Manuale dei cibi fermentati
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Uno dei vantaggi della fermentazione è di garantire un lungo periodo di conservazione agli alimenti. Il manuale tratta i vari tipi di fermentazione, da quella lattica a quella alcolica, acetica e propionica per deliziare il palato con le più diverse preparazioni.
Tutti gli alimenti si prestano ad essere fermentati, quindi nel libro troverete ricette di base e tante altre "idee fermentate" a partire dalle antiche tradizioni culinarie etniche.
I prodotti fermentati sono nati dall'esigenza di conservare verdura, frutta, latte e gli alimenti in generale. Quindi con la diffusione del frigorifero sembrerebbero del tutto superati e inutili se non fosse per i numerosi vantaggi che continuano ad apportare dal punto di vista nutrizionale e per la salute. Le verdure e lo yogurt fermentati aiutano a ripristinare l'equilibrio della flora batterica intestinale, inoltre sono più digeribili e a volte capaci di migliorare la digestione degli alimenti che li accompagnano.
Michela Trevisan, nutrizionista, introduce al mondo della fermentazione attraverso la sua esperienza di biologa. Le numerose ricette proposte in Manuale dei cibi fermentati provenienti dalle diverse tradizioni gastronomiche costituiscono una delizia per il palato.
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Anteprima del libro
Manuale dei cibi fermentati - Michela Trevisan
Presentazione di Roberto
più crescono le mie piantine, più decresce il PIL
vado giù nell’orto quando i primi raggi del sole ancora sfiorano le cime della siepe
più tardi farà troppo caldo per stare lì a zappettare, scippare
erbacce, rincalzare
le piantine, scavare i solchi
le zucchine sono turgide, le lattughe croccanti e rugiadose: è il momento buono per
raccoglierle, quando ancora conservano l’umidità della notte
sale il sole, scende il sudore
è l’ora di fare i lavori tra gli alberi: là, almeno, c’è un po’ d’ombra
prima, raccolgo ancora qualcosa per casa, quello che mangerò tra qualche ora, vivo
dopo la siesta è l’ora di deporre nei solchi scaldati dal sole i semi che erano stati tenuti
in umido per uno o due giorni e ricoprirli subito
ancora lavori da fare mentre i raggi del sole diventano via via più obliqui: è tempo
di mettere a dimora le piantine, che passino le prime ore di vita sul campo al fresco
della notte, domani le loro radicuzze avranno già fatto un pezzetto di strada –
magari, se c’è troppo caldo, per qualche giorno le ombreggio con un po’ d’erba secca
o fresca appena strappata
poi arriva l’ora di fare arrivare l’acqua alle piantine, e, se necessario, raccogliere
ancora qualcosa per cena, o per Michela, che le metterà a fermentare
è un rito che si rinnova ogni giorno da anni, che segue il ritmo delle stagioni
aspettare la pioggia dal cielo per mesi, quando tutto è riarso
aspettare che il sole venga infine ad asciugare la terra inzuppata da settimane di
umido e pioggia per il piacere delle lumache
e sono passati gli anni ed ogni giorno il piacere di un cibo che viene dalle mie mani
coccolato e cullato giorno dopo giorno da uno sguardo attento e da una carezza
cibo per me, per mia madre, per i miei figli, per i miei cangianti ospiti, qualcosa
per qualche amico che viene a trovarmi, magari a zappare con me o a raccogliere
sua moglie, sennò, va al supermercato, acquista vassoi di polistirolo, avvolti in fogli
di cellophane (o cos’è) con dentro merce che viene da chissà dove, coltivata chissà
come, maneggiata da chissà quanta gente, o macchine, forzando la natura per avere
prodotti (? merce!) fuori stagione
e la gente, in città, non sa più qual è la stagione, se non per le vacanze, non sa che
il pomodoro vuole tanto sole per maturare e lo acquista a Natale
il caldo chi gliel’ha dato al pomodoro? Quale stufa, alimentata da quale combustibile,
costato magari chissà quale guerra, trasportato da chissà quale nave, che forse,
a volte s’incaglia su una scogliera e rovescia in mare qualche centinaio o migliaio di
tonnellate di carburante – ma sempre, comunque, viene periodicamente, e allegramente,
ripulito tutto in mare aperto (magari neanche poi tanto, aperto…)
tutto questo, il polistirolo, il cellophane, il combustibile, persino le guerre e le navi
incagliate con conseguente disastro ambientale, generano PIL
la nave va a fondo? I salvataggi, la pulizia delle coste, le assicurazioni, tutto diventa
giri di soldi, fatture, incremento del PIL.
e le guerre? Per l’oppio o per il petrolio? Ah, già! E per le armi, gli aerei, le divise
spaziali per i soldati, persino le bare, tutto fa crescere il PIL
e i governanti possono dire soddisfatti: Il prodotto interno lordo è cresciuto del 2,6%
più morti, più armi, più inquinamento uguale più PIL
crescita
e possiamo andare a dormire rassicurati, dopo aver bevuto un bel bicchiere d’acqua
ah, già, anche l’acqua! Anche per l’acqua si fanno le guerre e comunque la si imbottiglia,
trasporta su e giù per il Bel paese, e non solo! Una nota marca d’acqua
(marca? d’acqua?) francese va forte a New York, ci si va a fare un bicchiere d’acqua,
più cara del vino, tra gli yuppies (esistono ancora?)
poi, tutte queste belle bottiglie, stillate grondanti purezza dalle sorgenti alpine,
vanno a finire sul ciglio delle strade o a galleggiare sul mare o sui laghi o, magari,
nella pancia di qualche balena (le darà qualche problemino?)
c’è un’ isola gigantesca di monnezza che naviga beata nei mari dell’Antartide
c’è una fossa nello stretto di Messina interamente riempita di sacchetti di plastica
ci vivranno ancora i pesci? I coralli? Le alghe, i polpi, i granchi, le stelle marine, le
anemoni e tutte le altre migliaia e migliaia di specie animali e vegetali che l’abitavano
ancora 50, 40, anche 30 anni fa?
che importa! Ogni sacchetto di plastica varrà due centesimi? Un milione di sacchetti?
Bene, il PIL è cresciuto di 20.000 euro!
è poco, perdinci! Facciamo altri sacchetti ed una bella centrale che li bruci (inceneritore
si chiama)
quella sì che fa crescere il PIL!
quanto costerà? 10 milioni di euro? Bene! Facciamone 4, facciamone 50, facciamo
il ponte: sei miliardi di euro, o quanto? boh!?
non sono cifre per noi ortolani per passione o per professione
noi il PIL lo facciamo decrescere, siamo dei sabotatori della felicità nazionale
porto a mia mamma la cassetta con gli ortaggi appena raccolti, lei mi dà quella precedente
con dentro le bucce e i gambi per il mio compost
niente scontrini, niente imballaggi, niente trasporti, niente monnezza, zero PIL
siamo infelicissimi!
anche la mia amica Valeria che viene una volta la settimana a darmi una mano
nell’orto e porta via i suoi ortaggi è veramente desolata di non dare il suo contributo
alla crescita del PIL nazionale, non riesce a dormire bene a causa di ciò
anche le amiche del gruppo di acquisto solidale di Augusta che vengono a raccogliere
la loro spesa e a volte a trapiantare le piantine si sentono in colpa nei confronti della nazione
d’altronde ne hanno ben donde, poiché si scambiano servizi e favori e non monetarizzano nulla
tutto senza scontrini, fatture, soldi circolanti, commercialista
maledetti sabotatori della felicità nazionale!
e quegli altri quattro pazzi, poi, quelli della hiscola aeconomia solidaria? ma lo sai
che cosa si sono messi in testa? stanno aprendo una scuola alle porte di un quartiere
marginale di Catania, un po’ Bronx, in una grande casa incompleta di una di
loro, con tanta terra a disposizione e acqua
e che vogliono fare? invitano i bambini e gli abitanti del quartiere a venire a imparare,
insegnare, scambiare, a donare e invitano tutti quelli che hanno una bella
esperienza di lavoro sulle spalle, che sia orto, che sia fotografia, che sia edilizia, a
offrire il proprio tempo di docenti, ma perché no, anche di discenti, c’è sempre da
imparare, no?
in cambio di cosa?
quello che gli altri vorranno e potranno offrire, beni, servizi, nulla, consapevoli, resi
consapevoli dei bisogni dell’altro e della necessità di cambiare rotta per salvarsi
una scuola senza denaro
mah! sono pazzi questi!
ed io sono proprio costernato!
e non so proprio che dire!
mentre ci rifletto un po’ su, vado a raccogliere una lattughina, qualche foglia di
rucola, un paio di peperoni e pomodori, un paio di foglie di menta ed un limone,
che m’è venuta fame e mi faccio un’insalata, vah!
Roberto Li Calzi, orticoltore in Sicilia, coltivatore di arance biologiche, fondatore di siqillyàh e del consorzio siciliano legallinefelici; come se non bastasse tessitore di eticheretiche
www.siqillyàh.it
www.legallinefelici.it
Prefazione
L’uomo, fin dalla preistoria, si è dovuto rapportare alle forze della natura
, convivendoci, e la sfida per la sopravvivenza lo ha sempre spinto a trovare un equilibrio con tali forze, per non lasciarsi sopraffare. Nel procacciarsi il cibo e diventando agricoltore l’uomo ha cercato di addomesticare la natura, sfruttandone sia gli aspetti utili che quelli apparentemente dannosi e pericolosi.
E così è successo anche per la conservazione dei cibi. Se gli alimenti vanno a male, diventando non commestibili a causa di batteri e muffe, la sfida per secoli è stata quella di sfruttare proprio quei batteri e quelle muffe, selezionandoli con vari artifici per trasformare le verdure, il latte (sotto forma di yogurt e formaggio), per far lievitare il pane, produrre bevande nutrienti e socializzanti quali la birra ed il vino.
Nell’ultimo secolo però ha preso il sopravvento una dilagante necessità di controllo sugli eventi naturali, la paura delle malattie e delle contaminazioni, con un progressivo