Jethro Tull - Stand Up, Benefit, Aqualung
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I Jethro Tull sono uno dei pochissimi gruppi rock le cui sorti sono indissolubilmente legate a quelle del proprio capo, Ian Anderson, che nel corso degli anni si è dimostrato un timoniere di grande qualità ed esperienza conducendo la nave JT in maniera impeccabile: nella loro quarantennale storia discografica non si riscontrano dischi di scarsa qualità o passi falsi.
In appendice infine ci allontaniamo dal Rock e ripercorriamo, in un viaggio a ritroso nel tempo, la storia di quegli elementi senza i quali i Jethro Tull non sarebbero stati ciò che sono stati: flauto traverso, musica medievale, e storia e cultura del popolo celtico. Un modo per riscoprire le nobili origini di un gruppo fondamentale per la storia del Rock.
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Recensioni su Jethro Tull - Stand Up, Benefit, Aqualung
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Anteprima del libro
Jethro Tull - Stand Up, Benefit, Aqualung - Carlo Pasceri
cpasceri@libero.it
Nella stessa collana
Già pubblicati:
1) Miles Davis - Kind of Blue
2) John Coltrane - A Love Supreme
3) Miles Davis - Bitches Brew
4) Return To Forever - Hymn Of The Seventh Galaxy
5) Pink Floyd - Wish You Were Here
6) Led Zeppelin – Houses Of The Holy
7) Deep Purple – In Rock
8) King Crimson – Red
9) Genesis 1970-1976
10) Pink Floyd 1967-1972
11) Soft Machine 1968-1981
Prefazione
Jethro Tull, prima del Prog. Sarebbe potuto essere il titolo di questo volume 12 di Dischi da leggere. Sì, perché del gruppo britannico abbiamo scelto tre dischi che formano un corpus particolare (la trilogia celtico-sassone, come la definisce Carlo Pasceri all’interno), uno l’evoluzione dell’altro in un susseguirsi di incrementi di durezza ed elettricità che sfoceranno nel capolavoro Aqualung che, lo diciamo sin da subito, non è un disco Progressive, come da sempre affermato da certa critica distratta
: non lo è nelle forme e nei contenuti musicali realizzati dai JT. Ma avrete modo di approfondire questo e molto altro all’interno del volume.
Analizzando l’opera dei Jethro Tull non può non balzare all’occhio come questo gruppo, con il passare del tempo, si sia identificato sempre più con una sola persona, il padre-padrone Ian Anderson. Siamo così passati dai Soft Machine, raccontati nel volume precedente, gruppo anarchico
per eccellenza, ad uno dei pochissimi gruppi rock le cui sorti sono indissolubilmente legate a quelle del proprio capo. Un capo che nel corso degli anni si è dimostrato un timoniere di grande qualità ed esperienza conducendo la nave JT in maniera impeccabile: nella loro quarantennale storia discografica non si riscontrano dischi di scarsa qualità o passi falsi.
Concludo questa breve prefazione con un accenno agli approfondimenti posti in appendice. Ci allontaniamo dal Rock e ripercorriamo in un viaggio a ritroso nel tempo la storia di quegli elementi senza i quali i Jethro Tull non sarebbero stati ciò che sono stati: flauto traverso, musica medievale, e storia e cultura del popolo celtico. Un modo per riscoprire le nobili origini di un gruppo fondamentale per la storia del Rock.
Buona letturascolto!
Antonio Lisi
PS: Per poter godere appieno delle analisi musicali di ogni brano, consigliamo di ascoltare i dischi oggetto dello studio di pari passo con la lettura.
Introduzione
Jethro Tull, creatura del rigoroso ma estroverso autore e polistrumentista Ian Anderson, è uno dei più grandi gruppi della storia del Rock: ha realizzato una musica che ha influenzato molti altri gruppi dell’intero panorama rock, anche importanti. È l’unico tra i grandi gruppi Rock che ha un solo leader. Jethro Tull è fatalmente Ian Anderson.
I JT, nella loro miscela, hanno coniugato Folk celtico-anglosassone (1), Classica e Hard-Rock, fondendo l’acustico con l’elettrico più aggressivo. In ambito Rock nessun altro gruppo ha uno spettro così ampio tra antico e moderno. Ampi arpeggi armonici, motivi melodici, riff accattivanti e mai banali con soluzioni sinuose e complesse, a volte veloci, complicate e ritmicamente incisive; espressione e stile e quindi personalità, ma anche estrema pulizia e precisione. Tutto ciò declinato con grande originalità: sempre sulla breccia in modo più che dignitoso, hanno creato grandi opere musicali soprattutto nell’arco di tempo ’69-’77; alcuni loro album sono delle pietre miliari del Rock (Stand Up, Aqualung, Thick As A Brick, A Passion Play), ma anche negli album successivi hanno disseminato alcune perle musicali. E di queste pietre miliari Aqualung è quella più riconosciuta; tra gli appassionati di musica Rock è uno dei dischi più celebrati e stimati: sin dall’anno della sua comparsa, il 1971, fino a oggi, Aqualung è uno dei dischi più famosi. Ciononostante i JT non si sono mai adagiati sugli allori. Da sempre, e soprattutto durante il loro periodo aureo, hanno cambiato in ogni disco, non si sono mai ripetuti nonostante i grandissimi successi di critica e di pubblico. Cosa rara; rarissima.
Si possono per comodità individuare sei fasi del percorso artistico tulliano:
1) 1968 - l’esordio con il disco This Was; prendendo spunto dai Cream, originale e brillante intruglio
di canzone blues jazzata col folk anglosassone determinato dai due co-leader: il chitarrista Mick Abrahams e il flautista-cantante Ian Anderson.
2) 1969–1971 - fuoriuscita di Abrahams e redini interamente nelle mani di Anderson, trilogia Stand Up, Benefit e Aqualung: amalgama folk anglo-medievale/blues/classica, con il neonato stile hard-rock.
3) 1972–1973 - Thick As A Brick e A Passion Play.Opere fondamentali che segnano la svolta verso l’esplorazione del mondo della complessità, nulla sarà più lo stesso dopo di queste… Due facce della stessa medaglia…
4) 1974 – War Child. Transizione che riprende le forme meno estese e complesse.
5) 1975–1979 - Minstrel in the Gallery, Too Old to Rock and Roll: Too Young to Die, Songs from the Wood, Heavy Horses e Stormwatch: ripresa esplicita dei temi e forme più folk anglo medievali /hard con la sintesi Prog.
6) Dal 1980 in poi con A e tutti gli altri dischi a seguire: dignitosa prosecuzione di carriera.
Al tempo di Stand Up il Rock era diventato adulto e i JT avevano un poco contribuito alla sua crescita sin dal loro esordio nel 1968 con This Was; già nel titolo erano differenti dalla maggioranza dei gruppi che non resistevano ad autoaffermarsi intitolando i loro dischi con il proprio nome (Rolling Stones, Doors… poi Led Zeppelin, Santana ecc.); almeno il primo… I JT di This Was erano influenzati dai Cream, con la loro formula elettrica bluesjazzata di riff+cantato+assoli; alcuni ottimi spunti, con la novità di un flauto coprotagonista (di voce e chitarra elettrica distorta); ma la svolta stava per accadere con la presa delle redini del menestrello Anderson.
Da sinistra: Glenn Cornick, Ian Anderson,
Clive Bunker e Mick Abrahams.
Infatti, Stand Up (’69) è un disco che si allontana alquanto da This Was giacché di stampo più europeo, meno legato al Blues (con screziature jazzy). Europeo non solo per sottrazione di quelle radici afroamericane, ma soprattutto nell’esposizione di quelle proprie celtiche-anglosassoni, fuse con i suoni rock (chitarre elettriche distorte e batteria incisiva), dunque l’introduzione alquanto massiccia di chitarre acustiche (del tutto assenti nel precedente). Tuttavia non è una mera introduzione di sonorità: ci sono brani acustici
fondati su chitarra acustica, mandolino e balalaika, tamburelli e percussioni varie... Seppur mantenga un lieve legame con