Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il colpevole tra noi: Testi teatrali
Il colpevole tra noi: Testi teatrali
Il colpevole tra noi: Testi teatrali
E-book251 pagine3 ore

Il colpevole tra noi: Testi teatrali

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In questa raccolta sono presenti sei commedie e un monologo che riflettono la propensione dell'autore per l'indagine psicologica dei personaggi. Gli uomini e le donne che animano queste storie non sono facilmente inquadrabili. Hanno dentro di sé qualcosa di inconfessabile che tendono a celare per vanità o per non rovinare la propria reputazione. Verità scomode che, nel momento in cui vengono a galla, anziché chiarire la situazione, rischiano di complicarla con conseguenze anche devastanti.

Questi personaggi, analogamente alla maggior parte delle persone che incontriamo nella vita reale, non sono mai del tutto innocenti o colpevoli. Si può dire che ognuno di essi ha le sue buone ragioni per agire come crede.

Comunque vada, tutti, chi più chi meno, siamo giudici e nello stesso tempo sotto accusa, questo il filo conduttore della raccolta. Si tratta di testi teatrali che non richiedono complesse scenografie per la loro rappresentazione e hanno il pregio di mantenere sempre alta la tensione dello spettatore o lettore.
LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2023
ISBN9791221473315
Il colpevole tra noi: Testi teatrali

Correlato a Il colpevole tra noi

Ebook correlati

Arti dello spettacolo per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il colpevole tra noi

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il colpevole tra noi - Paolo Avanzi

    Un conto in sospeso

    Commedia in un atto

    Personaggi:

    Ugo Bolvini: avvocato

    Sergio Randi: faccendiere

    La scena si svolge nello studio di un avvocato. Arredamento sobrio. Una scrivania, un tavolinetto nel centro della stanza e alcune sedie.

    Ugo alla scrivania sta davanti al personal computer. Sulla scrivania sta la foto incorniciata della moglie. Dopo qualche istante lui prende il suo cellulare, si alza e telefona alla sua segretaria

    UGO: Come va? I documenti è riuscita a farseli dare? (pausa) Ancora una settimana ci vuole! Ma servono per la causa che abbiamo dopodomani! (pausa) Eh lo so, con questa burocrazia i tempi sono biblici... (pausa) No, non si preoccupi... oramai ci siamo abituati. Me la vedrò io (pausa) Ah, qui il solito casino... E' da stamattina che sono al telefono... non ne posso più. Comunque non occorre che lei torni in ufficio. Di appuntamenti per fortuna non ne ho più. Buonasera.

    Ugo chiude la telefonata. Compare Sergio Randi, suo compagno di liceo.

    Sergio è vestito con abito sportivo. Ha una borsa.

    SERGIO (avvicinandosi a Ugo): Carissimo Ugo! Come stai? Mi sembra ieri… (appoggia la borsa per terra).

    Ugo lo fissa sconcertato. Sul momento non lo riconosce.

    UGO: Scusi, ma lei....

    SERGIO: Mi dai del lei adesso? Sono Sergio Randi... Il tuo compagno di liceo!

    UGO: Randi? Ma guarda... Sergio Randi!

    SERGIO: Mi trovi invecchiato? Eh, con la vita che faccio… Tu invece sei sempre lo stesso.

    UGO: Ma scusa, ti presenti così...

    SERGIO: E come dovrei presentarmi? (Sergio si lascia andare sulla sedia con un certo affanno). Ah, finalmente mi posso sedere.

    UGO: Ti senti bene?

    SERGIO: Solo un po' stanco... Stanotte non ho dormito. E tu?

    UGO: Sì, bene, oddio, un po' stanco pure io... Ma almeno potevi avvisarmi!

    SERGIO: Ci ho provato. Ma il tuo telefono è sempre occupato.... Sono venuto apposta da Verona, sai?

    UGO: Ah, non abiti più a Milano... Eh, certo, è una vita che non ci si vede...

    SERGIO: Altroché.

    UGO: Ma che sorpresa!

    Ugo abbassa sul tavolo la cornice con la foto della moglie per non farla vedere a Sergio. Poi si rivolge a Sergio.

    UGO: Che ti posso offrire?

    SERGIO: Un bicchiere d'acqua è più che sufficiente.

    UGO: Solo un bicchier d'acqua? Vuoi un caffè, un tè...

    SERGIO: Ma no, non ti disturbare...

    UGO: E' venuta sete anche a me. Aspetta un momento... ti porto qualcosa.

    Ugo va nel cucinotto interno (fuori scena) a preparare qualcosa da offrire.

    SERGIO: (si alza e si guarda intorno nella stanza. Sbircia la foto della moglie di Ugo nella cornice abbassata sul tavolo) Come passa il tempo... Eppure sembra ieri. Tutti seduti in fila ai nostri banchi...

    UGO (fuoriscena): Come sei venuto? In macchina?

    SERGIO: Già. Un traffico infernale, e una multa per eccesso di velocità, ma alle contravvenzioni ci sono abituato… Odio dover fare la coda… (pausa) Ah, lo sai chi ho incontrato… dei nostri vecchi? Licciardi. Il tuo compagno di banco. Quello che ti passava sempre i compiti. Poveraccio, com’è ridotto… Irriconoscibile. Un tumore ai polmoni. Eh, quello fumava già alle Medie... Mi ha parlato di te, sai?

    UGO: Davvero? Mi dispiace. Lo chiamerò. Lo chiamerò prima o poi...

    SERGIO (torna a sedere): Poi? Forse sarebbe meglio... prima.

    UGO: (ritorna nella stanza con un vassoio di biscottini, una caraffa e due bicchieri) Ecco qua. Ti ho portato anche dei biscotti (depone il vassoio sul tavolinetto accanto a Sergio e si siede sulla sedia di fronte a Sergio.)

    SERGIO: (beve un sorso d’acqua e si rivolge a Ugo come un professore che fa l’appello): Bolvini Ugo!

    UGO (alza la mano per stare al gioco): Presente.

    SERGIO: Già. Tu eri sempre presente. Io... un po' meno.

    UGO: A cosa devo la tua visita?

    SERGIO: Avevo voglia di fare quattro chiacchiere…

    UGO: Proprio oggi?

    SERGIO: Avrei potuto venire domani... Cambiava qualcosa?

    UGO: No. Anzi, domani sarò ancora più preso... (si versa acqua nel bicchiere e lo beve)

    SERGIO: (prende in mano un biscotto e lo osserva) Tu non ne vuoi?

    UGO: No, grazie.

    SERGIO (avvicina il biscotto alla bocca di Ugo per farglielo mangiare): Dai su, prendine uno... golosone.

    UGO: (allontana seccato la mano di Sergio): Ho detto di no! Che modi!

    SERGIO: E che fai lo schizzinoso? Con tutte le merendine che ti facevi...

    UGO: I dolci... non mi piacciono più.

    SERGIO: E come mai?

    UGO: Ne mangiavo fin troppi. Adesso mi danno la nausea.

    SERGIO: Eh, già...

    UGO: Già... cosa?

    SERGIO: Quante cose da giovani piacciono, e da vecchi fanno schifo... Cibi, oggetti... persone.

    UGO: I gusti cambiano...

    SERGIO: E' che ci vuole tempo ad apprezzare certe cose... a vederle nella giusta prospettiva.

    UGO: Se è per questo, la vecchiaia aiuta...

    SERGIO: Perché, tu ti senti vecchio?

    UGO: No, direi di no. La vecchiaia è un lusso che ancora non posso permettermi... Sempre un sacco di impegni, sempre di corsa...

    SERGIO: Già. Una volta era diverso. C'erano meno problemi... o forse eravamo noi più stupidi a non vederli.

    UGO: Il mondo si è complicato all'inverosimile... Al giorno d'oggi per uscirne fuori devi sperare che tutto, fin da subito, sia chiaro e semplice...

    SERGIO:...anche tra vecchi amici... Pensi di aver capito tutto e poi... Più il tempo passa più certe cose che parevano chiare si aggrovigliano, si contorcono... e non ne esci fuori più.

    UGO: Oddio, non sarei così drastico. Basta guardare in faccia alla realtà...

    SERGIO: Guardare in faccia? Tu ti sei guardato?

    SERGIO (si alza, parla con tono da istrione): Io almeno ho il coraggio di dirmi che mi faccio schifo. Ma non mi piango addosso, guai compatirsi... Ti senti una vittima? Non fare la vittima... Stringi i denti, grida, urla, ammazza pure qualcuno se serve... Ma sempre a testa alta... Basta un momento di debolezza e sei finito... La gente è bastarda, se ne approfitta e non ti rialzi più... Non è che qui in Italia si vive poi tanto meglio che in paesi come Ucraina o Iran... E' che tutti sono convinti che basta non vedere morti ammazzati o affamati per stare sereni... Certe devastazioni sono peggio di quelle che vedi in televisione... Il vero marcio, caro mio, ce lo portiamo dentro. E sono più schifosi tanti bei benpensanti in doppio petto che certi disperati che vedi brancolare tra la povertà e la sporcizia... Secondo me dal dopoguerra ad oggi siamo andati sempre peggio... Ma di quale dopoguerra parlo... Qui è una guerra permanente tra vigliacchi e cornuti. Gli extracomunitari sbarcano qui da noi? E noi dovremmo scappare via di qui per andare a casa loro... Ma a far che? Mah. Chissà. Forse almeno troveremmo un senso...

    UGO (sconcertato): Senso di che?

    SERGIO: Un senso a quello che facciamo! Non mi dirai che è vivere... passare il tempo chiuso in un ufficio a sistemare scartoffie o a digitare quattro scemenze sul computer... Basterebbe fermarsi un attimo a riflettere. Ma siamo sempre così impegnati... Eh, impegnati è una parola grossa...

    UGO (stizzito): C'è tanta gente che si fa un bel mazzo dalla mattina alla sera, e non mi sembra da compatire!

    SERGIO: Ma no, non hai capito. E' tutta una questione di filosofia di vita... e di generazioni. Quand'eravamo giovani noi, qualsiasi persona dieci anni più vecchia la consideravamo un maestro. Ma maestro di che? Hai solo avuto la fortuna di campare qualche anno in più per farti i tuoi porci comodi... E invece di fare tanto il gradasso dovresti scusarti.

    UGO: Scusarti di che? Sergio, francamente non ti seguo...

    SERGIO: Eh, quando procedi su certi binari fai fatica poi a cogliere certe direzioni... più scomode se vuoi... Però se ci rifletti ti rendi conto che siamo come dei topi in gabbia.

    UGO: Oddio, non mi sembra di vivere in una gabbia...

    SERGIO: Ci penso spesso ai nostri vecchi tempi... Tu no?

    UGO : Di rado.

    SERGIO (torna a sedere): La nostra mitica III B, o IV B o V B... perché sempre B eravamo...

    UGO: Era destino. Ma poi... se invece che B eravamo A o C... cambiava qualcosa? Una lettera vale l'altra.

    SERGIO: Niente è mai per caso. Secondo me... chi stava sopra, a dirigere la banda... Presidi e professori, intendo, un criterio l'avranno seguito per piazzarci in una classe piuttosto che in un'altra. Io mi prendo questo, io voglio quest'altro... E' ovvio.

    UGO: Boh. Chi lo sa? Ho a malapena il tempo per capire quello che mi gira intorno, figuriamoci roba di trenta quarantanni fa...

    SERGIO: Così con i tuoi vecchi compagni del liceo hai chiuso.

    UGO: Non ho detto questo.

    SERGIO: Ma non ci vuoi pensare...

    UGO: Ci penso, a volte...

    SERGIO: ...ma senza entusiasmo.

    UGO: Un conto sono i ricordi, un conto le persone in carne ed ossa. Preferisco vivere nel presente... Guardare in faccia le persone, piuttosto che farmi condizionare dai ricordi o dai sentito dire."

    SERGIO: E così dopo tanti anni puoi guardarmi in faccia... e dirmi quanto ti stavo sulle palle. (sghignazzando)

    UGO: Se mi stavi antipatico... ti pare che ti avrei invitato? (prende il vassoio con i biscotti accanto a Sergio e va al cucinotto fuori scena)

    SERGIO: Veramente sono io che mi sono... auto-invitato. Ma lasciamo perdere... Non li hai neppure assaggiati i tuoi biscottini...

    UGO: Neanche tu.

    SERGIO: I dolci mi fanno schifo. Non lo sapevi?

    UGO (fuori scena): No.

    SERGIO: Tu invece? Hai paura di ingrassare?

    UGO (rientra e si mette a sedere): Ho il colesterolo un po' alto. E quindi meglio evitare grassi, dolci e robe del genere.

    SERGIO: Bravo, ti controlli... come hai sempre fatto.

    UGO : Tu invece... digerivi anche i sassi. Me lo ricordo che piatti di salamelle ti facevi.

    SERGIO: Ho uno stomaco come il tuo... Solo che non mi tiro mai indietro.

    UGO: Infatti in classe ti chiamavano Bulldog.

    SERGIO: C’è chi mi chiamava semplicemente Bull... o Bullo. Solo perché dicevo e facevo quello che voi non avevate il coraggio di dire e fare.

    UGO: E chi ti chiamava bullo?

    SERGIO: Quella sagoma di Morelli, tanto per fare un nome.

    UGO: Morelli?

    SERGIO: Non dirmi che non te lo ricordi. Con quello sguardo allucinato e i capelli rasati da carcerato...

    UGO: Aspetta... fammici pensare...

    SERGIO: Su dai! Veniva sempre accompagnato da sua madre.

    UGO: Doveva essere legato molto a lei…

    SERGIO: Oh, sì, come con un cappio al collo!

    UGO: Ah, sì. Morelli Ottavio! Me lo ricordo perfettamente. E' come se ce l'avessi sotto gli occhi. Pure sua madre, eh, eh.

    SERGIO: Allora dovrei dire che hai doti paranormali.

    UGO: Perché?

    SERGIO: E' morto.

    UGO (stupito): Veramente?

    SERGIO: Vedi che succede a non voler fare i conti con il passato? Passi anni ad arrovellarti l'anima con uno che ti tormentava... per fargliela pagare... e scopri che è schiattato...

    UGO: Fossero tutti morti i rompiscatole...

    SERGIO: Se sono vivi, te ne puoi sempre sbarazzare...

    UGO: Morelli... ti tormentava?

    SERGIO: No. Quello semmai era una vittima. Come me.

    UGO: Io di certo non mi faccio i problemi che ti fai tu. Se poi parliamo del passato... a maggior ragione. No, preferisco lasciar perdere... Mi creano già abbastanza problemi le persone che vedo tutti i giorni.

    SERGIO: Sì. Però le persone vive e vegete le puoi mandare anche al diavolo. Ma i fantasmi... eh, i fantasmi, no... Quelli al diavolo ci sono già... e se non stai bene attento ti fottono.

    UGO (sconcertato): Fantasmi... ma che stai dicendo? Ci credi ai fantasmi tu?

    SERGIO: Non mi riferisco solo ai defunti, sai? Ma anche a certi nostri ricordi, a idee che ci stanno sempre addosso... e non ti danno tregua. E non c'è ragionamento che tenga a toglierteli dalla testa. Quelli se ne fregano della logica, delle buone maniere...

    UGO: Scusa, non abbiamo niente di più divertente da dirci?

    SERGIO: Era una metafora...

    UGO: Bella metafora.

    SERGIO: Sbaglio o hai... la coda di paglia?

    UGO: Macché. Io non ce l'ho proprio con nessuno. Non mi ero fatto dei grandi amici, è vero, ma sono sempre riuscito ad andare d'accordo con tutti... bene o male. Eppoi, a dir la verità, dopo l'università nessuno dei nostri mi ha più contattato...

    SERGIO: Se aspetti che ti chiamino loro...

    UGO: Non me ne è capitata l'occasione.

    SERGIO: Ma per favore...

    UGO: Non ne ho sentito il bisogno.

    SERGIO: Ecco, almeno sei sincero. Orso eri e orso sei rimasto.

    UGO: Tu invece sei sempre stato portato per le pubbliche relazioni! Ti piace parlare di te, delle tue imprese… Eh, quante ce ne raccontavi!

    SERGIO: Mi piace stare con la gente... anche stronza... ma non troppo. Confondermi, insomma.

    UGO: Con quelli peggio di te?

    SERGIO: Peggio, meglio... dipende dai punti di vista. Annullarmi... nella melma, ecco, è questa l'espressione giusta. Così certi difetti passano inosservati. Meglio sembrare mediocri che farabutti, non trovi?

    UGO: Per non immischiarsi basta starsene a casa propria.

    SERGIO: Magari chiusi dentro a chiave, con le serrande abbassate. Te le ho viste da fuori, sai?

    UGO: Ma che c'entra... E' solo per non fare entrare troppa luce...

    SERGIO: ...e magari evitare dei rompiscatole.

    Sergio si siede, prende il suo cellulare e si mette a scriverci come per andare messaggi .

    UGO: Senti, e com'è morto Morelli?

    SERGIO (distratto dal cellulare): Dicevi?

    UGO: Ho chiesto: come è morto Morelli.

    SERGIO: Morelli.. Ah, sì, Morelli. Be' maluccio, direi.

    UGO: Che vuol dire... maluccio?

    SERGIO: S'è gettato da un ottavo piano.

    UGO: Cosa?

    SERGIO: Era andato in crisi dopo la morte della madre.

    UGO: Non ci posso credere! Ma se era sempre così allegro, con le sue battute...

    SERGIO: Certe persone ti sembra di conoscerle, finché non ti si rivelano come l'esatto opposto.

    UGO: Anche tu hai la battuta pronta, e mai e poi mai potrei immaginarti...

    SERGIO: ...sull'orlo di un baratro?

    UGO: Ma no, non intendevo questo!

    Sergio se ne sta stravaccato sulla sedie guardando in giro. Ugo seduto guarda il pc e poi, spazientito, fissa Sergio che gli fa perdere tempo.

    UGO: Non per essere scortese, ma... io mi devo organizzare. Quanto pensi di fermarti ancora?

    SERGIO: Non lo so.

    UGO: Come… non lo so.

    SERGIO: Ho un appuntamento con una signora che ancora non mi ha fatto sapere... Sai, le belle donne si fanno sempre desiderare…

    UGO: Non per farti fretta, scusa, ma pure io ho i miei impegni...

    SERGIO: Scherzavo! Quando non ne puoi più tolgo il disturbo, va bene?

    UGO : Non volevo dire questo...

    SERGIO: Ma lo pensavi... Eh, lo so, sono sempre stato un rompiballe. E col tempo non si migliora...

    UGO: Ma che c'entra... Tra compagni un po' ci si divertiva, e un po' ci si...

    SERGIO: ...scazzava. In effetti io e te non è che andavamo troppo d'accordo... abbiamo pure litigato... te lo ricordi?

    UGO: No. Cioè.... Può essere... da ragazzi... Comunque da adulti è diverso. Si ragiona di più, si è più diplomatici.

    SERGIO: Quindi mi consideri un amico.

    UGO: Perché no?

    SERGIO: Mah, è come se ti avesse visitato la guardia di Finanza...

    UGO: E' che sono così incasinato in questo periodo...

    SERGIO: Sono venuto nel momento sbagliato.

    UGO: Eh, in effetti... Scusa, volevo dire... E' che davvero non mi aspettavo proprio di rivederti.

    SERGIO (cammina intorno a Ugo): Già, dopo tanto tempo... In effetti dovrei essere io a scusarmi. Capito qui come se niente fosse... a sconvolgere i tuoi piani…

    UGO: Se è per questo ci ho rinunciato a rispettare la mia agenda.

    SERGIO: Ah, pure io... D'altra parte quando arrivi a una certa età, devi pur darti delle priorità. E capisci che il lavoro, la carriera non sono poi così importanti... Prima di tutto devi fare i conti con te stesso...

    UGO: Come no...

    SERGIO. …e con i tuoi vecchi amici.

    Ugo sulla difensiva, rimane in silenzio.

    SERGIO: Ti vedo preoccupato.

    UGO: Parli di... conti in sospeso.

    SERGIO: Non mi piace prendere in giro la gente. E neppure essere preso in giro.

    UGO: Se è per questo neanche a me... Ma chi ti ha preso in giro?

    SERGIO: Hai presente quei film di cowboy degli anni '60? Quando entra nel saloon il pistolero giustiziere e fa fuori tutti... (sghignazzando) Quanto mi piacciono… A te no?

    UGO: Per niente. Io preferisco altri generi di film.

    SERGIO: Ah, certo, immagino...

    UGO: Dove mi hai detto che abiti?

    SERGIO (torna a sedere): A Verona. Mi sono trasferito là.

    UGO: Mi fai quasi sentire in colpa.

    SERGIO: Per cosa?

    UGO: "Dovevo farmi vivo io... Ma sarà una vita che non mi muovo... Al massimo arrivo con il mio cane a

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1