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Ancora in tempo
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E-book207 pagine2 ore

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Info su questo ebook

“Anche un lungo viaggio, inizia sempre con un piccolo passo”

Ricordare il proprio vissuto, narrare a se stessi momenti di vita importanti aiuta a capire quanto sia complessa la mente umana, quanto sia misterioso il cuore e quanto sia difficile farli convivere.
Ma ancora di più, ritrovarsi e riconoscersi nei racconti di altri che attraversano le stesse difficoltà è un buon antidoto contro la realtà virtuale sempre più dominante e pervasiva, guidata dal culto dell’apparire e del perfezionismo artefatto, ma che conduce sempre più spesso a un isolamento reale.
Le persone che hanno dato vita a questo libro, con i loro racconti, le loro ansie e le loro paure hanno trovato la forza di reagire ed affrontare le loro insicurezze narrandosi, ascoltandosi, affidandosi alla guida di una premurosa alleata.
Questi percorsi, ognuno dei quali è unico, partono dal vissuto reale, quotidiano, per dimostrare che si è “ancora in tempo”, sempre, per essere ascoltati e compresi, sorretti e guidati nel riconoscersi fragili e vulnerabili, ma capaci di affrontare nuove sfide per una consapevole ri-nascita.

Ada Antonelli nasce nel 1955 a Balze, un piccolo paese dell’Emilia Romagna, ai piedi del Monte Fumaiolo, sull’Appennino Tosco-Romagnolo. Consegue il diploma di maestra elementare e successivamente si laurea in Psicologia Clinica, la passione della sua vita. Ha lavorato molti anni nella scuola come insegnante e ha ricoperto incarichi di coordinamento, sensibilizzazione e formazione sulle problematiche infantili e della famiglia, il disagio giovanile e i disturbi dell’apprendimento legati alla sfera emotivo-affettiva. Sempre impegnata a difendere i diritti e a dare voce ai più deboli, ai bambini invisibili a comprenderne la sofferenza,  ha partecipato alla stesura delle Linee guida sulla “Tutela dei minorenni nelle separazioni altamente conflittuali” (Cismai). è iscritta all’albo dei CTU del Tribunale di Forlì, città dove vive e dove svolge attività privata.
LinguaItaliano
Data di uscita31 lug 2022
ISBN9788830667709
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    Anteprima del libro

    Ancora in tempo - Ada Antonelli

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Ricordo

    È attraverso la narrazione che riscriviamo la nostra storia.

    Ed è proprio la nostra storia il punto fondamentale

    del cambiamento.

    Chi entra nella sua storia non esce mai come è entrato.

    Si porterà dietro, sempre, qualcosa di irrisolto del suo passato,

    ma nel corso della vita, sarà consapevole

    che può scegliere di non dargli l’ultima parola.

    Ada Antonelli

    "...Per tessere nuovi cammini...bisogna ricominciare il viaggio.

    Sempre"

    José Saramago

    Amore

    Amo moltissimo il mio lavoro. Essere la custode di segreti, con il passare degli anni, ha affinato la mia sensibilità e mi ha reso più gentile e disponibile.

    Sento il dolore dietro un sorriso, intuisco la voglia di lacrime in un parlare ininterrotto, avverto l’angoscia del non dettoin un silenzio appena più sospeso e provo un sincero desiderio di alleviare la sofferenza, di infondere fiducia, per affrontare un viaggio difficile, ma unico ed emozionante, un cammino arduo, ma ricco di soste appaganti e insolite scoperte.

    Un’avventura alla ricerca del nostro sé più vero, profondo, autentico, il solo che può darci gli strumenti per affrontare ciò che pesa nei nostri cuori e liberarci dall’inquietudine del vivere.

    Ada Antonelli

    Premessa

    Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto, le persone possono dimenticare ciò che hai fatto, ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire.

    Maya Angelou

    Questo libro non è e non vuole essere una sintesi delle varie e molteplici scuole di pensiero della psicologia, ma la raccolta delle riflessioni, dei pensieri più veri e profondi, le voci delle persone che ho accolto e ascoltato nel corso degli anni e che mi hanno fatto il privilegio di essere la custode dei loro segreti.

    Solitamente, quando si parla di psicologia, sedute, teorie psicologiche, l’attenzione è posta a quadri di riferimento teorici e a disquisire sulla bontà o meno di una determinata scuola di pensiero, unitamente alla capacità dello psicologo di applicarla.

    Nel corso degli anni, invece, l’esperienza mi ha insegnato e confermato che, fondamentalmente, senza trascurare la ricerca, ciò che fa la differenza in un contesto di cura, è l’offerta di un rapporto significativo di disponibilità, di vicinanza, di ascolto e un coinvolgimento personale con le persone portatrici di sofferenza.

    Sul terapeuta grava una grande responsabilità, che è proprio quella della relazione. Egli entra nella vita di persone che, in quel momento, vivono una condizione di fragilità, sono vulnerabili e la prima cosa di cui hanno bisogno è quella di essere ascoltati e compresi.

    Del resto, curare non significa semplicemente guarire in senso clinico. Curare vuol dire prendersi cura dell’altro, custodirlo, occuparsene, ma potremmo anche dire che curare significa non abbandonare mai. Per questo, l’esperienza con il terapeuta deve trasmettere un sincero e amorevole interesse partecipato che va oltre il tempo dell’incontro, che non è attenzione fugace, ma la scoperta e la creazione di una modalità di interagire con gli altri che ci accompagnerà per tutta la vita.

    Un percorso di cura e di cambiamento si snoda ed è efficace dunque, in primo luogo, solo se poggia su un solido legame di fiducia e l’empatia deve essere realmente vissuta e sentita da entrambi gli attori.

    La relazione diventa luogo privilegiato dove viene riconosciuta la propria esistenza, spazio mentale per costruire e riannodare le trame della propria identità e progettare alternative possibili alla propria vita.

    In fondo, ciascuno di noi ha dentro una sofferenza e lotta ogni giorno con difficoltà e problematiche radicate nell’esistenza stessa.

    Che cosa rimane quando una speranza, un’illusione fanno naufragio? Perché continuiamo ad affidarci ancora ad altre speranze e ad illuderci ancora? Perché è così difficile affrontare la vita senza dire e dirci bugie? Perché quando una persona cara muore non siamo più gli stessi? Perché non riusciamo a lasciar andare situazioni che ci fanno stare male? Perché ci innamoriamo sempre della persona sbagliata?

    Penso che le forze, spesso inconsce, in conflitto all’interno delle persone, diano origine al pensiero, alle emozioni, ai comportamenti e che ciò che ci tormenta abbia a che fare non solo con il nostro passato, ma riguardi la nostra condizione umana di essere nel mondo, le questioni ultime, l’amore, la giustizia, la malattia, la morte, la solitudine, il senso della vita, la libertà.

    Penso che ogni uomo possieda una spinta innata verso la realizzazione di se stesso e il mio compito sia quello di aiutarlo ad aiutarsi a rimuovere gli ostacoli che bloccano la sua strada e a cercare nuovi strumenti e nuovi modi per affrontare le difficoltà. A sostare con pazienza in ciò che è irrisolto e a voler bene alle domande in sé, perché non sempre riusciamo a trovare tutte le risposte.

    LA NARRAZIONE: VEDERE L’ERBA DALLA PARTE DELLE RADICI

    Credo nel potere creativo della mente umana e che la crescita psicologica e una maggiore serenità siano sempre possibili: ogni esperienza, piacevole o dolorosa che sia, apre comunque a nuovi orizzonti.

    Da ciò ne consegue che narrare le proprie storie di vita ad un orecchio sinceramente interessato e attento, non è solo un modo per raccontarsi o per giustificare o meno le scelte compiute. Narrare o scrivere la propria storia è un modo per conoscersi e imparare qualcosa su di sé, per curare le proprie ferite, dare un senso al dolore, fare spazio alla com-passione nei confronti di chi, magari inconsapevolmente, ha spezzato qualcosa, irrimediabilmente, dentro di noi. È un ri-trovarsi e riuscire a ricomporre un mosaico come meglio non si può.

    Chi, dunque, meglio di chi fa esperienza dello straordinario viaggio alla scoperta di sé, può raccontarci la sua verità, il suo fardello quotidiano, le ansie, le illusioni, le speranze, l’angoscia e le paure che accomunano tutti gli esseri umani?

    È quel milionesimo di diversità, in fondo, che fa la differenza, ma allo stesso tempo, ci consente di scoprire una trama comune che ci fa sentire meno soli.

    È un po’ cambiare prospettiva e vedere l’erba dalla parte delle radici.

    Infatti, questo libro è principalmente un omaggio a tutte le persone, anzi a ciascuna persona che ho incontrato e che mi ha scelto come compagna di viaggio per un pezzettino della sua vita. A loro vanno il mio pensiero e la mia gratitudine per aver arricchito straordinariamente i miei giorni e aver mantenuto vivo e immutato il mio amore per le inestricabili vie della mente.

    LA NARRAZIONE CHE CURA: TI RACCONTO... DA PROTAGONISTA A TESTIMONE

    Non è l’avvenimento che ha un senso; è il giudizio che se ne dà. La differenza è quasi esclusivamente l’aspetto narrativo; cioè il valore è nel racconto non nell’avvenimento.

    Alessandro Franci

    La narrazione è un aspetto imprescindibile della natura umana e costituisce una chiave d’accesso al modo di pensare, sperimentare e comportarsi di qualunque persona.

    Anche nella relazione fra la persona e lo psicologo, il raccontarsi ha un ruolo davvero fondamentale.

    Narrare implica, per sua natura, oggettivare le esperienze che vengono raccontate, nel senso che gli episodi autobiografici vengono riferiti con diversa intensità, ma sempre con un certo distacco emotivo, necessario per ridurre la resistenza verso quell’esperienza vissuta in prima persona.

    Le persone, in questo modo, abbandonano il ruolo di protagonista e iniziano a ricoprire quello di testimone. Attraverso questo processo, nel tempo, riescono ad assegnare agli eventi un posto più preciso, più coerente all’interno della propria storia personale, rielaborando anche la percezione di se stesse e degli altri.

    Una diversa e consapevole conoscenza di sé darà luogo, inevitabilmente, a un modo differente di porsi nei confronti del proprio contesto di vita.

    LA NARRAZIONE: UNA STRADA A DOPPIO SENSO

    La narrazione è una sorta di strada a doppio senso che viene percorsa dalla persona, nel momento in cui rievoca ricordi di vita vissuta e li organizza all’interno di un racconto, ma anche dallo psicologo che, se ne fa un buon uso, diventa un vero e proprio strumento di cura.

    La capacità di raccontare di sé è una funzione mentale che permette di organizzare il proprio mondo interiore e di attribuire significato alla propria esperienza di vita ed è patrimonio d’inestimabile valore per lo psicologo, perché gli consente d’individuare tutti quegli schemi ricorrenti, in base ai quali viene interpretata la realtà.

    In pratica, la narrazione non solo è una finestra sulle esperienze passate di chi narra, ma fornisce anche un’importante chiave d’accesso al modo di pensare, di sperimentare e di comportarsi del protagonista stesso.

    Da parte dello psicologo infatti, prestare attenzione al linguaggio comunicativo e scegliere con cura le parole da utilizzare nel contesto narrativo, può aiutare le persone ad acquisire maggiore consapevolezza dei loro stati d’animo, delle loro emozioni e facilitare lo sguardo, l’avvicinarsi a quel mondo che angoscia e fa paura. Un uso prudente, accorto, interessato, premuroso delle parole, delle figure retoriche di significato, similitudini, analogie, eufemismi, allegorie, metafore, può produrre immagini visive inconsuete, rendere il pensiero meno rigido, aiutare a leggere, quando possibile, i fatti in modo ironico, favorire un cambiamento di prospettiva.

    IL LINGUAGGIO NEL COLLOQUIO PSICOLOGICO: UNA CHIAVE PER IL CAMBIAMENTO

    Nel corso della mia attività di psicologa ho sperimentato e sperimento ogni giorno l’enorme importanza che riveste l’uso della parola nel contesto terapeutico.

    Durante un colloquio, infatti, l’empatia e il linguaggio si rivelano sempre degli strumenti decisivi per riuscire a costruire una comunicazione efficace, significativa e incisiva per e con il paziente.

    Per chi ha un disagio psichico, le parole hanno una vita propria, come la gente o gli animali. Possono palpitare, svanire, amplificarsi. Passare attraverso le parole è come camminare in mezzo alla folla. Rimangono delle facce, delle sagome che si dileguano presto nel nostro ricordo, oppure vi si fissano, non si sa bene perché.

    Riflettere sul linguaggio ci consente, dunque, di cambiarlo e con esso di modificare e dare nuovi significati a ciò che abita nella nostra mente per aprirci a nuove possibilità.

    Le parole hanno

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