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Lontano dalle vite rabberciate
Lontano dalle vite rabberciate
Lontano dalle vite rabberciate
E-book287 pagine4 ore

Lontano dalle vite rabberciate

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Info su questo ebook

I più grandi atti d’amore sono i più difficili da compiere, i più coraggiosi da affrontare, i più anticonformisti da cercare di promulgare, i più strani per chi li giudica eccentrici e inutili.
Gianluca Celestino Cadeddu ha amato a modo suo qualche donna ma ne esiste solo una che ha sempre amato e che ama veramente ed è per questo motivo che per preservare e curare il suo sentimento per lei tutti i giorni fa delle rinunce difficili, coraggiose, originali e strane. La donna che ha sempre amato non ha un bel culo, non ha un bel seno, non ha un bel viso illuminato dal sorriso, non ha una voce sensuale e sincera, non ha un’intelligenza infiorata da pensieri e riflessioni costruttive.
La donna che ama è fatta di cielo, di acqua, di fuoco, di aria, di sensazioni materne e allo stesso tempo crudeli. La donna che ama si chiama TERRA. Sul pianeta TERRA lo scrittore anarchico costruttivo utilizza la scrittura per adagiare in modo ordinato le sue emozioni shakerate con le sue rivoluzioni. La sua ispirazione gli permette di vivere due volte.
LinguaItaliano
Data di uscita21 nov 2023
ISBN9791259610997
Lontano dalle vite rabberciate

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    Lontano dalle vite rabberciate - Gianluca C. Cadeddu

    Gianluca Celestino Cadeddu

    Lontano dalle vite rabberciate

    Librinmente

    Copyright © 2023 Librinmente

    Design copertina © 2023 Librinmente

    Tutti i diritti riservati. È vietata ogni riproduzione, anche parziale. Le richieste per l’utilizzo

    della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono

    essere inviate a:

    Librinmente

    Via dei Ciclamini, 1

    00053 Civitavecchia (Roma)

    Telefono 0766.562606

    ISBN-13: 979 – 12 – 5961 – 099 - 7

    Stampato in Italia - Prima edizione

    http://www.librinmente.it

    GIUDIZIO SALOMONICO NEL CONFRONTO FRA VILLACIDRO E NEW YORK

    Ricordo sempre quando da bambino godevo ed ero soddisfatto se battevo l’acciarino sulla pietra finché il fuoco non divampava nel caminetto della casa di mio padre a Villacidro. Quella semplice e infantile impresa per me era già un grande successo. E ora ho una folta schiera di fan intorno misti a ad altri italiani curiosi ma acidi perfino qui a New York, dove sono venuto per presentare il mio thriller filosofico del passato Le cicatrici dei depressi inventati e il mio nuovo saggio di Giornalismo Poetico Viandante L’occidentale dall’andamento lento. Nell’arco della mia carriera letteraria non ho pagato nessuno per realizzare i miei sogni da scrittore, non ho dato nessun acconto ai sistemi letterari italiani subdoli e marci per poter esibire la mia ispirazione. Tutto è successo grazie al tam-tam dei miei fan e alle critiche dei miei nemici. Anche nella Big Apple mi mostro sorridente, in jeans e T-shirt da cui non esibisco nessun muscolo delineato e nessun tatuaggio. Dopo essere stato imprenditore calzaturiero, poi accompagnatore turistico, da 19 anni la mia carriera letteraria e da giornalista freelance non si ferma. Vivo perpetuamente in giro sul mondo per adempiere a tutti i miei impegni letterari, giornalistici e per le mie ricerche investigative. Aggiungo meta su meta nel percorso sul globo terracqueo e affronto avventure molto pericolose che mi mettono dinanzi a ogni tipo di affronto dai tanti nemici che mi faccio pur di poter scrivere delle verità che ci vengono occultate a oltranza. Anche stavolta a New York non sto alloggiando in hotel a 4 o 5 stelle ma sto in una sorta di pensioncina a cui sono molto affezionato. Il mio alloggio seppur piccolo è abbastanza comodo anche se il bagno è talmente minuscolo che quando mi lavo i denti devo mettere il gomito fuori per entrarci. Parlo abbastanza bene l’inglese tanto da racimolare qualche ammirazione anche per la mia continua altalena tra l’italiano e l’inglese durante le mie presentazioni letterarie in terra americana. E se non ricordo qualche termine in inglese fingo di aver bevuto qualche bicchiere di alcolici e mi faccio capire con i gesti come fanno tutti gli italiani per non aggravare un sopraggiunto imbarazzo. Il vero problema è con il telefono, con lo smartphone! Gli americani se non parli perfettamente l’inglese non te lo fanno notare. Sono più gli italiani che vivono qui che tendono a correggermi. Pure quelli, il cui inglese è molto limitato. In principio, da adolescente ho tentato di fare il cantante e sono morto subito! Adesso vivo una condizione strana in Italia: sono uno scrittore e pur avendo molti fan il sistema letterario non mi giudica esattamente così. Sono l’inventore mondiale di 3 generi letterari: la Croni-Poesia, il Thriller Filosofico e il Giornalismo Poetico Viandante ma questo ai pseudo capi della cultura italica dà molto fastidio perché l’Italia vanta una forte tradizione culturale, deve difendere uno stile letterario dalle contaminazioni degli avanguardisti e dagli innovatori narrativi come sono io. Si potrebbe dire che nel mio Paese sono un essere anomalo. L’ispirazione mi viene passeggiando, guardando. Essendo un single costruttivo e non avendo una fidanzata intesa nel senso canonico italiano, mi sfogo nello scrivere, scarico tutto lì. È una sorta di terapia. E quando l’ispirazione non viene leggo qualche romanzo dei miei scrittori preferiti: Philip Roth e Paulo Coelho. Ritengo sia una fortuna provenire da una famiglia non ricca, la classica famiglia borghese italiana. Ho amici molto benestanti che alla fine si sono trovati a lavorare nell’azienda di famiglia, pur volendo fare altro. Anche io ho cominciato a lavorare giovanissimo, subito dopo aver conseguito il diploma da ragioniere. Ho cominciato a lavorare nel negozio di calzature che aveva aperto mia madre nel 1977 a Villacidro. Ho cominciato a lavorarci in società con mia madre già nel 1991, dopo il diploma. Il negozio l’ho chiuso nel momento giusto, a marzo del 2011 quando in Italia cominciava a crollare tutto in una crisi che ora nel 2021 penso di poter definire irreversibile. Ma nei 20 anni in cui sono stato piccolo imprenditore calzaturiero ho fatto anche l’accompagnatore turistico, per poi diventare scrittore e giornalista freelance. Sin dalle scuole elementari ho scoperto la passione per la letteratura. Tra i 20 e i 25 anni leggevo molto ciò che mi piaceva, mentre i miei tanti amici all’università bevevano caffè, facevano esami, ma poi si dimenticavano tutto. Viaggiare è una delle cose più educative. Si conoscono culture e genti diverse. Ci si trova in relazione all’ambiente, si diventa un individuo differente. Ci si può reinventare, mettersi alla prova, misurarsi con se stessi. Come mete prima di tutto preferisco le città: New York, Bangkok, Parigi, Londra, Barcellona, Istanbul, Budapest, Berlino, Milano, Rio de Janeiro. Ma soprattutto preferisco New York, Barcellona e Bangkok perché sono metropoli multicentriche. Sono composte di quartieri a sé stanti e ognuno esprime una sensibilità diversa. Mi piace passeggiare ed esplorare le città a piedi. Quando sono a New York adoro perdermi tra abnormi grattacieli o tra le viuzze e le case basse di Downtown. Per quanto concerne la vita da spiaggia sono affascinato dalla Thailandia e dal Brasile. A New York, così come a Bangkok o a Barcellona mi sento a casa come a Villacidro, anzi, meglio che a Villacidro. C’è una profonda differenza tra la donna europea e quella americana. Se dico a un’americana che mi piace, per lei sono già un looser, un perdente. Se mi faccio vivo troppo presto con lei mi considera un disperato. Una donna per me deve avere tre elementi: la complicità, la voglia di giocare e di cazzeggiare, la sensualità e la tenerezza insieme. Ma soprattutto deve rispettare ciò che io amo di più: la mia Solitudine Costruttiva. Un rapporto senza queste cose per me non è buono. I pochi amici americani che ho sono simili a quelli italiani, in questo non trovo molta differenza. Le volte che arrivo nella City va bene chiunque, perché sei talmente solo che parli con tutti. Sono tutti tuoi amici. Di New York adoro il Village perché ci trovo tutto quello che mi si addice. Mi piace passeggiare pure per Alphabeth City e per il Lower East Side. A New York ho l’impressione di esserci sempre stato e che tutto sia possibile. A New York si può essere da soli o con tutti. Vai al bar ed è molto facile parlare con la gente. Da italiano, quando sono a New York vorrei che le persone che amo fossero qui, come gli amici di Villacidro o di Cagliari. Quelli di loro che non riusciranno mai a venire a New York non sapranno mai cosa si sono persi. Del resto quando sono a Villacidro o a Cagliari sono felice di essere con loro, ma poi in Sardegna mi annoio e non so cosa fare là. Vengo da Villacidro, l’amena cittadina sita ai confini fra la pianura del Campidano e una poetica catena montagnosa che dopo quaranta chilometri va a tuffarsi in mare , dove si conoscono tutti, quindi se esci dagli schemi sei visto come diverso. Ci si diploma, ci si laurea, ci si fidanza, ci si sposa e poi arrivano i figli. Se sei solo non pensano che non hai magari trovato la persona giusta o hai scelto di godere della Solitudine Costruttiva. Se sei solo sei soltanto uno che ha dei problemi. Non la considerano una scelta di vita, non la capiscono. Nelle città più grandi ci si nasconde meglio da questo punto di vista, si ha più tolleranza. New York e tante altre città americane sono aperte e libere. Tuttavia trovo che la provincia americana sia invece ancora peggiore di quella italiana. Lavoro tantissimo. Il mio lavoro è la realizzazione dei miei sogni, costa fatica, ma mi dà tanta gioia. La stessa soddisfazione che qualcuno ha a fare un figlio, io la provo quando scrivo un libro. È faticoso, ma alla fine mi ripaga di tutti i sacrifici. Ho sempre dentro il fuoco dell’artista ma vivo con i piedi per terra perché in un periodo di default economico mondiale bisogna sempre stare all’erta e vivere con la paura di dover cominciare a fare qualcosa che non piace per vivere. Non mi sposerò mai. Sposarsi è come comperare un ristorante: si finisce poi per mangiare sempre nello stesso posto. Mi piace spostarmi qui e là, provare cose diverse. Mi spaventa vedere la gente che mi chiede sempre, perché non sono fidanzato (anche se ogni tanto qualche compagna di vita ce l’ho). Non so, forse sono immaturo! Oppure ho sofferto molto. O, ancora, sono egoista, ho successo, quindi posso avere molte donne! E spesso è troppo lungo stare a spiegare che io amo la Solitudine Costruttiva. Il mio stile di vita si basa sulla verità di non farmi condizionare, ma di portare alla luce me stesso e il mio talento. Ogni stile di vita ha comunque i suoi alti e bassi. A volte anch’io mi sento molto solo. Ma a differenza di molti miei simili amo essere da solo per poi sentirmi continuamente in compagnia del mondo intero.

    DOVE LA NATURA DISPENSA TANTE MELE

    Quando qualcuno mi dice mela io penso alla Val di Non così come quando qualcuno mi dice sovrano io penso a Cesare lo storico imperatore romano. Passeggiando in Val di Non mi pareva di aver bisogno di un cifrario vegetale per poter comprendere realmente tutti i segni convenzionali elargiti dagli sterminati meleti. Finite le passeggiate poi mi ritrovavo in ambienti castellani e in atmosfere medievali totalmente Chippendale. Tanto han detto e tanto han fatto che quest’angolo di Trentino ho finito per immaginarlo come un universo parallelo dove Adamo, Steve Jobs e Biancaneve trascorrono le giornate rincorrendosi tra i frutteti. Senonché, un bel giorno, sono capitato da quelle parti e ho scoperto che non è vero niente: di quei tre non c’era traccia. In compenso, mi ritrovavo circondato da castelli pronti per entrare in una fiaba, laghi dipinti di turchese e paesini da cartolina illustrata. In tema di manieri valeva una visita quello di Thun, arroccato sulle alture di Vigo di Ton dalla metà del XIII secolo. Cortili e giardini rimanevano sempre aperti e tanto bastava per arrampicarmi fin lassù a godermi il panorama. In quel castello di campagna mi sentivo un poeta giullare senza elmo e senza cimiero che potesse testimoniare la mia appartenenza a una nobile casata. In fondo ero soltanto un umile artista. Sono sempre stato un mattiniero e i miei risvegli erano sempre sereni in quella valle distante tanti chilometri dai clangori metropolitani. Una mattina mi resi protagonista di un’inedita esperienza lacustre che era uno dei clou della valle. Mi presentai all’alba in quel di Tret, sul sentiero che risaliva fino all’omonimo specchio d’acqua e mi unii a un manipolo di coraggiosi che in ogni stagione salivano di corsa fino alle sponde del lago, si spogliavano e si tuffavano. Con loro mi spogliai e mi tuffai. Si rivelò meno impegnativa ma non per questo avara di poesia una gita al Lago di Tovel, nel Parco naturale Adamello-Brenta. Non c’era più l’alga che ne rendeva rosse le acque, ma il Tovel mi regalò comunque degli scorci idilliaci. Ma l’ultima moda era a forma di canyon, nella forra del Parco fluviale Novella, dove casco in testa e guida, mi lanciai in tutta sicurezza dentro un viaggio al centro della terra che da solo valeva una gita in Val di Non. A completare il quadro dell’affascinante Valle delle Mele, il millenario santuario di San Romedio, composto da cinque chiesette sovrapposte su uno sperone roccioso in località Coredo. Mi sentivo talmente in coesione con la Val di Non che tra il 2005 e il 2006 quando composi il mio Thriller Filosofico L’anarchia di Borotalco (pubblicato nel 2007) decisi che anche quella valle trentina, insieme alla Sardegna e al Giappone diventasse protagonista di molte ambientazioni di quel thriller filosofico. Il compendio letterario di quanto apprezzai i meleti della Val di Non poteva non centrare niente con l’evolversi dei capitoli di un Thriller Filosofico. Il mio narrativo compendiare invece trasformò una Colt in una mela succosa…

    IL NATALE È UN AMMENICOLO RELIGIOSO

    Mi accingo a vivere l’ennesima farsa natalizia in strade in cui si accalcano come ogni anno le storiche ipocrisie dell’essere umano abbracciate a un subdolo buonismo che mi accoppa. Sono già cadute le foglie gialle e arriva il Natale… Che palle! Ed ecco il panettone. E magari mi tocca il cenone. E cresce la pancia. E dopo il cenone molti partono per la vacanza. E quanto sono stupidi gli esseri umani che fanno le vacanze nel periodo natalizio, post-natalizio e per capodanno dato che è il periodo più caro per fare una vacanza. Giustifico solamente coloro che fanno le vacanze a Natale e a Capodanno lontano dall’Italia proprio perché non ce la fanno a immergersi nell’ipocrisia pre e post natalizia che inquina l’ex belpaese. E si fanno gli auguri anche se sono tempi duri e si sogna l’alternativa di un mondo alla deriva. Si frequenta gente, si vedono parenti, si sorride al nemico mentre si sogna di essere dall’altra del mondo per potersi svaccare o per fermarsi a pensare. Forse nell’esprimere il mio odio per il Natale religioso mi sono fatto prendere la mano e ho palesato il mio annuale acutizzarsi di un malessere che puntuale si ripresenta nel periodo attorno al 25 dicembre. Trovo struggente l’essere circondato da tanti festaioli deficienti. Preferirei dondolarmi in cielo su un aerostato in solitudine o fare l’aerobica sul bagnasciuga di qualche spiaggia caraibica. Il fatto è che le feste comandate le odio e mi mettono a disagio perché io non riesco a essere falso e ipocrita. Non riesco a fingere bontà e felicità perché il Natale è sempre stato un ammennicolo religioso. Potrei smarcarmi da periodi di falsità storica, da tutti i conformismi e dalla esasperazione di un vomitevole materialismo tutto italiano. E allora a Natale mentre il mondo si bacia e si abbraccia io amo restare da solo. In una solitudine, vera, costruttiva e veramente riflessiva. A Natale tutti si agghindano a festa. A Natale tutti si agitano come delle alici negli oceani. A Natale tutti ti alitano addosso i residui dei cenoni e della loro subdola esistenza. Ma i cristiani che festeggiano il Natale sanno cos’è veramente il Natale?! Per noi che abitiamo nell’Emisfero Nord, il Natale è il solstizio invernale, una festa planetaria che ci rimette in relazione al sole e agli astri, una sorta di appuntamento astronomico che accomuna popoli e religioni, proprio perché deriva da un’antichissima e misteriosa sapienza. Il Natale, prima di essere Babbo Natale (che non è quello bianco e rosso della Coca Cola ma è San Nicola, un santo turco) era una festa pagana, era la festa del ritorno alla luce. Attorno al periodo che va dal 20 al 24 dicembre il sole si ferma, quelle sono le notti più lunghe dell’anno, poi si riparte, le giornate ricominciano ad allungarsi lentamente. E’ quindi una rinascita, la nuova vita riparte, e la metafora del bambino che nasce calza a pennello. E infatti il cristianesimo ha recuperato e citato riti antichissimi, e una sapienza che si perde nella notte dei tempi. E, nella celebrazione della luce che ritorna a splendere, ecco il perché delle tradizioni di fuochi e falò. Il giorno di Natale è quindi un appuntamento che vale per tutta la Terra (sia pure in senso opposto e rovesciato in base agli emisferi): in questo giorno batte una sorta di orologio astrale che è mondiale. Che meraviglia: il nostro pianeta in quel giorno segna la stessa ora solare. È il ritorno della Terra in un punto preciso, segno di stabilità. È il culto più antico che si conosca, ed è misterioso perché gli antichi, oltre a questa misurazione astrale conoscevano anche quella che deriva da un computo lunghissimo (la Precessione degli Equinozi, che dura migliaia di anni). A pensarci il mistero è tutto lì, in questa conoscenza che ha prodotto i monumenti più straordinari dell’antichità, tutti orologi astrali e osservatori astronomici. Dobbiamo pensare dunque ad una civiltà antichissima e globale, visto che tutti gli edifici monumentali antichi sono orientati e costruiti secondo questo calcolo astrale? Se vi capita di andare in vacanza in Messico andate a vedere il sole sulle piramidi, se andate in Cambogia guardate le guglie di Angkhor Vat. Se siete in Egitto attenzione alle statue del Tempio di Abu Simbel che si illuminano in questo specifico giorno, se siete in Perù non potete perdervi il sorgere del sole esattamente in un punto a V sulle montagne che circondano Machu Picchu che sorgendo il 21 dicembre inquadra le tre finestre del Tempio del Sole, se siete in Sardegna osservate i Nuraghe, se andate a Stonehenge attenzione all’orientamento delle pietre, e se siete a Bologna, andate dentro a San Petronio e tenete d’occhio il raggio di luce che entra dal buco fatto apposta sul soffitto della chiesa. Si tratta, sempre e comunque, di orologi solari, che ci dicono la stessa cosa: segnano il ritorno del sole, celebrano il sollievo dell’umanità, esorcizzano la paura del buio perenne o di qualche inconsulto giramento dell’asse terrestre. Io, a casa mia, ho segnato sulla parete, di fronte alla finestra, il punto in cui entra la luce in questo giorno. E quando vedrò questo raggio di speranza, saprò che tutto va bene, avrò la conferma che il mondo continua, che la Terra prosegue nel suo viaggio: è la bellezza del Natale che non ha niente a che vedere con la religione cristiana ma è il suo essere una festa di fratellanza universale con tutti i suoi simboli. Il Natale, nonostante tutto, ha quindi un suo perché! Un perché che non ha niente di religioso. Infatti io a Natale non auguro Buon Natale ma auguro Buon solstizio a tutti voi!

    L’ANORMALE PIANETA CON LA FEBBRE

    La nostra generazione sarà l’ultima a conoscere le piste da sci con la neve naturale. Infatti, tutti i percorsi sciistici presto diventeranno delle stole biancastre dove la vera neve verrà supplita per sempre. E che gli illustri scienziati la smettano di cercare si subornarmi con dati falsi per indurmi a smetterla di suscitare allarmismi. Già oggi tanti individui si riducono a praticare sci e snowboard su strisce di neve artificiale che interrompono un secco paesaggio grigioverde. Quando qualcuno vi parla di riscaldamento del pianeta o di cambiamento climatico non pensiate che si tratti di una questione remota che emerge nei giornali ogni tanto sull’onda di qualche spesso poco proficua conferenza internazionale. Le conseguenze sono qui e ora e sono per molte parti del pianeta ben più drammatiche che una settimana bianca che bianca non è. Cionondimeno, in tutto il mondo il turismo è diventato uno dei maggiori settori industriali ed è dunque d’importanza capitale capire quali saranno gli effetti del cambiamento climatico dei flussi, le mete e le caratteristiche delle nostre vacanze. Taluni inneggiano a non preoccuparsi per questi cambiamenti climatici tanto le cime delle montagne continueranno a svettare con naturale magnificenza e gli alpinisti e gli escursionisti continueranno a faticare col loro tascapane pieno di fiducia per raggiungerle. Invece, secondo una ricerca commissionata di recente dalla Valle d’Aosta alla Società Meteorologica Subalpina e confermata da studi dell’Università di Zurigo, tra il 2030 e il 2050 il 58% delle stazioni sciistiche alpine non sarà più in grado di garantire un innevamento adeguato. I ghiacciai di tutto il mondo sono in regresso e se quelli delle Alpi potrebbero non vedere l’inizio del nuovo secolo ancora peggio sembrano stare quelli delle Ande e dell’Himalaya. Secondo uno studio del Worldwatch Institute di Washington, nell’Artide in poco più di una settimana è scomparsa un’area ghiacciata grande come la Gran Bretagna (la diminuzione percentuale media annua è del 10%). Pensate che il solo scioglimento della coltre di ghiaccio della Groenlandia potrebbe far innalzare di 7 metri il livello degli oceani. Molte isole coralline che oggi attirano viaggiatori come luoghi di bellezza struggente si vendono già nella prospettiva di un ora o mai più, mentre i grandi fiumi, il Gange tra i primi, sembrano volersi trasformare in corsi d’acqua stagionali. La cosa più inquietante e tenebrosa di questo processo è la sua progressione non più costante, ma a effetto soglia: si avvicina, infatti, il momento in cui l’equilibrio termico si potrebbe rompere improvvisamente e catastroficamente. Siamo prossimi a un testa-coda perenne che rivoluzionerà le nostre esistenze e ci farà sentire perennemente senza speranze, un po’ come si sentono i tonni all’interno delle reti di una tonnara. Il pianeta meraviglioso e da sogno potrebbe trasformarsi velocemente in una toilette puzzolente nella periferia dell’universo. Gli scienziati del Jet Propulsion Laboratory della Nasa a Pasadena misurano quotidianamente lo scioglimento dei ghiacci groenlandesi. Recentemente hanno dichiarato: Vediamo cose che 9 anni fa ci sarebbero apparse del tutto impossibili. Stravaganti. Esagerate. E quando il Chiantishire sarà davvero in

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