pietra con la loro tecnologia primaria, dopo letteralmente migliaia di anni di esperienza. Le loro abilità tecniche erano abbinate alla sicurezza ingegneristica che gli permise di manovrare le pietre senza problemi: le difficoltà associate a tale lavoro forniscono una panoramica delle loro fiducia, convinzione e competenza.

    Il mito di una società primitiva viene gradualmente dissipato dalle scoperte di varie discipline. In realtà c’è poco di meraviglioso nella movimentazione e nell’allestimento di questi blocchi, perché gli strumenti utili erano a disposizione per ogni popolo megalitico ormai da millenni. Fa meravigliare e ammirare la pazienza mostrata e l’organizzazione fondamentale per portare avanti così grandi opere edilizie.

    Superata la fase di progettazione preliminare, legata all’individuazione di dimensioni e proporzioni degli edifici nuragici, già prodotta nel primo volume (Geometrie nuragiche), è proposta una disamina delle informazioni a disposizione sulle possibili metodologie applicate dai sardi antichi.

    Nasce così un manuale pratico per la fabbricazione dei monumenti sardi dell’Età del Bronzo – siano essi il nuraghe monocellulare o pluricellulare, oppure la sepoltura collettiva – dall’approvvigionamento del materiale edile, all’organizzazione del cantiere, alla tecnica costruttiva, al capitolato d’appalto con tutte le lavorazioni speciali.

    Tralasciando tecniche e macchinari moderni, gru, ponteggi in tubi metallici, ruspe e teodoliti, si è cercato di immaginare l’organizzazione di un cantiere senza progetti e scrittura (come avvenne per i nuraghi). Si scopre come si spostava un masso di parecchie tonnellate senza macchine e come funzionava la logistica in epoca preistorica.

    I – CONSUETUDINI COSTRUTTIVE DELL’ARCHITETTURA NURAGICA

    Un sistema costruttivo

    Nella lettura del patrimonio monumentale sardo dell’Età del Bronzo, si persevera a confondere nel termine nuraghe il sistema edilizio della pietra a secco con la funzione dei singoli monumenti.

    Gli edifici del periodo nuragico si basavano tutti sulla stessa metodologia: dalle pietre di grandi dimensioni poste nelle parti inferiori dei fabbricati, alla cura osservabile nelle sicure fondazioni, alla tecnica di posa dei massi, all’accuratezza nell’operare con qualunque tipo di roccia utilizzata¹.

    Benché caratterizzate da una notevole diversificazione morfologica – nuraghi monocellulari a piattaforma e a tronco di cono, pluricellulari e tombe collettive² – le costruzioni nuragiche hanno in comune alcuni caratteri che le rendono riconoscibili nel panorama dell’architettura³:

    – murature in grandi blocchi di pietra;

    – tecnica costruttiva a secco, senza leganti;

    – strutture operanti per sforzi di compressione;

    – parti interne sui principi del trilite e della mensola;

    – sistemi di copertura a volta ogivale o a lastre.

    Temi geometrici

    La prima forma elementare alla base del nuraghe è la sua sagoma a tronco di cono, compromesso tra il profilo circolare e la necessità tecnica del muro a scarpa, inclinato per esigenze statiche.

    La conformazione rotonda:

    – assumeva un valore statico-costruttivo (isotropia)⁴;

    – eliminava il problema dello spigolo, risolvibile solo con la pietra squadrata o con la malta⁵;

    – era facile da realizzare: fissato il centro, una corda ne determinava il raggio, ossia la posizione del primo corso di conci⁶.

    La fabbrica troncoconica era caratterizzata da una versatilità degli spazi interni maggiore rispetto a un edificio quadrangolare o poligonale di equivalente superficie, per la presenza di una camera voltata, a volte ampliata da opere accessorie⁷. Priva di spigoli di laboriosa realizzazione, la sezione circolare del manufatto, inoltre, impartiva la massima stabilità e un’uniforme resistenza strutturale dell’edificio (isotropia), abbinate alla facilità e rapidità d’innalzamento.

    La forma a tronco di cono costituiva una garanzia di solidità, dovendosi costruire quasi sempre col materiale reperibile sul posto, di caratteristiche fisiche le più disparate, non sempre ottimali. Infatti, per la fabbricazione si cercava di ottimizzare al massimo le risorse disponibili, estraendo la pietra nel sito, almeno nei primi secoli. In seguito, durante il Bronzo Recente, entrò la moda di utilizzare blocchi portati da altrove, se la roccia locale non soddisfaceva le esigenze progettuali, o piuttosto, estetiche del committente o del progettista.

    Entrando nel dettaglio, da un punto di vista organizzativo interno il nuraghe si compone di:

    a) vani circolari o subcircolari (voltati a cupola ogivale);

    b) corridoi orizzontali di passaggio dall’ingresso ai vani interni (voltati a ogiva o a lastre);

    c) corridoi elicoidali e gradonati di salita ai piani superiori (voltati a ogiva o a lastre);

    d) svuotamenti della massa muraria con bassi semivani subcircolari (voltati a semicupola ogivale, a ogiva o a lastre);

    e) aperture verso l’esterno (porte, finestre) o verso l’interno (piedritti verticali con architrave orizzontale).

    L’elemento di spicco del nuraghe canonico è senz’altro la camera centrale, chiusa da un’alta cupola. Si trova al centro della massa e certamente costituisce uno degli spazi più ampi insieme al corridoio d’ingresso⁸.

    La forma regolare della parte interna (intradosso) della cupola è data da un paraboloide a base circolare o ellittica, una figura geometrica che, sezionata con piani verticali, produce sagome a parabola, anche se di fatto il profilo è vagamente ogivale.

    Gli stessi elementi costruttivi principali sono riscontrabili sia nel tipo monocellulare o pluricellulare a tronco di cono, sia nel tipo monocellulare a piattaforma: aperture quadrangolari, corridoi, camere, scale e nicchie⁹.

    I vari ambienti avevano copertura ogivale a sbalzo, oppure a lastre sul sistema del trilite, rintracciabili anche negli altri tipi di nuraghi.

    Tabella 1 – Copertura vani circolari di nuraghi¹⁰

    L’accesso nei nuraghi e i disimpegni erano permessi da portici voltati, a pianta rettangolare, o trapezoidale o talvolta romboidale (a doppia svasatura), avendo pareti aggettanti con sezione ogivale. Oltre all’entrata principale all’edificio e all’accesso alla camera interna, nel corridoio possono affacciarsi anche l’imposta di una scala elicoidale per il piano o i piani superiori, e una nicchia laterale¹¹.

    La copertura dei corridoi interni può variare in diverse forme, ogivale (muro a sbalzo) o piana (muro a trilite)¹². Il tipo più conosciuto in tutta l’isola ha sezione ogivale, con tessitura dei conci parallela all’asse. Si presenta in vari modelli, legati alla conformazione del colmo.

    Tabella 2 – Copertura corridoi di nuraghi e sepolture¹³

    Dallo spazio tra l’involucro esterno e l’astuccio della cupola nascevano più volumi intermurari liberi convertiti in scala (partendo da terra, o da un boccaporto nella cupola), nicchia di corridoio (a livello del calpestio) e scala secondaria (avviandosi da una nicchia di camera).

    In particolare, la scala è una sorta di corridoio con andamento elicoidale avvolgente la cupola stessa¹⁴. A volte angusta, a volte monumentale – raggiungendo (nel nord) quote di 3,50 metri e oltre – si allarga per circa 1,00-1,60 metri, con solaio ogivale oppure a lastre orizzontali¹⁵.

    Ulteriori volumi di sottrazione dallo spessore murario sono degli armadi a muro, usualmente detti nicchie¹⁶, bassi semivani subcircolari, voltati a semicupola ogivale, a ogiva semplice o a lastre¹⁷.

    La pianta andava da quella a semi ellisse allungata¹⁸, a quella geometrica, cioè poco profonda e a pianta rettangolare, con volta ogivale che rimane alla stessa quota sino in fondo¹⁹.

    Nei modelli più evoluti, lo spessore murario tra il paramento esterno e la cupola permetteva lo sviluppo di ulteriori corridoi ciechi, che nascevano dalle nicchie, tanto nella camera interna (lungo sino a 2 metri, a pianta angolare o a elle) che nel vano d’ingresso (in grado persino di compiere un intero giro attorno alla cupola).

    Quando la copertura del corridoio d’ingresso era tabulare, tagliando il terzo superiore a sezione ogivale con un solaio piano a lastroni monolitici²⁰, vi era la possibilità di ottenere uno spazio intermedio, per accedere al quale si ricorreva a una scala secondaria impostata, solitamente, sulla nicchia di destra²¹.

    I corpi secondari a volte avevano dei vuoti all’interno della muratura, a forma varia, da troncoconico a paraboloidico (detti silos), e ricavati in fase di costruzioni tra le camere del piano terra e primo piano.

    Tabella 3 – Sintesi delle principali forme geometriche elementari nell’architettura nuragica

    Da poche figure geometriche (tronco di cono; paraboloide; iperboloide; elicoide; prisma rettangolare) derivano tutte le sagome, interne ed esterne, delle principali opere sarde dell’Età del Bronzo (Tavola 1).

    1)

    Manca G.

    (1995 B), p. 32.

    2)

    Scintu D.

    (2003), p. 23.

    3) I vari caratteri architettonici erano stati catalogati in

    Rassu M

    . (2020), p. 18, p. 30.

    4)

    Laner F.

    (1999), p. 20.

    5)

    Laner F

    . (1999), p. 20.

    6)

    Laner F.

    (1999), p. 43;

    Laner F.

    (2011), p. 101. Si potrebbe anche ipotizzare che la prima circonferenza realizzata fosse proprio quella esterna, con l’apertura dell’ingresso e la messa in opera dell’architrave, secondo l’ipotesi avanzata da Giacobbe Manca che vedrebbe nel Portazzò (Sedilo), Orzanghene (Sedilo), Intermontes (Orgosolo), e altri, costituiti solamente dal giro esterno di pietre di base o, al massimo per due filari, non una struttura demolita, ma una non ultimata, per il fatto che attorno a essi non ci sia traccia del materiale litico pertinente a crolli; cfr.

    Pittau M.

    (1977), p. 45;

    Manca G.

    (1995 A), citati in

    Rassu M.

    (2020), p. 152.

    7) Dal punto di vista architettonico i modelli consueti di nuraghi si riducevano a due, a forma troncoconica e a forma poligonale. Prevalse la prima – in un rapporto di dieci a uno, rispetto all’altro modello – ma la preferenza attribuita all’uno o all’altro rivela precise necessità funzionali e non inutili ostentazioni progettuali. L’edificio poligonale era caratterizzato dalla semplicità costruttiva, e probabilmente da un costo molto inferiore, essendo costituito da una massa piena, di forma appiattita, qualificata da una terrazza piana di copertura, al più attraversata da un corridoio con uno, due o al più tre ingressi, e da una scala per salire alla terrazza.

    8)

    Scintu D. (

    2003), p. 55.

    9)

    Zedda M.P.

    (2009), p. 62;

    Ugas G.

    (2016), p. 427, citati in

    Rassu M. (

    2020), p. 23.

    10) Rielaborazione da:

    Scintu

    D. (2003);

    Zedda

    M.P. (2009), p. 62,

    Ugas

    G. (2016), p. 427;

    Rassu M.

    (2020), p. 23 .

    11)

    Scintu D.

    (2003), p. 47. In altri casi nicchia e scala sono assenti, o è presente solo una delle due.

    12)

    Scintu D.

    (2003), p. 47.

    13)

    Scintu D. (

    2003), p. 47, p. 53.

    14)

    Scintu D.

    (2003), p. 75;

    Rassu M.

    (2020), p. 38.

    15)

    Scintu D.

    (2003), p. 75.

    16)

    Scintu D. (

    2003), p. 64.

    17)

    Scintu D. (

    2003), pp. 64-75. Staticamente lavorano sul principio della mensola o del trilite.

    18)

    Scintu D. (

    2003), pp. 66-67.

    19)

    Scintu D. (

    2003), pp. 67-69;

    Ugas G. (

    2016), p. 433.

    20)

    Scintu D.

    (2003), p. 47.

    21)

    Scintu D.

    (2003), pp. 79-80, pp. 82-84.

    II – REGOLE DELL’ARCHITETTURA NURAGICA

    Principio generale della muratura a secco

    Si può costruire, con la pietra, in due modi: a secco o con malta²².

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