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Elementi per una psicoterapia cristiana
Elementi per una psicoterapia cristiana
Elementi per una psicoterapia cristiana
E-book176 pagine2 ore

Elementi per una psicoterapia cristiana

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Info su questo ebook

La Bibbia contiene un messaggio di salvezza per l’uomo, che non riguarda soltanto lo spirito ma che da uno spirito risanato interessa l’intero essere umano, vale a dire anche le dimensioni psichica e corporea. L’autore tenta pertanto una lettura del disagio psichico dell’uomo alla luce del più profondo malessere generato dalla discontinuità creatasi tra il senso naturale della vita e il senso culturale dell’esistenza. In altre parole, uno scarto si sarebbe prodotto tra il significato relazionale e generativo della vita e un’esistenza narcisisticamente consumata in assenza dell’Altro e, dunque, in assenza di limiti, norme e regole. All’originalità dei concetti della “Teoria dei sistemi relazionali” espressi dall’autore si accompagna così la concezione del malessere dell’uomo con riferimento ai principi biblici.
LinguaItaliano
Data di uscita4 ott 2018
ISBN9788838247422
Elementi per una psicoterapia cristiana

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    Elementi per una psicoterapia cristiana - Rocco Quaglia

    Rocco Quaglia

    Elementi per una psicoterapia cristiana

    ISBN: 9788838247422

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Abbreviazioni dei libri biblici

    Premessa

    PARTE INTRODUTTIVA

    Il trattamento psicoanalitico

    ​Psicoanalisi e cristianità

    Il problema deontologico

    Il superuomo della psicoanalisi

    ​Psicoanalisi e cristianesimo come esperienza

    PARTE PRIMA: TEORIA DEI SISTEMI RELAZIONALI

    Il bambino alla nascita

    Il bambino nello sguardo della madre

    Il passaggio dalla madre al padre

    Madre e padre: due dimensioni affettive

    Da bambino a figlio

    L’immagine parziale di crescita

    L’immagine parziale sessuale

    L’immagine parziale morale

    Il padre nell’Edipo

    I quattro amori della vita

    La relazione romantica

    La relazione adulta

    La relazione genitoriale

    La forza dello sviluppo

    Il processo psicoterapeutico

    PARTE SECONDA: PER UNA PSICOTERAPIA CRISTIANA

    L’origine del male

    L’egolatria

    Le sette passioni dello spirito

    L’egolatria invidiosa

    L’egolatria bramosa

    ​L’egolatria vanagloriosa

    Conclusione

    Bibliografia

    Universale

    Studium

    92.

    Nuova serie

    Interpretazioni / Filosofia 2.

    Rocco Quaglia

    Elementi per

    una psicoterapia cristiana

    Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell’editrice Studium Cultura ed Universale sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all’indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.

    Copyright © 2018 by Edizioni Studium - Roma

    ISBN 9788838247422

    www.edizionistudium.it

    Abbreviazioni dei libri biblici

    At Atti degli Apostoli

    Col Lettera ai Colossesi

    1-2Cor Prima e seconda lettera ai Corinzi

    Dn Daniele

    Dt Deuteronomio

    Eb Lettera agli Ebrei

    Ef Lettera agli Efesini

    Es Esodo

    Ez Ezechiele

    Fil Lettera ai Filippesi

    Gal Lettera ai Gàlati

    Gc Lettera di Giacomo

    Gen Genesi

    Ger Geremia

    Gv Vangelo di Giovanni

    1-3Gv Prima e terza lettera di Giovanni

    Is Isaia

    Lam Lamentazioni

    Lc Vangelo di Luca

    Mc Vangelo di Marco

    Mal Malachia

    Mt Vangelo di Matteo

    Neh Nehemia

    Nm Numeri

    Pr Proverbi

    1-2Pt Prima e seconda lettera di Pietro

    Qo Qohèlet

    1Re Primo libro dei Re

    Rm Lettera ai Romani

    Sal Libro dei Salmi

    1Tes Prima lettera ai Tessalonicesi

    1-2Tim Prima e seconda lettera a Timoteo

    Premessa

    Dio creò l’uomo a sua immagine,

    a immagine di Dio lo creò;

    maschio e femmina li creò

    (Gen 1, 27)

    In ambito accademico un libro come questo rischia l’impopolarità, tuttavia ho voluto scriverlo, nonostante abbia più volte rinviato la sua stesura, nella convinzione che possa essere di una qualche utilità. Se dovessi cercare una ragione per il mio reiterato rinvio, finirei sicuramente per razionalizzare, adducendo motivazioni accettabili ma prive di verità. Tuttavia, una ragione voglio riferirla.

    Erano gli anni della contestazione, e io dovevo discutere la mia tesi di laurea con un docente che era non soltanto ateo, ma era contro ogni credo religioso. Volevo laurearmi con una tesi in psicoanalisi e quel docente, giovane e appena giunto da Ginevra, era l’unico a insegnarla. Dopo le delusioni della giovinezza, ero approdato al messaggio sociale dell’uomo di Nazaret e me ne ero innamorato. Ero un credente nel suo primo amore, e dover incontrare quel docente non infondeva serenità al mio animo. Quegli era decisamente un ateo non tranquillo, anzi era pieno di non so quale livore contro il cristianesimo e i cristiani. Ricordo il primo giorno che udii una delle sue lezioni, in un’aula a gradinate gremita di studenti; ritto sulla pedana, dopo aver guardato tutti come si guarda un campo da arare, intimò a quanti fossero credenti di alzarsi in piedi. Su oltre duecento studenti impreparati a quella cattedratica domanda, circa la metà obbedì. A questi disse con decisa sicumera: «Voi dovete cercarvi immediatamente un terapeuta, poiché siete nevrotici».

    Era un docente molto preparato e pieno di fascino; le sue lezioni erano le più seguite e le più interessanti. Il suo corso era sufficiente a ripagare la noiosità e l’insulsaggine degli altri corsi. Per nulla al mondo avrei rinunciato, nonostante le mie convinzioni, a chiedergli di seguirmi nel lavoro di tesi. Pur sapendo egli di me, mi firmò il titolo della tesi senza problemi, ma mi affidò alla sua nuova assistente, la dottoressa R. Le telefonai subito, ma poiché non aveva ancora preso ufficialmente servizio all’università, mi invitò a casa sua. Avevo molti timori, immaginandola atea come il docente, e aspettandomi obiezioni e osservazioni non tanto sulla mia tesi quanto intorno alle mie convinzioni, che mal si adattavano al pensiero di Freud e seguaci. Mi accolse invece una donna, non più giovane, cordiale e piena di premure. Non ci volle molto per scoprire che era una credente piena di vita e di gioia di vivere, con molti interessi e molto impegnata nell’azione sociale. Qualcuno finalmente con cui poter parlare e con il quale sciogliere i miei tanti dubbi. La sua preparazione era eccezionale, e la sua disponibilità a parlare degli argomenti che più mi interessavano era straordinaria. In poco tempo, il nostro rapporto divenne confidenziale, rendendoci vicendevolmente partecipi delle proprie esperienze di vita spirituale.

    Giunse il giorno della discussione della tesi; lei, in qualità di contro relatore, fu generosa nei suoi rilievi. Poi ci perdemmo di vista, finché non ottenni una borsa di addestramento didattico e scientifico presso la cattedra di psicologia evolutiva, ritrovandomi nell’Istituto di psicologia sperimentale e sociale della mia università. Il primo pensiero fu di andare a salutare la mia relatrice, ma seppi che, da qualche tempo, non frequentava più l’Istituto. Chiesi di lei con discrezione, ma nessuno aveva notizie certe, neppure il suo docente, sempre attorniato da una folla costituita da alcuni studenti e da molte studentesse. Al telefono non rispondeva e la portinaia mi disse che la dottoressa non abitava più in quello stabile. Sembrava svanita nel nulla. Qualche tempo dopo, però, la vidi in una strada del centro. Torino, in fondo, è un bellissimo villaggio. La persona che incontrai era una donna diversa, cambiata, triste. Nel vedermi non mostrò né piacere né fastidio; sembrava la persona più rassegnata del mondo. Io però volevo sapere, e infine mi confessò di aver perduto interesse per l’università, per la psicologia, e anche per Dio. Prima di lasciarmi mi confidò: «Conoscere il professor N. è stato per me devastante. Non credo più in niente». Più tardi appresi che era morta.

    Leggere Freud, dopo aver letto la Bibbia, fu per me una rivelazione, poiché ritrovavo riscritte molte verità bibliche. Mostrare che il credo cristiano non soltanto non era in opposizione alla riflessione psicoanalitica, ma che in sé aveva titoli e requisiti idonei a suscitare nel lettore credente una salutare trasformazione della personalità divenne ben presto la motivazione centrale dei miei studi.

    In altre parole, il desiderio di provare che il cristianesimo non fosse il sintomo di un male dal quale curarsi divenne un pensiero costante per tutta la mia carriera universitaria. In queste pagine, non c’è una teoria sviluppata in tutti i suoi aspetti, ma ci sono le basi su cui, chi vorrà costruirvi sopra, potrà farlo, recando il proprio contributo a un tema che potrebbe rivelarsi di interesse soprattutto per quanti sono disposti a una visione dell’uomo non compresa entro i due orizzonti temporali di nascita e morte.

    PARTE INTRODUTTIVA

    Il trattamento psicoanalitico

    Nell’ambito del pensiero psicoanalitico, coesistono diversi orientamenti, ognuno con una concezione dell’uomo, con una direzione dello sviluppo psichico, con una spiegazione della psicopatologia, e, con riferimento alle premesse assunte, con una propria finalità del trattamento terapeutico. Da ciò consegue che, in conformità a una specifica teoria, potrebbe esserci in un paziente un disturbo da eliminare, un conflitto da risolvere, una carenza da colmare, una specifica configurazione psichica da correggere.

    Per Freud sono i contenuti relegati nell’inconscio a creare i conflitti, a causa delle loro richieste socialmente non accreditabili. Contenuti dell’inconscio sarebbero, infatti, desideri, ricordi, idee, pensieri, che non possono avere diritto di cittadinanza nella parte cosciente della psiche, poiché considerati inaccettabili per il sistema sociale. Quel che è rimosso, tuttavia, non è annullato, ma poiché caricato di energia pulsionale che preme in vista di un appagamento, diventa fonte di un disagio interno permanente. Il lavoro del terapeuta, paragonato da Freud a quello dell’archeologo, è stato pertanto concepito come un’indagine condotta negli strati profondi dell’inconscio. La sola condizione che consente ai contenuti inconsci di raggiungere la coscienza è che siano deformati al punto da apparire irriconoscibili, come avviene nel sogno e nei sintomi. Le esigenze contrapposte tra i desideri rimossi, da un lato, e le forze antagoniste al loro soddisfacimento, dall’altro, creerebbero pertanto un perenne conflitto, soltanto in parte risolto nelle formazioni di compromesso. La terapia psicoanalitica classica sarebbe concettualizzata come un processo finalizzato a portare alla luce contenuti di cui non si ha più alcuna consapevolezza.

    Con il passaggio dal modello delle pulsioni al modello delle relazioni interpersonali (Lingiardi et al. 2011), l’attenzione si è spostata sulle relazioni primarie, considerate sempre più centrali nella vita mentale dell’individuo. Diventa così prioritario, nell’insorgenza della psicopatologia, il ruolo delle interazioni disfunzionali tra bambino e figura di accudimento, in genere la madre. Cambiando la prospettiva circa la genesi del disagio psichico, cambia la finalità del trattamento terapeutico. Non si tratterebbe più, infatti, di liberare il paziente da fissazioni, né di cucire ferite provocate da traumi infantili, e neppure di trovare soluzioni nel conflitto tra richieste di origine istintiva ed esigenze del mondo reale. Nella prospettiva relazionale, l’intento terapeutico è di offrire al paziente la possibilità di instaurare nuovi modi di essere in relazione con gli altri. Un ambiente disfunzionale avrebbe prodotto una qualche forma di arresto evolutivo, mentre l’intervento terapeutico tenderebbe a favorire la ripresa di uno sviluppo soddisfacente. In altre parole, le cause del disagio mentale, nei più recenti modelli psicodinamici, sono individuate in una relazione madre-bambino non empatica (Kohut, 1971), o deficitaria (Winnicott, 1965), o non riflettente (Fonagy et al. 2002), o ancora, non in sintonia affettiva (Stern, 1985).

    La finalità del trattamento terapeutico si è così gradualmente trasformata, fino ad avere come fine la liberazione del paziente dalla matrice relazionale nella quale egli sarebbe, per qualche motivo, rimasto incastrato (Mitchell, 1988).

    In una visione sintetica e globale, si può riassumere l’intervento terapeutico come un lavoro che mira a mettere in luce l’organizzazione della personalità del paziente, i modi in cui le rappresentazioni interne di sé e degli altri governano le sue relazioni interpersonali, le misure di sicurezza cui egli abitualmente ricorre per difendersi da stati affettivi dolorosi. Si tratta, pertanto, di mettere il paziente in grado di stabilire rapporti con gli altri non più distorti da infantili modelli relazionali, ma con riferimento alla realtà. Mediante l’analisi del transfert, cioè dei modelli propri delle relazioni infantili ripetute nella relazione con il terapeuta, e del controtransfert, cioè delle reazioni emotive del terapeuta nei confronti del paziente, il terapeuta aiuta quest’ultimo a riconoscere l’influenza esercitata nel presente dagli elementi del passato, e a comprendere come tali elementi condizionino le sue attuali relazioni. Il tentativo della cura psicoanalitica sarebbe di assicurare al paziente un’esistenza libera da conflitti infantili irrisolti e da un passato che si ripete.

    In breve, il lavoro del terapeuta consisterebbe nello stabilire un collegamento tra la storia evolutiva dell’individuo, la patologia sviluppata, e i suoi ordinari modelli relazionali. Meta perseguita è, dunque, prendere coscienza di quanto le primitive relazioni influenzino le relazioni attuali e deformino la realtà. La guarigione sarebbe il risultato di una correzione di tali alterazioni, o di un cambiamento di impropri modelli relazionali.

    Tra le altre forme di terapie più diffuse si ricordano le seguenti:

    1. Le terapie cognitive: il terapeuta cognitivo si propone di modificare i pensieri del paziente, considerati come la sorgente dei disturbi psicologici. Le convinzioni errate produrrebbero comportamenti disturbati; da questa premessa segue il principio terapeutico di aiutare il paziente a pensare in modo più efficace, oppure a correggere pensieri distorti riguardo a sé stessi, al mondo, al futuro, con pensieri positivi.

    2. La terapia centrata sul cliente, ha come premessa la motivazione innata degli uomini a diventare migliori. Un terapeuta empatico, disponibile e fiducioso consentirebbe pertanto al paziente di migliorare le proprie capacità. L’azione terapeutica non è finalizzata a curare la malattia mentale, ma a promuovere la crescita umana e personale del paziente.

    3. La terapia esistenziale focalizza la propria

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