Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II: Da Appunti Partigiani a Niente di nuovo sul fronte occidentale 2005-2013
Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II: Da Appunti Partigiani a Niente di nuovo sul fronte occidentale 2005-2013
Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II: Da Appunti Partigiani a Niente di nuovo sul fronte occidentale 2005-2013
E-book316 pagine3 ore

Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II: Da Appunti Partigiani a Niente di nuovo sul fronte occidentale 2005-2013

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

"Le canzoni dei Modena City Ramblers" di cui questo è il Tomo II, è una biografia dell'Italia ai tempi dei MCR, la storia del nostro paese degli ultimi vent'anni. Il libro è un percorso fra le storie contenute nei testi, spiegando e raccontando l'ispirazione, l'origine, la fonte di ogni brano. Con la scusa di parlare del gruppo emiliano si affrontano ed esplicitano i luoghi, i personaggi, gli avvenimenti. Capita così di trovarsi a viaggiare assieme a Emiliano Zapata o a Nestor Serpa Cartolini, di leggere in merito ad Enrico Mattei e trovare subito dopo Pinelli; si racconta di Bob Sands come di Peppino Impastato. Tutto scorre in questo sincretismo culturale, in questa santeria laica: le canzoni dei Modena City Ramblers sono al tempo stesso il motore di questo lavoro e il carburante, sono la passione che alimenta la conoscenza, sono la poesia delle lacrime per i torti subiti e di quelle versate quando c'è da festeggiare. Leggere "Le canzoni dei Modena City Ramblers" è come viaggiare in una Via Emilia che passa dall'Irlanda, per proseguire in Sud-America e diramarsi fra tutte quelle terre dove ci sono frontiere da superare, muri da abbattere, speranze da raccontare. Leggere le canzoni non vuol dire scorrerne i testi, ma ascoltarle col pensiero, viaggiando fra sogni e delusioni, conquiste e sconfitte, desideri e utopie. A chi affronta "Le canzoni dei Modena City Ramblers" non si augura "Buona lettura", ma "Buon viaggio", perché leggere le canzoni significa naufragare dolcemente in un mare di consapevolezza. Con Prefazione di Guido Giazzi, direttore di Il Buscadero.
LinguaItaliano
Data di uscita26 apr 2014
ISBN9788897982807
Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II: Da Appunti Partigiani a Niente di nuovo sul fronte occidentale 2005-2013

Leggi altro di Carlo Susara

Correlato a Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II

Ebook correlati

Musica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Le canzoni dei Modena City Ramblers Tomo II - Carlo Susara

    www.digitalindex.it/le-canzoni-dei-modena-city-ramblers

    APPUNTI PARTIGIANI

    Pubblicazione: Aprile 2005

    Durata: 60' 58"

    Etichetta: Universal / Modena City Records

    Supporti: Solo CD

    Produttore artistico: MCR

    Produttore esecutivo: Valerio Soave per Mescal

    Registrazione: Studio Esagono di Rubiera, dal 1º febbraio al 20 marzo 2005.

    Tracce: 15, 1) Bella Ciao 2) Auschwitz 3) Oltre il ponte 4) I ribellli della montagna 5) La guerra di Piero 6) Al Dievel 7) All you fascist 8) Notte di San Severo 9) Il sentiero 10) Il partigiano John 11) L'unica superstite 12) Spara Jurij 13) La pianura dei sette fratelli 14) Pietà l'è morta 15) Viva l'Italia

    FORMAZIONE

    Stefano Cisco Bellotti: Voce e chitarre.

    Francesco Fry Moneti: Violino, chitarre, mandolino, banjo.

    Massimo Ghiacci: Bassi, contrabbasso e chitarra baritono.

    Franco D'Aniello: Tin whistle, flauto traverso, tromba.

    Roberto Zeno: Batteria, djembe e percussioni.

    Arcangelo Kaba Cavazzuti: Chitarra acustica, banjo, tastiere, tabla e percussioni varie.

    Luca Gabibbo Giacometti: Bouzouki, mandolino, banjo.

    PARTECIPAZIONI

    Goran Bregović and Wedding and Funeral Band: orchestrazione ed arrangiamento dichiaratamente live in Bella ciao.

    Francesco Guccini: voce in Auschwitz.

    Moni Ovadia: voce in Oltre il ponte.

    Erriquez della Bandabardò: voci in I ribelli della montagna e Viva l'Italia, cori in I ribelli della montagna.

    Finaz della Bandabardò: voci in I ribelli della montagna e Viva l'Italia, cori in I ribelli della montagna, intro chitarra classica in Oltre il ponte.

    Piero Pelù: voce in La guerra di Piero e Viva l'Italia.

    Coro delle mondine di Novi: coro in Al Dievel.

    Billy Bragg: voce in All you fascists.

    Luca Lanzi della Casa del Vento: voce in Notte di San Severo e Viva l'Italia.

    Bunna degli Africa Unite: voce in Il partigiano John e Viva l'Italia.

    Fiamma: voce in L'unica superstite.

    Paolo Rossi: voce in Spara Jurij e Viva l'Italia.

    Marino Severini dei Gang: voce in La pianura dei sette fratelli e Viva l'Italia.

    Ginevra Di Marco: voce in Pietà l'è morta e Viva l'Italia.

    Morgan - voce in Viva l'Italia.

    Carlo Loiodice: fisarmonica in La pianura dei sette fratelli, Il sentiero, Al Dievel, L'unica superstite.

    Alberto Cottica: fisarmonica in Il partigiano John, La guerra di Piero, Auschwitz e intro di La pietà l'è morta.

    Sauro Lanzi della Casa del Vento: fisarmonica in I ribelli della montagna, Notte di San Severo, Viva l'Italia e La guerra di Piero, tromba e trombone in Spara Jurij e Il partigiano John.

    Daniele Contardo: organetto in Oltre il ponte, Pietà l'è morta, L'unica superstite e Auschwitz, fisarmonica in Spara Jurij.

    Franco Borghi: fisarmonica in All you fascists.

    Massimo Giuntini: uilleann pipes in Oltre il ponte, Auschwitz, Il sentiero e Pietà l'è morta; low whistle in I ribelli della montagna, clarinetto in Spara Jurij, bouzouki in Al Dievel e L'unica superstite.

    Luciano Gaetani: mandolino in Oltre il ponte e L'unica superstite, assicella in Oltre il ponte.

    Giovanni Rubbiani: chitarra acustica in Al Dievel.

    Sandro Severini dei Gang: chitarra elettrica in La pianura dei sette fratelli.

    Wafa Zagahal: quanun in La guerra di Piero.

    Abed-el Salam Sbbah: darabouka in La guerra di Piero.

    Wail-abu Salum: oud in La guerra di Piero.

    I MCR con il precedente lavoro ¡Viva la vida muera la muerte! hanno conquistato il loro primo disco d'oro; riescono a bissarlo con questo Appunti Partigiani, dove inseriscono nel ramblerizzatore (definizione di Francesco Moneti) , quindici canzoni con un filo comune, una trentina di collaborazioni ed i sessant'anni della Resistenza.

    E' un percorso paragonabile a quello che poco tempo dopo compirà Simone Cristicchi: arrivato al successo con la vittoria di Sanremo, non pensa a sfruttarla commercialmente, ma ad usarla per veicolare un lavoro di ricerca sugli ex manicomi, una collaborazione con i minatori di Santa Fiora riguardante la musica popolare, un monologo sulla guerra di Russia ed un altro sull'esodo istriano-dalmata

    Con Appunti Partigiani i MCR tornano alle radici della Resistenza, ma anche della loro storia; per fare questo è necessario riportare tutto a casa: in questo lavoro ben cinque MCR (Alberto Cottica, Daniele Contardo, Massimo Giuntini, Luciano Gaetani, Giovanni Rubbiani) tornano ad incidere col gruppo, troviamo Sandro e Marino Severini dei Gang, (fra i principali ispiratori dei MCR ai loro inizi) , Sauro e Luca Lanzi (compagni di Francesco Moneti ne La casa del vento) , Franco Borghi che suonava con Massimo Ghiacci nei Plutonium 99, Paolo Rossi e le Mondine di Novi che già collaborarono con i MCR in precedenza.

    Appunti Partigiani è, almeno idealmente, la prosecuzione dell'esperienza che, dieci anni prima, portò diciotto gruppi ad incidere la compilation Materiale resistente, sulla quale vennero raccolte canzoni della Resistenza o ad essa ispirate. Alcuni artisti presenti in quel lavoro suonano anche in Appunti partigiani: troviamo nuovamente i Gang, Bunna degli Africa Unite e Ginevra di Marco (dieci anni prima presente con i CSI) .

    La copertina di Appunti Partigiani riporta in bella vista uno stralcio dell'articolo che Antonio Gramsci scrisse l'11 feb­braio I9I7 per La Città fu­tura, nu­mero unico pub­bli­cato dalla Fe­de­ra­zione gio­va­nile so­cia­li­sta pie­mon­tese.

    Il testo completo, rintracciabile nei libri dedicati agli scritti giovanili di Gramsci, è il seguente:

    "Odio gli in­dif­fe­renti. Credo come Fe­de­rico Hebbel che «vi­vere vuol dire es­sere par­ti­giani». Non pos­sono esi­stere so­la­mente uomini, gli estra­nei alla città. Chi vive ve­ra­mente non può non essere cit­ta­dino, e par­teg­giare. In­dif­fe­renza è abu­lia, è parassitismo, è vi­gliac­che­ria, non è vita. Per­ciò odio gli indifferenti.

    L’indifferenza è il peso morto della sto­ria. È la palla di piombo per il nova­tore, è la ma­te­ria inerte in cui af­fo­gano spesso gli entusiasmi più splen­denti, è la pa­lude che re­cinge la vec­chia città e la di­fende me­glio delle mura più salde, me­glio dei petti dei suoi guer­rieri, per­ché in­ghiot­ti­sce nei suoi gor­ghi li­mosi gli as­sa­li­tori, e li de­cima e li scora e qual­che volta li fa de­si­stere dall’impresa eroica.

    L’indifferenza opera po­ten­te­mente nella sto­ria. Opera passivamente, ma opera. È la fa­ta­lità; e ciò su cui non si può contare; è ciò che scon­volge i pro­grammi, che ro­ve­scia i piani meglio co­struiti; è la ma­te­ria bruta che si ri­bella all’intelligenza e la strozza. Ciò che suc­cede, il male che si ab­batte su tutti, il possibile bene che un atto eroico (di va­lore uni­ver­sale) può generare, non è tanto do­vuto all’iniziativa dei po­chi che ope­rano, quanto all’indifferenza, all’assenteismo dei molti. Ciò che av­viene, non av­viene tanto per­ché al­cuni vo­gliono che av­venga, quanto per­ché la massa de­gli uo­mini ab­dica alla sua vo­lontà, la­scia fare, la­scia ag­grup­pare i nodi che poi solo la spada po­trà ta­gliare, lascia pro­mul­gare le leggi che poi solo la ri­volta farà abro­gare, lascia sa­lire al po­tere gli uo­mini che poi solo un am­mu­ti­na­mento po­trà rovesciare.

    La fa­ta­lità che sem­bra do­mi­nare la sto­ria non è al­tro ap­punto che ap­pa­renza il­lu­so­ria di que­sta in­dif­fe­renza, di que­sto as­sen­tei­smo. Dei fatti ma­tu­rano nell’ombra, po­che mani, non sor­ve­gliate da nes­sun con­trollo, tes­sono la tela della vita col­let­tiva, e la massa ignora, per­ché non se né pre­oc­cupa. I de­stini di un’epoca sono ma­ni­po­lati a se­conda delle vi­sioni ri­strette, de­gli scopi im­me­diati, delle am­bizioni e pas­sioni per­so­nali di pic­coli gruppi at­tivi, e la massa de­gli uo­mini ignora, per­ché non se né pre­oc­cupa. Ma i fatti che hanno ma­tu­rato ven­gono a sfo­ciare; ma la tela tes­suta nell’ombra ar­riva a com­pi­mento: e al­lora sem­bra sia la fa­ta­lità a tra­vol­gere tutto e tutti, sem­bra che la sto­ria non sia che un enorme fe­no­meno na­tu­rale, un’eruzione, un ter­re­moto, del quale ri­man­gono vit­tima tutti, chi ha vo­luto e chi non ha vo­luto, chi sapeva e chi non sa­peva, chi era stato at­tivo e chi indifferente.

    E que­sto ul­timo si ir­rita, vor­rebbe sot­trarsi alle con­se­guenze, vorrebbe ap­pa­risse chiaro che egli non ha vo­luto, che egli non è re­spon­sa­bile. Al­cuni pia­gnu­co­lano pie­to­sa­mente, al­tri bestemmiano osce­na­mente, ma nes­suno o po­chi si do­man­dano: se avessi anch’io fatto il mio do­vere, se avessi cer­cato di far va­lere la mia vo­lontà, il mio con­si­glio, sa­rebbe suc­cesso ciò che è suc­cesso? Ma nes­suno o po­chi si fanno una colpa della loro in­dif­fe­renza, del loro scet­ti­ci­smo, del non aver dato il loro brac­cio e la loro at­ti­vità a quei gruppi di cit­ta­dini che, ap­punto per evi­tare quel tal male, com­bat­te­vano, di pro­cu­rare quel tal bene si proponevano.

    I più di co­storo, in­vece, ad av­ve­ni­menti com­piuti, pre­fe­ri­scono par­lare di fal­li­menti ideali, di pro­grammi de­fi­ni­ti­va­mente crol­lati e di al­tre si­mili pia­ce­vo­lezze. Ri­co­min­ciano così la loro as­senza da ogni re­spon­sa­bi­lità. E non già che non ve­dano chiaro nelle cose, e che qual­che volta non siano ca­paci di pro­spet­tare bel­lis­sime so­lu­zioni dei pro­blemi più ur­genti, o di quelli che, pur ri­chie­dendo am­pia pre­pa­ra­zione e tempo, sono tut­ta­via al­tret­tanto ur­genti. Ma que­ste so­lu­zioni ri­man­gono bel­lis­si­ma­mente in­fe­conde, ma que­sto con­tri­buto alla vita col­let­tiva non è ani­mato da al­cuna luce mo­rale; è pro­dotto di cu­rio­sità in­tel­let­tuale, non di pun­gente senso di una re­spon­sa­bi­lità sto­rica che vuole tutti at­tivi nella vita, che non am­mette agno­sti­ci­smi e in­dif­fe­renze di nes­sun genere.

    Odio gli in­dif­fe­renti an­che per ciò che mi dà noia il loro pia­gni­steo di eterni in­no­centi. Do­mando conto ad ognuno di essi del come ha svolto il com­pito che la vita gli ha po­sto e gli pone quo­ti­dia­na­mente, di ciò che ha fatto e spe­cial­mente di ciò che non ha fatto. E sento di po­ter es­sere ine­so­ra­bile, di non do­ver spre­care la mia pietà, di non do­ver spar­tire con loro le mie lacrime.

    Sono par­ti­giano, vivo, sento nelle co­scienze vi­rili della mia parte già pul­sare l’attività della città fu­tura che la mia parte sta co­struendo. E in essa la ca­tena so­ciale non pesa su po­chi, in essa ogni cosa che suc­cede non è do­vuta al caso, alla fa­ta­lità, ma è in­tel­li­gente opera dei cit­ta­dini. Non c’è in essa nes­suno che stia alla fi­ne­stra a guar­dare men­tre i po­chi si sa­cri­fi­cano, si sve­nano nel sacri­fi­zio; e co­lui che sta alla fi­ne­stra, in ag­guato, vo­glia usu­fruire del poco bene che l’attività di po­chi pro­cura e sfo­ghi la sua de­lu­sione vi­tu­pe­rando il sa­cri­fi­cato, lo sve­nato per­ché non è riu­scito nel suo intento. Vivo, sono par­ti­giano. Per­ciò odio chi non par­teg­gia, odio gli indifferenti."

    Antonio Gramsci fu sicuramente impegnato e coerente fino alla fine: incarcerato per le proprie idee, restò agli arresti praticamente fino alla morte; venne scarcerato giusto per evitare lo scandalo che sarebbe seguito al suo trapasso in carcere, ma le condizioni di detenzione influirono in maniera determinante sulla sua fine, è quindi una delle innumerevoli vittime che il regime fascista ha sulla coscienza.

    Gramsci nacque nel 1891 e morì nel 1937; malato fin dai primi anni di vita, non poté curarsi durante l'età adulta a causa della detenzione. Venne incarcerato a seguito dell'ondata di repressioni scatenata dallo stesso Mussolini, che prese a pretesto un fallito attentato nei suoi confronti in quel di Bologna. Le accuse nei confronti del filosofo furono: attività cospirativa, istigazione alla guerra civile, apologia di reato e incitamento all'odio di classe. Venne giudicato da un tribunale interamente in divisa fascista e condannato ad oltre vent'anni di carcere; durante la sua requisitoria il pubblico ministero pare ebbe a dire:

    Per vent'anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare.

    I MCR rendono quindi il giusto e doveroso omaggio a Gramsci, ma prendono anche spunto dalle parole estrapolate da un suo articolo, per sottolineare uno dei punti fermi del loro progetto musicale: l'impegno civile che contrasta il potere, il quale ci vorrebbe indifferenti e qualunquisti.

    Siccome non può esistere impegno sociale senza memoria, ecco l'idea del CD dedicato alla Resistenza, valore fondante della nostra democrazia, del nostro vivere civile, dell'essere cittadini e cittadine, non sudditi.

    Gli stessi MCR ci spiegano come nasce l'idea di questo disco, all'interno del libretto allegato al CD:

    "L'idea degli Appunti Partigiani non nasce solo dalla voglia di ricordare e celebrare i sessant'anni della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. L'art. 1 della Costituzione italiana non è l'epitaffio sulla lapide di un periodo morto e sepolto ma il concetto portante su cui le generazioni, e non solo quella che ha vissuto la guerra, devono formare i loro principi e valori morali. Ricordare e raccontare le piccole e grandi storie dei partigiani, di chi ha lottato a rischio della propria vita e delle vittime innocenti, deve contribuire alla costruzione di una società con una forte coscienza civile, di libertà e solidarietà.

    Le canzoni di questo disco non appartengono tutte al repertorio popolare dell'epoca della Seconda Guerra Mondiale. Ci sono nostri brani riarrangiati per l'occasione e brani di altri artisti composti in tempi recenti o comunque successivi alla Liberazione. Ripercorrendo questi sessant'anni di musica resistente, la nostra scelta è andata sulle canzoni che abbiamo sentito in vari modi più vicine."

    Troviamo, sempre all'interno del libretto, anche il contributo di Fabrizio Tavernelli, a suo tempo ideatore di Materiale resistente: "Dieci anni fa l'esperienza di Materiale Resistente ci vedeva coinvolti in una nuova Resistenza Culturale. Un urgente impegno mentale e creativo che fosse in grado di coinvolgere le nuove generazioni in un continuo esercizio della memoria. Ogni giorno, in ogni luogo, dentro noi stessi. Tracce in grado di resistere all'usura del tempo, ideali sempre disponibili come estrema forza residuale. Una energia a cui attingere per riscoprire una identità, una chiara dichiarazione d'appartenenza.

    Il coagularsi di donne ed uomini , giovani ed anziani è ancora oggi la giusta risposta a nuovi fascismi mimetici. Nel momento del pericolo gli anticorpi si mettono in azione, tutte le difese sono in allarme, è un meccanismo biologico, una memoria genetica in cui è racchiuso il nostro profondo essere. Il pensiero debole cerca parole deboli, inconsistenti, di poca durata. Allora come oggi, per sempre, tocca a noi ricercare nuove liberazioni. Tocca a noi creare nuovi materiali resistenti."

    Bella Ciao

    Il testo di questa canzone, pur importante, già esplicitato in precedenza, non è stavolta il punto focale: dobbiamo rifarci in specifico alla musica, differente dalle precedenti versioni.

    Era il capo d'anno del 2000, l'impatto mediatico fu molto forte: una di quelle giornate da ricordare, delle quali qualcuno verrà a chiedercene memoria in futuro, sul dove eravamo e cosa stessimo facendo. I MCR erano in Piazza Grande a Modena (la piazza che dal 1997 è patrimonio mondiale dell'umanità assieme alla cattedrale ed alla torre lì presenti) per un concerto che vide sul palco anche Goran Bregovic (musicista serbo sulla scena dalla fine degli anni '60) , il quale suonò per la prima parte della serata. Poco prima di mezzanotte salirono sul palco i MCR che, prima d'iniziare la loro seconda parte di concerto, festeggiarono allo scoccare del nuovo anno suonando, con Bregovic e la sua Wedding and Funeral Orchestra, la versione di Bella Ciao che possiamo ascoltare su questo cd.

    Auschwitz

    E' imbarazzante parlare di campi di sterminio: sarebbe irriverente trattare una tale tragedia in qualche riga, o magari in qualche pagina, ma comunque superficialmente.

    I milioni di persone uccise, torturate, costrette a condizioni sub-animali sono straordinariamente raccontate da Primo Levi nel suo Se questo è un uomo, narrazione autobiografica della sua detenzione proprio nel campo di sterminio di Auschwitz. Appena tornato nel 1945, Levi iniziò subito la stesura del suo più celebre testo, che gli richiese poco più di un anno. Se questo è un uomo inizia dove Levi subì la prima arbitraria detenzione: dal campo di concentramento di Fossoli, a pochi chilometri da Modena. La lettura di Se questo è un uomo non può essere sostituita da alcuna sintesi, pertanto l'invito è quello di leggere l'opera di Levi, che inizia con un'eccezionale poesia:

    SE QUESTO È UN UOMO

    (Primo Levi)

    Voi che vivete sicuri

    nelle vostre tiepide case,

    voi che trovate tornando a sera

    il cibo caldo e visi amici:

    Considerate se questo è un uomo

    che lavora nel fango

    che non conosce pace

    che lotta per mezzo pane

    che muore per un si o per un no.

    Considerate se questa è una donna,

    senza capelli e senza nome

    senza più forza di ricordare

    vuoti gli occhi e freddo il grembo

    come una rana d'inverno.

    Meditate che questo è stato:

    vi comando queste parole.

    Scolpitele nel vostro cuore

    stando in casa andando per via,

    coricandovi, alzandovi.

    Ripetetele ai vostri figli.

    O vi si sfaccia la casa,

    la malattia vi impedisca,

    i vostri nati torcano il viso da voi.

    Sicuramente Francesco Guccini ha ben presente questo libro di Primo Levi, quindi deve averne tenuto conto durante la scrittura di questa canzone; ma lo stesso autore di Auschwitz dichiara che la prima idea per questo brano gli venne dalla lettura di Tu passerai per il camino - Vita e morte a Mauthausen, un libro scritto da Vincenzo Pappalettera (un sopravvissuto ai campi di sterminio) , edito nel 1965; un testo che, a pieno diritto, fa parte di quel mosaico di memorie le cui tessere sono state via via pubblicate dopo il 1945, dal Diario di Anna Frank in poi.

    Come dimostra la Storia, gli oppositori politici hanno spesso pagato con la pelle il loro impegno (dai morti di Bava Beccaris a Carlo Giuliani, passando per le repressioni ed i gulag stalinisti) , ma il sistema dei campi nazisti, pienamente appoggiato dal regime fascista, ha qualcosa di nuovo: per rischiare la vita è sufficiente essere ritenuti pericolosi, o dannosi od inutili; non è quindi necessaria alcuna azione, basta molto meno (meno ancora d'un pensiero o di un'intenzione) per venire condannati a morte, puniti, torturati. Questa è la base del razzismo; lo è sempre stata, ma la crudeltà non si era mai spinta così in là, non era mai stata istituzionalizzata dal potere e resa un sistema.

    Oltre il ponte

    Italo Calvino, autore di questo testo, è senza dubbio uno dei maggiori scrittori italiani di sempre; se, per definire l'importanza di un artista, usiamo come metro principale la capacità d'esprimersi con linguaggi diversi, Calvino può probabilmente scavalcare tutti gli altri autori, ed essere definito il migliore in assoluto (sempre dopo Dante, s'intende) .

    Come già capitato in precedenza su queste pagine, non si può trattare un argomento tanto importante (in questo caso le opere di Italo Calvino) in poco spazio; è molto più rispettoso rimandare alla lettura di libri come Marcovaldo, Se una notte d'inverno un viaggiatore, Le città invisibili, Orlando furioso di Ludovico Ariosto raccontato, ma anche Il sentiero dei nidi di ragno sua opera prima, alla quale i MCR si sono ispirati per l'omonima canzone presente su Appunti partigiani.

    Il testo di Oltre il ponte non è stato musicato dai MCR per la prima volta: come accaduto ad altre poesie di Calvino, era già stato messo in musica da Sergio Liberovici e cantato da Piero Buttarelli per i Cantacronache, un collettivo composto da musicisti e letterati; questo gruppo, nato a Torino nel 1957, aveva il preciso scopo di valorizzare il mondo della canzone sociale proponendo brani della tradizione anarchica e socialista, ma anche canzoni nuove avvalendosi di collaborazioni prestigiosissime quali: Italo Calvino, Umberto Eco e Gianni Rodari.

    I Cantacronache sono i genitori, riconosciuti, del cantautorato impegnato italiano: devono molto a questo gruppo torinese figure importanti come De André o Guccini.

    La versione originale (Liberovici – Buttarelli) di Oltre il ponte ha una musica piuttosto diversa da questa: anche se i MCR dichiarano d'esservici ispirati mescolandola con il tradizionale irlandese The blacksmith. Basta reperire in rete i due differenti pezzi (per The Blacksmith preferite quello suonato dai Planxty) per confrontarli e rendersi conto che, in questa versione, il ricordo dell'originale inciso dai Cantacronache è piuttosto sfumato, mentre il pezzo popolare irlandese è ben presente.

    C'è da dire, come sempre, che ai MCR riesce benissimo incrociare varie canzoni: quello che ne esce non si può considerare una cover, ma un loro pezzo a tutti gli effetti; in questo caso fra i migliori di tutto il loro repertorio, grazie anche all'autore del testo: un vero fuoriclasse, che sembra riuscisse a scrivere, anche la prosa, in endecasillabi senza alcuna difficoltà, in maniera completamente naturale.

    Italo Calvino si rivolge ad una ragazza identificando in lei, in quanto giovane e in quanto donna, la speranza verso un futuro migliore, più giusto, più libero e lieto; quando la definisce ragazza dalle guance di pesca, ne sottolinea la giovane età, ma quando scrive ragazza dalle guance d'aurora si può pensare che

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1