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Lo scrittore ombra
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E-book185 pagine2 ore

Lo scrittore ombra

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Info su questo ebook

Il romanzo, racconta la storia di uno scrittore che si trova a vivere un vero incubo:la perdita dell'ispirazione. Questa situazione si rifletterà inevitabilmente sulla sua vita e su quella delle persone che gli stanno a fianco. Le continue pressioni della casa editrice lo costringeranno, pur di rispettare le scadenze contrattuali, a rivolgersi ad un ghost writer. Avrà tra le mani un nuovo manoscritto che porterà la sua firma, ma che non sentirà mai completamente suo. Inizierà la promozione del libro fino al momento in cui, deciderà di confessare pubblicamente l'inganno. A questo punto, tutto cambierà, la sua vita si modificherà radicalmente. Rinuncerà alla carriera e il rapporto d'amore con la moglie, verrà messo a dura prova. Per trovare nuove forze per ripartire, si trasferirà anche in un'altra regione. A quel punto, con un nuovo lavoro e nuovi orizzonti per i suoi occhi, finalmente le sue labbra ritroveranno il sorriso. Le persone al suo fianco potranno riscoprire il lato dolce del suo cuore e nuove emozioni torneranno a far brillare il suo sguardo. Ma con tutti questi cambiamenti, ritroverà nuovamente l'ispirazione perduta?
LinguaItaliano
Data di uscita13 set 2019
ISBN9788831639378
Lo scrittore ombra

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    Anteprima del libro

    Lo scrittore ombra - Fabio Dal Santo

    Fabio

    Cercando l’ispirazione

    Da molto tempo oramai non riuscivo più a trovare l’ispirazione per tornare a scrivere. Il successo dei miei primi due libri sembrava aver smorzato la mia naturale voglia di raccontare; era come se avessi perso la mia spontaneità, quella che tutti mi riconoscevano da sempre.

    La casa editrice iniziava a mettermi pressione, il contratto che mi avevano fatto sottoscrivere mi offriva ottimi guadagni ma, allo stesso tempo, mi obbligava a rispettare determinate scadenze di pubblicazione. Ogni anno avrei dovuto consegnare alle stampe un nuovo romanzo. Vista la semplicità con cui erano nati i precedenti, non mi sentivo affatto preoccupato di questa cosa. La mia attenzione, in fondo, si era soffermata principalmente sul lato economico: per la prima volta nella mia vita ero riuscito a trasformare una mia passione in lavoro, proprio quello che ognuno di noi sogna di poter fare. Per questo motivo, subito dopo la firma del contratto, mi ero recato presso l’azienda dove lavoravo per rassegnare le mie dimissioni; dopo 25 anni, trascorsi a occuparmi di consulenza e vendita di tecnologia, lasciavo quelle pareti che, molte volte, avevo sentito come una gabbia che imprigionava la mia voglia di evadere con la fantasia. Come prevedevo, non trovai nel direttore grandi emozioni nel vedermi andare via. Il periodo storico che stavamo attraversando non faceva presupporre altrimenti; per la mia azienda si trattava di uno stipendio in meno da onorare a fine mese, magari uno stipendio superiore alla media, visto il tempo che avevo trascorso in quella sede.

    Fortunatamente, cosa ben diversa fu il saluto con i miei colleghi; con molti di loro avevo mosso i miei primi passi, mi avevano insegnato molto di quello che sapevo, ma più di ogni altra cosa erano stati i miei amici più sinceri e questo fatto rendeva tutto più difficile. Era chiaro che ci saremmo potuti rivedere ogni volta che volevamo fuori dall’azienda, ma non sarebbe stata più la stessa cosa. Poter condividere la quotidianità con alcuni di loro era una gioia immensa, ci bastava uno sguardo per intenderci, per capire cosa stessimo provando in quel preciso istante. Per noi era naturale aprirci, facendo uscire tutte quelle sensazioni che attanagliavano o rallegravano il nostro cuore; per quel che mi riguarda, senza il loro aiuto non sarei mai riuscito a sconfiggere la mia voglia di solitudine dopo la fine della mia storia d’amore durata anni, quando mi ero messo in testa che il mondo finisse con quell’addio.

    Le parole che piano uscivano nei momenti di pausa mi sono servite per capire che c’era altro oltre quel viso, che da un tramonto d’amore possa arrivare anche un’alba.

    Quelle erano le cose che ricordavo, mentre stringevo le loro mani; questo si capiva dal brillare dei miei occhi, troppe volte mascherati nel far vedere i miei sentimenti, ma non di certo in questo caso.

    Uscito da quell’azienda, la mia vita stava prendendo una piega completamente diversa. Ora tutto stava nelle mie mani, nel vero senso della parola; ora avrei dovuto solamente mettermi seduto a una scrivania per liberare tutta la mia creatività. Da quell’istante, è come se mi avesse colpito una sorta di maledizione, più semplicemente chiamata blocco dello scrittore, come se scrivere per denaro facesse perdere la spontaneità di un dono di natura, come se rispettare delle date ti mettesse addosso un’ansia, che paralizza la mente prima che la mano.

    Per cercare di risolvere quella situazione feci mille ricerche in internet, entrai nei vari blog di scrittori famosi per carpire eventuali loro segreti, per sconfiggere quel malessere che speravo fosse temporaneo. Le telefonate della casa editrice erano passate da mensili a settimanali; davanti a me avevo solo 6 mesi alla scadenza e, nel caso in cui non l’avessi rispettata, avrei dovuto corrispondere una somma enorme di risarcimento all’editore, circa 300 mila euro. Da una favola, il mio vivere quotidiano si stava trasformando in un incubo, vivermi accanto era una vera impresa; la mia famiglia ci stava rinunciando, il che era tutto dire. Dormire non mi riusciva più, quindi di giorno ero completamente intrattabile. La prima persona a farne le spese fu mia moglie Chiara che, esasperata dai miei comportamenti, nonostante avessimo affrontato insieme mille difficoltà nei nostri quasi 10 anni di matrimonio, decise di lasciarmi per tornare dai suoi genitori a San Candido. Prima di andarsene mi lasciò una lettera e mi disse di leggerla solo quando i miei occhi avessero ritrovato un po' di luce, riflessi allo specchio. Capivo dal suo sguardo che mi amava ancora, ma voleva mettermi alla prova, voleva far scattare in me quella molla che avrebbe dato nuovi stimoli alla mia vita. Dovevo fare due passi indietro, dovevo ritrovare la stessa voglia di vivere e, di conseguenza, anche di scrivere che mi aveva contraddistinto negli ultimi anni, quando per me era normale camminare sulle rive del mio amato lago di Garda con in tasca carta e penna, pronto a trasformare in forme d’inchiostro le emozioni che catturavo da quelle rive. Senza Chiara la casa era troppo vuota, ogni angolo mi parlava di lei; avevo lasciato tutte le nostre foto come se nulla fosse cambiato, come se lei fosse solo in vacanza, per poi tornare da me a breve, ma questo non avveniva. Ormai erano trascorsi 15 giorni dalla sua partenza; nel cassetto avevo ancora la sua lettera, non volevo tradire la promessa che le avevo fatto, di leggerla solo quando il mio sguardo fosse stato realmente pronto per farlo.

    In quei giorni di solitudine stavo mettendo a dura prova anche l’amore dei miei genitori, li vedevo soffrire per quei miei atteggiamenti, non mi riconoscevano più. Loro, che avevano sempre trovato in me un riferimento di voglia di vivere, si stavano rendendo conto che qualcosa in me si era rotto. Dormire la notte stava diventando praticamente impossibile, era come se mi mancasse il fiato; un costante stato d’ansia mi toglieva la capacità di essere razionale; ogni situazione, anche la più semplice, stava diventando una grossa montagna da scalare.

    Un mattino, al mio risveglio, decisi che avrei dovuto fare veramente qualcosa per cambiare quella situazione; ormai non restava molto tempo alla scadenza per la presentazione del mio nuovo romanzo alla casa editrice. Così, dopo aver fatto colazione, mi chiusi nel mio studio, spalancai le finestre per affacciarmi su quel bel giorno di primavera. Accesi il pc, poi anche l’impianto dolby che vi avevo collegato; aprii la pagina di Spotify, selezionando poi la mia playlist da scrittura. In quella successione di canzoni avevo inserito i migliori artisti di Jazz e Blues. Due generi musicali che mi aiutavano moltissimo nella concentrazione, ma fra tutti quelli che veramente preferivo erano John Coltrane, Miles Davis e B.B. King.

    Nonostante tutta l’atmosfera che avevo cercato di ricreare, lo sguardo restava fisso davanti allo schermo bianco, mentre le mie mani non sfioravano nemmeno la tastiera. Non c’era niente da fare, nulla era cambiato; più tempo passavo in quella situazione, più sentivo la voglia di arrendermi. Ero completamente nel pallone, come si usa dire, ma non ci potevo fare nulla.

    Venne l’ora di pranzo e, mentre ero a tavola con i miei genitori, suonarono alla porta; era il postino, con una raccomandata per me da firmare. Non immaginavo cosa fosse. Il mio primo pensiero fu quello di una multa, ma il colore della busta non era quello verde, per fortuna, firmai così la ricevuta e lo congedai. Tornato in casa, presi il tagliacarte e aprii la busta: era un avviso di consegna che mi aveva mandato la mia casa editrice. Avrei avuto solo 5 giorni da quella data per consegnare il mio manoscritto, pena l’applicazione della penale di 300 mila euro prevista dal contratto. Se non fossi riuscito a consegnare, non sarei mai stato in grado di poter pagare quella penale.

    I soldi che avevo guadagnato dalla vendita dei primi 2 romanzi li avevo utilizzati per l’acquisto di casa; visto poi che le vendite erano calate, essendo passati ormai 2 anni dalla loro uscita, non avrei potuto in nessun modo onorare quel debito. Mi misi le mani nei capelli, urlai contro tutti coloro che mi stavano davanti; mio padre e mia madre cercarono di calmarmi, ma era impossibile, mi chiusi nello studio, cercando un vero miracolo dal cielo. Feci diverse ricerche in rete per trovare una soluzione al mio problema, poi mi imbattei in una possibile, seppur miserabile soluzione: un ghost writer. Di cosa si trattava?

    Un ghost writer non è altro che uno scrittore che non firma la sua creazione, ma la cede a un altro che mette la firma al posto suo. Credo che per uno scrittore questo sia veramente toccare il fondo. Sapere di presentare un lavoro, che non hai scritto tu, ma semplicemente ti viene attribuito, perché, comprandolo, hai potuto mettere la firma, credo sia un completo fallimento, una resa alla creatività. Sorvolando per un attimo sul fatto che tutto questo potesse essere uno schifo, dove avrei mai potuto trovare in così poco tempo uno scrittore ghost che avesse nel cassetto un romanzo che si avvicinasse almeno al mio modo di scrivere? Non avrei mai potuto spiazzare completamente i miei lettori, che da me erano soliti attendersi un certo stile narrativo.

    In quel preciso istante, mi ricordai di Stefania, una mia cara amica che tempo prima mi aveva fatto leggere un suo manoscritto che, devo dire, mi era piaciuto moltissimo. Se non ricordo male il titolo era L’altra parte di me. Una trama romantica ambientata nella Parigi degli anni ‘70, che regalava al lettore delle belle sensazioni, arricchite dalla curiosità di scoprire come fosse andata a finire la storia tra quei due innamorati. Trovato l’ipotetico autore, avrei dovuto contattarla per capire prima di tutto se avesse per qualche ragione deciso di pubblicare quel romanzo, oppure se fosse rimasto nel cassetto, come disse nel momento in cui me lo aveva fatto leggere. Non sapevo se inviarle un messaggio whatsapp oppure, più elegantemente, chiamarla per fissare un appuntamento da qualche parte e fare due chiacchiere. Alla fine decisi per la chiamata.

    Stefania fu disponibile per trovarci un pomeriggio, compatibilmente con i suoi impegni di lavoro. Io avevo fretta, ma nello stesso tempo non volevo mostrarmi tanto sfacciato. Per fortuna, lei si liberò proprio per il pomeriggio successivo, avvisandomi via messaggio appena fuori dal suo ufficio. Mi diede appuntamento in un bar di Sirmione, sul lungolago. Non conoscevo esattamente il posto, ma non mi feci molte domande. Anche se l’appuntamento era per le 16, partii con largo anticipo, ben consapevole del fatto che trovare parcheggio a Sirmione era sempre molto difficile. Arrivai davanti al bar con circa 40 minuti di anticipo, ne approfittai per fare due passi sul lungolago, visto che la giornata era splendida. Mi sedetti su di una panchina, lasciandomi cullare dal rumore delle onde che sbattevano contro la riva, socchiusi gli occhi e, senza nemmeno rendermene conto, mi addormentai. A un tratto, mi svegliai di soprassalto, sentendo la pressione di una mano sulla mia spalla; girai la testa e vidi che era Stefania. Mi aveva visto mentre parcheggiava l’auto, quindi era venuta verso di me, accorgendosi solo dopo che mi ero appisolato.

    Decidemmo, visto il clima ottimale, di fare due passi prima di sederci al tavolino del bar. Erano alcuni mesi che non ci vedevamo, anche se eravamo sempre in contatto via social. Lei sapeva del temporaneo allontanamento di mia moglie Chiara; erano amiche, sapevo che tra loro si sentivano, ma non le chiesi nulla, sapendo che l’avrei messa in imbarazzo, volendo lei rimanere neutrale in questa storia, così la rispettai parlando di altro.

    Ero consapevole che prima o poi avrei dovuto affrontare l’argomento libro, ma non sapevo come fare; lei però mi facilitò il tutto, chiedendomi apertamente il perché di quell’incontro. Dopo esserci seduti sul muretto fronte castello, iniziai a snocciolare tutta la situazione. Il suo viso era sereno, non mi sentivo affatto giudicato in quel momento e la cosa mi rendeva più libero nello spiegare dettagliatamente le cose come stavano.

    Prima che terminassi il racconto, lei mi guardò negli occhi e mi disse: "Se il mio manoscritto ti potesse essere d’aiuto, non esitare a chiedermelo. Siamo amici da trent’anni, lo farei con il cuore, lo sai che non ho mai avuto velleità artistiche, scrivere per me è uno sfogo, un liberare le mie emozioni, quei brividi che sento nel mio cuore. Mi fa stare bene sapere che quelle parole possono toglierti paure, mi ricompensa più di qualsiasi cifra in denaro".

    Dopo questo discorso, tutto appariva naturale, mi avvalevo di un ghost writer, ma non uno sconosciuto, bensì una persona che mi conosceva da una vita, che poteva realmente capire la situazione che vivevo.

    La giornata diventava più leggera, tutte le nuvole che avvolgevano i miei pensieri erano svanite, come evaporate. Seduti poi al tavolino del bar, concludemmo con caffè e pasticcini quel pomeriggio. Prima di lasciarci, Stefania mi disse di passare da lei, anche la sera stessa, per prendere il manoscritto. Non me lo feci ripetere due volte e, subito dopo cena, andai a casa sua, suonai il campanello e venne suo marito Luca ad aprire. Sapeva già tutto, lei gli aveva spiegato nei dettagli tutta la situazione; anche da parte sua trovai la piena approvazione, mi stavano facendo un grandissimo regalo.

    Tornato a casa, mi misi immediatamente a rileggere la storia; la ricordavo bene, ma una rinfrescatina alla memoria non faceva male, infondo avrei dovuto essere credibile verso la casa editrice nel raccontare anche i dettagli della trama. Quando lessi l’ultima pagina erano ormai le 4 del mattino, gli occhi si chiudevano da soli, tanto che non ebbi neppure la forza di alzarmi dal divano per andare a letto e mi addormentai vestito sul posto.

    Il mattino successivo mi svegliò mia madre verso le 10.30, preoccupata del fatto che non mi vedesse in giro. Io non ero abitualmente un dormiglione, aveva fatto l’abitudine nel vedermi sveglio presto. Mi preparò la colazione, che potevo pensare fosse direttamente un pranzo anticipato visto l’ora. Mentre lei preparava, chiamai la casa editrice, mettendoli al corrente che avevo terminato il mio nuovo romanzo e che sarei passato nel pomeriggio per farlo leggere al responsabile. Non avevo concordato un orario fisso, visto che dovevo raggiungere Milano, non sapendo il traffico che avrei trovato. Lasciai il tutto nel vago, sapevo però che loro chiudevano gli uffici al massimo verso le 18.30, quindi mi dovevo regolare di conseguenza.

    Subito dopo aver mangiato, salii in auto, direzione autostrada; imboccai il casello di Desenzano del Garda, direzione

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