Essere Chiesa di frontiera: L'esperienza del progetto «Parrocchie e periferia» a Milano
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Essere Chiesa di frontiera - Arcidiocesi di Milano
Come guardare in modo nuovo ad alcune parrocchie e territori della città di Milano e della città metropolitana, intesi non come periferie, ma come frontiere
: contesti in cui le comunità locali si confrontano con ciò che è oltre, ciò che è altro.
Le parrocchie di frontiera investono risorse per sostenere l’impegno educativo che è irrinunciabile per le comunità cristiane. La frontiera non è un confine da difendere contro un’invasione antipatica, ostile, minacciosa, ma un luogo di incontro, esplorazione delle differenze come continenti affascinanti, contenimento dell’illegalità con la proposta di una vita buona possibile. La parrocchia chiede aiuto per resistere alla tentazione di costruire muri per custodire la comunità e i suoi spazi.
Testi biblici
© Fondazione di religione Santi Francesco di Assisi e Caterina da Siena, Roma 2008
© 2023 ITL srl a socio unico
Via Antonio da Recanate, 1 – 20124 Milano
Tel. 02.6713161
www.itl-libri.com
e-mail: libri@chiesadimilano.it
Proprietà letteraria riservata
Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
ISBN 978-88-7098-824-6
Prima edizione digitale 2024
PREFAZIONE
Parrocchie e profezia
Periferia, frontiera, quartiere
Non c’è da vantarsi, se si vive in periferia.
L’immagine inevitabile è che ci sia il centro della città: la città dove si esibisce la ricchezza, dove si visitano i monumenti che raccontano la storia, dove ristoranti e bar sono affollati; e poi c’è la periferia: i palazzoni dormitorio, il disordine e il degrado dei parchi, dei marciapiedi, delle panchine occupate da compagnie poco rassicuranti.
Parlare di periferia, nel linguaggio comune, non significa parlare della parte più attraente della città. Perciò quando si dice parrocchia di periferia
viene da pensare a chiese sproporzionate e vuote, cancellate arrugginite, oratori desolati.
Il progetto Parrocchie e periferia
si propone di togliere l’etichetta squalificante di periferia
ad alcune parrocchie e territori della città di Milano e della città metropolitana. Il progetto interpreta questi territori non come periferie, ma come frontiere
: contesti in cui le parrocchie e le comunità locali si confrontano con ciò che è oltre, ciò che è altro. I residenti si confrontano con chi viene da altrove, immigrazioni di diversi periodi della storia recente; i cattolici si confrontano con le differenti pratiche religiose; gli italiani, con la molteplicità dei loro dialetti, si confrontano con altre lingue e culture; uomini e donne onesti, educati, rispettosi delle regole del convivere civile si confrontano con pratiche di illegalità, maleducazione, delinquenza.
Che cosa fanno le parrocchie di frontiera? Il progetto si propone di investire risorse per sostenere l’impegno educativo che è irrinunciabile per le comunità cristiane. Si propone di interpretare la frontiera non come un confine da difendere contro un’invasione antipatica, ostile, minacciosa, ma come luogo di incontro, esplorazione delle differenze come continenti affascinanti, contenimento dell’illegalità con la proposta di una vita buona possibile. La parrocchia chiede aiuto per resistere alla tentazione di costruire muri per custodire la comunità e i suoi spazi.
Quale scopo si propone la parrocchia di periferia? L’intenzione è contribuire a fare in modo che il territorio della parrocchia non sia considerato come periferia
, ma piuttosto quartiere
.
Il quartiere si può intendere come un territorio che assume una propria identità entro la città. Diventa possibile e desiderabile che si intessano rapporti di buon vicinato. La trama di relazioni tra le persone, di alleanze tra le istituzioni e le espressioni associative del territorio rendono possibile la condivisione di luoghi di incontro, di memorie e feste. L’abitare renda consapevoli del disagio e renda praticabile e promettente la solidarietà, il contrasto all’illegalità, la promozione di una qualità buona della vita, di una percezione di sicurezza.
Il quartiere, e la parrocchia nel quartiere, insieme con la scuola, le società sportive, le associazioni culturali, le organizzazioni politiche, si propone di essere un luogo per famiglie
. Le relazioni stabili, la responsabilità educativa, le problematiche imposte dalla fragilità domandano la piazza per ritrovarsi, i servizi per affrontare le necessità, il cortile per giocare, il parco per passeggiare tranquilli con gli amici e con il cane. Questa sorta di progetto-sogno trova nella parrocchia e nell’oratorio un protagonista irrinunciabile, motivato dalla fede nel Signore, dalla missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa, dalla fiducia nel bene che c’è in tutti e dalla visione dell’umanità come vocazione alla fraternità universale.
Anche così, vivendo la periferia come frontiera e operando per farne un quartiere, la parrocchia si conferma profezia
, cioè parola di Dio rivolta al presente, alla gente, per condividere il desiderio di Dio che gli uomini e le donne possano vivere in pace sulla terra, rendere grazie per la vita e avere buone ragioni per desiderare il futuro.
Questa pubblicazione offre documentazione di come il progetto si sia avviato, abbia conseguito alcuni risultati, si sia diffuso oltre le prime parrocchie coinvolte. Questa pubblicazione è un modo per esprimere apprezzamento e gratitudine alle persone che hanno creduto, studiato e realizzato il progetto e alle istituzioni che l’hanno sostenuto.
+ Mario Delpini
Arcivescovo di Milano
Milano, 8 settembre 2023
INTRODUZIONE
Luciano Gualzetti e Stefano Guidi
La città che vedo è narrata da volti più che da numeri, da storie più che da flussi, da persone più che da organizzazioni, da desideri e paure più che da prospettive e progetti.¹
L’esperienza che ci apprestiamo a descrivere è stata possibile grazie alla decisione dell’arcivescovo Mario Delpini che così ha voluto rispondere alla difficile situazione in cui si trovavano alcuni oratori della periferia della città di Milano. Una risposta che si inserisce all’interno dell’attenzione costante riservata alle comunità cristiane che abitano contesti più svantaggiati. La periferia – ne trattiamo in termini generali – concentra diverse problematicità e non sempre dispone dei mezzi necessari per affrontarle. Lo scarto produce sofferenza. E la sofferenza va compresa, sostenuta, curata, per evitare che diventi patologia cronica.
Il progetto Parrocchie e periferia
presentato in questo volume è un’esperienza pastorale ideata e vissuta in diocesi di Milano con questa intenzionalità: ascolto reciproco, progettazione partecipata, collaborazioni in rete e un costante processo di rilettura condivisa da cui trarre spunti e prospettive possibili per essere oggi Chiesa in uscita che accetta la sfida di abitare la periferia: prima gli ultimi, per non escludere nessuno!
Un’esperienza incarnata in quattro quartieri della città di Milano in cui le povertà e le fragilità presenti nelle nostre famiglie e nella nostra società emergono e si manifestano con particolare evidenza e complessità; una progettualità in cui sono state investite competenze e risorse per sostenere il protagonismo delle parrocchie nella meravigliosa, quanto a volte difficile, missione di testimoniare il Vangelo dovunque e a chiunque, superando tutti i confini.
Una progettualità che non si accontenta di misurare le risorse messe in campo, ma che mira a cambiare le condizioni, perché, finito il progetto, la comunità possa andare avanti con le proprie gambe, coinvolgendo anche quelle persone che prima, per tanti motivi, erano o si sentivano escluse dalla comunità stessa.
La decisione del Vescovo ha avviato l’intero processo dando vita a un intervento articolato, completo e decisamente ambizioso; in larga parte imprevedibile anche agli stessi protagonisti che l’hanno pensato e realizzato, in riferimento al percorso che si è successivamente sviluppato.
Prima di entrare in argomento, può essere utile soffermarsi brevemente sui termini in questione e che sono richiamati con immediatezza e con una certa praticità fin dal titolo.
Parliamo di parrocchia e parliamo di periferia, due termini apparentemente di larga comprensione e di facile interpretazione.
Sull’idea di parrocchia, può essere sufficiente in questa sede segnalare la delicata fase di transizione che la sta interessando da qualche decennio a questa parte. All’immaginazione di una struttura quadrata, solida, monolitica e completa in se stessa, si va gradualmente sostituendo quella di una realtà più essenziale e porosa, flessibile e dunque anche sensibile ai movimenti antropologici e culturali attuali; caratterizzata da un’esperienza credente che comprende diversi gradi e livelli di adesione, che sembra relativizzare gli elementi cardine tradizionali di autorità e confine, più interessata a cercare stimoli vitali e vivaci. Come se implicitamente emergesse una domanda: la parrocchia riesce ancora a dire qualcosa di vivo, di interessante, di credibile? Soprattutto in situazioni limite?
In effetti il titolo – prendendoci in contropiede – afferma qualcosa di decisamente forte. L’accostamento tra i termini parrocchia e periferia esplicita il principio di contestualizzazione. La parrocchia – intesa come comunità cristiana – per esistere deve situarsi. È la Chiesa che prende la forma dell’abitare. Se questo principio è valido da sempre, lo è certamente di più in una città come Milano. Qui come altrove – ma forse più che altrove – la forma dell’abitare ha il valore di una presa di posizione, dentro la città e di fronte alla città. Stare nella città è il frutto di una scelta consapevole. Non si tratta di una condizione ereditaria, né di un diritto acquisito. Soprattutto nel contesto attuale, in cui la comunità cristiana – nel suo complesso – sembra soffrire senza grande riscossa creativa le pressioni di una cultura che tende a emarginarla e a ridurne la sfera di interesse.
Nel quadro specifico di questo lavoro si vuole considerare la parrocchia come la cellula viva della Chiesa nel tessuto urbano e sociale più ampio e articolato. Una cellula viva capace di generare vita buona, per tutti.
Sull’idea di periferia, rileviamo l’intreccio di varie interpretazioni possibili. Periferia è termine che segnala sia una condizione esistenziale sia un particolare contesto urbano sia un giudizio – tendenzialmente problematico quando non del tutto negativo – sulla qualità di alcuni contesti sociali. In qualsiasi caso il concetto esprime uno stato di privazione, una limitazione di possibilità, una condizione che invoca il desiderio di un riscatto. All’interno del campo di lavoro di questo progetto si è inteso assumere complessivamente questa varietà di significati, confrontandoli – nel limite del possibile – con la realtà milanese, con l’impegno di esaltare le potenzialità nascoste e ignorate della vita di periferia, distinguendo il giudizio sul contesto dal giudizio su chi lo abita.
Le periferie esistenziali si infiltrano nella complessa trama della metropoli, e il decennio delle inedite crisi che abbiamo attraversato e stiamo percorrendo (shock finanziari e monetari esportati dagli Usa in Europa; emergenza sanitaria determinata dalla pandemia da Covid; ritorno dell’inflazione e crisi energetica inasprite dalla guerra in Ucraina) ha accelerato e accelera questa tendenza, presentando scenari mutevoli e determinando l’estensione dell’area di povertà, o di rischio di caduta in povertà, in segmenti sociali che non ne erano mai stati coinvolti, o ne erano stati sinora solo occasionalmente lambiti.²
Il progetto vuole assumere lo studio del rapporto tra parrocchia e periferia come chiave interpretativa della qualità dell’abitare della Chiesa nella città e – perché no – come chiave interpretativa della città stessa. La Chiesa nella città comprende se stessa a partire dalla propria buona – o scadente – qualità di abitare la periferia. Così come la stessa città può meglio interpretarsi e comprendersi proprio a partire dalla periferia e dai fenomeni che la riguardano.
Infine, perché l’oratorio? Soprattutto per la sua facile accessibilità, l’oratorio è contesto nel contesto, situazione nella situazione, che – forse più di ogni altro – sente e ri-sente l’ambiente urbano che abita. Spesso l’oratorio si trova