Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget)
Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget)
Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget)
E-book271 pagine3 ore

Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget)

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Giallo - saggio (229 pagine) - Una panoramica sulla detective fiction, con un focus su Agatha Christie e un'analisi di "Three Blind Mice" e il suo adattamento "The Mousetrap"


La fama di Agatha Christie è profondamente legata anche a The Mousetrap, sua pièce più longeva: cosa si cela dietro la cornice di detective fiction alleggerita da momenti di effervescente comicità? L’oscurità dei temi trattati, radicata in un caso reale di violenza, riecheggia su pagine e palcoscenico a ricordarci che “Ci sono cose che non si dimenticano”.

Approfondendo il concetto di identità in quanto trappola, la scrittrice inserì dettagli che permettono di riflettere su temi purtroppo ancora attuali e leggere oltre le righe, interpretando perfino il lieto (?) fine.

Questo saggio offre una panoramica sulla detective fiction, per poi concentrarsi su Agatha Christie e infine analizzare Three Blind Mice e il suo adattamento The Mousetrap.


Federica Crescentini ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Culture Straniere presso l’Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”, dove ha scelto di proseguire il percorso accademico ottenendo nel 2015 la laurea magistrale biennale in Lingue per la Didattica, l’Editoria, l’Impresa. La sua più grande passione è Agatha Christie, motivo per cui ha incentrato entrambe le tesi sulla Duchessa della Morte. Come studiosa indipendente ha continuato ad appassionarsi a ciò che più ama: nel 2017 ha partecipato alla conferenza “Agatha Christie:a Reappraisal” tenutasi a Cambridge, con un intervento focalizzato su Three Blind Mice e The Mousetrap. Successivamente ha elaborato un capitolo riguardante la Seconda Guerra Mondiale all’interno delle opere sopracitate, pubblicato nella raccolta Agatha Christie Goes to War a cura di R. Mills e J. C. Bernthal (Routledge 2020). A novembre 2019 ha preso parte come relatrice al convegno annuale Urbinoir, presso l’Università degli studi di Urbino; il tema trattato è stato inserito nel volume Non ricordo. Amnesie, vuoti di memoria e rimozioni nella letteratura e nel cinema noir a cura di Alessandra Calanchi e Roberto Danese (Aras, 2020). Nello stesso anno ha risposto a una call for papers con Wicked Speech and Evil Acts: Performativity as Discourse and Murder as Responsibility in Curtain-Poirot’s Last Case (1975) and Speedy Death (1929)”, poi inserito nella raccolta intitolata Performativity of Evil Characters in Anglophone Literature and Media a cura di Nizar Zouidi (Palgrave Macmillan, 2021). Nel novembre 2022 è tornata a Urbinoir come relatrice nell’edizione dedicata a "Donne in Noir: le protagoniste della crime fiction contro la violenza e la discriminazione". Ama tutto ciò che ha a che fare col mistero.

LinguaItaliano
Data di uscita24 ott 2023
ISBN9788825426557
Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget)

Correlato a Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget)

Ebook correlati

Critica letteraria per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget)

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Agatha Christie, The Mousetrap e le trappole dell'identità (There are things one doesn't forget) - Federica Crescentini

    Ringraziamenti

    La mia più profonda gratitudine va ad Alessandra Calanchi e Roberta Mullini, senza le quali tutto questo non sarebbe mai iniziato.

    Introduzione

    Di cosa parla la detective fiction? L’espressione fa pensare a crimine, indagine, vittime, colpevoli e punizioni. Sherlock Holmes, Agatha Christie, sono tra le prime associazioni spontanee che questi termini evocano. Eppure, mentre ci si lascia scivolare nella storia, a ogni pagina che si volta, correndo contro un tempo metaforico verso la soluzione, scandito non da rintocchi ma da parole, raramente si realizza una componente intrinseca del genere narrativo color giallo. La soluzione è quella che ci si aspetta di trovare alla fine della storia: un conforto, un ritorno alla chiarezza in cui si toglie il velo di Maya e gli occhi, finalmente, guardano la verità.

    Nel percorrere le numerose piste ci si perde in vicoli ciechi, red herrings e fraintendimenti: eppure, la curiosità spinge ad andare avanti perché si ha fiducia nella risoluzione. In questo atto inconsapevole, spontaneo come respirare, si nasconde la base fondamentale della caccia al colpevole: la speranza. Non solo di trovare i criminali, ma la conclusione stessa, degna della trama, che chiuda tutti i cerchi e risponda ai misteri illuminando ciò che era occultato. Un sollievo, dunque, un rimedio alla confusione e all’ansia generate dall’ignoto. Qual è il senso di una fine? Terminare la suspense, la paura, l’angoscia; il conforto generato dalla rivelazione si accompagna all’atmosfera rassicurante di un enigma sconfitto. Un lieto fine. Eppure, non sono i gialli a terminare con la fatidica proposizione E vissero felici e contenti, bensì le fiabe. Esse parlano di speranza e a suo modo lo fa persino la detective fiction. Vi è, riguardo a varie opere di Agatha Christie, un’atmosfera intrinseca e una riflessione sottesa alla speranza: si pensi alla protagonista di Sad Cypress, condannata nell’incipit e libera grazie alla propria resistenza e alla ‘lotta’ di Poirot.

    Hope is the thing with feathers scrisse Emily Dickinson; in Christie è lo sperare nella cattura del colpevole e nella punizione, non solo in quanto tale bensì nel suo significato più profondo ed essenziale. Ovvero impedire nuovi crimini, altre vittime; come insegnano le storie, un assassino non si ferma al primo omicidio: una personalità pericolosa non smette di fare del male e non si redime per magia. Soprattutto, non cambia: sa fingere molto bene il pentimento e diventare quindi ancora più insidiosa. Per questo è stata creata l’unica figura a potergli tenere testa: l’investigatore, il suo contrappasso, l’opposto, la Nemesi…a far sì che la storia non parli solo di violenza e sopravvivenza ma di speranza e, soprattutto, di salvezza.¹ Tali caratteristiche riecheggiano con particolare intensità in The Mousetrap, opera più buia rispetto alle altre dell’autrice eppure dall’apparenza tradizionale, persino comica a tratti. Proprio come il criminale abilmente travestito: tutto quello che egli chiedeva, era di essere salvato al momento necessario. Siffatta mancanza ha dato origine alla concretizzazione del Terzo principio della Dinamica nella letteratura, realizzando una trama solo in parte ‘classica’: seguendo un itinerario lineare, questo saggio accenna storia e caratteristiche della detective fiction, per giungere a un approfondimento su Agatha Christie, sino a focalizzarsi sulla sua opera teatrale più longeva, The Mousetrap (impregnata peraltro di sfumature noir e argomenti particolarmente delicati).²

    Poiché la scrittrice fu, a mio avviso, un’eccezione dentro le regole, uno sguardo ai tratti principali della detective fiction permette di vedere meglio in che modo Christie rientrò nel genere pur rappresentandone allo stesso tempo un’eccezionalità. I dettagli principali della sua vita si intrecciarono alle sue creazioni, non sempre apprezzate eppure indimenticabili. Ne è un fulgido esempio la novella³ Three Blind Mice, poi diventata The Mousetrap: oggi è al suo 70° anniversario (manca poco al 71°) ed è stata interrotta temporaneamente solo a causa del Covid. Questo giallo teatrale ha natura caleidoscopica, poiché dentro la sua cornice di intrattenimento contiene altro: una critica al potere usato in modo distorto, al sistema sociale quando non si occupa dell’interesse dei più deboli come dovrebbe, e alla società stessa, trasformata radicalmente dalla Seconda Guerra Mondiale (e anche dalla precedente), in cui la famiglia, il matrimonio, la fiducia e le identità delle persone sono state irrimediabilmente incrinate, sfociando in una solitudine interiore e nella ricerca di un conforto esteriore.

    Ciò che questa commedia, una commistione di generi secondo l’autrice, porta sotto la superficie, sono osservazioni ‘implose’, talvolta quasi impercettibili, attutite seppur risonanti nel contesto di detective fiction grazie alla bravura di Christie nel presentare dati di fatto e non opinioni dichiarate. Tali accenni sono presenti, di conseguenza hanno un significato e possono essere interpretati. Agatha Christie non lasciava niente al caso e a mio avviso si esprimeva attraverso le proprie opere: The Mousetrap è uno dei più vividi esempi di ‘eccezione dentro la regola’ che racchiude un dramma umano e della società dell’epoca oltre a osservazioni precise e universali su quel periodo storico. Nel 2023 ricorrono i 133 anni dalla nascita dell’autrice, oltre, come si è detto, al 71° anno consecutivo di rappresentazioni di The Mousetrap, un record storico al quale si aggiunge il suo debutto previsto nientemeno che a Broadway.


    ¹. Curiosamente inoltre, in più di un caso una delle opere di Agatha è stata utile a salvare vite nel mondo reale: www.agathachristie.com/en/stories/the-pale-horse www.nytimes.com/1977/06/24/archives/agatha-christie-book-saves-an-infants-life.html

    ². A proposito di tali approfondimenti si vedano F. Crescentini, ‘There Are Things One Doesn’t Forget’: negazioni, silenzi e amnesia fittizia in ‘Three Blind Mice’ e The Mousetrap di Agatha Christie", in A. Calanchi, R. M. Danese (curatori), Non Ricordo – Amnesie, vuoti di memoria, rimozione nella letteratura e nel cinema noir, Fano, Aras Edizioni 2020; e F. Crescentini, " ‘There Are Things One Doesn’t Forget’– The Second World War in ‘Three Blind Mice’ and The Mousetrap", in R. Mills, J. C. Bernthal (eds), Agatha Christie Goes to War, New York, Routledge 2020.

    ³. Come la definisce, a ragione, Julius Green nel suo libro Curtain Up – Agatha Christie: A Life in the Theatre, New York, HarperCollins 2015, p.304.

    ⁴. www.hollywoodreporter.com/lifestyle/arts/agatha-christie-the-mousetrap-broadway-2023-1235269699/

    Capitolo 1

    Investigare la detective fiction

    Oh ma’am, oh ma’am, there’s a body in the library!

    Il cadavere in biblioteca è uno dei tòpoi del romanzo giallo: Agatha Christie vi ha giocato talmente bene che il titolo dell’opera sopra citata, The Body in the Library, è diventato celeberrimo quanto il cliché dal quale trae spunto. Non sono molti gli scrittori e le scrittrici a poter vantare un tale successo: l’autrice fu una perla rara e un’abile artista di detective story e variazioni sul tema. Non a caso Martin Edwards ne loda la maestria nel costruire soluzioni bizzarre ma logiche.

    La detective fiction ha appassionato lettori di tutto il mondo, e diffuso alcuni personaggi che hanno conquistato il cuore e la mente del pubblico, diventando non meno reali e celebri degli scrittori che diedero loro vita. La statua di Sherlock Holmes a Londra, in Baker Street, sembra un monumento eretto in onore di qualcuno un tempo esistito: osservandola nella penombra della sera londinese ci si rende conto che in un certo senso è proprio così. Nella stessa via esiste persino la sua casa-museo, fittizia: eppure tutto fa pensare a una persona reale. È un esempio di come un detective creato dalla fantasia di un autore sia diventato a tutti gli effetti concreto e simbolico, con un proprio status e posto nel mondo.

    Pertanto anche la detective fiction, tanto svalutata da alcuni, ebbe i suoi capolavori, tuttora ristampati e apprezzati. In un certo senso si può affermare che non sia mai morta: nonostante le sue evoluzioni ed estensioni in vari sottogeneri, molto diversi dalla detection novel classica, la presenza oggi di opere del passato (si pensi ad esempio a quelle di Sir Arthur Conan Doyle) dimostra che certi intrecci non mancano mai di soddisfare i gusti di una buona parte di pubblico, a qualsiasi epoca esso appartenga. Eppure, molti critici e letterati hanno ritenuto questo genere scadente, indegno di far parte della letteratura, uno spreco di carta, secondo l’infelice opinione del critico letterario Edmund Wilson.

    Altri scrittori, come R. A. Freeman e G. K. Chesterton, hanno difeso il romanzo poliziesco e i suoi esponenti. Quello sul valore della detective fiction è un dibattito mai spento, che coinvolge tanto gli esperti quanto i semplici lettori, persino sulla sua genesi. C’è chi vide gli archetipi nell’Edipo Re di Sofocle, in una delle favole di Esopo, addirittura in Tristano e Isotta e persino in Don Quijote de la Mancha. Va ricordato che il genere poliziesco è il risultato di una determinata realtà storico-culturale e sociale, nonché di una richiesta precisa da parte del pubblico; i vari archetipi individuati non sono validi poiché esprimono una situazione storico-culturale del tutto diversa, per non parlare del fatto che si tratta di opere appartenenti a generi molto diversi da quello trattato.

    I veri antecedenti possono essere invece osservati durante l’Illuminismo: proprio in questo periodo alcuni temi iniziarono ad assumere caratteristiche che li resero segni di una realtà storica che stava evolvendosi. A quel punto la detection, il mistero razionalizzato, la costruzione del romanzo in funzione della conclusione, si univano alla crescita dei lettori e all’esaltazione dei lumi della ragione: non si può ancora parlare di detective fiction, ma si può osservare come le origini del romanzo poliziesco siano presenti in quest’epoca di contrasto tra irrazionalismo e ragione, in cui quest’ultima risulta infine vittoriosa, risolvendo ansie e misteri. La diffusione di pseudoscienza, magia naturale e fisionomia contribuì all’apparizione della detection.

    Risale al 1794 Caleb Williams or Things as They Are di W. Godwin, considerato da alcuni critici come la prima detective story classica; di sicuro sono presenti temi che confluiranno nel genere poliziesco, come il delitto, il detective, l’indagine, il metodo psicologico, il metodo di costruzione del romanzo; Godwin affermò di aver concepito l’opera partendo dalla conclusione per poi costruire l’intreccio a ritroso in funzione di essa: questo coincide con la costruzione della detective novel.¹⁰ Inoltre, in un saggio di svariati anni fa la scrittrice P. D. James osservò che Emma di Jane Austen è anche un esempio di detective story, in cui il segreto da svelare sono i veri rapporti esistenti tra i personaggi. Gli indizi sono abilmente costruiti e il fatto che ci sia un numero ristretto di persone in un ambiente di campagna richiama una delle caratteristiche della detective fiction.¹¹ È necessaria una precisazione: in Inghilterra la Metropolitan Police venne creata da Sir Robert Peel nel 1829, mentre nel 1843-44 Sir James Graham fondò la Detective Police, formata da agenti scelti in borghese: comparve così il termine ‘detective’. È per questo motivo che alcuni storici del genere poliziesco sostengono che prima della creazione di tali dipartimenti non potesse esistere la detective story vera e propria.¹²

    In Inghilterra, verso la metà del XIX secolo, si ebbero anche un incremento e una democratizzazione della stampa e a fine secolo i giornali iniziarono a pubblicare romanzi. Questa pratica ebbe origine in Francia nel 1830, quando il giornale La Presse per aumentare i propri lettori iniziò a pubblicare in appendice un romanzo a puntate. Nacque così il romanzo feuilleton, che ampliò smisuratamente il pubblico, il quale divenne promiscuo e popolare: gli scrittori dovettero adattarsi ai gusti di lettori più diversi e numerosi. In Inghilterra questo diede origine al sensational novel, caratterizzato da una struttura che interrompe la puntata sempre sul più bello, con una situazione sensazionale appunto. In seguito, anche opere di detective fiction vennero pubblicate a puntate da vari giornali.

    Negli Stati Uniti, il 1841 vide la luce di The Murders in the Rue Morgue, scritto da Edgar Allan Poe: molti lo considerano il creatore della prima detective fiction letteraria vera e propria e del tale of crime and detection. Nell’America del XIX secolo vi era il culto della detection e Poe, attratto da scienza e pseudoscienza, unì insieme vari temi già presenti creando un genere nuovo: la detective story. Per la prima volta appare lo schema del romanzo poliziesco: un mistero apparentemente inspiegabile, osservazione e ragionamento come metodi d’indagine, imprevedibilità della soluzione e superiorità del detective sulla polizia ufficiale.¹³ Non siamo ancora nell’epoca d’oro del giallo classico, ma a questo punto le basi sono state sicuramente gettate.

    È doveroso a questo punto indicare un altro autore, generalmente considerato il creatore del romanzo poliziesco in Gran Bretagna: Wilkie Collins. Nel 1868 venne pubblicato a puntate The Moonstone, descritto da T. S. Eliot come "the first, the longest and the best of modern English detective novels".¹⁴ Anche P. D. James riteneva tale opera il primo esempio di detective fiction, poiché rispecchia le caratteristiche principali del genere.

    Le origini della detective fiction prosperarono, raggiungendo il proprio apice nel periodo definito ‘Golden Age’ del giallo classico inglese. Le sue caratteristiche fondamentali appaiono in The Moonstone, che in quanto detective novel deve stimolare nel lettore un interesse costante per un evento misterioso e per la sua spiegazione. Perciò, affinché un’opera venga definita detective fiction è necessario che possieda al perno un crimine misterioso, solitamente un omicidio. Inoltre, devono esserci un circolo chiuso di persone e di sospettati, ognuno con un movente; un detective dilettante o di professione il cui compito è quello di risolvere il caso, col valore simbolico di una nemesi; infine, una soluzione alla quale anche il lettore deve poter arrivare, sulla base di deduzioni logiche stimolate dagli indizi forniti dall’autore stesso nel corso della storia. Il tutto dev’essere costruito all’interno di una struttura organizzata e precisa che segue queste convenzioni. Un altro elemento essenziale è la lealtà dello scrittore nel riuscire a sviare il lettore dalla giusta interpretazione dei fatti pur senza nascondergli indizi importanti.¹⁵

    Il giallo segue uno schema fisso di delitto – indagine – soluzione che sfida lo scrittore o scrittrice a inventare variazioni all’interno della struttura, senza che esse ne mettano in dubbio le tre costanti. È questo il modello che seguirono gli autori e le autrici dell’epoca, prima che il genere si evolvesse ulteriormente. Si parla perciò di giallo classico inglese, che ebbe il suo apice negli anni tra le due Guerre Mondiali, ‘l’età d’oro’ appunto della detective fiction.¹⁶ Per le sue immagini ricche di poesia, per il senso di nostalgia romantica che alcune di esse evocano, il giallo classico viene da alcuni considerato ‘teatro’, ed esprime una lotta tra Bene e Male la cui soluzione deve essere logica.¹⁷ Il delitto, violenza e crudeltà estrema contro un altro essere umano, non può trovare riparazione ma almeno un’ombra di giustizia nella condanna del vero colpevole, liberando così gli innocenti dal fardello della presunta colpa e dei sospetti. E l’assassino, chi è? …Quasi sempre una persona per bene, spesso insospettabile, cosa che fa del crimine un delitto della ‘normalità’.¹⁸ Come mise in luce la stessa Agatha Christie nel suo romanzo Towards Zero del 1944, l’assassinio è spesso non l’inizio, bensì la conclusione di una storia tra due o più persone: l’ora zero, il momento cruciale. Tutto ha origine in un passato: la situazione iniziale di ordine ed equilibrio che viene rotta è solo apparente, un velo che nasconde, talvolta non troppo bene, sentimenti irrisolti, così come nella vita reale. Attraverso il crimine e l’indagine si volge lo sguardo sui mali dell’umanità e della società, per combattere i quali viene esaltata la ragione attraverso una soluzione che, oltre a dover essere l’unica possibile, rappresenta una rassicurazione finale del Bene che vince sul Male.¹⁹ Assieme alla narrativa poliziesca emerge quindi una riflessione sulla cultura dell’epoca, sulla società con le sue convenzioni comportamentali esteriori e le insidie e malignità insite appena sotto la superficie della facciata ‘perbene’.

    Non a caso il termine detection deriva dal latino ‘detergere’, cioè ‘scoprire’: le vere personalità, le vere relazioni…e infine il colpevole. È una caccia alla quale il lettore è reso partecipe attraverso il romanzo giallo: ed è proprio nella soluzione finale che si evincono la qualità dell’opera e la logica dello scrittore. A essere importanti sono i processi mentali, la lealtà, l’attenzione ai dettagli: la conclusione è anche una soluzione che deve garantire soddisfazione morale, intellettuale e un ordine ristabilito.²⁰ Eppure non sempre è così: talvolta i colpevoli non sono puniti, come mostrano il tragico Five Little Pigs e il ritmato Why Didn’t They Ask Evans? di Agatha Christie: ciononostante, generalmente, lo schema del giallo classico presenta una conclusione positiva per la giustizia. Secondo lo storico Eric J. Hobsbaum,, il genere poliziesco può essere interpretato come una curiosa invocazione a un ordine sociale minacciato, ma non ancora infranto:²¹ il fallimento dell’ordine morale si manifesta nel delitto, che irrompe dall’interno. L’ordine verrà poi ristabilito dalla ragione, strumento di cui si serve il detective per trovare la mela marcia.²² Proprio nella soluzione finale sta il punto di svolta che ha segnato l’evoluzione del giallo, chiudendo l’età classica e aprendo gradualmente la fase successiva: il giallo ‘aperto’, nel quale la soluzione è impossibile oppure è possibile, ma non può concludersi con la rivelazione del colpevole e il suo arresto. Quindi mentre la società si evolve anche lo scrittore rinnova il genere a piccole dosi: tale metodo sembra aver dato i propri frutti, poiché nel corso del XX secolo i lettori amavano ancora i gialli, nonostante il gusto vittoriano si fosse estinto e le avanguardie avessero fatto la loro comparsa.²³

    La detective fiction è peraltro particolare, poiché è solitamente caratterizzata dall’onniscienza del narratore, da una storia inventata o ripresa dal vero con personaggi le cui vite si intrecciano inevitabilmente, e riflette aspetti della società su cui precedentemente nessuno si era soffermato, poiché non facevano ancora parte di quel mondo. Tale genere ha uno schema così rigido e dai confini marcati che non appena li si supera si cade in qualcosa di diverso.²⁴ Per questo le classificazioni spesso sono difficili e talvolta ambigue, come i termini utilizzati per esprimerle. Per quanto riguarda l’ambito della detective story l’indiscusso maestro resta Sir Arthur Conan Doyle, creatore di Sherlock Holmes e del Dottor Watson, inseparabili amici che daranno il via a una tradizione di detective affiancati da personaggi non eccezionali quanto loro, espressioni di un’umanità di buone intenzioni ma facilmente ingannabile. Apparve nel 1887 A Study in Scarlet, primo di una serie di romanzi e racconti con protagonista il detective più famoso e conosciuto di tutti. La sua peculiarità principale è il metodo deduttivo, la fredda logica usata per ricavare la verità dai vari fatti, collegati adeguatamente tra loro. Conan Doyle introdusse la detection scientifica e gli scrittori e scrittrici successivi si ispirarono al suo modello, rendendolo il modello classico inglese. Quando il suo creatore decise di uccidere Sherlock Holmes, si trovò contrastato da una moltitudine di lettori che gli scrissero protestando, finché non fu costretto a far tornare in vita quel personaggio ormai immortale.²⁵ Egli è rimasto in Baker Street, con la sua pipa e la sua casa-museo.

    Altri scrittori tra i più famosi furono S.S. Van Dine, Rex Stout, G. K. Chesterton, John Dickson Carr e R. Austen Freeman. Nella storia femminile della detective fiction brillano Agatha Christie, Dorothy L. Sayers, Margery Allingham, Ngaio Marsh, Gladys Mitchell e Mary Roberts Rinehart. Non è possibile dimenticare il contributo che queste donne diedero alla detective story. La prima scrittrice

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1