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Zodiaco di sangue
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E-book124 pagine1 ora

Zodiaco di sangue

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Storico - romanzo breve (85 pagine) - Ducato di Mantova, 1494. L’astrologo personale di Francesco II Gonzaga viene ucciso. Al vicario del Podestà il difficile compito di scoprire l’assassino districandosi fra poteri secolari e temporali


Mentre i Francesi di Carlo VIII terrorizzano la Toscana e minacciano lo Stato Pontificio, a Mantova il cadavere di Rodolfo Guicciardi, astrologo personale di Francesco II Gonzaga, viene rinvenuto nei pressi di Castel San Giorgio. Il vicario del Podestà Iacopo Maglio viene incaricato delle indagini e questo lo costringe ad addentrarsi fra le rivalità di corte, l’intolleranza religiosa e le precarie alleanze che i Signori di Mantova intessono per mantenere la prosperità, rimestando nel fango di un’epoca travagliata e sotto la minaccia costante della guerra e del tradimento.


Umberto Maggesi è nato a Bologna l’11 novembre 1970. Vive a Milano dove lavora come chimico analista. Insegna e pratica Qwan Ki Do – arte marziale sino vietnamita. Ha pubblicato vari romanzi con case editrici quali Stampa Alternativa, Delos Books, Ugo Mursia, Delos Digital. Ha pubblicato vari racconti in riviste di settore come Tam Tam, Inchiostro, Writers Magazine, e in appendice al Giallo Mondadori.

LinguaItaliano
Data di uscita23 mag 2023
ISBN9788825424751
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    Anteprima del libro

    Zodiaco di sangue - Umberto Maggesi

    1

    I primi raggi del sole accarezzarono i merli delle torri, strisciarono verso il basso asciugando l’umidità della notte. Poco alla volta i camminamenti di ronda si rivelarono alla luce dell’alba, mostrando i soldati pronti a segnalare eventuali nemici. L’umidità asciugava fumando dalle pareti del castello, dalle feritoie e dalle finestre che, poco alla volta, venivano accolte dal giorno. Il castello pareva compiaciuto di quel sole che scacciava la nebbia da quelle terre, pronto a vegliare come faceva da un secolo sul popolo del marchesato.

    Severino aggiustò la traiettoria del carretto sulla stretta viuzza. Aveva appena passato Piazza Santa Barbara, ma doveva girare intorno alle mura del castello. L’ingresso principale non era per sguatteri e garzoni.

    – Non li cozzare, che se ammacchi una pagnotta ti faccio frustare dalla guardia del marchese. Consegnali a messere Guido, non ad altri! Se se li mangiano ci vado a mezzo io!

    Le parole di Egidio scricchiolavano nella sua testa a ogni giro di ruota e a ogni sasso che metteva in pericolo il pane destinato all’illustrissima Marchesa e a tutta la corte di Mantova.

    – Non è mestiere per un idiota come te, ma tant’è… se voglio restar vivo meglio che non mi mostri alli bizzi del vento.

    Passò vicino alle mura facendo attenzione ai ciottoli e alle irregolarità del vicolo Ducale. Le mura erano possenti e solide. Severino si sentiva al sicuro in uno degli stati più prosperi del territorio. Il signor marchese era un grande guerriero che aveva a cuore la sua gente e garantiva uno degli eserciti più efficienti del mondo.

    – I Milanesi e i Franzési devono stare all’erta col Signor Marchese – sentenziava Egidio. – Soldato di famiglia di soldati, che han difeso il marchesato da tutti. Il miglior cavaliere d’Italia!

    Severino ci capiva poco di politica, gli bastavano la pancia piena e i sorrisi di Benedetta. Almeno per il momento, che già aveva un’idea precisa di dove avrebbe voluto condurre la figlia di Vito Saccomodo e su quali faccende impegnarla.

    Improvvisamente il carretto ebbe un sussulto, s’inclinò e metà dei pani cadde a terra, rotolando lungo l’inclinazione della strada. Il ragazzo già vide la frusta che calava su di lui, si guardò intorno per notare se un testimone avrebbe potuto smascherare la sua idiozia e poi volse gli occhi ai merli. I soldati fissavano l’orizzonte, non certo i vicoli sotto le mura. Rincuorato il garzone del panettiere portò la sua ira verso il sasso che l’aveva…

    Un braccio. La ruota aveva incontrato un braccio vestito di velluto!

    Attaccato al braccio un vecchio dai capelli bianchi con i vestiti inzuppati di sangue. Un cadavere dalla faccia sfigurata e il tronco violato da un lungo squarcio. Gli occhi aperti, che fissavano un cielo insolitamente terso per quella fine di autunno. Non era la prima volta che vedeva un cadavere, ma gli altri non avevano le viscere oscenamente esposte come quelle dei maiali sventrati dai macellai.

    Severino mollò il carretto e tentò di urlare, invece vomitò la colazione sui pani e sulle pietre.

    2

    I colpi alla porta lo fecero trasalire e versare un po’ di zuppa. Iacopo Maglio sospirò fissando fuori dalla finestra il sole che stava salendo. I colpi ripresero vigorosi. Il volto della sua amata Eleonora era accigliato, mentre gli occhi fissavano l’uscio. Quel bussare violento anticipava un grattacapo non da poco. Andò ad aprire in camiciola da notte e berretta, trovando davanti all’uscio un soldato dal volto famigliare.

    – Signò dovete venire subito, hanno acciso!

    Era Gaspare, un soldato proveniente dal Regno, arruolato nel contingente dei Gonzaga.

    – Chi hanno ammazzato, Gaspare?

    – E io che ne sacc? Il siòr Podestà mi ha detto di pigliàrla e portarla sul… dove hanno acciso.

    – E dove?

    – Abbàscio dalle mura, in vicolo Ducale.

    Il Vicario annuì e indossò i vestiti stazzonati del giorno prima, poi si mise dietro al soldato senza aggiungere una parola. Notò la sua amata annuire d’approvazione.

    Il vicolo, sotto le mura est della città, era intasato da curiosi tenuti a bada dalla guardia nei colori oro e nero dei Gonzaga.

    – Largo, gentemmerda! Largo al vicario del podestà!

    Gaspare distribuì generosi calci nei fondoschiena dei più lenti.

    I popolani si aprirono mostrando il corpo riverso a terra, supino con le braccia spalancate. Un profondo taglio correva dall’addome all’altezza del cuore. Il viso era sfigurato da un secondo taglio, ma non nascondeva l’identità della vittima: Rodolfo Guicciardi, astrologo del marchese Francesco II Gonzaga.

    Il vicario del podestà ringraziò Gaspare con un cenno del capo e si chinò sul cadavere. Lo squarcio partiva dalla mandibola destra, attraversava la bocca e finiva sul naso troncato a metà. Gli occhi scuri fissavano il cielo. Le dita mostravano segni chiari dove c’erano stati gli anelli, la cintura della borsa era stata tagliata, perfino la fibbia mancava.

    – Chi è il colpevole, Vicario?

    Paolo Sacco ghignava dall’alto della sua statura. Il capitano della guarnigione si sarebbe potuto riconoscere dall’odore nauseabondo che lo circondava. Si diceva che le puttane volessero il doppio per stare con lui e Iacopo poteva comprenderlo benissimo.

    – Voi mi onorate – rispose senza alzare lo sguardo. Le unghie della vittima erano pulite e i vestiti, a parte lo squarcio, in discreto ordine. – Tuttavia non sono così bravo. Avrò bisogno di più tempo e di una stanza all’interno del castello.

    Il corpo era rigido. Le dita non spezzate dimostravano che gli anelli erano stati sottratti subito dopo la morte.

    – Un ladro! E che c’è da scoprire? Un ladro che l’ha fatta franca. Forse sarà tanto stupido da vendere i gioielli nel marchesato!

    – Capitano, voi siete un gran segugio – aggiunse il Vicario alzandosi.

    – Ne ho impiccati di ladri, l’odore poi rimane nelle narici.

    Il vicario Maglio strinse le mascelle per evitare di dare voce ai pensieri che si affannavano a liberarsi dalla sua mente. Meglio tenere buoni rapporti con quell’individuo.

    – Gaspare! Leopoldo! Lorenzo! Aiutate il Vicario a portare dentro il morto! – sbraitò Sacco. Poi tornò a rivolgersi al Vicario. – Il signor Podestà ha detto di raggiungerlo al Palazzo, quando avrete finito.

    – Certamente. Grazie capitano… ehm, la moglie è già stata avvertita?

    – Non da noi, ma le voci corrono veloci.

    – Gaspare, rintracciala tu e informala di quanto successo e che andrò a trovarla. Per il momento è meglio che non veda il marito. Fatti descrivere i gioielli che indossava. Il nostro buon capitano ci ha dato un ottimo consiglio, parla con i ricettatori.

    – Sigrnorsì signò.

    Dall’ispezione sul cadavere non emerse nulla, oltre l’evidente causa della morte. I tagli erano precisi, persino le ossa del cranio erano state tagliate di netto. Probabilmente una spada. Certamente da qualcuno che la sapeva usare.

    Ansioso di allontanarsi dall’odore delle interiora, incaricò il cerusico di conservare la salma in un luogo sicuro.

    – Ho bisogno di parlare con i vostri uomini e con chi ha trovato il cadavere, è ancora qui?

    Paolo Secco gli rivolse uno dei suoi sorrisi ostentati e, poco velatamente, ostili.

    – Ma certo, Vicario. Il ragazzo che ha trovato il cadavere è nelle cucine, non credo che abbia fretta di andare dal suo padrone. Dirò agli uomini di dedicarvi il tempo di cui avete bisogno.

    – Grazie, capitano… A proposito, voi dove eravate ieri sera?

    L’altro lo fissò mantenendo il sorriso, mentre gli occhi si facevano freddi e sottili.

    – Ero di libera uscita. Ho cenato alla taverna dei fratelli Comenici e poi diritto al bordello di madama Dusserti. – Allargò il sorriso mostrando denti neri e consunti. – Ho bevuto un pochino e non ricordo le baldracche con cui sono stato,

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