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Claudio Baglioni: Un cantastorie dei giorni nostri (1967-2018)
Claudio Baglioni: Un cantastorie dei giorni nostri (1967-2018)
Claudio Baglioni: Un cantastorie dei giorni nostri (1967-2018)
E-book181 pagine2 ore

Claudio Baglioni: Un cantastorie dei giorni nostri (1967-2018)

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Info su questo ebook

Questo libro presenta un ritratto cronologico di Claudio Baglioni dalla prima canzone scritta nel 1967 alla sua designazione come direttore artistico e presentatore del Festival di Sanremo 2018. Non è però un ritratto biografico, ma un'analisi puntuale dei suoi dischi (tutti) e delle sue canzoni (moltissime ma non tutte). Il principio è quello della comprensione di ciò che vuole dire un se stesso ma per designare la poetica, la strategia comunicativa propria di Baglioni. Possiamo così dire che, se è vero che Baglioni ha avuto due differenti momenti creativi e artistici, dopo una trentina di album, qualche migliaia di concerti e qualche milione di dischi venduti, le due strade – quella delle canzoni d’amore e quella dei racconti più impegnati e a tratti persino sperimentali – sono diventate una unica.
Non solo, ma crediamo che un suo merito complessivo sia quello di aver ridotto la presunta distanza tra cosiddetta “canzone d’autore” e cosiddetta “canzone pop”.
Distinzione che appare (e questo è anche il senso del nostro libro) posticcia, mentre invece il punto vero è una non pregiudiziale valutazione estetica dell’intenzione artistica di una canzone. Alla luce di tutto questo crediamo sia lecito affermare che Claudio Baglioni è, ed è stato, un grande artista di canzone e che sarebbe bello che, per questo suo cinquantennale percorso artistico, gli venisse assegnato, spezzando vetusti steccati, il Premio Tenco alla carriera.
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2018
ISBN9788869432507
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    Anteprima del libro

    Claudio Baglioni - Paolo Jachia

    Baglioni un ritratto come introduzione: due strade che ‘strada facendo’ diventano una

    Quando Baglioni nel 1985 arriva a Sanremo come superospite e Questo piccolo grande amore viene premiata come ‘Canzone del secolo’ (detto fuori dai denti, che idiozia! non certo per la canzone, ma per l’idea), il cantautore romano sta facendo proprio un percorso di inveramento che lo allontana molto dagli standard sanremesi e anche dai suoi esordi. È l’anno in cui esce La vita è adesso, album che diventa in assoluto quello di Baglioni che ha venduto di più (4 mesi al primo posto in classifica, oltre un milione e mezzo di copie; no, non è un errore, anzi la cifra è stimata per difetto tanto da poterlo considerare il più venduto tout court tra gli album italiani) e che ci consegna brani chiave della sua discografia come la title track o Notte di note, note di notte che presentano una scrittura diversa, più ricercata certo, ma che mantiene comunque un’assoluta e vincente forza comunicativa. Baglioni insomma sta cercando di non rinnegare la semplicità e l’immediatezza di una canzone scritta da un ventenne, ma sta provando a portare in canzone un sapore, un gusto, una maturità che le prime leggere, anche spumeggianti, sue composizioni non avevano. Nel tempo si allontanerà dunque da un’idea di canzone facile e immediata, anche se canzoni facili non esistono, esistono canzoni belle e canzoni brutte e Questo piccolo grande amore è una bella canzone. In fondo lo sa bene anche il suo autore, visto che proprio a cavallo tra il 2008 e il 2009 ha preso forma un progetto chiamato Q.P.G.A, che riprende per mano il suo primo album (scritto insieme ad Antonio Coggio, finissimo autore e produttore che ha contribuito non poco alla forza comunicativa di quei brani e di altri successi prima che Baglioni iniziasse a occuparsi da solo sia della parte musicale che di quella testuale) e lo rivolta ben bene per offrirlo al pubblico di oggi con tutte le potenzialità promozionali del caso (film, libro, doppio CD, duetti, concerto, merchandising, ecc.).

    Tornando ora alla passerella sul palco dell’Ariston 1985, va ricordato che a metà anni Ottanta Baglioni è nel pieno del successo commerciale e che a quei ‘numeri’, prima riportati, de La vita è adesso sono seguiti tour di grandissimo eco, ma più ancora va rammentato che Claudio stacca la spina per qualche anno e si dovrà aspettare fino al 1990 per ascoltare un nuovo lavoro in studio. Il risultato è però un capolavoro (non sembri eccessivo il termine, nel libro lo abbiamo usato raramente) come Oltre, un album che comincia a delineare la nuova vena artistica inseguita da Baglioni, e i segnali già chiari di un artista che vuole cambiare e vuole farlo nella costruzione del testo (non tanto nei contenuti, quanto nella forma) e nella stesura musicale. Abbandona l’idea, fino a quel momento vincente sotto molti punti di vista, di utilizzare strofa+ritornello in maniera classica e questo lo porta a sperimentare un’allitterazione marcata nelle parole e nelle frasi, anche se a volte un po’ fine a se stessa. Un ulteriore termometro di questo cambiamento è Io sono qui, album del 1995, dove l’incipit della title track che apre il disco racconta in poche righe i cinque anni di silenzio dal precedente lavoro di inediti: «Dove sono stato in tutti questi anni / io me n’ero andato a lavarmi i panni / dagli inganni del successo / a riscoprirmi uomo / più grigio ma non domo». Seguiranno altri album che spingono ancora sulla ricerca di una melodia e di un testo incastrati su canoni disposti a sacrificare una cantabilità in favore di un suono complessivo nuovo, avvolgente (in questo senso pare lecito il richiamo al nuovo repertorio creato da Battisti-Panella come il Baglioni prima maniera molto doveva al Battisti-Mogol; entrambi questi giudizi-ragionamenti avremo modo di articolarli più esaustivamente nel corso del libro che state per leggere, ma comunque qui è necessario sottolineare subito una differenza: Panella, nelle canzoni di Battisti, è neodadaista, Baglioni nelle sue canzoni seconda maniera invece cerca comunque di alludere a un senso e cerca sempre di esprimerlo in modo non banalmente realista). Certo, negli ultimissimi anni, Baglioni è tornato a comporre in maniera più tradizionale, con il risultato che la resa finale non convince sempre del tutto e da qui anche, a mio avviso, un rarefarsi dei suoi nuovi album e un parallelo intensificarsi invece della pubblicazione di compilation o dischi live. Se guardiamo ora ai cinquant’anni della carriera artistica di Baglioni (iniziata nel 1969, quando il padre Riccardo firma con la RCA un contratto per lui che è ancora minorenne ma la sua prima canzone, inedita e leggendaria, Annabel Lee, è del 1967) ci troviamo comunque di fronte un uomo e a un artista sempre in movimento, capace di soluzioni innovative nei concerti live, sia quando si tratta di suonare in acustico – memorabile un suo concerto allo stadio di San Siro negli anni Ottanta, in cui gestisce da solo oltre due-tre ore di concerto, passando senza sosta dalle chitarre elettriche a quelle acustiche fino all’amato pianoforte – sia quando è attorniato di centinaia di ballerini, musicisti, coristi con cui condivide il pubblico negli stadi in quell’incredibile esperienza che furono i tour giallo e blu, dove alla supervisione e regia scenografica delle luci c’era un mago come Pepi Morgia, indimenticato personaggio a cui diversi artisti italiani devono molto. Ma avvicinandoci al presente, è ancora fresca nella memoria la grande tournée con Gianni Morandi, significativamente intitolata Capitani coraggiosi, avvenuta nel 2015 mentre di Sanremo 2018, di cui Baglioni è direttore artistico oltre che presentatore, ovviamente non possiamo ora parlare... possiamo solo dire che è un’audacissima e motivata scelta intellettuale e artistica, e dichiarare che siamo certi che la sua presenza lascerà un segno verso una nuova idea di canzone d’arte.

    Tornando ora al Baglioni cantautore, il merito, dell’uomo prima e dell’artista poi, sta nel non aver gestito il successo con brani cloni dei precedenti (tolti i primi due o tre album… ma l’album Solo significa anche la piena rivolta di Baglioni all’ingerenza dell’industria discografica e la scelta precisa di voler essere un artista e non un prodotto commerciale... meglio solo che male accompagnato è il trasparente messaggio dello splendido album, così intitolato, del 1977), e nel non essersi accontentato di rimanere il cantore, perfetto davvero, dell’adolescenza anche fuori tempo massimo come molti suoi colleghi emuli estremi, e patetici, di Dorian Gray. Estremamente rilevante anche il fatto che, con il crescere del suo repertorio, si è intensificata anche la sua voglia (mai realmente assente) di confrontarsi con tematiche dal respiro più sociale, si pensi in questo senso anche al grande progetto di O scia, la manifestazione portata avanti con fatica estrema nella tormentata isola di Lampedusa, vero baluardo e trincea di civiltà. La presenza in questo contesto gratuito del Gotha della canzone italiana e internazionale è così tra i meriti civili di un cosiddetto cantante pop quando molti suoi colleghi, considerati impegnati, hanno sotterrato allegramente i propri trascorsi barricadieri per una forte attenzione alla resa economica (Antonello Venditti per essere espliciti, e questo senza negare che abbia scritto bellissime canzoni e sia una delle più belle e intelligenti voci della canzone italiana).

    Allora, e complessivamente, se va detto che la poetica di Baglioni non è certo una compiuta ideologia, è vero anche che tale poetica mostra sempre un’attenzione insistita e continua e sincera a un progetto di coerenza tra il proprio agire artistico e il proprio pubblico. E strada facendo è riuscito a non tradire mai né i vecchi né i nuovi fan. A riprova di quanto le canzoni di Baglioni siano radicate nel DNA della musica italiana, basterà fare un elenco dei suoi brani più conosciuti e di cui ognuno può serenamente dire di ricordare almeno la melodia. Il risultato potrebbe sorprendere molti, ma si possono contare più di venti titoli. Dopo averlo fatto, si provi a passare a qualche altro artista e ci si renderà presto conto che la memorabilità e la stessa quantità di brani sono applicabili a tre o quattro artisti al massimo. Questo non significa nulla in termini di qualità intrinseca delle canzoni o dello spessore complessivo dell’artista, sia chiaro. Ci sono personaggi simbolo che nella loro carriera hanno fatto solo tre o quattro album, altri che hanno calcato le scene solo per pochi anni e rimarranno di certo imprescindibili per il contributo dato alla canzone d’arte italiana e il nome di Luigi Tenco valga da solo a spiegare questo concetto e l’importanza che ancora riveste una carriera così breve ma intensa. Alla luce di tutto questo ragionamento e in chiusura di questo veloce ritratto-introduzione, rimane da dire che, se è vero che Baglioni, come abbiamo cercato di spiegare qui sinteticamente e poi a lungo nel corso del libro, ha avuto due differenti momenti creativi e artistici, va anche detto che, dopo una trentina di album, qualche migliaia di concerti e qualche milione di dischi venduti, le due strade sono diventate una sola, capace di dare dignità d’arte a quella cosa piccola, ma splendida, che è la costruzione di una canzone. Non solo, ma crediamo che un suo merito complessivo sia quello, in coerenza alla vittoria del cantautore storico Roberto Vecchioni del Festival di Sanremo 2011, di aver ridotto la presunta distanza tra cosiddetta canzone d’autore e cosiddetta canzone pop. Distinzione che appare (e questo è anche il senso del nostro libro) posticcia, mentre invece il punto vero è una non pregiudiziale valutazione estetica dell’intenzione artistica di una canzone. In questa prospettiva allora siamo certi di affermare che Claudio Baglioni è, ed è stato, un grande artista di canzone e che sarebbe bello che per questo gli venisse assegnato, spezzando vetusti steccati, il Premio Tenco alla carriera. Una carriera spesa a tenere insieme mondi musicali che partono magari da punti diversi ma convergono verso un unico obiettivo, toccare le corde dell’anima attraverso una canzone, un album. E in questo va precisato che i grandi nomi che riescono a farlo non si eleggono a tavolino, nel cerchio chiuso di una stanza, ma il posto nella storia se lo prendono gli artisti da se stessi.

    Dato questo ritratto e questo ragionamento complessivo possiamo dire che il libro segue un ordine cronologico anche se temperato dalla necessità che ogni capitolo si sposi con la tesi generale espressa in questa introduzione. Particolare attenzione verrà così data al Baglioni della maturità dal 1980 al 1999 con quattro capitoli dedicati agli album Strada facendo, Avrai, La vita è adesso, Oltre e un altro dedicato a Io sono qui e a Viaggiatore sulla coda del tempo.

    Non sarebbe però giusto dimenticare il cosiddetto primo Baglioni cui infatti sono dedicati i due primi capitoli intitolati Un cantastorie dei nostri giorni: 1970-1975 (che riprende i primi 5 Lp e in particolare, oltre a Un cantastorie dei giorni nostri, in particolare Questo piccolo grande amore e Sabato pomeriggio) e poi "Solo e Tu come stai: 1977-1978" (dedicato agli album di quegli anni e qui il motivo della cesura è nel fatto che da Solo esce di scena l’amico Antonio Coggio, coautore e produttore fino a quel momento, e Claudio inizia a firmare testi e musiche da solo).

    Due capitoli infine riguardano i due dischi degli anni Duemila Sono io l’uomo della storia accanto del 2003 e Con voi del 2013 dove si farà cenno anche alla tournée Capitani coraggiosi (2015) con Gianni Morandi e poi alla sua direzione artistica di Sanremo (2018).

    Naturalmente non analizzeremo una per una le oltre 200 canzoni di Baglioni composte in cinquant’anni di carriera ma solo quelle che danno il senso di un percorso artistico e quelle che restano, nel bene e nel male memorabili (il titolo, quando la canzone sarà analizzata, o approfondita, sarà evidenziato in grassetto). Anche la partizione del libro non è, ovviamente, una scelta casuale ma di forte ideologia estetica; detto più chiaramente dietro questa partizione del libro vi è un preciso modo di vedere e valutare la carriera artistica di Baglioni. Si potrà non essere d’accordo, ma di una cosa siamo convinti che questa nostra costruzione risponda probabilmente al pensiero di Baglioni che non ha mai davvero rinnegato la stagione di Questo piccolo grande amore ma se ne è sempre più allontanato.

    Chiusa questa pur necessaria introduzione e illustrato il ragionamento che sottostà all’organizzazione e alla stesura del libro entriamo, senza altre parole, nella storia artistica di Claudio.

    Capitolo primo

    Un cantastorie dei nostri giorni (1970-1975):

    da Questo piccolo grande amore (e dintorni) a Sabato pomeriggio.

    Signora Lia stasera stai con tuo marito / sta tranquilla che non sa / non sa che l’hai tradito.... da Signora Lia (di C. Baglioni, C. Coggio nel LP Claudio Baglioni, 1970, RCA)

    Per parlare del primo Baglioni cantastorie, ovvero del Baglioni dei primi anni Settanta, può essere utile, invece di cominciare da Questo piccolo grande amore, il successo planetario del 1972, prendere il primo 45 giri di Baglioni "Signora Lia" (1970), una piccola storia di tradimenti in un ambiente piccolo borghese. Questo 45 giri (poi ospitato nell’LP del 1970) è però tante cose (e un po’ le racconteremo) ma diciamo chiaro, e subito, che per certo Signora Lia non è un capolavoro. Naturalmente se Baglioni avesse fatto solo questa canzone probabilmente non sarebbe andato lontano... ma Signora Lia era un ponte, un passaggio, forse, meglio, una promessa... un ponte, un passaggio tra qualcosa che era stato e qualcosa che stava già cominciando ad essere. Infatti, questa canzone conteneva in sé già la cifra stilistica che avrebbe caratterizzato l’intero decennio. Signora Lia era dunque, anche, la promessa di un giovane grande artista che non avrebbe mai tradito le sue radici. Infatti (ed intanto) Signora Lia è Roma, una Roma piccola, di borgata, di piccoli sogni e di piccole lacrime, che pure bruciano e non si dimenticano. Baglioni si dimostra già un attento e sensibile osservatore, capace di rapide analisi introspettive. E poi Signora Lia è una donna normale. Non meglio e non peggio di tutti, semplice, ma non stupida. Gioca le sue carte e come tutti, quasi sempre, perde. Signora Lia è la vita di tutti i giorni raccontata però in un modo un po’ speciale e qui sentiamo l’artista che sta crescendo... Sarebbe in questo senso giusto ricordare che Baglioni è nato a Roma (nel quartiere popolare di Centocelle) nel 1951 e dunque, nel 1969-1970, quando scrive e pubblica Signora Lia, non ha ancora vent’anni... tanto che il suo primo contratto discografico lo firma il padre, maresciallo dei carabinieri, e che, probabilmente, era accompagnato dalla moglie, la Signora Baglioni, sarta e casalinga, la quale, altrettanto probabilmente, era molto felice ed

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