Casa pazzi: buongiorno! La storia incredibile di Eugenio, Paola... e il Signore
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Info su questo ebook
Eugenio Marrone, nato il 2 gennaio 1955 a Ospedaletto d’Alpinolo (AV) ma trasferito nei primi anni della sua vita a Verona, di professione consulente del lavoro;
Paola Stocco, nata a Verona il 16 aprile 1957, diplomata geometra, dopo pochi anni di lavoro in uno studio tecnico, appena sposata, sceglie di fare la madre e la moglie a tempo pieno.
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Anteprima del libro
Casa pazzi - Famiglia Marrone
Famiglia Marrone
Casa pazzi: buongiorno!
La storia incredibile di Eugenio, Paola… e il Signore
© 2022 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it
ISBN 979-12-201-2520-8
I edizione giugno 2022
Finito di stampare nel mese di giugno 2022
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.
Casa pazzi: buongiorno!
La storia incredibile di Eugenio, Paola…
e il Signore
Il limite dell’amore è l’amore senza limiti!
Giovanni Paolo
ii
Tutto quello che è narrato in questo libro è stato scritto solo per dare testimonianza alla verità che è Gesù Cristo.
A Dio solo la gloria.
Dedicato ai nostri dieci figli e a tutti quelli che sono passati in affido
anche per un breve periodo nella nostra famiglia,
a cui va tutto il nostro amore incondizionato.
Solo per amore! Solo per Dio!
Presentazione Serve
di Maria Oblate Sacerdotali
Verona, 22 aprile 2022
Ave Maria!
Dal bozzolo alla farfalla
. Portava questo titolo, foriero di vita, il pieghevole che presentava il progetto della famiglia Marrone e tale fu anche la nostra impressione nel primo approccio con loro: una bella famiglia, carica di vita!
La Provvidenza ha voluto che conoscessimo Eugenio nel 2014, quando bussò alla porta del nostro monastero chiedendo preghiera per loro, la loro realtà di famiglia impegnata nell’accoglienza di bambini e ragazzi bisognosi, in condizione di disagio. Eugenio manifestò in quel primo incontro la necessità di ampliare gli spazi della loro casa per aver maggior disponibilità di accoglienza.
Come spesso accade nella vita di fede, ciò che umanamente può sembrare una semplice coincidenza, può rivelarsi invece un possibile segno del Cielo. La nostra comunità disponeva, infatti, di un ampio edificio, un ex monastero ancora in ottime condizioni, che all’epoca era inutilizzato. Così, sottoposta questa opportunità al discernimento dei nostri superiori e della famiglia Marrone, si è aperta per loro la possibilità concreta di trasferirsi nella nuova casa a Montecchio Maggiore di Vicenza.
In quei primi mesi di confronto e scambio abbiamo avuto modo di incontrare e conoscere tutti:
Eugenio, Paola, i loro sei figli naturali e gli altri figli già da tempo parte integrante della famiglia. La semplicità, la schiettezza e la gioia dello stare insieme è quanto si respirava nell’avvicinarli. È nato così, poco a poco, un legame di amicizia fra noi, nutrito soprattutto dalla preghiera reciproca. Nei momenti di incontro e lungo questi anni di conoscenza, abbiamo colto nella famiglia Marrone un clima sereno, fatto di rapporti collaborativi e costruttivi. Eugenio e Paola si sono sempre dimostrati genitori protesi al bene di tutti i loro figli, naturali ed adottivi allo stesso modo, desiderosi di trasmettere loro una solida educazione umana e cristiana: ogni occasione era buona per un insegnamento, opportunità per valorizzare e stimolare la partecipazione attiva di ciascuno.
Siamo grate al Signore per averci fatto conoscere la famiglia Marrone: pur tra limiti e fatiche, ci hanno dato testimonianza di una donazione generosa e coraggiosa. Li abbiamo visti portare le loro croci con dignità e con tanta fede nell’amore di Dio, che accompagna ciascuno dei suoi figli.
Auguriamo loro di poter fare sempre della vita un servizio umile e gioioso a chi è più piccolo e fragile, nella serena libertà di chi sa donarsi unicamente per il Regno dei Cieli.
Sorelle monache
Serve di Maria Oblate Sacerdotali
Presentazione Suore Agostiniane
del monastero di Cascia
Ho letto le bozze del libro, scritto da Eugenio e Paola, in un giorno e mezzo. Per non togliere nulla ai miei impegni di preghiera con il Signore e con la Comunità, ho sfruttato
anche la notte. Ho trovato fatica a mettere la pausa
, per riprendere la lettura in seguito, per l’incalzare degli avvenimenti narrati, da quelli ameni a quelli drammatici e dolorosi da loro vissuti. Al termine ho detto a me stessa: Che Odissea!
.
Dopo un attimo di silenzio, ho detto al Signore: E costoro sono convinti che sia stato il caso a farli incontrare? No! Sei Tu, che guidi la storia e che susciti il volere e l’operare secondo il tuo benevolo disegno d’amore su ciascuno!
.
La nostra conoscenza con Paola ed Eugenio è iniziata nel 2009, in occasione del premio internazionale Santa Rita, conferito a Paola per l’amore generoso e accogliente alla vita. Della sua conoscenza con Santa Rita fin dalla sua giovinezza, lo abbiamo appreso allora.
Si può imparare molto da questa lettura. Affidarsi, credere, sperare, condividere, amare, fidarsi, accogliere, verbi che abbondano nel testo, ma che non sono così frequenti nel sentire comune.
So per esperienza, che il Signore non costruisce sul vecchio, ma sempre sul nuovo, che realizza quando si lascia a Lui la direzione dei lavori
. A volte, come per Eugenio, occorre toccare il fondo del nostro nulla, per arrivare a riconoscere e comprendere che tutto ciò che siamo e abbiamo è per grazia del Signore. La Sua provvidenza è sempre accanto e guida i passi di chi si affida a Lui.
Il Signore non cerca i perfetti per affidare una missione ma uomini e donne che hanno il coraggio di mettersi in gioco e sono certi che ciò che vuole Lui è una felicità piena che si fa condivisione. Il Suo amore è più folle dei nostri sbagli, che li copre con la Sua misericordia.
Le Suore Agostiniane
del monastero di Cascia
Capitolo primo
Il cavaliere della rosa
Paola ed Eugenio si conobbero per caso, la sera del 30 dicembre 1976, nella sacrestia della Basilica di Santa Teresa a Verona.
Erano circa le 19:00, quando Paola, che era appena rientrata dal lavoro, si recò in parrocchia con la ferma intenzione di incontrare Padre Ippolito. Eugenio invece si trovava in sacrestia con un amico (che per fortuna era anche amico di Paola) e, come ogni giovedì sera, aspettava l’arrivo degli altri rappresentanti del Gruppo liturgico, al quale lui, già da qualche tempo, partecipava in qualità di lettore.
Eugenio allora aveva tanti amici, una ragazza per la testa e un lavoro nel settore ortofrutticolo, mentre Paola veniva fuori da due anni estenuanti di lotta contro l’anoressia e, nonostante gli eterni conflitti con sua madre, conduceva una vita appartata, perlopiù divisa fra casa, chiesa e ufficio. Gesù Eucaristico le aveva letteralmente salvato la vita da quella terribile malattia. Giacché la sua attività era quella di geometra, dipendente presso lo studio di un architetto, ormai contava più progetti che occasioni di incontro con i giovani della sua età.
Quella sera, dunque, dopo che il suo amico le presentò provvidenzialmente Eugenio e dopo che fu abbastanza chiaro a tutti e tre che Padre Ippolito, per ragioni tuttora ignote, non sarebbe venuto, Paola si sorprese di se stessa quando accettò di partecipare all’incontro del Gruppo liturgico, di cui non faceva parte. E si sorprese ancora di più quando, alla fine dell’incontro, non solo si assunse l’incarico di lettrice, ma prese anche appuntamento con gli altri per il giorno dopo. Di straordinario c’era che il giorno dopo si sarebbero tenuti i festeggiamenti per l’ultimo dell’anno e Paola, l’ultimo dell’anno, non l’aveva mai passato fuori di casa prima d’allora. Soprattutto, non l’aveva mai passato con un gruppo di semisconosciuti.
Anche Eugenio ebbe di che sorprendersi: quella ragazza mai vista prima, che rideva poco e camminava impettita come un soldatino, chiusa come la pianta di mimosa pudica quando la si tocca, tanto gracile che le si potevano contare a una a una le ossa, aveva detto di sì a un suo invito senza la benché minima esitazione. E non finiva lì: la mattina dopo si era presentata tutta pimpante all’incontro per organizzare la festa dell’ultimo dell’anno e, per giunta, aveva ballato con lui tutta la sera, pestandogli continuamente i piedi.
Beh, era evidente a tutti che quella ragazza venuta fuori dal nulla non aveva mai ballato in tutta la sua vita.
Tuttavia, Paola ed Eugenio, ben presto, avrebbero scoperto di avere molte più cose in comune di quante pensassero. Prima di tutto, la fede in Dio: entrambi avevano frequentato ambienti religiosi sin da bambini ed entrambi avevano preso in considerazione almeno una volta di consacrarsi alla vita religiosa. Eugenio, in particolare, era anche stato in Seminario per quattro anni, nel tempo della quinta elementare e delle intere scuole medie. Alla fine, il Direttore, Padre Rodolfo, l’aveva invitato a uscire e a farsi una vita matrimoniale:
«Forse il Signore non vuole un prete da te, ma chissà, nella tua famiglia…».
Quanto a Paola, che da ragazzina faceva parte di un gruppo spirituale (Suore di
p
. Kolbe di Maria Immacolata, ed ora la chiesa dove abitiamo è intitolata a Maria Immacolata!), le era stata posta davanti la possibilità di una vita monacale. L’aveva valutata a lungo dentro di sé con il supporto di un padre spirituale, ma alla fine aveva deciso che non faceva per lei. Forse, nell’angolo più recondito del suo cuore, iniziava già a maturare il desiderio di essere madre.
C’era poi la questione che riguardava le loro nascite. Né Paola né Eugenio erano venuti al mondo perché voluti. Eugenio era il tredicesimo figlio – sua madre pensava di essere in menopausa – e contava ben ventisette anni di differenza rispetto alla sorella maggiore. Paola invece era la terza – undici anni più piccola rispetto alla sorella maggiore e dieci rispetto al fratello –, ma anche i suoi genitori allora non avevano velleità di accogliere altri figli. Prima o poi, però, la volontà di Dio avrebbe fatto in modo che i loro destini si incrociassero.
Le pietanze preparate per la festa dell’ultimo dell’anno erano talmente tante che avanzarono sia per il giorno dopo che per quello ancora seguente, e per Paola ed Eugenio fu un’ottima scusa per incontrarsi di nuovo in un clima conviviale. Ma non mancarono altre occasioni di vedersi, anzi si moltiplicarono. Da quando anche Paola era entrata nel Gruppo liturgico, entrambi dovevano collaborare come lettori e questo creò una certa intesa fra loro. Così, la sera del 3 gennaio 1977, in assenza degli altri soliti rappresentanti, Eugenio chiese a Paola di bere qualcosa insieme.
Niente di importante
, pensava lui.
Molto importante
, pensava lei.
Paola aprì la portiera della macchina di Eugenio – una Fiat 127 rossa –, mentre il cuore le martellava nel petto. Era la prima volta che andava in macchina da sola con un ragazzo, ma non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce. Eugenio, da parte sua, sfoggiava un’aria disinvolta e anzi, dentro di sé, sentiva di averla già conquistata.
Troppo facile
, pensava fra sé e sé. E le cose facili, si sa, non sono affatto interessanti
.
Ma Paola, facile, non lo era per niente. Non sapeva nulla di ciò che concerneva l’amore, era infastidita anche solo dall’essere sfiorata da una carezza e non le piaceva che Eugenio scherzasse sempre. Eppure, quella sera, accettò di andare in macchina con lui e poi di prendere un caffè con lui al bar Sabina (un bar che esiste ancora), vicino Ponte Pietra. E pian piano quella cosa di stare con lui iniziò a farle piacere. Anzi, sperava che, in futuro, quei piccoli atti di coraggio la ricompensassero.
Purtroppo quella convinzione durò poco, perché Paola, di lì a pochi giorni, ricevette la sua prima delusione da Eugenio.
Una ragazza del Gruppo liturgico, a cui non erano affatto sfuggiti tutti quegli strani movimenti, un giorno tirò da parte Eugenio, da brava amica, e gli fece mille raccomandazioni.
«Sii serio», gli disse severamente. «Ho visto come scherzi con lei e ti proibisco di prenderla in giro».
Eugenio, che di certo non era un lestofante, decise allora di essere franco, visto che aveva ancora aperta la ferita lasciata da un’altra ragazza di Bussolengo che dopo pochi mesi di servizio militare (ottobre 1975) lo aveva lasciato senza motivo. Una delusione che ancora bruciava! Ma non poteva nascondere l’emozione e il sussulto di ogni volta che sentiva la voce di Paola.
Del servizio militare, poi, Eugenio conserva un ricordo indelebile, quando, sottotenente, comandante del plotone dei controcarro, un soldato sparò con il cannone senza preavvertire per la dovuta compensazione e per il riparo, visto che il cannone sputava fuoco anche dietro, e per una distanza di due metri. Eugenio si trovava proprio lì e solo per miracolo non venne travolto dalla vampata di fuoco, ma lo scoppio assordante gli ferì irrimediabilmente l’orecchio sinistro. Ancora oggi Eugenio è infastidito da un fischio continuo come di un treno che frena sulle rotaie, disagio che ha condizionato moltissimo la sua vita, mentre dall’orecchio destro ha perso buona capacità di sentire. Ma in quel momento, a vent’anni, non ci si poneva questi problemi e tutto finì con un ricovero di tre giorni in infermeria.
Il Signore gli aveva salvato la vita, aveva altri piani su di lui… e non sarebbe stata l’unica volta!
Un giorno, dunque, disse chiaramente a Paola che fra di loro non poteva esserci altro che amicizia sia per la delusione amorosa subita, sia perché in quel momento le sue attenzioni erano tutte rivolte a Francesca, una bella rossa di Zevio.
Per