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Pioggia: Le regole del gioco, #2
Pioggia: Le regole del gioco, #2
Pioggia: Le regole del gioco, #2
E-book96 pagine1 ora

Pioggia: Le regole del gioco, #2

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Info su questo ebook

Sono passati due anni da quando Brandon Walker e Dustin Stewart hanno iniziato a frequentarsi, e la spaccatura che si è aperta fra Dustin e alcuni parenti omofobi non accenna a rimarginarsi.

Ma adesso, mentre Dustin e Brandon stanno organizzando il loro matrimonio, suo fratello Tristan offre un timido ramoscello d'ulivo.

E, forse, se Dustin e Tristan possono riconciliarsi, c'è una speranza anche per Brandon e il fratello che gli ha voltato le spalle.
Sedici anni di silenzio sono abbastanza? O esistono alcune ferite che neanche il tempo può guarire?

Questa novella è il seguito di Le regole del gioco.

LinguaItaliano
Data di uscita25 apr 2023
ISBN9781642301342
Pioggia: Le regole del gioco, #2
Autore

L. A. Witt

L.A. Witt is the author of Back Piece. She is a M/M romance writer who has finally been released from the purgatorial corn maze of Omaha, Nebraska, and now spends her time on the southwestern coast of Spain. In between wondering how she didn’t lose her mind in Omaha, she explores the country with her husband, several clairvoyant hamsters, and an ever-growing herd of rabid plot bunnies.

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    Anteprima del libro

    Pioggia - L. A. Witt

    Capitolo 1

    Primavera, 2011


    La pioggia picchiettava sulla finestra del mio ufficio, e quella gentile monotonia non faceva che peggiorare la mia stanchezza del tardo pomeriggio. Spinsi da parte una pila di esami e mi appoggiai allo schienale della sedia, strofinandomi gli occhi stanchi. Ancora qualche settimana di test da fare e da correggere e il semestre sarebbe terminato. Per quanto mi riguardava, non vedevo l’ora.

    Guardai torvo gli esami. Quando fui certo che quei bastardi non si sarebbero corretti da soli, imprecai e ripresi in mano la penna. Appena cominciai a leggere, però, le parole sulla pagina iniziarono a colare come la pioggia che scivolava sul vetro.

    Una Red Bull. Ecco cosa mi serviva. Magari due.

    Non avevo monete in tasca per la macchinetta, quindi mi chinai a rovistare nel cassetto della scrivania.

    Andiamo, andiamo, so di aver visto qualche quarto di dollaro qui in giro l’altro giorno. Devono...

    Qualcuno bussò alla porta. Alzai gli occhi al cielo e imprecai sottovoce. Non avevo appuntamento con nessuno studente quel pomeriggio quindi, di chiunque si trattasse, meglio che fosse una cosa breve.

    È aperto. Continuai a frugare in cerca di monetine mentre la porta si apriva. Non volevo essere scortese ma, cavolo, avevo bisogno di quella Red Bull adesso.

    Dottor Stewart?

    La mia mano si bloccò. Era la voce di uno sconosciuto, ma aveva qualcosa di abbastanza familiare da farmi gelare il sangue nelle vene. Quando alzai lo sguardo, il gelo si fece totale.

    La somiglianza di famiglia era innegabile. Gli stessi capelli scuri, e gli occhi ancora più scuri. Lo stesso mento affilato e gli zigomi scolpiti. Le stesse spalle ampie, che al momento erano tese per la tensione sotto una giacca di pelle marrone.

    Sì, sono il dottor Stewart. Raddrizzai la schiena e deglutii. Posso aiutarti?

    L’uomo si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò. Sì, io... Serrò la mandibola e mi guardò negli occhi. Sono Tristan Walker. Un’altra pausa. Il fratello di Dustin.

    Le presentazioni non erano necessarie. Era qualche centimetro più alto del mio ragazzo e non aveva il pizzetto, ma era una specie di clone, come se fosse il suo gemello.

    Ci fissammo in silenzio per un momento. Non mi porse la mano. Non lo feci neanch’io.

    Mi schiarii la gola. È una visita... inaspettata.

    Tristan si mosse nervosamente. Mise le mani in tasca e fissò il pavimento. Sì, io... Il suo sguardo guizzò verso i miei esami abbandonati. Ecco, uhm, non è un brutto momento, vero?

    No, non c’è problema. Spinsi di nuovo da parte le tesine e indicai la sedia davanti alla mia scrivania. Niente che non possa aspettare. Prego, accomodati. Il cuore mi martellava nel petto. Adesso, la Red Bull non mi serviva più.

    Tristan esitò prima di accettare il mio invito. Lo scricchiolio della sua giacca di pelle fu l’unico suono nella stanza mentre prendeva posto sulla sedia. La maggior parte dei professori e degli insegnanti avevano la sedia per gli ospiti a un capo della scrivania. Io preferivo far sedere la gente di fronte a me, e il mio ufficio angusto non avrebbe comunque permesso altrimenti.

    Adesso, con il fratello con cui il mio fidanzato non parlava da due anni seduto davanti, ero decisamente grato che ci fosse uno scrittoio a separarci.

    Tristan si appoggiò pesantemente al bracciolo, tormentandosi il mento mentre ispezionava il mio ufficio con lo sguardo. Non dissi nulla, lasciando che si guardasse intorno. Avevo visto diversi studenti nervosi fare la stessa cosa durante le pause nelle nostre conversazioni. Conoscevo a memoria la traiettoria visiva, e Tristan la seguì proprio come tutti gli altri: il generico poster motivazionale. Il diploma di laurea. Quello di dottorato. La placca del torneo di biliardo della facoltà dell’anno prima.

    Quando arrivò alla foto incorniciata sull’archivio, le sue labbra si strinsero in una linea bianca e distolse immediatamente lo sguardo, tornando a fissare il pavimento. Per chiunque altro, era solo una foto dei vincitori sorridenti del primo e del secondo posto in un altro torneo di biliardo.

    Ma Tristan sapeva qualcosa di più. L’uomo che mi cingeva le spalle con un braccio in quella foto era, non avevo dubbi, la ragione per cui era venuto.

    Mi trattenni dal tamburellare con le dita sulla scrivania. Tristan mi innervosiva, e non volevo che se ne accorgesse. Non finché non mi fossi fatto un’idea del motivo della sua visita. In questo momento, la sua espressione non rivelava nulla. Ogni suo movimento tradiva la sua tensione, ma di che genere? Era ostile? Nervoso? Non sapevo cosa pensare. Non parlava con suo fratello da due anni a causa della nostra relazione, e adesso era nel mio ufficio. Il suo silenzio poteva essere dovuto al suo disagio, o mascherare qualcosa di più minaccioso.

    Il modo in cui teneva una mano affondata in tasca mi rendeva nervoso. Avrebbe potuto nascondere una pistola. Un’altra arma. Un pugno serrato. Non sarebbe stata la prima volta che mi prendevo un cazzotto in faccia da qualcuno a cui non andava a genio l’orientamento sessuale di suo fratello. In verità, quel fratello incazzato era stato il mio, ma non mi sentii comunque tranquillo neanche quando Tristan tirò la mano fuori dalla tasca e se la poggiò in grembo.

    Il silenzio stava per farmi impazzire, quindi mi mossi leggermente e mi schiarii la gola. Beh, è una sorpresa. Cosa posso fare per te?

    La mia voce lo colse di sorpresa. Il suo sguardo guizzò a incontrare il mio per un istante prima che tornasse ad abbassarlo. Senta, dottor Stewart...

    Chiamami Brandon.

    Si irrigidì leggermente. Il suo pomo d’Adamo si mosse mentre si torceva sulla sedia. La confidenza del chiamarci per nome probabilmente lo metteva a disagio. Non che me ne fregasse molto. Va bene. Brandon. Senti, io... volevo parlarti. Riguardo a... mio fratello.

    L’avevo intuito. Non si parlavano da due anni. Da quando Tristan aveva scoperto che io e Dustin ci frequentavamo e, di conseguenza, che Dustin non era etero.

    Tamburellando con le dita sul bracciolo, Tristan mi guardò negli occhi con quello che parve uno sforzo tremendo.

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