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La donna senza collo: e altri racconti
La donna senza collo: e altri racconti
La donna senza collo: e altri racconti
E-book236 pagine3 ore

La donna senza collo: e altri racconti

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Info su questo ebook

In questa raccolta di 20 racconti l'analisi impietosa dei rapporti di coppia si intreccia con sortite nel territorio del sogno e dell'inconscio, lungo la faglia dell'incontro-scontro tra le culture contemporanee e non di rado finisce per sconfinare nelle vie dell'Asia, meta preferita dei viaggi dell'autore. Le storie oscillano tra situazioni e finali spaesanti e un surrealismo di sapore landolfiano (non a caso citato in esergo), per ritrovare a volte un minimalismo che ricorda Carver nella cura quasi 'pop' nella rappresentazione dei dettagli della quotidianità e dei dialoghi. La prosa, puntuale ed efficace, rivela prospettive inattese, che deviano dal quotidiano e dalle sue apparenze, devastando la 'normalità', con un effetto di straniamento e di rivelazione.

Marco Palone (Roma, 1970), ha insegnato materie classiche nei licei e ora insegna italiano all'Università di Edimburgo, in Scozia. Ha studiato narratologia e romanzo antico (Le Etiopiche di Eliodoro, Steiner, Tübingen 2020) e da sempre scrive poesie, racconti e romanzi. Ha pubblicato 'Progetto Ganimede' (Elison Publishing, 2022), primo volume di una trilogia di genere fantascientifico. È finalista per il premio Bukowski 2022 con 'La smorfia del cinese', giallo di prossima pubblicazione. Ha collaborato con la scuola di scrittura creativa "Omero" di Roma ed è un viaggiatore appassionato, in particolare di Oriente e America Latina. Ha un suo blog: https://equestoilmomento.wordpress.com/
LinguaItaliano
Data di uscita15 giu 2022
ISBN9788869633133
La donna senza collo: e altri racconti

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    La donna senza collo - Marco Palone

    Marco Palone

    LA DONNA SENZA COLLO

    e altri racconti

    Elison Publishing

    © 2022 Elison Publishing

    Tutti i diritti sono riservati

    www.elisonpublishing.com

    ISBN  9788869633133

    Indice

    La donna senza collo

    Il ladro

    Il parroco

    L’ingorda

    Le campanule

    L’incidente

    Mi sorrise…

    Sonniloquio

    Memorie di una ragazza perbene

    Il supplente

    Pachinko

    Se telefonando…

    La borsa

    L’intagliatore

    Identità diverse

    Il flagello di Shiva

    Il Califfo e il Mendicante

    Cattedra Indiana

    Tokonoma

    Empatia

    Ed eccomi al tempo presente; benché a dir vero, su tale

    punto io non abbia più le idee chiare. Saranno state le loro

    reticenti o sfacciate risposte alle mie ansiose domande, sarà

    stato tutto questo, questa specie di complotto tramato

    nell’ombra intorno a me, certo le prospettive

    temporali mi si sono come alterate. Io, per esempio,

    pensavo e tuttora penso che quanto ho qui sopra

    narrato sia avvenuto in un passato notevolmente lontano:

    e loro, almeno finché non do aperti segni di malumore,

    pretendono che sia cosa di ieri; con altri soprusi.

    Ma finalmente la questione del tempo non è essenziale:

    torniamo piuttosto a noi.

    (Tommaso Landolfi, Le Labrene,

    da ‘Le più belle pagine’, Rizzoli 1997)

    La donna senza collo

    C’è gente che parla, musica di sottofondo. Sembra un piano bar. Sono al tavolo con amici, si ride, si chiacchiera, non si capisce molto di quello che ci diciamo. Tra noi c’è lei e io so che devo attrarre la sua attenzione, devo dirle qualcosa, devo assolutamente farle capire che mi interessa. Provo ogni tanto a inserirmi nel discorso, poi osservo lei e gli altri che le parlano. C’è un mio amico che ogni tanto le dice qualcosa, ridono. Mi fa rabbia perché lei non gli interessa per niente, ma lui fa comunque il simpaticone. Al tavolo arriva una donna, una strana donna, che ci chiede di ordinare.

    «Perché è strana la donna?»

    «È molto bassa, ha la carnagione scura, i capelli lunghi, ma la cosa più strana è la sua fisionomia.»

    «Si spieghi meglio.»

    «Questa donna non ha il collo.»

    «Come, senza collo?»

    «Senza collo, ha la testa direttamente attaccata al busto. Non so se mi spiego.»

    «Ho capito. Lei si sofferma a vedere questa donna…»

    «Veramente no. Io ho lo sguardo sulla mia ragazza, cerco di dirle qualcosa, fare una battuta. Poi siamo fuori dal ristorante, si cammina. Siamo dalle parti della Gianicolense, credo. Non vedo niente di particolare, ma mi sembra di essere da quelle parti. Finalmente mi avvicino e cerco di parlarle. Lei mi dice di un viaggio che sta per fare, un viaggio al Nord, ma non specifica bene di che viaggio si tratta.»

    «In Italia?»

    «Non lo so. Mi viene in mente la Scandinavia, ma non so se è un’impressione o qualcosa che mi ha detto lei. Poi lo scenario cambia completamente. Siamo al mare, ci sono gli asciugamani sulla spiaggia, che è fatta di ghiaia. Sto sdraiato al sole e più in là c’è un altro asciugamano con due mie amiche che parlano tra loro. Decido di farmi il bagno e mi avvicino alla battigia. Mi passa davanti con dei cestoni in mano sempre lei, la donna senza collo. Ma anche questa volta non mi soffermo a guardarla, non sono sorpreso di rivederla.

    Dietro di lei, nell’acqua, c’è una macchia scura, una cosa che sembra immersa, un nero che si addensa. Di colpo le persone fuggono da quella macchia, i bambini si alzano dall’acqua con le ciambelle, qualcuno grida. C’è qualcosa che emerge, un corpo nero e lungo. Ha una testa che sembra quella di un bovino, ma è tutto nero, compresi gli occhi, ha le corna. Emerge e sbatte sulla spiaggia con la coda a ventaglio tutta sbrindellata, ha un corpo affusolato senza gambe, come quello di una grossa foca. Sono terrorizzato ma sto lì a guardare, poi penso che dovrei prendere qualcosa per ucciderlo. Le due amiche mi chiedono di fare qualcosa, io cerco un remo, un oggetto per colpirlo. Poi di nuovo cambia.

    Siamo a casa mia e il mostro è al piano terra del nostro palazzo, poi si mette a salire. Si arrampica sulle scale strisciando col suo corpo. Mia madre non sembra allarmata, io penso a come ucciderlo. L’idea è di attrarlo verso il balcone del salotto e poi farlo cadere. Si sfracellerebbe giù per la discesa del garage. La ringhiera del balcone non c’è. Io sono con le spalle al balcone, sotto c’è il baratro di tre piani e la discesa del garage. Sento che il mostro, ansimando e sbuffando, sale le scale, arriva sul pianerottolo. Chiedo a mia madre di aprire la porta, ma lei non ci pensa neanche. Si sporcherebbe tutto il salotto, il mostro viscido distruggerebbe tutti i mobili. Mia madre si rifiuta di aprire la porta. Io le dico che ci aspetterebbe sempre lì fuori e per noi non ci sarebbe scampo, non può tenerlo lì fuori per tanto tempo.

    Il mostro sbatte alla porta, sento dei tonfi sul pianerottolo. Mia madre si rifiuta ancora di farlo entrare e dice che non ce la farebbe a pulire tutta la melma che porta con sé. Mentre cerco di spiegarle che sarebbe il male minore, il mostro rompe la porta, spacca i mobili dell’ingresso, sbalza mia madre in un’altra stanza, entra nel salotto e fa saltare in aria specchi, sedie e cristalliera, rovescia il tavolo e con il collo punta verso di me, che sto fuori al balcone. La coda sventola in giro per la stanza e solleva vetri, libri, vasi, quadri… allora temo che, nella posizione in cui sto, potrebbe trascinare pure me giù nella discesa del garage. È così grosso che mi travolgerebbe nella sua furia, non ho il tempo di mettermi di lato per farlo cadere giù da solo, gli sto davanti e lui arriva alla finestra che immette sul balcone. A questo punto mi sono svegliato di soprassalto.»

    Finisco di leggere il foglio scritto al computer e mi tolgo la cuffia e il microfono.

    «È questo il sogno che ho fatto?»

    «Sì, proprio come lo ha raccontato. Diciamo che è così come è stato trascritto dal riconoscimento vocale del computer.»

    «Proprio non lo ricordavo.»

    «Eh sì, dobbiamo capire perché lei non riesce più a ricordare i suoi sogni.»

    «Ma perché non mi ricordo neanche di averglielo raccontato?»

    «L’unico modo di farle ricordare il sogno è quello di indurre in lei un leggero stato di ipnosi, nel quale lei parla quasi automaticamente. In questo modo non solo riesco a farle ricordare il sogno, ma anche ad avere una maggiore precisione. Quando riusciamo a raccontare i sogni da consci, comunque si effettuano delle censure, dei cambiamenti, delle omissioni al lavoro onirico, razionalizziamo e questo snatura il sogno. Invece quello che lei ha detto e io ho registrato e trascritto è più veritiero di quello che lei mi avrebbe raccontato da sveglio.»

    «Ma perché io non lo ricordo affatto?»

    «È normale quando si usa l’ipnosi. Permette di entrare in profondità nell’inconscio, ma poi non ci si ricorda più nulla. So che il termine è infelice e spaventa un po’, ma è il metodo che uso per far raccontare al meglio possibile, senza interferenze, i sogni dei miei pazienti, quando non li ricordano.»

    «Non sono abituato alla cosa. Un po’ mi spaventa perdere il controllo e dire quello che mi passa per la testa, senza esserne consapevole.»

    «Il nostro rapporto si fonda sulla fiducia che lei ripone in me, come professionista e lei ha il diritto di esigere la massima riservatezza. Se questa fiducia da parte sua dovesse venire a mancare, è chiaro che le nostre sedute non avrebbero più senso.»

    «Ma no, dottore, mi scusi, se… non volevo dire questo. Le ho solo comunicato la mia sorpresa per una situazione per me insolita.»

    «Non si preoccupi, comunque ci siamo chiariti. Va bene se ci vediamo tra una settimana alla stessa ora? Preparerò un’analisi dettagliata del suo sogno. A occhio riconosco già molto materiale, ma vorrei approfondire meglio.»

    «Va bene per la settimana prossima, a quest’ora.»

    Lascio lo studio del dottor Eufemia e arrivo a casa. Per tutto il tempo ripenso al sogno che avrei raccontato al dottore e che poi ho letto subito dopo. Sono diversi mesi che non riesco a ricordare i miei sogni, per molto tempo non mi sono neanche accorto della cosa. L’ho raccontato in giro e qualcuno mi ha detto che ormai da anni non ricordava più i suoi sogni. Dopotutto, si vive bene lo stesso, anche senza i sogni. Ma sento che manca una parte di me, alla quale sono affezionato. A intuito so che in quelle immagini sconclusionate, in quelle visioni, apparizioni, situazioni inverosimili, c’è qualcosa di mio. Il mio inconscio, in codice cifrato, fa salire dalle profondità i suoi messaggi, come bolle d’aria che gorgogliano nel fondo di un pozzo e risalgono verso la superficie, come a dire che qualcosa si muove e vive, anche lontano dalla luce.

    Non ricordare i sogni significa non essere più in grado di raggiungere il territorio che si estende in profondità, che è diventato ormai un continente perduto. Eppure, anche quel territorio mi appartiene. Anche se non sono uno psichiatra, ho sviluppato un mio metodo intuitivo per capirci qualcosa, chissà se valido. Mi confortava comunque ripensare ai miei sogni, sorprendermi per certe situazioni, immagini e persone che ci avevo visto. Era il segno che dentro di me qualcosa viveva e si agitava, mentre ora non c’era più nulla di tutto questo. Ora mi sento come limitato a una sola dimensione, appiattito al solo stato di veglia. Perché mi è successo? È per tutte queste ragioni che ho deciso di andare dallo psicanalista. Rivoglio i miei sogni e sento il bisogno di ritrovare quel reame segreto che si nascondeva nella mia mente.

    Passata la settimana sono di nuovo nella sala d’attesa davanti alla porta, su cui c’è scritto il nome del dottor Roberto Eufemia. Esce una paziente. Sento la voce del dottore.

    «Lasci aperta la porta, per favore!»

    Siccome è il mio turno, mi avvicino alla porta.

    «Si accomodi, prego.»

    Entro e mi siedo.

    «È meglio che si distenda, così si concentra meglio.»

    Mi distendo sul lettino, come ho fatto la volta scorsa.

    «Ho analizzato il suo sogno. Innanzitutto, le devo ribadire una premessa. La psicanalisi non è una scienza esatta, per cui quello che ascolterà è un tentativo di decifrazione che si basa sui miei studi e sulla mia esperienza. Ho elaborato anche qualche provvisoria puntualizzazione, che le sottoporrò a breve. Le anticipo subito, però, che ho qualche dubbio. Ci sono degli elementi che mi appaiono incerti.»

    «Mi dica tutto.»

    «Inizio col dirle che secondo me lei sta rielaborando lo shock della sua separazione. Non ha ancora maturato una ragion d’essere al suo stato attuale di single. Ha retrodatato la vicenda del sogno allo stadio della sua adolescenza. Il piano-bar, gli amici, la musica, sembra il contesto delle comitive giovanili. Un’occasione nella quale lei ha conosciuto la sua ex moglie.»

    «Beh, non proprio.»

    «Ma è la situazione tipica in cui ci si conosce. Lei ha rivissuto, o meglio nella sua dimensione onirica, sta rivivendo la relazione con la sua ex moglie, a partire dall’inizio, ma sta proiettando sulla sua storia con lei le difficoltà che sono emerse in seguito. Il fumo, la musica, la difficoltà di capirsi, l’interferenza di quel suo amico. Sono le difficoltà di comunicazione che lei ha sviluppato solo in seguito con sua moglie. Alla fine, riesce a stabilire un contatto. E questo è rappresentato dal tratto che percorrete parallelamente lungo la Gianicolense, o dovunque sia. Forse questo breve periodo in cui parlate, senza interferenze, è il momento migliore della vostra relazione, ma dura poco. E lei è proiettata altrove. È in partenza per il Nord, ha i suoi progetti e lei non ne fa parte. Il cambio di scenario ripropone lo stesso shock. Lei non c’è, ma è stata sostituita, e nascosta, dalle due amiche, che sono quindi una proiezione di lei, che si è duplicata perché lei, Alessandro, vuole sfuggire alla sua immagine, vuole mescolare le carte, elaborare in qualche modo lo shock della separazione, e così l’ha sostituita con ben due amiche.

    Il mare e l’essere che emerge sono immagini fin troppo chiare. Il mare è il suo inconscio e qui ci avviciniamo anche alla ragione del silenzio dei suoi sogni. Il nero che si addensa è un nodo irrisolto del suo inconscio, il linguaggio che lei ha usato è indicativo. Parla di emergere, di macchia che si addensa… C’è qualche nodo irrisolto nel suo inconscio che ribolle, vuol venire alla luce. Lo shock della separazione ha smosso qualcosa nel fondo. E lei ne ha paura. Così ha prodotto una creatura spaventosa, contro la quale non sa reagire. Cerca un remo, o qualcosa… le sue amiche chiederebbero aiuto, ma lei si sente impotente.

    I particolari della creatura sono significativi. Ha gli occhi neri e ha una forma taurina. Si tratta di una immagine della sua sessualità. Questa creatura che prorompe è la sua virilità, che riemerge, forse è stata ferita e cerca vendetta. E la vendetta la compie sulla casa e sugli affetti familiari. Ma qui si mescolano diversi piani. Sua madre, per esempio, e la questione della melma, dello sporcare casa. Sembra che si riferisca a qualche episodio della sua adolescenza, che ritorna, camuffato dalla deformazione onirica. Strano l’atteggiamento di sua madre che, prima sottovaluta, poi sembra non capire ed essere preoccupata solo del decoro di casa. Mi viene in mente una cosa. Lei è stato mai sorpreso da sua madre a masturbarsi?»

    «Beh, oddio… Adesso che ci penso, sì.»

    «Mi scusi se l’ho messa in imbarazzo. Fino ad ora il quadro sembra coerente. Lei sta rielaborando, anche se ormai sono passati due anni, lo shock della separazione da sua moglie. E questo processo sta coinvolgendo molti aspetti della sua personalità, perfino la sua autostima come maschio. La bestia che esce allo scoperto è la percezione della ferita, dell’offesa patita dalla sua virilità, ed esce fuori con tutta la sua imponenza, la testa taurina, la furia distruttiva che è la pulsione sessuale, con cui lei è in conflitto. Infatti, la vuole distruggere facendola precipitare dal terzo piano. Significativo anche il fatto che ci sia la discesa del garage. È probabilmente un riferimento al voler riseppellire questo mostro che è emerso, a volerlo ricacciare nel profondo da cui era uscito. Ricorda che la creatura emergeva dal mare?»

    «Dottore, è strano e in parte la sua lettura mi mette a disagio, ma credo di ritrovarmici. Credevo però di aver superato la separazione, ormai pensavo di essermene fatto una ragione.»

    «Al livello conscio sì, se ne è fatto una ragione, ma al livello inconscio, non ancora. Al punto che lei non riesce più a ricordare i suoi sogni.»

    «Addirittura… ma c’è qualcosa che non capisco. La donna senza collo, che senso ha? Non l’ha spiegata ancora.»

    «Confesso che non sono sicuro ancora dell’interpretazione di questa figura, non vorrei azzardare. Il fatto è che mi mancano altri elementi. Le vorrei solo far notare alcuni dettagli. Lei sembra non volerle dare importanza, ma la donna appare sempre in prossimità di una minaccia. Quando il suo amico cerca di parlare con la sua ragazza, c’è questa donna, che passa a chiedere l’ordinazione. Poi, quando l’ambientazione è al mare, la donna è l’ultima cosa che lei inquadra, prima che emerga la macchia nera e venga fuori il mostro. È indaffarata anche questa volta. Ha dei cestoni, porta qualcosa, forse vende qualcosa. Altre significative somiglianze ci sono con il mostro. La donna è scura e bassa, il mostro è scuro, striscia sul pavimento, viene dal basso. Ma lei non ha il collo, invece il mostro sì, e lo tende, lo usa per salire le scale, quando viene verso casa sua. Non azzarderò una conclusione, ma la donna senza collo deve avere un suo significato, che adesso non so ancora dire. Mi servono altri dati, altri sogni.»

    «Stabiliamo il prossimo appuntamento?»

    «Beh, andrebbe bene fra una decina di giorni. Tipo giovedì 23, alle 17,00. Che ne pensa?»

    «Bene. Ci vediamo la prossima volta. Sono impaziente di capirci qualcosa.»

    Uscito dallo studio del dottor Eufemia, ho in mente le immagini del sogno e ripenso alla figura della donna senza collo. Ormai le ho dato delle fattezze precise, l’ho come riconosciuta. Così mi ritrovo anche nell’analisi fatta dal dottore e ripenso all’immagine mostruosa della foca taurina, che sarebbe la mia virilità offesa. L’immagine che me ne sono fatto ha però un che di familiare, mi ricorda qualcosa. Ripensandoci, la forma di quel mostro prende significato. La coda a ventaglio, la testa di toro… Mi viene in mente l’illustrazione di un segno zodiacale. Dovrebbe essere il Capricorno, anche se la testa dovrebbe essere di capra. Se non ricordo male, i nati sotto il segno del Capricorno sono quelli dal 22 dicembre al 20 gennaio. Il compleanno di Luisa, la mia ex moglie, è il 17 gennaio!

    Telefono al dottor Eufemia, convinto che questo sia un indizio importante. Ma allo studio non risponde nessuno e allora gli mando un’email.

    Nei giorni successivi mi arriva la notifica che l’email è stata letta, ma non ho nessuna risposta. Forse il dottore non ha trovato una spiegazione o forse non ha dato peso a questo particolare.

    Ripenso costantemente al sogno, al suo significato e alle possibili interpretazioni della presenza della donna senza collo. Aspetto con impazienza la seduta dal dottor Eufemia, ma di notte il sonno è sempre profondo e imperscrutabile. Qualsiasi cosa abbia sognato, scompare senza lasciare alcuna traccia.

    È qualche giorno che alla mensa aziendale mangio insieme a un collega dell’ufficio marketing. Siamo in un settore diverso, raramente ci siamo visti in ufficio, ma per una ragione o per l’altra abbiamo finito per pranzare insieme almeno tre volte in questa settimana. Augusto è un tipo pacato e di poche parole. Sarà per questo che ci siamo trovati bene a mangiare insieme. Non c’è bisogno di lunghi discorsi, di spiegazioni particolari. Se all’uno o all’altro non va di parlare, si fanno solo brevi commenti, si mangia, si prende il caffè. Lui ha smesso di fumare, quindi io fumo dopo, prima di

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