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Le notti bianche
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E-book73 pagine1 ora

Le notti bianche

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Le notti bianche è un racconto giovanile di Fëdor Dostoevskij, scritto fra il settembre e il novembre 1848 ed edito nello stesso anno.

Ambientato in una Pietroburgo cupa e romantica, il protagonista del racconto è un giovane sognatore la cui storia si dipana lungo quattro notti. Egli vive in totale solitudine, separato dalla realtà e dalla società, incapace di stringere amicizie; uno stato di allucinazione costante gli consente di sopravvivere ad un’esistenza che, così com’è, appare piuttosto insopportabile e priva di senso.
LinguaItaliano
Editoresofia
Data di uscita3 giu 2023
ISBN9791222414034
Le notti bianche

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    Anteprima del libro

    Le notti bianche - Fëdor Dostoevskij

    Prima notte

    È stata una notte meravigliosa, una notte come quella che è possibile solo quando siamo giovani, caro lettore. Il cielo era così stellato, così luminoso che, a guardarlo, non si poteva fare a meno di chiedersi se persone capricciose e di cattivo umore potessero vivere sotto un cielo simile. Anche questa è una domanda giovanile, caro lettore, molto giovanile, ma che il Signore te la metta più spesso nel cuore! Parlando di persone capricciose e di cattivo umore, non posso fare a meno di ricordare il mio morale per tutto quel giorno. Fin dal primo mattino fui oppresso da uno strano sconforto. Improvvisamente mi sembrava di essere solo, che tutti mi stessero abbandonando e si allontanassero da me. Naturalmente, chiunque ha il diritto di chiedere chi fossero tutti. Perché, sebbene vivessi da quasi otto anni a Pietroburgo, non avevo quasi nessun conoscente. Ma cosa volevo dai conoscenti? Conoscevo tutta Pietroburgo così com’era; ecco perché mi sentivo come se mi stessero abbandonando tutti quando tutta Pietroburgo fece i bagagli e se ne andò nella sua villa estiva. Avevo paura di essere lasciato solo, e per tre giorni interi vagai per la città in profondo sconforto, non sapendo cosa fare di me stesso. Sia che camminassi nel Nevsky, andassi ai Giardini o gironzolassi sull’argine, non c’era un volto di quelli che ero abituato a incontrare alla stessa ora e luogo tutto l’anno. Loro, ovviamente, non mi conoscono, ma io conosco loro. Li conosco intimamente, ho quasi studiato i loro volti, e mi rallegro quando sono allegri, e abbattuto quando sono adombrati. Ho quasi stretto un’amicizia con un vecchio che incontro ogni giorno benedetto, alla stessa ora a Fontanka. Volto pensieroso; sussurra sempre a se stesso e brandisce il braccio sinistro, mentre nella mano destra tiene un lungo bastone nodoso con una manopola d’oro. Mi nota persino e si interessa vivamente di me. Se mi capita di non trovarmi a una certa ora nello stesso punto di Fontanka, sono certo che si sentirà deluso. È così che quasi ci inchiniamo l’un l’altro, specialmente quando siamo entrambi di buon umore. L’altro giorno, quando non ci vedevamo da due giorni e ci incontravamo il terzo, ci stavamo effettivamente toccando i cappelli, ma, rendendoci conto in tempo, abbiamo abbassato le mani e ci siamo incrociati con uno sguardo interessato.

    Conosco anche le case. Mentre cammino sembrano correre avanti per le strade a guardarmi da ogni finestra, e quasi a dire: Buongiorno! Come va? Sto abbastanza bene, grazie a Dio, e devo avere un nuovo piano a maggio, oppure Come stai? Domani vengo ridecorata; oppure, Ero quasi bruciata e ho avuto una tale paura, e così via. Ho le mie preferite tra loro, alcune sono care amiche; una di loro intende essere curata da un architetto quest’estate. Andrò ogni giorno apposta per vedere che l’operazione non sia un fallimento. Dio non voglia! Ma non dimenticherò mai un incidente con una casetta molto carina di colore rosa chiaro. Era una casetta di mattoni così affascinante, mi guardava in modo così ospitale, e con così orgoglio ai suoi vicini sgraziati, che il mio cuore si rallegrava ogni volta che passavo davanti a essa. Improvvisamente la scorsa settimana ho camminato lungo la strada e quando ho guardato la mia amica ho sentito un lamento: Mi stanno dipingendo di giallo! I cattivi! I barbari! Non avevano risparmiato niente, né colonne, né cornici, e la mia povera piccola amica era gialla come un canarino. Mi ha quasi reso biliare. E fino ad oggi non ho avuto il coraggio di visitare la mia povera amica sfigurata, dipinta del colore del Celeste Impero.

    Quindi ora capisci, lettore, in che senso conosco tutta Pietroburgo.

    Ho già detto che ero preoccupato per tre giorni interi prima di indovinare la causa del mio disagio. Mi sentivo a disagio per strada - questo se n’era andato e quello se n’era andato, e che ne era stato dell’altro? - e a casa non mi sentivo nemmeno me stesso. Per due sere mi sono scervellato a pensare cosa ci fosse che non andava nel mio angolo; perché mi sentivo così a disagio. E perplesso scrutai le mie sudicie pareti verdi, il mio soffitto ricoperto da una ragnatela, la cui crescita Matrona ha incoraggiato con tanto successo. Ho esaminato tutti i miei mobili, esaminato ogni sedia, chiedendomi se il problema fosse lì (perché se una sedia non è nella stessa posizione in cui si trovava il giorno prima, non sono me stesso). Ho guardato la finestra, ma è stato tutto inutile… non me la sono cavata per niente! Pensai perfino di mandare a chiamare Matrona, e le stavo dando alcuni paterni ammonimenti riguardo alla tela del ragno e alla pigrizia in genere; ma lei si limitò a fissarmi stupita e se ne andò senza dire una parola, tanto che la ragnatela è comodamente appesa al suo posto ancora oggi. Solo stamattina mi sono finalmente reso conto di cosa ci fosse che non andava. Ehi! Ebbene, si dirigono verso le loro ville estive! Perdonate la banalità dell’espressione, ma non sono dell’umore adatto per un bel linguaggio... perché tutto quello che era stato a Pietroburgo era andato o stava andando via per le vacanze; poiché ogni rispettabile gentiluomo dall’aspetto dignitoso che prendeva un taxi si trasformava subito, ai miei occhi, in un rispettabile capofamiglia che, finite le sue faccende quotidiane, si dirigeva in seno alla sua famiglia, alla villa estiva; poiché tutti i passanti avevano ormai un’aria alquanto singolare che sembrava dire a

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