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Una Pugnalata nel Buio: Matthew Scudder, #4
Una Pugnalata nel Buio: Matthew Scudder, #4
Una Pugnalata nel Buio: Matthew Scudder, #4
E-book258 pagine3 ore

Una Pugnalata nel Buio: Matthew Scudder, #4

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Info su questo ebook

Nella sua quarta avventura, Matthew Scudder riapre un caso su cui aveva indagato anni prima, quando era  detective della polizia di New York. Louis Pinell, l'Assassino del Punteruolo, recentemente arrestato, ammette spontaneamente di aver ucciso sette giovani donne nove anni addietro, ma giura che è stato un imitatore a uccidere Barbara Ettinger. Scudder gli crede. Ma la pista che conduce al vero assassino della Ettinger è contorta, oscura e pericolosa... e ancora più fredda del cadavere che è deciso a vendicare.

 

L'indagine di Scudder porta nella sua vita una nuova donna, la scultrice Jan Keane, il cui loft a Tribeca si prospetta come un promettente rifugio.

 

Ma il suo alcolismo, ormai cronico, comincia a sembrare un problema...

***

Da alcune recensioni:

 

"Block sa come tessere una rete intricata. E quando le persone cercano di ingannare, cosa che accade abbastanza spesso nei suoi libri, si mettono in un mare di guai. Le trame di Block sono tese e i suoi dialoghi realistici senza troppi abbellimenti. I suoi personaggi sono uomini duri e parlano come ci si attende la loro". – Rocky Mountain News

 

"Estremamente ben scritto! Block è un abile chirurgo, sicuro e preciso". – New York Times

 

"Avvincente, con una conclusione sconcertante". – Publishers Weekly

 

"Block è estremamente abile, con un orecchio per i dialoghi, un occhio per i personaggi di bassa lega e un dono per la narrazione veloce e senza sforzo che regge il confronto con Elmore Leonard". – Los Angeles Times

 

"Quando Lawrence Block è in modalità Matt Scudder, la narrativa poliziesca può avvicinarsi tanto alla letteratura che spesso non c'è alcuna differenza". – Philadelphia Inquirer

LinguaItaliano
Data di uscita3 gen 2023
ISBN9798215848241
Una Pugnalata nel Buio: Matthew Scudder, #4
Autore

Lawrence Block

Lawrence Block is one of the most widely recognized names in the mystery genre. He has been named a Grand Master of the Mystery Writers of America and is a four-time winner of the prestigious Edgar and Shamus Awards, as well as a recipient of prizes in France, Germany, and Japan. He received the Diamond Dagger from the British Crime Writers' Association—only the third American to be given this award. He is a prolific author, having written more than fifty books and numerous short stories, and is a devoted New Yorker and an enthusiastic global traveler.

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    Anteprima del libro

    Una Pugnalata nel Buio - Lawrence Block

    Capitolo 1


    Non lo vidi avvicinarsi al mio tavolo. Ero all’Armstrong, seduto al mio solito posto, in fondo. La folla dell’ora di pranzo si era ormai ridotta e il rumore era calato. Alla radio vi era della musica classica e ora si riusciva ad ascoltarla senza fatica. Fuori la giornata era grigia, soffiava un vento fastidioso, e nell’aria vi era una promessa di pioggia.

    Era un giorno adatto per restarsene in un locale sulla Nona Avenue, a bere caffè corretto col bourbon e a leggere un articolo del Post su di un pazzo che aveva accoltellato dei passanti nella Prima Avenue.

    Mr. Scudder?

    Circa sessant’anni. Fronte alta, occhiali senza montatura e occhi azzurro chiaro. Capelli biondi brizzolati pettinati lisci sul cranio. Altezza circa 1,75, peso circa 80 chili. Carnagione chiara, rasato di fresco. Naso stretto. Bocca piccola con labbra sottili. Abito grigio, camicia bianca, cravatta a righe rosse, nere e oro. Valigetta in una mano e ombrello nell’altra.

    Posso sedermi?

    Feci un cenno verso la sedia di fronte a me. Lui vi sedette, estrasse un portafogli dalla tasca interna della giacca e mi porse un biglietto da visita. Aveva delle mani piccole e portava un anello massonico.

    Diedi un’occhiata al biglietto da visita e glielo resi. Mi spiace, dissi.

    Ma . . .

    Non voglio alcuna assicurazione, dissi. E voi non vorreste farmela: per voi sarei un rischio.

    Emise un suono che sarebbe potuto essere una risata nervosa. Dio santo, disse. Era logico che l’avreste pensato, no? Ma non sono qui per vendervi qualcosa. Non saprei neppure dire quando è stata l’ultima volta che ho stipulato un’assicurazione individuale. Il mio settore sono le polizze di gruppo per le aziende. Posò il biglietto tra di noi sulla tovaglietta a scacchi blu. Prego, disse.

    La carta da visita lo identificava come Charles F. London, agente generale della Mutual Life del New Hampshire. L’indirizzo indicato era 42 Pine Street, in centro, nel quartiere finanziario. C’erano due numeri di telefono, uno locale e l’altro col prefisso 914. Probabilmente della periferia nord. Forse la contea di Westchester.

    Avevo ancora in mano il biglietto quando Trina arrivò per prendere le ordinazioni. Lui chiese un Dewar con soda. Io avevo ancora mezza tazza di caffè. Quando la cameriera non fu più a portata d’orecchio disse: Mi siete stato raccomandato da Francis Fitzroy.

    Francis Fitzroy.

    Il detective Fitzroy. Tredicesimo Distretto.

    Ah, Frank, dissi. È un po’ che non lo vedo. Non sapevo neppure che ora fosse al Tredicesimo.

    L’ho visto ieri pomeriggio. Si tolse gli occhiali e pulì le lenti col tovagliolo. Come dicevo, mi ha raccomandato voi, e ho deciso di dormirci sopra. Non ci ho dormito molto. Stamattina avevo alcuni appuntamenti, e poi sono passato dal vostro albergo, e mi hanno detto che avrei potuto trovarvi qui.

    Aspettai.

    Sapete chi sono io, Mr. Scudder?

    No.

    Sono il padre di Barbara Ettinger.

    Barbara Ettinger. Non . . . aspetti un momento.

    Trina gli portò il suo drink e scivolò via senza parlare. Lui strinse il bicchiere ma non lo sollevò dal tavolo.

    Dissi: L’Assassino del Punteruolo. È per questo che ne ricordo il nome?

    Esatto.

    Dev’essere stato una decina d’anni fa.

    Nove.

    Lei era una delle vittime. A quel tempo io lavoravo a Brooklyn. Al 78esimo Distretto, Bergen e Flatbush. Barbara Ettinger. È stato uno dei nostri casi, vero?

    .

    Chiusi gli occhi, cercando di ricordare. Lei è stata una delle ultime vittime. Forse la quinta o la sesta.

    La sesta.

    Ve ne furono altre due dopo di lei, e poi l’Assassino smise. Barbara Ettinger. Era un’insegnante. No, qualcosa del genere. Una scuola materna. Lavorava in una scuola materna.

    Avete una buona memoria.

    Potrebbe essere migliore. Avevo seguito il caso abbastanza a lungo da poter stabilire che si trattava ancora dell’Assassino del Punteruolo. A quel punto lo girammo a chi aveva seguito quel caso fin dall’inizio. Credo fosse il Distretto di Midtown North. Infatti penso che Frank Fitzroy lavorasse a Midtown North a quel tempo.

    Esatto.

    Venni assalito da un’improvvisa ondata di ricordi. Rividi una cucina a Brooklyn, gli odori di cucina coperti dall’odore di una morte recente. Una giovane donna giaceva sul pavimento di linoleum, con i vestiti in disordine e un gran numero di ferite nel corpo. Non ricordavo per nulla il suo aspetto, solo che era morta.

    Finii il mio caffè, desiderando che fosse bourbon liscio. Sull’altro lato del tavolo Charles London stava assaggiando titubante il suo scotch. Osservai i simboli massonici sul suo anello d’oro e mi chiesi che cosa significassero, e che cosa volessero dire per lui.

    Dissi: "Aveva ucciso otto donne nel giro di un paio di mesi. Sempre con lo stesso modus operandi: le attaccava nelle loro case durante il giorno. Ferite multiple inferte utilizzando un punteruolo per il ghiaccio. Ha colpito otto volte e poi ha chiuso bottega".

    L’uomo non disse nulla.

    Poi, nove anni dopo, lo catturano. Quando è stato? Due settimane fa?

    Quasi tre settimane.

    Non avevo prestato troppa attenzione agli articoli apparsi sui giornali. Un paio di agenti di pattuglia sulla Upper West Side avevano fermato un tipo sospetto per strada, e dalla perquisizione avevano scoperto un punteruolo. Lo avevano portato alla stazione di polizia e avevano fatto un controllo sul suo conto. Era risultato essere in libertà dopo un lungo periodo trascorso al Manhattan State Hospital. Qualcuno gli aveva chiesto perché andasse in giro con un punteruolo, e come a volte capita, ebbero fortuna. Prima ancora di capire bene cosa stesse succedendo, il tizio aveva confessato un elenco di omicidi rimasti irrisolti.

    Hanno pubblicato la sua foto, dissi. Un tipo piccolo, vero? Non mi ricordo il nome.

    Louis Pinell.

    Lo guardai. Le sue mani erano posate sul tavolo, con le punte delle dita che si toccavano appena, e teneva lo sguardo fisso in basso. Dissi che doveva sentirsi molto sollevato per il fatto che quell’uomo fosse ora in prigione dopo tutti quegli anni.

    No, disse.

    La musica cessò. L’annunciatore alla radio pubblicizzava la vendita degli abbonamenti a una rivista pubblicata dalla Audubon Society. Rimasi seduto e attesi.

    Quasi vorrei che non lo avessero preso, spiegò Charles London.

    Perché?

    Perché non ha ucciso lui Barbara.

    Più tardi mi rilessi tutti e tre i giornali, e c’era qualcosa a proposito del fatto che Pinell aveva confessato sette uccisioni dell’Assassino del Punteruolo, sostenendo però di essere innocente dell’ottava. Se la prima volta avevo notato quella notizia, non ci avevo fatto caso. Chi può dire che cosa potesse ricordare un omicida psicotico nove anni dopo il fatto?

    Secondo London, l’alibi di Pinell non era sostenuto solo dai suoi ricordi. La sera prima che Barbara Ettinger fosse uccisa, Pinell era stato fermato dalla polizia in seguito alle lamentele di un barista di un caffè dalle parti della Ventesima. Era stato portato al Bellevue in osservazione, trattenuto per due giorni e poi rilasciato. I verbali della polizia e dell’ospedale indicavano chiaramente che lui si trovava in un reparto sotto chiave quando Barbara Ettinger era stata assassinata.

    Continuavo a dirmi che c’era uno sbaglio, disse London. Un impiegato può commettere un errore nel registrare una data di accettazione o di dimissione. Ma non c’erano errori. E Pinell è stato molto chiaro al riguardo. Era dispostissimo a prendersi la responsabilità degli altri omicidi. Ma era proprio arrabbiato all’idea che gli venisse attribuito un omicidio che non aveva commesso.

    Prese il bicchiere, ma lo posò di nuovo senza bere. Ho rinunciato anni fa, disse. Diedi per scontato che l’assassino di Barbara non sarebbe mai stato catturato. Quando la serie degli omicidi si arrestò così improvvisamente, supposi che l’assassino fosse morto oppure che si fosse trasferito altrove. La mia ipotesi era che avesse avuto un attimo di sconvolgente lucidità, che avesse capito quello che aveva fatto e che si fosse ucciso. Credere a questo mi rendeva le cose più facili e, da ciò che mi disse un agente di polizia, a volte succede. Arrivai al punto di pensare che Barbara fosse stata vittima di una forza della natura, come se fosse morta in un terremoto o in un’inondazione. La sua morte era impersonale e il suo assassino ignoto e inconoscibile. Capite cosa intendo dire?

    Credo di sì.

    Ora è tutto diverso. Barbara non era stata uccisa da una forza della natura. Era stata assassinata da qualcuno che ha cercato di far credere che la sua morte fosse opera dell’Assassino del Punteruolo. È stato un omicidio freddo e premeditato. Chiuse gli occhi per un istante e un muscolo si contrasse su un lato del suo volto. Per anni avevo pensato che fosse stata uccisa senza nessun motivo, ed era una cosa orribile. E ora capisco che è stata assassinata per qualche ragione, ed è anche peggio.

    Già.

    Mi sono recato dall’investigatore Fitzroy per sapere quello che la polizia avrebbe fatto. In realtà non sono andato direttamente da lui. Andavo in un posto e mi spedivano in un altro. Mi facevano girare a vuoto, senza dubbio sperando che a un certo punto mi scoraggiassi, e li lasciassi in pace. Alla fine arrivai dall’investigatore Fitzroy, e lui mi disse che non avrebbero fatto niente per trovare l’assassino di Barbara.

    Che cosa vi aspettavate che facessero?

    Che riaprissero il caso. Che iniziassero un’indagine. Fitzroy mi ha fatto capire che le mie attese non erano realistiche. Dapprima mi sono arrabbiato, ma lui è riuscito a calmarmi. Mi ha spiegato che il caso risaliva a nove anni prima. Non vi erano piste o sospetti a quel tempo, e certamente non ve ne sono ora. Anni fa rinunciarono a scoprire la verità su quegli otto omicidi, e il fatto che ora possano chiudere il dossier su sette di essi è stato solo un caso fortunato. Non mi sembrava molto preoccupato, lui e gli altri agenti con cui ho parlato, del fatto che un assassino se ne vada in giro liberamente. Mi pare di capire che ce ne devono essere molti di assassini che si aggirano indisturbati.

    Temo di sì.

    Ma io ho un interesse particolare per questo particolare assassino. Le sue piccole mani si erano strette a pugno. Lei deve essere stata uccisa da qualcuno che la conosceva. Qualcuno che è venuto al suo funerale, qualcuno che ha finto di piangerla. Dio mio, questo non riesco a sopportarlo!

    Per qualche minuto non dissi niente. Colsi lo sguardo di Trina e ordinai da bere. Stavolta della roba liscia. Avevo avuto abbastanza caffè per il momento. Quando me la portò me ne bevvi metà e sentii il suo calore diffondersi dentro di me, sciogliendo un po’ del gelo di quella giornata.

    Dissi: Che cosa volete da me?

    Voglio che scopriate chi ha ucciso mia figlia.

    Non ne fui sorpreso. Probabilmente è una cosa impossibile, dissi.

    Lo so.

    Se mai ci fosse stata una pista, nove anni dopo sarà ormai svanita. Che cosa posso fare io che non possa fare la polizia?

    "Potete fare un tentativo. Loro non possono o quanto meno non vogliono farlo, il che in pratica è la stessa cosa. Non sto dicendo che sbaglino a non riaprire il caso. Resta il fatto che io voglio che lo riaprano, e non posso fare niente al riguardo, mentre nel vostro caso, be’, io posso assumervi".

    Non proprio.

    Prego?

    Non potete assumermi, spiegai. Io non sono un investigatore privato.

    Fitzroy mi ha detto . . .

    Quelli hanno la licenza, proseguii. Io non ce l’ho. Compilano i moduli, scrivono i rapporti in tre copie, presentano le ricevute delle spese, presentano la denuncia all’ufficio delle imposte, fanno tutte queste cose . . . io invece no.

    E voi che cosa fate, Mr. Scudder?

    Scrollai le spalle. A volte faccio un favore a una persona, risposi, e a volte quella persona mi dà dei soldi in cambio del favore.

    Credo di aver capito.

    Davvero? Vuotai il mio bicchiere. Mi ricordai del cadavere in quella cucina di Brooklyn. La pelle bianca, le goccioline di sangue nero attorno alle ferite dei colpi. Volete assicurare un assassino alla giustizia, dissi. È meglio che vi rendiate conto subito che questo è impossibile. Anche se da qualche parte ci fosse un assassino, anche se ci fosse il modo di scoprire chi sia, non si troveranno più prove in giro, dopo tutti questi anni. Nessun punteruolo macchiato di sangue nella cassetta dei ferri di qualcuno. Potrei essere abbastanza fortunato da scoprire un indizio, ma non diventerebbe qualcosa da poter offrire a una giuria. Qualcuno ha ucciso vostra figlia e l’ha fatta franca, e questo vi brucia. Non sarebbe più frustrante se sapeste chi è stato e non poteste fare nulla al riguardo?

    Io voglio comunque sapere.

    Potreste anche venire a sapere cose che non vi piacerebbero. L’avete detto voi stesso . . . qualcuno l’ha uccisa per qualche ragione. Forse stareste meglio se non conosceste tale ragione.

    Questo è possibile.

    Ma volete correre questo rischio.

    .

    Be’, penso di poter tentare di parlare con qualcuno. Estrassi penna e taccuino dalla tasca, aprii il taccuino a una pagina bianca e tolsi il cappuccio dalla penna. Tanto vale che inizi da voi, dissi.

    • • • • •

    Parlammo per quasi un’ora e presi molti appunti. Ordinai un altro bourbon doppio e lo feci durare. Lui disse a Trina di portar via il suo drink e di volere una tazza di caffè. Lei gliela riempì due volte prima che avessimo finito.

    Abitava a Hastings-on-Hudson nella contea di Westchester. Vi si erano trasferiti dalla città quando Barbara aveva cinque anni e la sorella minore tre. Tre anni prima, circa sei anni dopo la morte di Barbara, la moglie di London, Helen, era morta di cancro. Ora lui viveva da solo, e ogni tanto pensava di vendere la casa, ma fino a quel momento non si era affidato ad alcuna agenzia immobiliare. Riteneva che prima o poi l’avrebbe fatto, e poi sarebbe andato a vivere in città oppure in una casa col giardino a Westchester.

    Barbara era arrivata a 26 anni. Ora ne avrebbe avuti 35 se fosse stata ancora viva. Senza figli. Quando era morta era incinta di due mesi, e London non lo era venuto a sapere se non dopo la sua morte. Dicendo questo, la sua voce si spezzò.

    Douglas Ettinger, il marito, si era risposato un paio d’anni dopo la morte di Barbara. Durante il loro matrimonio aveva lavorato come assistente sociale per il comune, ma aveva abbandonato quell’impiego poco dopo l’assassinio e si era messo nel commercio. Il padre della sua seconda moglie possedeva un negozio di articoli sportivi a Long Island e dopo il matrimonio aveva preso Ettinger come socio. Ettinger abitava a Mineola con la moglie e due o tre figli, London non era sicuro di quanti fossero. Era venuto da solo al funerale di Helen London, e da allora London non aveva più avuto alcun contatto con lui, né aveva mai visto la sua nuova moglie.

    Lynn London, la sorella, avrebbe compiuto 33 anni il mese seguente. Abitava a Chelsea ed era insegnante in una scuola elementare privata al Village. Si era sposata dopo l’uccisione di Barbara, ma lei e il marito si erano separati dopo poco più di due anni di matrimonio e avevano divorziato dopo qualche tempo. Non avevano figli.

    Nominò altre persone. Vicini, amici. La centralinista della scuola materna dove Barbara aveva lavorato. Una collega. La sua migliore amica ai tempi del college. A volte si ricordava i nomi, a volte no, ma mi fornì qualche elemento da cui avrei potuto cominciare. Non era detto che qualcuno di essi mi portasse da qualche parte.

    Spesso divagava. Non feci alcun tentativo di trattenerlo. Pensavo che avrei potuto ottenere un quadro più vero della donna morta lasciandogli la briglia sciolta e facendolo dilungare, ma anche così non arrivai a ottenere una sensazione reale di lei. Appresi che era attraente, che da teenager era stata molto popolare presso i coetanei, che a scuola andava bene. Le interessava aiutare la gente, le piaceva lavorare coi bambini, e avrebbe desiderato farsi una famiglia. L’immagine che ne ricavavo era quella di una donna senza vizi e dalle virtù candide, dalla fanciullezza fino a un’età che non era riuscita a raggiungere. Ebbi la sensazione che lui non l’avesse conosciuta molto a fondo, e che il suo lavoro e il suo ruolo di padre lo avessero isolato da una vera conoscenza di lei come persona.

    Questo non era insolito. La maggior parte della gente non conosce veramente i propri figli finché questi non diventano a loro volta genitori. E Barbara non aveva vissuto abbastanza per esserlo.

    • • • • •

    Quando ebbe esaurito le cose da raccontarmi, riguardai i miei appunti, poi chiusi il taccuino. Gli dissi che avrei visto quello che potevo fare.

    Avrò bisogno di un po’ di danaro, dissi.

    Quanto?

    Non so mai come fissare le mie tariffe. Quanto è troppo, e quanto troppo poco? Sapevo di aver bisogno di soldi – una mia condizione cronica – e che lui probabilmente ne aveva parecchi. Gli agenti assicurativi possono guadagnare molto o poco, ma mi sembrava che vendere le polizze di gruppo alle aziende probabilmente era molto remunerativo. Gettai per aria una moneta immaginaria e ne venne fuori una cifra di 1500 dollari.

    E cosa avrò per tale somma, Mr. Scudder?

    Gli dissi che non lo sapevo veramente. Avrete il mio tentativo, risposi. Lavorerò su questo caso finché non troverò qualcosa, o finché non mi sarà chiaro che non arriverò a nulla. Se questo accadrà prima che io pensi di essermi guadagnato i vostri soldi ve ne restituirò una parte. Se mi parrà di arrivare a qualcosa ve lo farò sapere, e allora potrete decidere se pagarmi o meno.

    Questo è piuttosto irregolare, no?

    Mi rendo conto che vi possiate trovare un po’ a disagio.

    Lui rifletté ma non disse nulla. Estrasse invece un libretto degli assegni e mi chiese a chi dovesse intestarlo. A Matthew Scudder, gli dissi. Lui lo compilò, lo strappò dal libretto e lo posò sul tavolo tra di noi.

    Non lo raccolsi. Dissi: "Sapete che io non sono l’unica alternativa alla polizia. Ci sono delle grandi agenzie, dotate di molto personale, che lavorano

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