I miei otto anni con Fabrizio De Andre'
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Ha rimesso in ordine i ricordi di quegli otto anni in cui è stato uno dei musicisti della band di Fabrizio De André, realizzando una raccolta di racconti e di aneddoti in cui ricorda il suo ruolo di collaboratore musicale di uno dei più grandi cantautori italiani.
Nel descriversi riesce a raccontare un Fabrizio De André a tratti inedito, dai comportamenti spesso inattesi, che a volte stupiscono e ci fanno sorridere e che ci danno l’ennesima conferma della sua grandezza di artista e di uomo.
Alfredo Franchini, scrittore, giornalista e amico di Fabrizio De André scrive: “In questo prezioso libro, quasi un diario redatto da chi è stato con lui in prima fila sul palco e a stretto contatto nella vita, Giorgio Cordini ci regala una manciata di perle, una testimonianza sul valore del De André musicista e soprattutto del De André uomo, capace di entrare in empatia con chiunque avesse di fronte”.
La data dell’uscita del libro coincide con il ventesimo anniversario della scomparsa di Fabrizio De André. Una scelta che vuole sottolineare l’intensità del ricordo e dell’affetto che legano Giorgio Cordini al cantautore genovese e che il passare del tempo ha reso ancora più vivi.
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Recensioni su I miei otto anni con Fabrizio De Andre'
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Anteprima del libro
I miei otto anni con Fabrizio De Andre' - Giorgio Cordini
Saggistica
Giorgio Cordini è un musicista, veneziano, ha abitato per molti anni in provincia di Brescia, ora risiede a Schilpario, in Val di Scalve. Ha suonato con Mauro Pagani in diverse formazioni e alla fine del ‘90 è entrato a far parte della band di Fabrizio De André, con cui è rimasto per otto anni. Suona la chitarra, il bouzouki, il mandolino. Ha collaborato anche con Cristiano De André, Nada, Roberto Vecchioni, Massimo Ranieri, Eugenio Finardi, Claudio Lolli e molti altri cantanti della scena italiana. Ha fondato nel 2005, insieme a Ellade Bandini e Mario Arcari, il gruppo Mille Anni Ancora
, che esegue il repertorio di Fabrizio De André.
Giorgio Cordini
I MIEI OTTO ANNI CON FABRIZIO DE ANDRÉ
fingerpicking.net
Giorgio Cordini
www.giorgiocordini.it
© 2019 Fingerpicking.net
www.fingerpicking.net
I edizione gennaio 2019
ISBN eBook: 978-88-5507-000-3
Codice: FNAR008E
Tutti i diritti riservati
Foto di copertina: Rolando Giambelli
Foto del retro di copertina: Angelica Canigiula
A Matteo, Francesco, Maria, Marta, Teresa e a Luisa che ha saputo condividere e amare anche queste pagine.
Prefazione
Avevamo la luna nelle sere d’estate passate sul prato degli stadi ad aspettare l’inizio del concerto di Fabrizio De André, una messa laica celebrata in ogni angolo d’Italia dal più grande dei romanzieri in musica. Era la stessa luna che Fabrizio osservava alla sera dalla casa in Sardegna, scrutando il cielo. Giorgio Cordini, musicista di solida tecnica e raffinatezza di esecuzione, ha condiviso con Fabrizio molte di quelle lune che illuminavano i concerti; lo ha conosciuto nel 1990 e da allora è stato il suo chitarrista per sempre. Otto lunghi anni, un periodo intenso da segnare una vita, perché stare accanto a Faber significava imparare di tutto. Come un Socrate del Novecento, senza volerlo ma con una cultura cosmica, ti impartiva lezioni su tutto lo scibile. In questo prezioso libro, quasi un diario redatto da chi è stato in prima fila sul palco e a stretto contatto nella vita, Cordini ci regala una manciata di perle, una testimonianza sul valore del De André musicista e soprattutto del De André uomo, capace di entrare in empatia con chiunque avesse di fronte.
Il tempo, un concetto così presente nella poetica di Fabrizio e così caro a chi la musica la suddivide in frazioni per mestiere, dava il senso alle ore trascorse con gli altri musicisti, protagonisti del grande romanzo deandreiano, in scena negli stadi, nei palasport, che sostituirono negli anni i tendoni, i palastilisti
, e nei teatri dove il suono non può conoscere sbavature. Cordini ci restituisce l’ansia positiva di quei momenti. Da vent’anni, da quando Faber si è assentato
, siamo precipitati nel cono d’ombra di una eclisse e forse per questo Giorgio ha sentito l’esigenza di raccontare il proprio Fabrizio perché, diciamolo, ognuno ha il suo Fabrizio il quale aveva la gran dote di mettersi nei panni dell’altro. I capitoli del libro scorrono come le tappe di un viaggio dentro le tournée. A partire dalla tournée dedicata all’album le Nuvole
a quella teatrale divisa in due tempi dedicati agli uomini e alle donne, per approdare a quelle dedicate all’album Anime salve
e al successivo lavoro Mi innamoravo di tutto
, dove la luna era una delle carte dei tarocchi scelte per la scenografia. Ma i tour sono un pretesto per raccontare l’uomo; ci sono pagine di vita quotidiana che Cordini ha scritto con gli occhi della memoria di chi ha condiviso pranzi e cene nella fattoria di Tempio o nell’attico di Milano; in quelle case dove Faber dava il meglio di sé per mettere l’ospite a proprio agio.
Nella storia musicale di De André, Cordini entra in punta di piedi su invito dell’amico Mauro Pagani con il quale forma il duo dei bresciani più terroni d’Italia
. Era l’autunno del 1990 e Fabrizio stava preparando il tour de le Nuvole
. Cordini è un maestro di strumenti a corde ma sino ad allora non aveva mai suonato il bouzouki; del resto gli strumenti etnici furono elettrificati in Italia per la prima volta nel 1984 in occasione della tournée di Creuza de mä. L’incontro tra i due è tutto da leggere e non vi riveliamo i particolari, ma vi diciamo solo che Fabrizio apprezzò l’onestà di Giorgio nel dire la verità, bene supremo in casa De André. La fiducia di Faber non fu tradita perché Giorgio non solo imparò a suonare il bouzouki in breve tempo ma lo padroneggiò talmente bene che qualche anno dopo avrebbe scritto l’unico manuale didattico ancora esistente su quello strumento. Il racconto mi ha ricordato che una volta sentii Fabrizio paragonarsi a un mercante di stoffa capace di riconoscere la seta al tatto e allora ho capito che non era stata un caso la decisione di chiamare all’inizio degli anni Settanta un giovanissimo e sconosciuto Nicola Piovani per collaborare al disco tratto dall’antologia di Spoon River e poi alla Storia di un impiegato, come non è stata occasionale negli anni seguenti la scelta degli altri collaboratori, tra cui lo stesso Cordini.
In realtà, Giorgio aveva conosciuto
Fabrizio De André molti anni prima attraverso i dischi che gli studenti compravano di nascosto; il racconto di quei giorni ricostruisce il quadro di un’epoca intera: erano anni bui per i giovani e quelle canzoni e quella voce – perché nessuno vedeva Faber che se ne stava in disparte e non passava dalla Tv – rappresentavano un raggio di luce. Ma bisognava abbassare il volume del giradischi, spesso dal marchio improbabile, in corrispondenza di quelle che allora erano considerate parolacce impronunciabili. Giorgio ci regala l’immagine di un ragazzo che trascrive i testi e trova gli accordi sulla chitarra; così, pur parlando di se stesso, in quelle pagine, ci racconta di un’intera generazione. Capiterà che trentacinque anni dopo, Cordini su un palco accanto a De André si astrarrà dal contesto del concerto, ammaliato da quella voce e da quella melodia che lo aveva rapito da ragazzino, a Venezia dove abitava prima di trasferirsi a Brescia. Quella Venezia in cui Fabrizio che incarnava la storia sentendosela addosso, aveva timore di suonare: «Quelli mi odiano», diceva con l’arma dell’ironia di cui era maestro, «perché sono genovese e tra noi c’è sempre stata rivalità».
Gli aneddoti si susseguono nella narrazione di Cordini regalandoci il ricordo di un uomo carico di umanità, sempre attento agli altri e quindi anche al pubblico; da qui l’esigenza di tenere sulla corda tutta la band in modo che suonasse allo stesso modo nelle grandi città, dov’era presente la stampa nazionale e nei paesi più piccoli. Ma non manca il Faber privato che si infervora per il gioco delle carte di cui era appassionato, il cantautore che minaccia di sospendere un tour per qualche piccola contrarietà e l’uomo che coccola tra le sue braccia i nipotini; perché a Fabrizio piacevano i bambini, un segno d’amore per la vita.
Il libro si apre e si chiude con la morte. Nell’introduzione, Cordini ci ricorda che quando un amico ci lascia non si sa mai cosa fare e, dopo il primo iniziale scoramento e rifiuto di partecipare a qualsiasi celebrazione o epitaffio, si deve trovare un modo per dirgli ancora grazie. Com’era giusto che fosse, il suo chitarrista ha individuato nella musica il dovere morale di portare ancora in concerto, sia pure sotto un’altra luna, le canzoni di De André; un’operazione che gli riesce molto bene, condividendo l’idea con altri musicisti del gruppo storico tra cui Mario Arcari ed Ellade Bandini. Ad emozionarci è la ricostruzione dell’ultimo concerto, quello mai eseguito, nel campo sportivo di Saint Vincent. È la cronaca dettagliata dell’uscita di scena di Faber: siamo al sound check, i musicisti hanno preso posto nelle loro postazioni e De André è seduto con la sua chitarra Esteve. Prova l’arpeggio di Amico fragile che nessun chitarrista avrebbe voluto suonare nel concerto tributo di Genova del 2000, non certo per la difficoltà tecnica ma per la magia che c’era dentro quel brano. Faber non sta bene, già da alcuni giorni dava segni di insofferenza