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Evaporato
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E-book172 pagine2 ore

Evaporato

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Info su questo ebook

Marco, a vent’anni, avrebbe rivoluzionato il mondo. Avvinto al suo credo politico aveva combattuto a favore degli Invisibili, per un mondo più giusto, senza disparità sociali e differenze razziali. Pur mantenendo lo stesso impegno sociale e politico, Marco ora è un uomo che cerca la sua realizzazione attraverso un lavoro che possa soddisfare le sue esigenze. Si lascia alle spalle la storia d’amore con Paola, ridotta ormai al capolinea, e prosegue il suo cammino di realizzazione senza mai perdere interesse per tutte quelle situazioni drammatiche che vedono vittime della casualità persone innocenti, i cui sogni e speranze vengono brutalmente annientati. brutalmente. Senza giustizia e nella freddezza sociale quelle storie cadono nel dimenticatoio. In tutto questo Marco, ora accompagnato a Elisa, tenta una riesumazione emotiva raggruppando le molte drammatiche vicende in un libro, ma sono troppe, non regge il peso di tanta sofferenza, non è in grado di sostenere un carico emozionale così dirompente. In preda a un’incipiente crisi depressiva decide di intraprendere un percorso di medicina olistica, ma accade l’inaspettato… Il nuovo percorso lo condurrà alla chiusura del cerchio, alla profonda consapevolezza della fragilità umana.
Evaporato, di Claudio Castelluccio, è la storia di un uomo.

Sono nato il 25 marzo 1967 a Monterotondo, un grosso centro nel quadrante nord-est di Roma. Risiedo da sempre in questa cittadina e lavoro nell’azienda municipalizzata. Ho un diploma di liceo scientifico e una laurea in Sociologia con indirizzo etno-antropologico. Ho sempre amato scrivere, dapprima per la stampa locale collaborando in testate quali “Tendenze”, “Hinterland”, “Roma circoscrizione” e “Gazzettino di Monterotondo”. Successivamente, dopo aver pubblicato la tesi di laurea dal titolo “Monterotondo tra passato e presente-conflitti e integrazione”, mi sono lanciato nel romanzo.
Coronando il mio sogno, nel 2020 ho pubblicato Il libro che non ho mai scritto e nel 2022 Evaporato, entrambi editi da Vertigo Edizioni.
LinguaItaliano
Data di uscita30 nov 2022
ISBN9791255370376
Evaporato

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    Evaporato - Claudio Castelluccio

    LQ.jpg

    Castelluccio Claudio

    Evaporato

    © 2022 Vertigo Edizioni s.r.l., Roma

    www.vertigoedizioni.it

    info@vertigoedizioni.it

    ISBN 978-88-6206-996-0

    I edizione ottobre 2022

    Finito di stampare nel mese di ottobre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Evaporato

    Premessa

    "Evaporato in una nuvola rossa,

    In una delle molte feritoie della notte…"

    Inizia così uno dei più iconici brani di Fabrizio De André: la narrazione di una serata da invitato in una villa in Gallura, di quel senso di oppressione in cui si trova lui, "Amico Fragile", nel quale il concetto di evaporazione passa da una caratteristica fisica ad una sociologica.

    Evaporato è Marco, protagonista di questa storia. Cinquantenne disilluso con un sempre più incessante desiderio di fuga.

    Un mese e un anno che cambiano per sempre la sua vita. Una domanda che lo tormenta: quel da che parte stai?, con quel desiderio perenne di schierarsi; quella stanchezza fisica prima che mentale che lo fa sentire dissonante nei confronti della realtà che lo circonda; quella resa incondizionata davanti all’impossibilità di incidere sul futuro dell’umanità; quell’amara constatazione che mentre a vent’anni si urlava che bisognava cambiare il mondo, prima che il mondo cambiasse noi, dopo tutte le sconfitte, ci faceva realizzare che soltanto cambiando se stessi si sarebbe potuto cambiare il mondo.

    Quell’incamminarsi in un percorso che diventerà sempre più intimo, scavando nelle più profonde crepe della propria coscienza.

    Marco stava facendo il conto alla rovescia dei giorni che lo separavano da una vacanza che desiderava più di ogni altra cosa, in quella calda estate del ’93. Una crisi professionale, l’abbandono del posto di lavoro, il trauma di genitori che non riuscivano a comprendere di come fosse stato possibile rinunciare alla certezza del posto fisso, per coltivare il sogno di diventare giornalista. Aveva vissuto in pochissimi mesi una rivoluzione che gli aveva fatto riordinare la propria esistenza, rivedere l’elenco delle priorità, rimettendo in discussione tutto, anche un rapporto turbolento che lo aveva logorato molto. Ma era tanta la voglia di ricominciare.

    I pochi risparmi accumulati stavano per terminare e per riuscire a godersi qualche giorno in Abruzzo, senza pensare a nulla, aveva trovato lavoro presso il circolo locale dell’Arci che organizzava, ormai da diversi anni, gli eventi culturali nella sua cittadina durante l’estate. Il suo compito come quello del suo amico Renato era quello del macchinista di sala durante gli spettacoli, ma era anche molto altro. Correvano dalla mattina alla sera a prendere il materiale pubblicitario, lo distribuivano nei negozi del paese, attendevano le compagnie teatrali per dar loro le direttive, andavano ad acquistare piante, drappi e tutto ciò che occorreva per non farsi trovare impreparati. Rientrava a notte fonda e si doveva alzare presto. Era veramente stanco, però mancavano solo poche date ed agosto era alle porte e quindi riusciva a trovare risorse anche quando credeva di non averne più.

    Quella sera del 27 luglio il programma, per la rassegna del cinema d’essai, prevedeva la proiezione del film di Ettore Scola "La terrazza, un affresco corale su una generazione che iniziava a fare i conti con se stessa. Marco, come ogni sera, una volta sistemato tutto, si metteva in un angolino e ne approfittava per godersi lo spettacolo. Il ritratto agrodolce narrato dal grande regista romano lo affascinava molto, considerava questo film la naturale conclusione di C’eravamo tanto amati" e, pur sapendo che si trattava di vicende anagraficamente a lui distanti, con personaggi che non avevano il suo stesso vissuto, tutto questo riusciva comunque a creargli trasporto da un punto di vista emotivo. E quel film non voleva assolutamente perderlo.

    Ma non c’era tempo per elaborare un’analisi. Finito lo spettacolo bisognava tornare ad essere operativi, impilare le sedie ed accatastarle per liberare il piazzale, raccogliere i rifiuti sciaguratamente abbandonati e soltanto dopo aver terminato questo compito, poteva riprendere la strada di casa.

    Il rumore dei suoi passi sul selciato, mentre percorreva le anguste stradine del centro storico, faceva da eco ai suoi pensieri. Improvvisamente gli apparve davanti ai suoi occhi la scena in cui Vittorio Gassman durante un’assemblea del Partito Comunista Italiano, di cui era un importante dirigente, sale sulla tribuna e inizia il suo discorso o meglio, immagina di iniziare:

    "La più comune aspirazione di tutti gli uomini, sancita persino nel testo di alcune Costituzioni, è la ricerca della felicità. Certo, si potrebbe dire che è individualismo. È il subito dell’ormai lontano ’68. No, compagni. No, è anche qualche cosa di più antico. Io oggi sono qui per parlarvi di un mio problema personale.

    Sì, sì, mi rivolgerò dunque all’assemblea in forma di interrogazione, così mi sbrigo subito. È lecito, per un anziano compagno come me, innamorarsi, come se avesse ancora diciott’anni? Io amo infatti, riamato, una donna che indicherò con le sole iniziali:

    gt

    . Perché essa è coniugata. Secondo. Sarebbe legittimo che io, per vivere con questa donna, abbandonassi la compagna con la quale sono stato unito per trentacinque anni?

    È conciliabile tutto questo con la salvaguardia del plurale sull’individuale, come tutti noi abbiamo sempre sostenuto? In sintesi: è lecito essere felici, anche se questo crea infelicità?".

    In effetti Marco aveva sempre vissuto il suo impegno politico declinandolo al plurale, dove l’aspirazione di ognuno doveva coincidere con l’aspirazione di tutti. Ma questo discorso usciva fuori da ogni schema, eppure aveva una logica.

    Improvvisamente cambiò strada, non aveva più voglia di tornare a casa, sentiva la necessità di condividere queste riflessioni.

    "È lecito essere felici, anche se questo crea infelicità?".

    Questa frase rimbombava nella sua testa come se volesse imprimersi a sangue, gli vibrava dentro. Ma lui non aveva mai pensato questo. La sua passione politica l’aveva sempre coniugata con la straordinaria capacità di sintesi del grande Giorgio Gaber che in una bellissima canzone uscita da poco cantava: "Qualcuno era comunista perché pensava di essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri". Si poteva essere felici solo se lo erano anche gli altri! Però non trovava nulla di strano nel ricercare una piccola quota di felicità, anche per sé.

    Gassman viveva questa nuova ed improvvisa condizione con un forte disagio esistenziale, al punto da fargli urlare in faccia ai suoi amici: Vi odio! Perché voi siete me, uno specchio riflesso della propria coscienza. Stavano invecchiando, ma lo facevano male e Marco non voleva assomigliare a loro.

    Con molta rabbia in corpo, andò così a raggiungere Renato ed i suoi amici per una birra. Erano, come sempre, seduti su una panchina al margine del viale alberato, era sicuro che li avrebbe trovati laggiù. Si recò al chiosco di Rita a comprare una Ceres, accese l’ultima Camel rimasta e si sedette.

    Avrebbe voluto coinvolgere il gruppo con la sua riflessione sulla felicità, ma comprese subito che il tema della serata era l’imminente partenza di Davide, che aveva deciso di mollare tutto, manifestando la volontà di unirsi di lì a qualche giorno ad una comunità arancione.

    Davide era un suo vecchio amico, compagno oltre che di scuola, anche di tante battaglie. Aveva sempre minacciato di andarsene, ma questa volta sembrava più serio e deciso del solito.

    «No! Stavolta non sto scherzando. Mi sono arreso. Ho inseguito per molti anni un obiettivo che era quello di vivere in una società più giusta, dove fossero realmente applicati i principi su cui si fonda la nostra Carta Costituzionale, dove l’uguaglianza fosse il motore di tutto e i doveri fossero addirittura più importanti dei diritti. Si doveva uscire dall’individuo e declinare l’esistenza esclusivamente come cittadini. Adesso Basta! Sono stanco! Mi vado a cercare una micro-società che a questi valori si richiama, in cui il principio comunista: "da ciascuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo i propri bisogni" sia la regola primaria nella relazione tra pari».

    «E dove hai pensato di andare?».

    «Ho raccolto un po’ di informazioni e sono orientato a rivolgermi in qualche comunità New-age in cui, con un principio di autosufficienza, si può creare veramente una società di pari. Ho inseguito fino ad oggi il socialismo, adesso lo vado a realizzare. Non voglio più cambiare il mondo, mi accontento di vivere in un gruppo che a questi ideali si richiama».

    «Ma non pensi che questa scelta possa essere vista come una resa? Credo che se tutte le coscienze critiche si trovassero a fare lo stesso ragionamento, i padroni del vapore sarebbero ben felici. Ogni persona che rinuncia a lottare farà sempre e soltanto il loro gioco».

    «E tu hai ragione, però non è colpa mia se questa società non mi rappresenta più. Ho lottato e tu sai quanto, ma a questo punto della mia storia, l’unica rivoluzione che voglio vincere e quella dentro di me. Voglio trovare un attimo di pace, non ho più voglia di fare la guerra. I miei hanno rinunciato a comprendermi e adesso si sono proprio rassegnati».

    «Allora buona vita, amico mio! Spero soltanto che il destino possa farci incontrare di nuovo».

    Birra e sigaretta avevano svolto il loro compito fino in fondo, e la stanchezza iniziava lentamente ad affiorare, così Marco decise di accomiatarsi dalla comitiva per riconquistare la strada di casa.

    Quanta carne sul fuoco! La sua testa era troppo piccola per contenere tutti i pensieri che passavano nella sua mente. L’eco delle sue riflessioni, le voci di Gassman, di Gaber, di Davide con l’intensità di un martello pneumatico lo stavano sfinendo. La felicità, la voglia di fuggire, una società che non ti appartiene più gli creavano un disagio reale, lo stomaco era contratto e i muscoli delle gambe erano più tesi del solito.

    Estrasse le chiavi di casa e si recò in cucina per bere un bicchiere d’acqua prima di coricarsi. Come d’abitudine accese la televisione per ascoltare le ultime notizie. Comprese subito che era successo qualcosa di grave, l’edizione straordinaria del telegiornale narrava di una serie di attentati avvenuti tra Milano e Roma. Si sedette sconvolto per cercare di comprendere l’accaduto.

    La cronaca: "Una ragazza bionda e un uomo scendono da una Fiat Uno parcheggiata vicino al Padiglione d’arte contemporanea a Milano. Manca meno di un’ora a mezzanotte. Dall’automobile da cui si stanno allontanando a piedi esce del fumo. I due non hanno paura per quello che si lasciano alle spalle, ma di una pattuglia di vigili urbani che va loro incontro in via Palestro. Temono di essere scoperti. E così giocano d’anticipo: richiamano l’attenzione di uno dei due vigili, Alessandro Ferrari, a cui danno l’allarme per il pennacchio di fumo. Poi la bionda e il suo compagno si allontanano in fretta, facendo cadere in trappola l’agente della polizia municipale e mandandolo così a morire.

    Il fumo arriva infatti da una miccia accesa che innesca quasi cento chili di tritolo sistemati sul sedile posteriore della Uno. Che esplode, provocando una strage. Sono cinque i morti. Oltre al povero vigile urbano, anche i vigili del fuoco: Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Stefano Picerno intervenuti a seguito della segnalazione, ed anche l’immigrato marocchino Moussafir Driss (che dormiva su una panchina). Ma è soltanto il primo botto della serata. Perché pochi minuti dopo esplodono altre due bombe, quasi in contemporanea, non solo a Milano ma anche a Roma, in punti diversi: a piazza San Giovanni in Laterano (danneggiando la Basilica e il Palazzo Lateranense) e pochi minuti dopo all’esterno della chiesa di San Giorgio al Velabro".

    Perché, perché era successo tutto questo? Anche quegli innocenti desideravano uno scampolo di felicità, avevano voglia di mollare tutto. Eppure si trovavano nel posto sbagliato, nel momento sbagliato, vittime sacrificali di una follia omicida attuata da chi voleva destabilizzare le istituzioni e alzare un ricatto verso lo Stato, costringendolo quasi a venire a patti.

    Le lacrime scendevano da sole sul volto di Marco. Tutti i pensieri della serata, che richiamavano ad ulteriori approfondimenti, erano brutalmente svaniti, sotto l’odore acre dell’esplosivo. Cinque morti, cinque sogni infranti, cinque desideri di vacanze, di speranze, di obiettivi. Tutto svanito, nei pochi attimi di un’esplosione. Il boato dell’ordigno aveva creato una voragine anche nella sua coscienza. Davide voleva scappare, mentre intorno a noi ci stavano scippando il futuro. Bisognava resistere, resistere, resistere. Lo si doveva alla memoria di quei poveracci.

    Non fu facile prendere sonno quella notte, troppe emozioni lo sommersero. Alla fine però vinse la stanchezza.

    Si sentì stordito al risveglio, da un lato un caro amico che fuggiva dalla società e dall’altro

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