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Autismo e Comunicazione
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E-book63 pagine35 minuti

Autismo e Comunicazione

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Questo contributo trova il suo punto di partenza nell'analisi delle compromissioni funzionali della comunicazione nell'autismo. Nella prima parte, dopo un attento excursus degli studi sull'autismo, si evidenzia come la compromissione funzionale interessi la sintassi, la semantica e la pragmatica del linguaggio incidendo anche sulla qualità dell'interazione sociale e reciproca. Nella seconda parte, alla luce delle informazioni desunte dalla osservazione che, ai fini di una maggiore attendibilità, si è inteso condurre in forma strutturata ed esperenziale, si è illustrata la progettazione, l'utilizzo e l'efficacia didattica di un learning object che ha voluto, intenzionalmente, discostarsi dalla opinione diffusa che un prodotto multimediale debba essere abilitante a svolgere soltanto quella o quell'altra attività didattica al pari di altri studenti e si è, invece, concentrata sulla necessità che esso debba offrire la possibilità di svolgere delle attività insieme ad altri studenti, nell'ottica di una progettazione didattica avanzata per l'intera classe. L'approccio è quello denominato come Universal Design for Learning, un vero e proprio quadro di riferimento per le pratiche operative e didattiche inclusive per evitare la "segregazione attraverso la progettazione".
LinguaItaliano
Data di uscita16 ago 2023
ISBN9791221491876
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    Anteprima del libro

    Autismo e Comunicazione - Antonella Acciardi

    PARTE PRIMA

    1. Gli studi sull’autismo: dalla colpevolizzazione dei genitori all’approccio psico-educativo

    Sono trascorsi ottant’anni da quando Leo Kanner, uno psichiatra austriaco naturalizzato statunitense, in seguito all’osservazione di undici bambini (nove maschi e due femmine), dai due agli otto anni, descrisse specificit๠sociali e comunicative e parlò di autismo infantile precoce². Bisogna, però, rilevare che il termine autismo era stato già utilizzato nel 1908 da Bleuer, psichiatra svizzero che associò alla schizofrenia quel particolare isolamento dal mondo. Ad un anno di distanza da Kanner, un altro psichiatra austriaco, Hans Asperger, individuò, rispetto ad un determinato campione di bambini una particolare sintomatologia per alcuni aspetti simile a quella individuata da Kanner ma associata ad un alto funzionamento cognitivo e priva di alterazioni del linguaggio. I soggetti descritti da Asperger, infatti, differivano dai bambini descritti da Kanner per la presenza di un buon livello cognitivo, senza alterazioni del linguaggio, né in espressione né in comprensione. Il linguaggio risultava integro nella sua strutturazione fonologica e grammaticale, sintattica e semantica, ma presentava evidenti alterazioni nella funzione comunicativa interpersonale, ovvero nella sua dimensione pragmatica. A differenza dello studio di Asperger, lo studio di Kanner ebbe un impatto rilevante; infatti, venne pubblicato in lingua inglese e ciò ne favorì la diffusione a differenza degli scritti di Asperger che furono pubblicati in lingua tedesca. È ad entrambi, però, che deve essere ascritto il merito di aver fatto entrare nella cultura scientifica la nozione di autismo.

    Nel suo famoso articolo Disturbi autistici del contatto affettivo, Kanner descrive: la necessità costante e ossessiva di mantenere le routine e l’immutabilità dell’ambiente circostante; la forte preoccupazione per alcuni oggetti che i bambini erano capaci di manipolare anche con abilità; la mancanza del linguaggio o l’uso di alcune forme linguistiche senza intenzionalità comunicativa; un buon livello intellettivo; le difficoltà nelle relazioni. A questa descrizione, Kanner associa espressioni particolari come quelle che fanno riferimento all’essere ignari dell’ambiente circostante e all’agire come se si fosse ipnotizzati³. Il quadro descrittivo si completa con la determinazione secondo cui l’autismo poteva manifestarsi prima dei trenta mesi o era presente sin dalla nascita e con il resoconto del background socio-educativo dei genitori che mette in rilievo quanto essi fossero freddi e distaccati. Sono proprio queste ultime considerazioni sui genitori che daranno origine all’etichetta delle madri frigorifero coniata da Kanner e poi utilizzata da Bruno Bettelheim nel suo molto discusso La fortezza vuota. Bettelheim utilizza e sviluppa la nozione di madre frigorifero legandola ad un comportamento genitoriale emotivamente distaccato, privo di contatto fisico, difficoltà nel linguaggio e/o nel contatto oculare con il figlio. Lo studioso, dunque, ipotizza che l’autismo derivi da questo rapporto alterato del bambino con la madre da cui deve essere necessariamente staccato (parentectomia)⁴ per poter ricostruire una adeguata trama emozionale e relazionale. Questo approccio ebbe una vasta eco e contribuì alla colpevolizzazione di tantissimi genitori di bambini autistici di tutto il mondo e alla separazione di tanti bambini autistici dai propri genitori. Infatti, tanti bambini con disturbi emotivi della Orthogenic School di Chicago, diretta per molti

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