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Autobiografia spirituale
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E-book189 pagine2 ore

Autobiografia spirituale

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Info su questo ebook

Nel libro Autobiografia Spirituale si completa e integra la personalità di Julius Evola: Maestro dell’Impersonalità Attiva, Julius Evola ha sempre parlato pochissimo di sé. Basta leggere la sua autobiografia, Il Cammino Del Cinabro (1963), pensata più che altro come una guida alle opere di Evola. Questione di equazioni personali, come lui stesso amava ripetere… Tuttavia, gli scritti raccolti nella Autobiografia Spirituale sfuggono a questa norma, integrando e completando quanto si legge nel Cammino Del Cinabro.

Nelle due lunghe interviste risalenti al 1969 e al 1971, tradotte per la prima volta in italiano dal francese, sollecitato dai suoi interlocutori, Evola spazia con gran disinvoltura dalle letture giovanili agli studi di matematica, dal futurismo al dadaismo, dai suoi rapporti con Guénon al confronto tra le proprie opere.

Non mancano nemmeno piccoli ritratti, come quelli di Marinetti ed Ezra Pound, nonché analisi critiche di fascismo e nazionalsocialismo. A emergere è soprattutto lo spirito di un uomo indipendente, allergico alle camarille del potere e agli intrighi di palazzo, che sopra ogni altra cosa teneva alla propria libertà interiore.

Corredano le interviste tre articoli usciti – sotto pseudonimo – sulla rivista Ur alla fine degli anni Venti, dedicati alla crisi che condusse il giovane filosofo sull’orlo dell’abisso, da cui riuscì a salvarsi per miracolo, come lui stesso dice, facendo luce su uno degli episodi più enigmatici della sua vita.

Oltre alle note e alle bibliografie, arricchiscono questa edizione due saggi di Andrea Scarabelli e Alessio de Giglio, una presentazione di Gianfranco de Turris e una selezione di scatti tratti dalle due interviste televisive.
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2019
ISBN9788827229316
Autobiografia spirituale
Autore

Julius Evola

Il barone Julius Evola (pseudonimo di Giulio Cesare Andrea Evola) (Roma, 19 maggio 1898 – Roma, 11 giugno 1974) è stato un filosofo, pittore e poeta italiano. Fu personalità poliedrica nel panorama culturale italiano del Novecento, in ragione dei suoi molteplici interessi: arte, filosofia, storia, politica, esoterismo, religione, costume, studi sulla razza.

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    Anteprima del libro

    Autobiografia spirituale - Julius Evola

    Presentazione

    Programmaticamente Julius Evola non ha mai ritenuto necessario parlare di se stesso in prima persona, come afferma ne Il cammino del cinabro, ma solo delle idee, delle tesi, della visione del mondo espressa nelle sue opere, limitando un certo tipo di informazioni allo stretto necessario per spiegare particolari eventi che lo videro protagonista e determinate scelte personali. Trapelano così anche fatti della sua vita, almeno a livello culturale e intellettuale. Sicché, nella edizione critica del libro è stato necessario aggiungere circa seicento note non solo biografiche e bibliografiche, ma anche per spiegare, precisare, approfondire tutto quel che aveva lasciato in sospeso, sottinteso o si era limitato ad accennare e che oggi si conosce grazie alla scoperta nel corso dei decenni di documenti inediti.

    È dunque importante leggere questa lunghissima intervista realizzata in due momenti diversi ma conseguenti, nel 1969 e nel 1971, da una troupe della TV francese, poi solo in parte approdata alla televisione (ma quella svizzera) e nella sua integralità inedita in Italia, in cui il filosofo affronta di certo i suoi libri più importanti, ma poi, sollecitato dalle domande degli intervistatori, alla fine parla di se stesso e di alcuni momenti fondamentali della propria vita. Ma si tratta di un documento importante anche perché, a differenza del Cammino del cinabro, parla delle sue opere in maniera diversa, più colloquiale e potremmo dire esplicita, talché anche questa intervista potrebbe essere definita una guida ai miei libri, come egli avrebbe voluto che s’intitolasse primieramente quello che è poi stato pubblicato appunto come Il cammino del cinabro, ma assai diversa da questo, per nulla un doppione o una sovrapposizione di concetti e ragionamenti. Una cosa è scrivere asetticamente un testo rivolto a lettori ignoti, un’altra rispondere vis-a-vis e in video a domande dirette, tanto che, solo per accennare a un tema inedito e importante, parla anche del problema di Dio…

    Rispetto al suo libro del 1963, Evola dice cose più chiare, al­cune volte diverse (ma sempre complementari) a conferma delle precedenti. Nelle sue parole si può trovare soprattutto conferma di una sua strategia fondamentale che ancora oggi non tutti percepiscono, comprendono, accettano (il che è veramente grave) e di conseguenza valutano correttamente: vale a dire la esplicita intenzione di scrivere libri per lettori diversi, ad alcuni presentando la via secca orientale, ad altri la via umida occidentale, per alcuni la via esteriore de Gli uomini e le rovine, per altri la via interiore di Cavalcare la tigre, e così via. Non tutti i suoi libri sono per tutti… Non tutti sono all’altezza di capire tutto… Insomma, la famosa storia della equazione personale, come la definiva lui.

    In pratica, una sintesi efficacissima del perché e percome scrisse certi testi. Una interpretazione autentica, per così dire, ma ancora più probante ed efficace in quanto non viene da pagine prima meditate e poi scritte, ma in maniera diretta dalla sua viva voce, a tu per tu con un interlocutore di fronte al quale si trova a proprio agio, con cui non si perita di non essere d’accordo e affronta naturalmente quei temi scottanti che soprattutto allora, quando era considerato un punto di riferimento da molti giovani in Italia e in Europa, gli venivano rinfacciati, affibbiandogli l’etichetta di cattivo maestro (a lui, e non certo all’ormai dimenticato Marcuse!). Insomma, quasi l’intervistatore fosse uno dei tanti che negli anni turbolenti della contestazione lo andavano a trovare per porgli domande e chiedergli consigli in quella sua stanza-studio, che le telecamere inquadrano soffermandosi sui mobili, sugli oggetti, sui quadri alle pareti.

    Singolare – o forse significativo – come siano fissi nella sua memoria dei ricordi di mezzo secolo prima: ad esempio, la descrizione delle Grotte dell’Augusteo, il cabaret romano an­che da lui affrescato, dove venne recitata La parola oscura del paesaggio interiore, mai fatta in precedenza con tanti particolari, nemmeno nel suo libro autobiografico. E la sua insistenza per la crisi terribile da cui si salvò per miracolo, come sottolinea almeno due volte. Ed è proprio l’aspetto che ha indotto il curatore di questo volume, Andrea Scarabelli, a indagare sul particolare e ad aggiungere tre testi degli anni Venti sicuramente a lui attribuibili che, grazie alla loro illuminante analisi e interpretazione effettuata per la prima volta da Alessio de Giglio, aprono spiragli su quel che avvenne nel 1921 al passaggio dal dadaismo alla filosofia e all’esoterismo, determinando in modo indelebile tutto il resto della sua vita.

    Evola parla dunque di Evola in modo chiaro, esplicito, convincente e in parte sorprendentemente inedito, sicché questa piccola riscoperta potrà essere utilissima come una specie di premessa, di prodromo alla lettura delle sue opere, a cominciare dal Cammino del cinabro, di cui è un complemento, e via via tutte le altre a seconda delle predisposizioni e interessi dei lettori, alla scoperta di uno dei pensatori più complessi e problematici (nel senso che pone e risolve problemi…) del Novecento.

    Gianfranco de Turris

    Nota del curatore

    «Per quanto concerne il versante puramente biografico, tuttavia, devo dire di non giudicarlo affatto degno d’interesse»: così esordisce una delle interviste raccolte in questo volumetto, antologia di scritti autobiografici di Julius Evola. Di queste parole il maestro dell’Impersonalità Attiva aveva fatto una divisa esistenziale. Per rendersene conto, basta leggere Il cammino del cinabro. Nel libro pubblicato da Scheiwiller nel 1963 e poi nel 1972, in edizione accresciuta (pensato come una guida alle sue opere), trapela ben poco della vita del suo autore. I pochi fatti personali raccontati servono solo a illustrare l’atmosfera del tempo, contestualizzando la ricezione dei suoi libri. Se le cose stanno così, verrebbe da chiedersi perché i documenti qui raccolti siano sfuggiti a tale autocensura. Presto detto: i tre saggi contenuti nella seconda sezione – vale a dire Esperienze: la legge degli enti (1927), Alcuni effetti della disciplina magica: la dissociazione dei misti (1928) e Sulle acque corrosive (1928) – furono pubblicati su Ur sotto pseudonimo (rispettivamente Ea e Iagla). In questi testi, Evola parla della sua crisi giovanile, delle esperienze nella prima guerra mondiale e delle sue prime incursioni nella magia, semplicemente perché nessuno sa che è lui a scrivere. Inoltre – e soprattutto – le vicende narrate sono esemplari, funzionali a declinare praticamente le teorie prima discusse da un punto di vista speculativo, com’era uso fare nel Gruppo di Ur. A ogni modo, su questi aspetti rimandiamo al documentato saggio di Alessio de Giglio.

    Per quanto riguarda invece l’intervista contenuta nella prima sezione, non è di certo la sola rilasciata da Evola. Parecchie altre – risalenti, del resto, agli stessi anni – sono state inserite nelle ultime edizioni di Cavalcare la tigre (Edizioni Mediterranee, Roma 2009): qui Evola viene interrogato su questioni specifiche e risponde. Nessuna, tuttavia, è tanto lunga come quella che segue, né dagli orizzonti così vasti. Sollecitato dai suoi interlocutori, spazia dalle sue letture giovanili agli studi di matematica, dal futurismo al dadaismo, dai suoi rapporti con Guénon all’analisi congiunta delle proprie opere, condotta con gran disinvoltura. Non mancano nemmeno piccoli ritratti, come quelli di Marinetti ed Ezra Pound. Si tenga presente che la versione qui pubblicata è integrale, pre-montaggio (ecco perché ogni sezione esordisce con la stessa sommaria presentazione dell’intervistato), e dunque contiene anche quegli intercalari propri dell’eloquio evoliano, il che permette anche a chi non l’ha conosciuto per ragioni anagrafiche – è il caso dello scrivente – di sentirlo in presa diretta. L’unico caso analogo finora noto è la lunga intervista realizzata da Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco alla fine del 1973, poi inserita nella seconda edizione di Testimonianze su Evola (Edizioni Mediterranee, Roma 1985).

    Disponibile integralmente su YouTube – ovviamente in francese – l’intervista che qui presentiamo fu realizzata in due momenti diversi: da Dominique de Roux, che il 19 luglio 1969 chiese a Evola della sua partecipazione al movimento dada e dei suoi rapporti con Ezra Pound, e da Jean-José Marchand, coadiuvato da Marco Dolcetta, che lo intervistò il 18 ottobre 1971, partendo sempre dal dadaismo ma poi spingendosi oltre, lungo la Via del Cinabro. Un estratto di quest’intervista (proiettato du­ran­te il convegno tenutosi nel 1994 a Roma, in occasione del ventennale della morte del filosofo, e poi inserito da Maurizio Murelli nel documentario Julius Evola. Dalla trincea a Dada, distribuito da Orion nel 2006) andò in onda nel 1971 su TFI, la televisione svizzera in lingua francese.

    A ricordare le circostanze della seconda sessione è Marco Dolcetta, su L’Italia Settimanale (n. 25, 1994). Nel marzo 1971 era a Parigi, dove si stava addottorando in filosofia politica presso l’École des Hautes Etudes en Sciences Sociales. Una sera propose a Jean-José Marchand – che allora dirigeva per l’ORTF il programma Les Archives du XXème siècle – d’includere la testimonianza di Evola in una serie di trasmissioni dedicate al dadaismo. Lasciamo la parola a lui: «Ho organizzato personalmente l’intervista, che è durata molto… All’inizio Evola non era del tutto ostile, ma quantomeno scettico. Dopodiché, in un francese im­pec­cabile, mi parlò a lungo dell’esperienza dada e delle sue dottrine esoteriche. Di questo lungo dialogo, la televisione tenne solamente tre minuti…». Per la cronaca, Dolcetta ricorda anche che Evola si rifiutò di rispondere a due domande. La prima era: «Nell’Almanacco di Gotha appartenuto al mio vecchio compagno di liceo a Ginevra, Vittorio Emanuele di Savoia, e a suo padre Umberto, non è menzionato alcun Barone Evola. Lei è veramente Barone?». La seconda, invece, riguarda il fondatore dell’antroposofia: «Perché nell’edizione Hoepli del 1941 di Sintesi di dottrina della razza ha inserito nell’apparato iconografico un ritratto di Rudolf Steiner, senza citare il suo nome ma indicando in lui un esempio di razza nordico-dinarica, di tipo ascetico, dotato di un potere di penetrazione spirituale?». In realtà, nessuno dei ritratti contenuti nell’appendice di Sintesi ha il nome del personaggio raffigurato, ma solo una definizione generica.

    In questa lunga carrellata di nomi ed esperienze, oltre al dipanarsi di un destino peculiare ed eccentrico (nel senso attribuito a questo termine da Geminello Alvi), qui immortalato a una manciata di anni dalla scomparsa del filosofo, a emergere è soprattutto lo spirito di un uomo libero e indipendente, allergico alle camarille del potere e agli intrighi di palazzo. La verità è che Evola teneva, sopra ogni cosa, alla propria libertà individuale. A un certo punto, gli viene chiesto per quale motivo non si sia mai sposato. Questa la risposta, sorprendente: «Perché tengo – ho sempre tenuto – anzitutto alla mia libertà, in senso assoluto. Così sono giunto a questa decisione. Non conosco nemmeno la mia famiglia; cioè, so che c’è, ma ho sempre vissuto in una maniera assolutamente indipendente e anti-borghese. Per lo stesso motivo, non ho mai avuto un impiego in un ufficio eccetera. Ho sempre preferito avere meno possibilità ma una libertà totale». Dopodiché, ridacchiando, aggiunge: «E poi, vede, da un punto di vista sessuale, non sono per la monogamia».

    Un esempio della nota ironia con cui il filosofo intercalava conversazioni molto alte e spesso liquidava gli avventori che volevano essere più realisti del re, più evoliani di lui, e che ribattezzò evolomani. È sufficiente pensare a un’altra sua risposta, riguardante alcune delle leggende metropolitane che giravano – e girano tutt’ora – sulla sua persona, puri miti destinati all’autocompiacimento degli sciocchi: «In Francia si è giunti a scrivere che a casa mia, ogni settimana, vengono celebrate messe nere con giovani fanciulle bionde. Vede, date le mie attuali condizioni, verrebbe da rispondere con queste parole tedesche: Zu schön um wahr zu sein, Troppo bello per essere vero!». Fine delle trasmissioni.

    I tre articoli dedicati alla crisi che il giovane pensatore affrontò alla fine degli anni Dieci sono tratti dall’edizione Tilopa in tre volumi di Ur e Krur, uscita agli inizi degli anni Ottanta, che riprendono l’edizione rilegata di ogni annata della rivista in cinquanta copie approntata da Evola e appartenuta a Massimo Scaligero: sono le versioni originali, comprensive delle norme tipografiche di allora e prive delle modifiche che Evola introdusse antologizzando i testi del Gruppo di Ur nelle successive ristampe di Introduzione alla magia (Bocca, 1954-1955; Edizioni Mediterranee, 1971). Nel volgere in italiano le tre interviste, invece, non è stata operata una traduzione filologica. Si è, in altri termini, cercato di inserire – per quanto possibile, ovviamente, evitando gli eccessi – alcune delle espressioni tipiche di Evola, in un certo senso ricostruendola come se fosse stata rilasciata direttamente nella nostra (e nella sua) lingua. I tre blocchi dell’intervista non sono ordinati cronologicamente ma per come si presentano nel filmato originale. Per favorire la lettura e la comprensione del testo, tanto nell’intervista quanto negli articoli sono state aggiunte note esplicative – insieme a due lunghi commenti a loro conclusione. Per la precisione, le note alle interviste non sono attribuite, essendo ovviamente tutte del curatore, laddove quelle aggiunte agli articoli degli anni Venti sono marcate da N.d.C., distinte cioè dalle Note dell’Autore (prive di dicitura secondo le norme redazionali dei periodici) e da quelle della rivista o del direttore – cioè Evola stesso – indicate con la sigla N.d.U. Chiudono quest’edizione una bibliografia delle opere evoliane e una serie di scatti dell’intervista.

    Un ringraziamento particolare nella realizzazione di questo volumetto va a Gianfranco de Turris, che ha creduto sin da principio nel progetto, ad Alessio de Giglio, tra i più giovani e brillanti studiosi del filosofo romano, e a Guido Andrea Pautasso, per l’aiuto nella stesura delle note dedicate al

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