La preghiera e il divino: Scritti etico-religiosi
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In un serrato colloquio con i filosofi dell’Età Moderna, Cartesio e Leibniz, ma anche, alla lontana, con quelli del Medioevo, Agostino e Tommaso, la ricerca sul divino assume un’importanza sempre più palese soprattutto nei manoscritti del fenomenologo. La curatrice segue qui lo svolgimento di questo argomento, traducendo e commentando alcuni testi husserliani relativi al Dio dei filosofi, al Dio dei teologi e al Dio della fede, che culminano con una profonda meditazione sulla preghiera.
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Anteprima del libro
La preghiera e il divino - Edmund Husserl
A cura di Angela Ales Bello
La Preghiera e il Divino
Scritti etico-religiosi
ISBN: 978-88-382-5410-9
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Indice dei contenuti
LA PREGHIERA E IL DIVINO
PREMESSA
INTRODUZIONE
PARTE I
I. LA VIA CARTESIANA
DELLA RIDUZIONE. IMMANENZA E TRASCENDENZA
TESTI
II. LA RIDUZIONE ALL’INTERSOGGETTIVITÀ E LA MONADOLOGIA
TESTI
III. LA VIA OLTRE LE ONTOLOGIE. L’ONTOLOGIA DEL MONDO-DELLA-VITA
TESTI
PARTE II
I. DIO NELLA PROSPETTIVA FILOSOFICA
II. DIO NELLA PROSPETTIVA TEOLOGICA E COME OGGETTO DELLA FEDE
III. ARCHEOLOGIA DEL SAPERE RELIGIOSO
PARTE III
I. LA VITA ETICA TRA FILOSOFIA E RELIGIONE
TESTI
II. L’ESPERIENZA RELIGIOSA FRA FILOSOFIA E TEOLOGIA
TESTI
III. LA FEDE E LA PREGHIERA
TESTI
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA
Bibliografia dei testi citati
Altri scritti su Husserl
Inediti di Husserl citati
Manoscritti di Husserl trascritti
Collana Husserliana
Principali opere di Husserl tradotte in italiano
NOTA BIO-BIBLIOGRAFICA
INDICE DEI NOMI
UNIVERSALE
Studium
134.
Nuova serie
Filosofia/Testi
LA PREGHIERA E IL DIVINO
Scritti etico-religiosi
Edmund Husserl
A cura di Angela Ales Bello
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura
ed Universale
sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Copyright © 2022 by Edizioni Studium - Roma
ISSN della collana Universale 2612-2812
ISBN 978-88-382-5410-9
www.edizionistudium.it
PREMESSA
Vorrei soffermarmi sulla genesi di questo libro, nel quale confluisce un filone delle mie indagini che mi ha accompagnato per molto tempo: il senso dell’esperienza religiosa e la questione di Dio. Quando negli anni Ottanta del Novecento, il prof. Armando Rigobello mi ha chiesto di preparare per la Collana Interpretazioni
, che dirigeva per le Edizioni Studium, una breve antologia di scritti di Edmund Husserl – il filosofo a cui avevo dedicato la mia tesi di laurea e già alcuni libri – non ho avuto dubbi sull’argomento da scegliere.
Il primo dei volumetti pubblicati era stato dedicato da Massimo Borghesi a La figura di Cristo in Hegel, anche gli altri, curati da colleghi ed amici, vertevano in gran parte su questioni metafisico-religiose. Fino ad allora avevo dedicato la mia ricerca al tema della storia e delle scienze, ma l’argomento che veramente mi interessava era quello del divino. Avevo notato, frequentando le opere di Husserl e l’Archivio di Lovanio dove sono conservati i suoi manoscritti – gran parte dei quali in quegli anni erano inediti – che il problema di Dio non era estraneo alle analisi, alle riflessioni, alle meditazioni del fenomenologo. Avevo consultato alcuni manoscritti particolarmente interessanti, perciò, decisi di dedicarmi a questa ricerca. La mia attenzione era stata attratta dal fatto che in molti punti dell’indagine husserliana le analisi da lui compiute sfociassero in una domanda ultima riguardante il senso di tutte cose, cioè, l’Assoluto o più decisamente Dio.
Mi proposi, allora, anche con l’aiuto di illustri commentatori delle opere di Husserl, di indagare le vie che conducevano a quel punto d’arrivo. In realtà, discepoli diretti e collaboratori di Husserl avevano esplorato questi interessi husserliani: Ludwig Landgrebe, Stephan Strasser, Emmanuel Lévinas, ed anche altri studiosi della generazione successiva come Rudolf Boehm, Louis Dupré, Henry Duméry, Raymond Vancourt, Albert Dondeyne, Xavier Tilliette, proponendo interpretazioni diverse, ma tutti concordi nell’affermare la presenza del tema in questione nelle opere del fenomenologo.
Lo schema dei libri della Collana Interpretazioni
constava di un’Introduzione, di una scelta di testi e una parte finale dedicata a Linee di Ricerca
che doveva indicare come si presentava la questione trattata nel pensatore preso in considerazione e come l’indagine potesse proseguire.
E proprio riguardo alla prosecuzione della ricerca, non ho mai abbandonato questo argomento. I miei studi sono confluiti venti anni dopo – durante i quali mi sono dedicata alla traduzione e al commento delle opere di Edith Stein – nel 2005 nella monografia: Edmund Husserl. Pensare Dio Credere in Dio [1] . In questo libro l’obiettivo della mia indagine si concentrava sul confronto fra le vie che conducono a Dio proposte da Husserl e quelle classiche
, presenti nella tradizione filosofica; argomento questo che era stato discusso anche da alcuni commentatori. Nel frattempo andavo sviluppando le riflessioni contenute nell’ultimo paragrafo del volumetto della Collana Interpretazioni
, intitolato Archeologia del sapere religioso
, in un libro di più ampio respiro, Il senso del sacro. Dall’arcaicità alla desacralizzazione [2] , pubblicato nel 2014, in cui, muovendo dalle analisi husserliane e steiniane sull’antropologia filosofico-fenomenologica e sulla questione di Dio e dall’opera dello storico e fenomenologo delle religioni Gerardus van der Leeuw, presentavo le linee di una fenomenologia della religione in cui potessero confluire le ricerche storiche sulle religioni e la riflessione filosofica sull’esperienza religiosa.
Negli anni successivi insieme ad alcune colleghe era stata avviata la traduzione di alcuni testi husserliani contenuti nel volume XLII della Husserliana (2013) dal titolo Grenzprobleme der Phänomenologie (Problemi di confine della fenomenologia), il cui sottotitolo è molto intrigante: Analysen des Unbewusstseins und der Instinkte – Metaphysik. Späte Ethik. Texte aus dem Nachlass (1908-1937) ( Analisi dell’inconscio e degli istinti – Metafisica. Etica contenuta negli ultimi scritti. Testi tratti dal lascito (1908-1937). Come si può costatare questi testi curati da Rochus Sowa e Thomas Vongehr coprono un ampio arco di tempo coincidente con gli ultimi trent’anni della vita del filosofo.
Mentre partecipavo alla traduzione collettiva dei testi presenti nella prima parte del volume, pubblicata recentemente con il titolo Fenomenologia dell’inconscio [3] , procedevo privatamente alla lettura di tutto il volume e soprattutto di quegli scritti di carattere etico-religioso, che dimostravano ulteriormente come Husserl nei suoi manoscritti avesse sempre preso in considerazione la questione di Dio, della fede religiosa e del rapporto fra esperienza religiosa ed etica. Ritrovavo manoscritti che avevo già incontrato come inediti e che avevo in parte tradotti ed altri che non conoscevo, ma che mostravano essere una fonte preziosa.
Durante la lettura ripensavo alla mia prima ricerca contenuta nel volumetto Husserl. Sul problema di Dio, che nel frattempo era esaurito, e mi sembrò opportuno riprendere quelle tematiche, riproporre i testi husserliani, da me tradotti per la prima volta in italiano più di trent’anni fa, e completare l’indagine aggiungendo una selezione di alcuni scritti tratti dai Grenzprobleme. Ne è nato un libro costituito da tre parti: la prima e la seconda sono quelle già presenti nella precedente pubblicazione, benché riviste e aggiornate – anche il contenuto è disposto in modo diverso –, mentre la terza parte è del tutto nuova.
Si potrebbe dire che la prima parte è di carattere gnoseologico-metafisico, poiché concerne la conoscenza del divino e la sua essenza; la seconda costituisce un intermezzo in cui si prendono in considerazione i commenti con particolare riferimento alle due modalità fondamentali in cui può essere trattato il tema del divino: quella filosofica e quella teologica; nella terza parte emergono, invece, maggiormente questioni riguardanti l’incidenza dell’apertura a Dio dell’essere umano nella vita etica, quindi, il ruolo che l’esperienza religiosa gioca nelle scelte esistenziali, senza escludere una ripresa del tema sotto il profilo filosofico e teologico, argomento sul quale Husserl ritorna insistentemente. Interessante in questo contesto è anche la sua riflessione sul rapporto fra il singolo e la Chiesa come istituzione ed anche come comunità dei fedeli. I testi qui riportati mostrano la profondità con cui Husserl vive il suo legame con Dio, come testimonia la sua meditazione sulla preghiera, intesa come colloquio intimo con il divino, meditazione che ho posto alla fine del libro, perché mi sembra una prova significativa del suo sentirne interiormente la presenza che poteva concludere in modo appropriato questa ricerca.
INTRODUZIONE
HUSSERL E LA QUESTIONE DI DIO
Dopo la sua conversione religiosa, Edith Stein scrive che la posizione di Husserl si presenta essenzialmente egocentrica e immanentistica, infatti: «A causa della diversa interpretazione risultante dalla ricerca trascendentale, che confondeva l’esistenza con il mostrarsi ad una coscienza, l’intelletto indagante la verità non troverà mai un punto fermo. E tale ricerca – prima di tutto perché relativizza Dio stesso – è in contrapposizione con il credere. Questo è il più acuto contrasto fra la fenomenologia trascendentale e la filosofia cattolica: l’orientamento teocentrico
dell’una e quello egocentrico
dell’altra» [1] . In realtà, nell’esprimere tale giudizio, la Stein ha come riferimento la filosofia di Tommaso d’Aquino, il cui punto di partenza è Dio, la verità da lui rivelata, dalla quale prende le mosse, secondo l’interpretazione del pensiero tomista che ella propone, ogni riflessione critica: «La verità prima, il principio e criterio di tutta la verità è Dio stesso. Questo è per Tommaso il primo assioma filosofico, se si vuole così denominarlo. Ogni verità della quale possiamo impadronirci deriva da Dio» [2] .
Posta la questione in tali termini, sembra esclusa ogni possibilità di superare il piano dell’immanenza da parte della fenomenologia; ma la stessa autrice aveva affermato in una pagina precedente a quella in cui si trova il brano citato: «Indubbiamente Husserl non ha mai inteso contestare i diritti della fede. La fede è, secondo la sua concezione (insieme ad altri atti religiosi, che possono ancora essere presi in considerazione – infatti egli ha sempre lasciata aperta la possibilità di una contemplazione soprannaturale come fonte dell’esperienza religiosa –), l’autorità competente nell’ambito religioso come i sensi lo sono nell’ambito dell’esperienza esterna» [3] .
La prima osservazione della Stein pone in evidenza che la fenomenologia si inserisce nella filosofia moderna
, in una speculazione, cioè, che, a differenza di quella medioevale, non si muove in un contesto religioso, anzi è espressione di un clima culturale nel quale è stata operata una scissione radicale fra fede e ragione. Dalla seconda costatazione si ricava che Husserl, pur accettando quella scissione, non è stato ostile nei confronti dei problemi religiosi. Egli non ha condiviso certamente le conseguenze che, nell’età contemporanea in particolare, alcuni hanno tratto da quella separazione, giungendo a ritenere la religione il residuo di una barbarie intellettuale; al contrario in parecchie occasioni ha mostrato viva attenzione nei confronti della problematica religiosa.
Una testimonianza di questo atteggiamento si trova in una lettera che Husserl scrisse a Rudolf Otto il 5 marzo del 1919, nella quale esprime apprezzamento per la filosofia della religione, disciplina che egli insegnava, e riferisce che nell’ambiente universitario di Friburgo le questioni religiose erano al centro di animate discussioni. Egli nomina in particolare Oxner e Heidegger – a quel tempo giovani studiosi che frequentavano i suoi seminari – mettendo in risalto il loro interesse per i problemi religiosi, interesse che, a suo giudizio, il secondo aveva superato in una direzione decisamente filosofica, mentre il primo aveva mantenuto e approfondito. A proposito di quest’ultimo nella lettera si legge: «Per anni l’ho invitato, ogni volta che lo incontravo (dopo i seminari per esempio) a farmi visita per discutere a fondo con me le questioni di filosofia della religione (che mi interessavano sempre fortemente) suscitate da ciò che era stato detto. Ma egli venne veramente soltanto due volte e soltanto in un’occasione per una conversazione che durò parecchie ore» [4] .
In un altro punto della lettera è contenuta una vivace descrizione dell’influsso che si riteneva fosse esercitato da Husserl sui suoi discepoli e ascoltatori e non solo in senso filosofico, come ci si potrebbe aspettare, ma anche riguardo alla loro fede religiosa. Egli rifiuta di assumersi la responsabilità di aver rivoluzionato
le loro credenze, di aver indotto i protestanti a diventare cattolici e viceversa, sostenendo in particolare di non essere un nemico del cattolicesimo, ma soltanto di aver spinto i giovani verso un’onestà radicale di pensiero. Quelle accuse gli erano state mosse, in realtà, perché Oxner e Heidegger si erano orientati verso il protestantesimo; Husserl osserva che se ciò è accaduto non è stato per una sua esplicita sollecitazione, ma forse per il suo esempio di «libero cristiano» e di «protestante non dogmatico», che coltiva l’ideale di un sentimento religioso e intende la religiosità come un compito infinito [5] .
Come si può costatare nella parte antologica che segue, i testi citati confermano la testimonianza autobiografica di Husserl. La distinzione prima avanzata tra fede e ragione lo trova perfettamente consenziente; egli afferma che la sua ricerca è essenzialmente a-teologica, ma con questo non intende dichiarare di non interessarsi di Dio, vuole solo sottolineare che il suo punto di partenza è quello di una filosofia che prescinde da ogni contesto religioso come preliminare [6] . Ciò è esplicito nel Ms. A VII 9 [7] , nel quale Husserl sostiene che ci sono alcuni momenti nella storia in cui il clima culturale è religioso ed anche chi si considera ateo lo è relativamente ad esso e per questa ragione il sapere che nasce in quel contesto è «eo ipso teologico. Ma un sapere che non ammette alcuna rivelazione o non la riconosce come fatto già dato (anche da trasformare in modo conoscitivo in seguito) è atea. Perciò se un tale sapere conducesse a Dio, questa via sarebbe una via atea» [8] .
L’ateismo di cui si tratta è un ateismo metodologico, quindi, sui generis. Sostanzialmente Husserl osserva che il punto di vista filosofico nella sua essenzialità tende al superamento di ogni contingenza e di ogni legame culturale particolare e per tale ragione prescinde da ogni forma di religione. Su questo piano il discorso su Dio è legittimo, ma esclusivamente filosofico
e per nulla religioso
. Le osservazioni di Husserl si inquadrano, quindi, in un’analisi della situazione storico-culturale dell’Occidente che lo conduce a costatare la scissione tra filosofia e religione, in altri termini, l’emergenza di un processo di laicizzazione che investe la cultura europea, per cui, se si parla di Dio in una prospettiva filosofica, ciò avviene esclusivamente in termini razionali. Il proclamato ateismo, allora, non è la negazione dell’esistenza di Dio, ma la sostituzione della via filosofica a quella religiosa. Non si può affermare che Husserl assuma sempre in pieno quest’ultimo atteggiamento e che non sia disponibile anche ad un’analisi della dimensione religiosa che ne metta in risalto le caratteristiche peculiari; ciò induce a costatare la complessità della posizione husserliana nella quale si intrecciano sollecitazioni diverse. Per comprendere, quindi, il punto di