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Gilgamesh all'inferno
Gilgamesh all'inferno
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E-book94 pagine1 ora

Gilgamesh all'inferno

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Fantascienza - romanzo breve (67 pagine) - Nalla sua ultima avventura Gilgamesh deve fare affidamento su due alleati molto particolari: Robert E. Howard e H.P. Lovecraft. PREMIO HUGO 1987


Anche gli eroi, i condottieri (e gli scrittori) prima o poi muoiono. Ma la loro storia non finisce lì: continua, all'Inferno. L'Inferno: un luogo senza tempo dove Giulio Cesare gira su una jeep militare, con il mitra a tracolla e due pistole ai fianchi. Dove Robert E. Howard, il creatore di Conan, incontra H.P. Lovecraft e scopre qualcosa di sé stesso. E dove entrambi incontrano il primo eroe epico dell'umanità, il sumero Gilgamesh (che Howard scambia per Conan) insieme al quale dovranno compiere un'avventura per salvare, ancora una volta, il suo amico fraterno Enkidu.


Robert Silverberg è unanimemente riconosciuto come uno dei massimi autori della fantascienza contemporanea. Nato a Brooklyn (New York) il 15 gennaio del 1935, iniziò a scrivere SF d'avventura negli anni '50, diventando ben presto uno degli autori più famosi e prolifici e ottenendo il premio Hugo come autore più promettente del 1956. Durante la metà degli anni sessanta però, spinto dal desiderio di dimostrare a se stesso e agli altri le sue capacità di vero scrittore, e di essere in grado di realizzare anche opere di qualità, Silverberg impresse una svolta decisiva allo stile dei suoi romanzi, iniziando a produrre opere di maggiore impegno umano e letterario. Tra gli scritti più importanti di questo secondo periodo ricordiamo Ali della notte (con cui vinse anche un premio Hugo), Brivido crudele, Torre di cristallo, forse la sua opera più completa e riuscita, Vertice di immortali, Paradosso dei passato, e Mutazione, che si inserisce in quel gruppo di romanzi dedicati da Silverberg alla descrizione e all'esplorazione dell'esperienza mistica della trascendenza.

LinguaItaliano
Data di uscita8 nov 2022
ISBN9788825422177
Gilgamesh all'inferno
Autore

Robert Silverberg

<p>Robert Silverberg has won five Nebula Awards, four Hugo Awards, and the prestigious <em>Prix Apollo.</em> He is the author of more than one hundred science fiction and fantasy novels -- including the best-selling Lord Valentine trilogy and the classics <em>Dying Inside</em> and <em>A Time of Changes</em> -- and more than sixty nonfiction works. Among the sixty-plus anthologies he has edited are <em>Legends</em> and <em>Far Horizons,</em> which contain original short stories set in the most popular universe of Robert Jordan, Stephen King, Ursula K. Le Guin, Gregory Benford, Greg Bear, Orson Scott Card, and virtually every other bestselling fantasy and SF writer today. Mr. Silverberg's Majipoor Cycle, set on perhaps the grandest and greatest world ever imagined, is considered one of the jewels in the crown of speculative fiction.</p>

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    Gilgamesh all'inferno - Robert Silverberg

    Faust: Anzitutto vorrei chiederti dell’Inferno:

    dimmi, dov’è il luogo che noi chiamiamo Inferno?

    Mefistofele: Al di sotto dei cieli.

    Faust: Ah, ma dove?

    Mefistofele: Nelle viscere degli elementi,

    là dove si giace in eterno fra le torture:

    esso non ha confini, né è circoscritto in un solo luogo;

    perciò, ovunque noi siamo, siamo all’Inferno.

    Così, dove c’è l’Inferno c’è anche l’uomo.

    E, per concludere, quando il mondo finirà

    ed ogni creatura verrà purificata,

    ogni luogo diverso dal cielo sarà l’Inferno.

    Faust: Credo che l’Inferno sia una favola.

    Mefistofele: Pensala come vuoi, l’esperienza ti farà ricredere.

    Marlowe, Il Dottor Faust

    All’orizzonte danzavano sprazzi di luce verde, mentre il vento tagliente come una lama si era levato da oriente, spazzando la regione desolata da cui sollevava nubi di polvere grigia. Sul volto di Gilgamesh si disegnò un largo sorriso. Per Enlil, quello sì che era un vento, capace di abbattere un leone e di rendere l’aria crepitante e secca. Era fantastico andare a caccia sferzati da un vento spietato.

    Gilgamesh socchiuse gli occhi e scrutò l’orizzonte in cerca di una preda, impugnando l’arco di legno pregiato che nessun altro era in grado di tendere… nessuno tranne Enkidu, il grande amico perso per ben tre volte. I suoi muscoli erano tesi, pronti all’azione. Coraggio, belve! Venite fuori a farvi ammazzare! Gilgamesh, re di Uruk, oggi si divertirà con voi!

    C’era gente che andava a caccia con quelle folli armi meccaniche introdotte dai nuovi arrivati, quelli dell’Ultima Morte. Avevano fucili che colpivano da grande distanza con un rumore assordante, sprigionando fuoco e fumo. C’era poi chi si serviva di armi laser ancor più letali, da cui scaturivano guizzi di luce blu e bianca. Ma erano armi da vigliacchi. Lui le detestava come tutte le altre innovazioni introdotte dai nuovi arrivati, gente incapace di star ferma un istante. Gilgamesh le avrebbe usate soltanto se l’avessero costretto. Durante le migliaia di anni trascorse negli inferi, egli si era servito delle sole armi cconosciute al tempo della sua prima esistenza: il giavellotto, la lancia, l’ascia a doppio taglio, l’arco e la spada di bronzo. Ci voleva una grande abilità per andare a caccia con quelle armi, ma dopo tutto si trattava di una competizione con regole precise dov’era richiesta una grande forza fisica. Chi voleva semplicemente uccidere la preda in modo rapido e senza rischi, poteva sorvolare i territori di caccia su una piattaforma d’attacco e sganciare una bomba, massacrando in questo modo quelle belve dalla pelliccia vellutata.

    Gilgamesh sapeva di essere considerato pazzo. Per esempio Cesare… sì, l’altezzoso Giulio Cesare, il sanguefreddo, con le pistole lucenti alla cintura e il mitra a tracolla. – Perché non lo vuoi ammettere? – gli aveva chiesto un giorno, dall’interno della sua jeep, vedendo che si stava preparando per inoltrarsi nelle zone più selvagge dell’Inferno. – La tua ostinazione nell’usare giavellotti e lance è pura affettazione. Non siamo nell’antica Sumeria.

    Gilgamesh sputò. – Dovrei andare a caccia con un 9mm automatico? Oppure con granate e laser? Lo chiami sport, questo?

    – Vuol dire semplicemente accettare la realtà. Non riesco a capire il tuo odio per la tecnologia: che differenza c’è fra un arco e un fucile? Sono entrambe delle invenzioni tecnologiche che ci evitano di uccidere un animale a mani nude.

    – Ho fatto anche questo – ribattè Gilgamesh.

    – Bah, ci rinuncio! Il gigantesco Gilgamesh, l’eroe semplice e innocente dell’Età del Bronzo! Anche questa è un’affettazione, amico mio! Ti fai passare per uno stupido barbaro ostinato perché vuoi essere lasciato in pace e libero di andartene a caccia. Ma nell’intimo ti consideri superiore a tutti coloro che sono vissuti in un’epoca più progredita della tua. Vorresti restaurare il rozzo modo di vivere degli antichi, vero? Ho l’impressione che tu continui a vagabondare nelle Regioni Interne, in attesa del momento buono per piazzare il colpo di mano che ti porterà al potere. Non è così, Gilgamesh? Dentro di te nascondi il folle desiderio di spodestare Satana e prendere il suo posto al comando dell’Inferno, dopo di che torneremo a vivere in città costruite con il fango e a tracciare zampe di gallina su tavolette d’argilla. Che cosa rispondi?

    – Sono tutte assurdità, Cesare.

    – Questo posto è pieno di re, imperatori, sultani, faraoni, scià, presidenti e dittatori di vario genere, e tutti ambiscono ad essere il Numero Uno. Perché tu dovresti fare eccezione?

    – Sei completamente fuori strada.

    – Ne dubito. Anzi, sospetto che tu ti consideri il migliore di tutti. Tu, il grande cacciatore che sa fabbricare mattoni, che ha costruito grandi templi e mura gigantesche, il fulgido baluardo dell’antico eroismo! Ti sei convinto che la nostra sia una civiltà decaduta e degenerata, mentre tu sei l’unico uomo valoroso. In realtà sei ambizioso ed orgoglioso come tutti, vero? Non sei altro che un imbroglione pieno di muscoli!

    – Sempre meglio che un viscido serpente come te, uno che si mette una parrucca per poter spiare le donne durante i loro riti segreti.

    Cesare non si scompose. – Non fai altro che passare la maggior parte del tempo ad uccidere le belve mostruose delle Regioni Interne, facendo in modo che in giro si sappia della tua avversione per le armi moderne. Ma i tuoi trucchi non funzionano con me. Non è per virtù che rinunci ad usare un buon Rigby 470 a canna doppia, ma per orgoglio o per pi-grizia. Sei cresciuto cacciando con l’arco, migliaia di anni fa, e continua a piacerti perché ti è familiare. Ma continui forse a parlare la complicata lingua dell’Eufrate? A me sembra piuttosto inglese. Non mi dirai che da piccolo parlavi inglese o andavi in giro in jeep o in elicottero! A quanto pare sei disposto ad accettare qualche innovazione.

    Gilgamesh scrollò le spalle. – Adesso parlo inglese perché qui lo parlano tutti, ma il cuore parla la mia antica lingua, Cesare. Nell’animo resto sempre Gilgamesh di Uruk, e continuerò ad andare a caccia a modo mio.

    – Uruk è ridotta in polvere da secoli. Amico mio, questa è la vita oltre la vita. Siamo qui già da molto tempo e, se non mi sbaglio, ci resteremo per tutti i giorni a venire. I Nuovi Arrivati portano con sé idee diverse che non possiamo ignorare. Non è un orologio quello che porti al polso? Un orologio digitale!

    – Continuerò ad andare a caccia a modo mio – concluse Gilgamesh – perché non è bello farlo con il fucile… no, davvero, non c’è nessun gusto!

    Cesare

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