Il coraggio a volte è un dovere
Di Andrea Rossi
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Info su questo ebook
L’Autore ne ha fatto la sua bandiera, sfidando se stesso in imprese sportive al limite, sfidando la natura e la paura di non farcela, ha sfidato le convenzioni sociali, le abitudini, le opinioni, la famiglia e anche le amicizie, al fine di mettere da parte la fatica del vivere e assaporarne solo la gioia.
Andrea Rossi, nato a Udine nel 1964, residente nell’immediata periferia collinare. Poco dedito allo studio e alla disciplina. Ama la montagna che frequenta per venti anni intensamente; con la nascita dei due figli abbandona l’arrampicata e si dedica al triathlon che in seguito lo porterà a concludere quattro Ironman e a fare delle gare di nuoto di fondo. Agente di commercio per 20 anni, ora disoccupato.
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Anteprima del libro
Il coraggio a volte è un dovere - Andrea Rossi
Andrea Rossi
Il coraggio a volte
è un dovere
© 2021 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-4157-0
I edizione luglio 2021
Finito di stampare nel mese di luglio 2021
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
Il coraggio a volte è un dovere
So che dovrei lasciarti andare ma non riesco ad abbandonare la tua mano
In quel bellissimo scritto di Alessandro Manzoni, I Promessi Sposi
, che io ho riscoperto rileggendolo a vent’anni dall’imposizione della scuola dove, per il modo in cui è insegnato, te lo fanno odiare, vi è un capitolo che, snobbato dai più perché non importante ai fini della trama, contiene invece un insegnamento veramente interessante ai fini del saper vivere: il Cardinale Borromeo, venuto a sapere del rifiuto di Don Abbondio di sposare Renzo e Lucia, perché minacciato dai Bravi, chiama il curato di campagna e gli chiede spiegazioni: Don Abbondio, uomo codardo e infimo, gli spiega tutto l’avvenimento e conclude che lui è un pauroso e che il coraggio o lo hai o non lo hai, e io non ce l’ho
, pensando così di giustificarsi col Cardinale.
Il Cardinale, uomo deciso e risoluto e, soprattutto, consapevole del ruolo che un uomo di Dio
ricopre nel mondo, lo fa tacere con queste lapidarie parole: Il coraggio a volte è un dovere
.
Andando al di là del contesto in cui queste parole sono state dette, cosa significano? Quale valenza e applicazione hanno nel mondo attuale? Perché ritengo così giusto riproporre questa frase così illuminata?
Sia chiaro fin d’ora: non è un viatico di un iniziato che indica la strada per una vita serena, tutt’altro, sono i dubbi, che una persona come me ha, e li vuole condividere con altri sperando di non essere il solo ad averli.
Ho sempre pensato, per la mia vita, ad un grafico ad onde, con alti e bassi: a volte gli alti erano veramente vertiginosi
e a volte i bassi erano quasi disperati, apparentemente senza via d’uscita. La vita poi risolve tutto, in un modo o nell’altro, o almeno nel mio caso è stato così; certo, le cicatrici fisiche e morali ci sono ed anche ben evidenti, ma, come mi ha detto una dottoressa molto in gamba, ad un certo punto non vi è scelta: si fa un bilancio della situazione, si mette un punto e si ricomincia. Certo, come ella stessa ha detto, non è facile, ma tutto è semplificato dal fatto che non c’è alternativa. Io sto ancora cercando di mettere quel punto, ed è vero: non è assolutamente facile.
Esperienze sportive, esperienze di vita, esperienze di malattie, scelta di uno stile nel vivere, considerazioni sul mondo, osservazioni del comportamento della gente: tutto questo, ed altro, raccolto in un unico testo. Ci sono molte cose di questa società in cui non mi ritrovo e che hanno stimolato questi miei scritti: considerazioni a volte logiche che però spesso, in un mondo standardizzato, risultano assurde.
Non l’ho fatto per vantarmi, anche perché non c’è niente di cui vantarsi, ma per condividere e stimolare una riflessione.
Buona lettura!
Attualità
1) Vivere serenamente avendo le idee chiare
2) Non, je ne suis pas Charlie Hebdo
3) Chiarimenti Charlie Hebdo
4) Il malinteso dell’ospitalità
5) E un attimo di time out?
6) Sarebbe da ridere se non fosse da piangere
7) Black lives matter (quando comoda)
8) Anniversario
9) Liberata!
10) Sole, cuore, amore
11) Weinstein e Machiavelli
12) Né buono né cattivo
13) Algoritmi
14) Devo purtroppo…
15) L’uomo nuovo
16) C’era una volta la Germania est
17) La politica è una roba sporca
(cit.)
1) Vivere serenamente avendo le idee chiare
Guardando al mondo attuale si possono vedere molte persone determinate fintamente, che confondono prepotenza con decisione, che pensano che essere cattivi ed impietosi
con gli altri significhi essere forti e rispettati, che usano la propria apparente personalità per imporsi sugli altri e per ottenere (finto) rispetto. Non è una vera forma di determinazione questa, non si è persone da stimare se si urla o si fa valere la propria personalità sugli altri sulla base della forza, sia essa fisica che piscologica. Non solo, ma spesso, per non dire sempre, queste persone, nella vita reale, quella in cui la finzione non ha motivo di esistere, non hanno personalità, non sono credibili, non ottengono quel rispetto che invece ottengono sul lavoro solo perché di grado superiore.
Quello che manca, in questo mondo sconclusionato, è il rispetto per gli altri: rispetto che si guadagna con la cortesia, con la comprensione, con la sincerità, con l’appezzamento dell’altrui impegno, al di là dei risultati. E rispetto per gli altri significa anche rispetto per se stessi.
Vivere schiettamente, con sincerità, alla luce del sole, e in tutti gli ambienti della vita, siano essi lavoro, famiglia, amicizie, sport, ecc. permette di essere in pace con la coscienza, e di vivere serenamente e in modo trasparente. Saper tener fede alla parola data, ad esempio, è una grandissima prova di rispetto per gli altri e per se stessi; è un modo diretto e con i fatti di dire: io sono qui, prometto quello che posso mantenere e quello che non posso mantenere lo dico serenamente, senza promettere salti mortali, senza sbilanciarmi in affermazioni che poi la vita smentirà certamente.
Ho lavorato per anni nel mondo del commercio: un ambiente nel quale spesso mi sono trovato della concorrenza scorretta, che prometteva mari e monti e poteva sì e no offrire una pozzanghera e un mucchio di terra. Questo modo di fare mi ha permesso di instaurare dei rapporti, con alcune persone, che ancora adesso, che ho chiuso con quell’ambiente da parecchi anni, rimangono vivi, e questa è una grande soddisfazione. Certo, se avessi imparato anche io a bluffare forse avrei fatto qualche lavoro in più, ma avrei dovuto poi arrampicarmi sugli specchi per poter portare a termine l’impegno che mi ero preso che, in ogni caso, sarebbe stato diverso da quello promesso.
Ma il lavoro, i rapporti con la gente, la propria credibilità non si basano unicamente sul valore dei lavori fatti e sul guadagno: non sono i soldi che ci danno personalità e serenità ma la sincerità e il vivere pacato. È una strada in salita? Forse sì, ma le soddisfazioni poi che si prendono ripagano degli sforzi.
2) Non, je ne suis pas Charlie Hebdo
Avete letto bene, non mi unisco al coro dei perbenisti che si indignano per la censura
che il mondo islamista
avrebbe deciso per il giornale francese. E questo non perché io stia dalla parte dell’Islam, ma perché io sto dalla parte del buon gusto.
Detto sinceramente, io giornali come quello tanto in auge in Francia in questo periodo lo avrei chiuso e le chiavi le avrei gettate nella Senna (veramente nella Senna non avrei gettato solo le chiavi, ma voglio essere buono!).
In questi giorni in cui lo sdegno percorre tutte le classi politiche e sociali, avessi sentito una voce una che dice che forse quel c***o di giornale sta provocando
un po’ troppo! No, tutti ad affrettarsi a dire che loro sono Charlie Hebdo
che nessuno li farà mai tacere, che la libertà di espressione è sacrosanta (di espressione sì, di offendere a destra e a manca, mancando di rispetto, no!). Se questo coro stonato di benpensanti, in particolar modo italiani, andasse a vedere le vignette che il noto giornale francese
ha pubblicato sul terremoto in centro Italia forse rivedrebbe le sue opinioni, per non parlare di quelle sul Vaticano ecc.
Occorre arrivare a così tanto pessimo gusto per vendere quattro copie in più di un periodico che altrimenti sarebbe di nicchia che più nicchia non si può? Ho un ricordo simile in Italia: alla fine degli anni Settanta, inizio degli Ottanta c’era un giornale, chiamato Il Male
che era simile a quello francese: stesso pessimo gusto, stesse provocazioni oscene. I creatori di questo giornale hanno poi seguito due strade diverse ma, sostanzialmente, uguali: chi è finito in comunità di recupero e chi ha ingrassato le file di un terrorismo che voleva (con questi presupposti?) cambiare l’Italia a suon di pistole e mitragliette Skorpion.
E allora io a tutti questi benpensanti da osteria
direi che prima di voler cambiare il mondo con provocazioni cretine e oscene, che cambino se stessi e vedranno che, se raggiungeranno un minimo livello di serietà, capiranno che vignette come quelle irriverenti pubblicate non solo non servono a niente, anzi, creano solamente confusione e malumore e che, a forza di dai, a qualcuno di particolarmente irritabile, pestano i piedi.
Il miglior modo per vanificare
queste provocazioni stupide e gratuite? Ignorare serenamente il giornale
e aspettare di vedere qualcuno di questi giornalisti
in qualche comunità di recupero: è il loro destino.
Scordavo: se a qualcuno capitasse per le mani una copia di questo giornale, si ricordi che io ho il caminetto da accendere ogni giorno, per altri usi, cui sarebbe più indicato, credo non vada bene e possa causare, eczemi, irritazioni locali, arrossamenti, ecc.
3) Chiarimenti Charlie Hebdo
A seguito del mio scritto sul giornale satirico
Charlie Hebdo, ho ricevuto molti messaggi per cui devo precisare alcune cose.
Nel mio scritto, se lo leggete bene, non vi è nessuna difesa del comportamento degli attentatori islamici. Il mio è un discorso che va oltre quei singoli gesti, e anzi, riporto l’esempio di altre copertine, a mio modo di vedere, irrispettose, per dimostrare che, a mio giudizio, per cui totalmente sindacabile, il noto giornale di libera espressione
della satira ha ripetutamente, se non volontariamente, superato i limiti della decenza.
Se un periodico, che dovrebbe essere redatto da persone con del sale in zucca
, pubblica, pochi giorni dopo il terremoto in centro Italia, delle vignette che rappresentano i morti in versione ridicola, io lo trovo di pessimo gusto e vorrei vedere cosa direbbero i parenti dei morti. Se lo stesso periodico pubblica delle vignette irrispettose sul Papa, e per irrispettose intendo volgari, penso si tratti nuovamente di pessimo gusto; lo stesso dicasi per vignette che rappresentano personaggi famosi che vengono ritratti in vesti poco consone e questo non perché io sia un benpensante o un ipocrita ma perché, in un giornale di diffusione pubblica, c’è un limite di buongusto che non va superato. Che poi questi personaggi meritino calci nel sedere, e anche forti a volte, non vi è dubbio, ma metterli volgarmente in ridicolo fa il gioco di questi stessi.
Che poi, come mi hanno detto in molti, l’Islam sia così o colà, non riguarda il tema dello scritto che voleva unicamente dire che la satira, quando va oltre un certo limite, scade nel patetico e nel volgare e che forse va a pestare i piedi a qualcuno di particolarmente irritabile. Il fatto poi che questi giornalisti
continuino a pubblicare vignette offensive in virtù del fatto che loro (badate bene, loro) ora sono scortati, a me suona come vigliaccheria poiché vanno a provocare gratuitamente un mondo troppo irritabile sapendo che questo poi si vendicherà sulla gente della strada. Se vai a mettere la mano in un vespaio, non lamentarti se le vespe poi, senza guardare al motivo, pungono a destra e a manca, colpendo magari persone che non c’entrano niente.
Il mondo islamico è repressivo per le donne, ha dei modi di vedere la politica, la religione, la vita, troppo stringenti
per noi? Una parte sicuramente sì, ma noi, che apparteniamo ad una società decadente (e voglio vedere chi osa sostenere il contrario), chi siamo per giudicare?
4) Il malinteso dell’ospitalità
Ascolto, purtroppo, i
gr
della radio per tenermi aggiornato. Dopo le tragiche
notizie sul Covid, che ormai caratterizzano l’informazione, si è parlato, in questi giorni, di migranti (anche questo mi pare un tema ricorrente) ma se ne è parlato in modo piuttosto singolare e fuorviante.
Addirittura anche il Papa, che purtroppo segue le mode un po’ troppo fedelmente, si è sbilanciato e ha fatto delle uscite
che, se andiamo ad analizzarle, fanno un po’ acqua da tutte le parti, anche perché paragonate, fuori tempo e fuori luogo, alle migrazioni italiane del dopoguerra quando non solo le condizioni degli italiani erano diverse, ma anche il comportamento di questi migranti era assolutamente differente da quelli attuali e gli stati ospitanti erano piuttosto severi coi nostri compatrioti emigrati in terra straniera, per cui o andavi là per lavorare oppure dietrofront, tornavi a casa e, non di rado, con una sonora pedata nel sedere. Sento il Santo Padre parlare di obbligo dei paesi ospitanti
di ricevere queste povere vittime di ingiustizie, tirannie e oppressione
; ho letto, non mi ricordo dove ma mi premurerò di segnalarlo, che il 90% dei migranti non fugge da situazioni di carestia o tirannia, ma semplicemente viene in Italia perché qui ce n’è per tutti e gratis e, bada bene, non sei obbligato a lavorare perché tanto lo stato italiano ti dà anche un sussidio giornaliero. Allora, secondo logica, e il Santo Padre dovrebbe prenderne atto, il 90% dei migranti dovrebbe essere rimandato a casa, ma questo non avviene. È inutile stare qui a fare polemica sui partiti che vogliono a tutti i costi dare asilo a queste povere vittime di sfruttamento e miserie per racimolare qualche consenso e qualche voto: è troppo patetico. Quello che poi fa ridere è che l’Italia rimprovera
i restanti paesi della comunità europea di non collaborare allo smistamento
di questi migranti ma, e questi sono ricordi personali di 6 anni fa, in Germania, tanto per fare un esempio, se un migrante lavora ci può rimanere, altrimenti, come logica vorrebbe, deve fare i bagagli e andarsene: credo che nessuno stato sia disposto a mantenere persone inattive. Certo, il discorso cambia se uno emigra per fame o perché proveniente da paese autoritario, ma anche qui, non vengono a fare una vacanza ristoratrice, devono trovarsi un lavoro e, con quello, mantenersi.
Quello che poi fa ridere ancora di più è che si sente parlare di diritti dei migranti e doveri degli italiani: stiamo parlando seriamente? Cioè, per l’italiano è un dovere accogliere i migranti mentre per i migranti è un diritto essere accolti? Quindi per l’italiano è un dovere lavorare, far salti mortali per far quadrare i bilanci familiari, pagare tasse salate e spesso sproporzionate, ecc. mentre per un migrante è un diritto venire da noi e pretendere aiuto, sostegno, soldi, cittadinanza, assistenza medica e legale… e poi non capiamo perché i migranti vogliono venire in Italia e non in Germania?
Che poi è vero: ci sono migranti che lavorano onestamente, faticano, si fanno in quattro per raggiungere un livello di vita dignitoso ma forse proprio questi dovrebbero alzare la voce e dire che non tutto è dovuto e che, oltre ai diritti, ci sono anche i doveri.
Alcuni partiti marciano sopra questi argomenti per ottenere alcuni voti? Fregasi: la correttezza e la lealtà sono più importanti di un posto in un parlamento ammuffito proprio da soggetti del genere che hanno scambiato la politica per un lavoro
ben retribuito. Una volta servire la propria patria con un posto in parlamento era un onore, oggi è una occupazione che si raggiunge tramite l’inganno e la furbizia. La Grecia antica si sta rigirando nella tomba a sentire parlare di questi politici
.
5) E…un attimo di time-out
?
Quando da giovane seguivo la pallacanestro, ricordo ci fosse, a disposizione dell’allenatore, il famoso time-out
, un momento cioè di pausa che l’allenatore poteva chiedere quando vedeva la squadra in confusione. Da questo prendo spunto per suggerire un time-out
generale per prendere coscienza, a bocce ferme, della condizione del mondo e di quanto la gente si faccia trascinare, priva di un indirizzo forte e deciso della sua vita, dalle varie correnti isteriche di pensiero o dai telegiornali e da tutto il tam-tam che circola incontrollato su Internet.
Alcuni esempi:
il Covid non esiste, è tutta un’invenzione del governo mondiale
per controllarci, tenerci in casa buoni e zitti; intere comunità si radunano in nome del pericolo invenzione Covid e fanno manifestazioni con grande partecipazione di massa e, ovviamente, scontri con la polizia. Io sono dell’idea che certamente il fattore Covid viene tenuto come Jolly per molti motivi, ma dire che non esiste… quello che poi fa più ridere è che questi negazionisti
sono per il terrapiattismo, temono le scie chimiche, ecc. Come detto questi patetici manifestanti
fanno il gioco di chi invece il Covid lo usa veramente per mettere sotto il mondo intero
e quindi più confusione fanno più la gente si convince che il Covid è ancora una minaccia grave.
Melania Trump è pazzamente innamorata del marito, e il principe azzurro ha messo le corna a Biancaneve con Cappuccetto Rosso.
I giornalisti
di Charlie Hebdo sono dei fini intellettuali, apolitici e liberi.
A Pavia una smemorata dice di essere Julia Roberts. Che c’è di strano? In Italia un illuso pensa di essere il presidente del consiglio e di decidere lui le regole di governo oppure Fedez è convinto di essere un cantante, Valeria Marini un’attrice e così via…
L’attuale Papa crede in Dio: sì, ma lo vede con la divisa di assistente