L'Ultimo Concerto del Cornista
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Info su questo ebook
Questa è la storia di una giornata decisiva nella vita di Armando Zanetti, bizzarro musicista in un'orchestra sinfonica di provincia. Condizionato da un morboso rapporto di dipendenza con la madre, il povero cornista affetto da aracnofobia è l'incarnazione del fallimento.
Sarà proprio in questa disastrosa giornata che egli commetterà tutta una serie d'imprudenze che lo lasceranno segnato, coronata dal gesto estremo di ribellione che tenterà dietro le quinte del teatro per riscattarsi da una vita inetta. Ma anche un giorno infausto a volte può riservare qualche sorpresa...
Marina Joffreau
French-Italian novelist, writes also for the theatre: "All'ombra del sambuco", dark comedy in two acts, directed by Davide Di Palo and Marco Pejrolo at the Gut Nederling Theater, Munich 2009.
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Anteprima del libro
L'Ultimo Concerto del Cornista - Marina Joffreau
L’ultimo concerto del cornista
A Short Story by Marina Joffreau
Smashwords Edition, v1.3
Copyright 2011 Marina Joffreau
Disegno in copertina di Carla Lastoria
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Qualsiasi riferimento a fatti, luoghi e persone realmente esistenti è puramente casuale.
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Smashwords Edition, License Note
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Questa è la storia di una giornata decisiva nella vita di Armando Zanetti, bizzarro musicista in un’orchestra sinfonica di provincia. Condizionato da un morboso rapporto di dipendenza con la madre, il povero cornista affetto da aracnofobia è l’incarnazione del fallimento.
Sarà proprio in questa disastrosa giornata che egli commetterà tutta una serie d’imprudenze che lo lascerà segnato, coronata dal gesto estremo di ribellione che tenterà dietro le quinte del teatro per riscattarsi da una vita inetta. Ma anche un giorno infausto a volte può riservare qualche sorpresa...
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Della stessa autrice:
Il saggio di pianoforte
Eccessi canori
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Indice
Prefazione
L’ultimo concerto del cornista
Note
Un timido raggio di sole illuminava il ragno che tesseva la sua tela contro la minuscola finestra. Lo si poteva distinguere nei minimi particolari dietro il vetro, nella fresca controluce mattutina: i peli sottilissimi che ricoprivano le zampette indaffarate, le mandibole appuntite, i fili di saliva trasparente che, via via, componevano con maestria la tela. Quello spettacolo silenzioso era incorniciato dagli infissi scrostati della finestra e dalle piastrelle del bagno ricoperte da una sottile patina di sporcizia e unite fra loro da fughe annerite.
Dalle fessure del decrepito parquet insetti dalla corazza bombata uscivano in processione. Uno di loro nel suo cammino incontrò l’alluce di un piede umano e incominciò ad arrampicarvici. Solo la punta del piede poggiava sul pavimento, la gamba che gli apparteneva penzolava dal letto. Era una gamba tozza e ricoperta di una rada peluria dal colore indefinibile. L’insetto incontrò un paio di calzoncini grigiastri, poi una pancia mezza scoperta compressa contro il materasso, e una canottiera d’un bianco spento dai numerosi lavaggi, che nel sonno si era arrotolata verso l’alto. Infine, un braccio che pendeva inerte dal letto, come morto.
Quegli arti appartenevano a un uomo la cui guancia in quel momento era spiaccicata contro il cuscino. Per via della posizione della testa le labbra venivano contratte in una smorfia quasi di sdegno, scoprendo un lato dell’arcata superiore dei denti.
Il dorso del piede ebbe un fremito, avvertendo il solletico procuratogli dalle zampette di più insetti bombati che avevano seguito l’esempio del capo carovana.
Gli occhi di Armando si socchiusero quasi vitrei assumendo l’espressione assente tipica del dormiveglia. Seguì un vago stupore. Destatosi, scosse cautamente il piede per allontanare gli insetti ma facendo bene attenzione a non schiacciarli.
Adesso passeggiavano indisturbati sul lenzuolo.
Si mise a sedere e con le gambe penzoloni si voltò a guardare chi gli giaceva accanto. S’indovinava una schiena di donna che nel sonno eseguiva movimenti appena percettibili.
Armando posò entrambe le mani sulle ginocchia e, con un certo sforzo, si alzò dal letto e si trascinò stancamente nel bagno.
Un volto assonnato coi capelli tutti arruffati si affacciò allo specchio; poco dopo si udì il suono dell’urina che scendeva nella tazza e sulla faccia tonda si dipinse un’aria di beatitudine. Armando volse lo sguardo alla finestrella e scorse il ragno. Ebbe un sussulto e si bloccò come folgorato. Pure l’urina smise di colare. Il ragno aveva catturato la preda e la stava avviluppando indisturbato con la sua saliva vischiosa.
E gli si riaffacciò alla memoria un gomitolo di lana posato sul tappeto da poco prezzo ma dignitoso. Dal gomitolo partiva il filo che conduceva a un piede di donna in una scarpa dall’alto tacco affusolato. Elegante, arcuato, insieme alla linea del tacco col tallone che sembrava una continuazione dello stesso, formava una doppia curva. Il filo di lana saliva poi lungo la gamba sinuosa. Dalla caviglia al polpaccio si disegnava un’altra doppia curva, che suscitava in lui un recondito istinto a cui non sapeva dare un nome.
Rivide l’orlo d’un soffice abito estivo a fiori.
Ipnotizzato dai ricordi, Armando stava ancora guardando il ragno che finiva di avviluppare l’insetto.
Quando ritornò in sé e si portò davanti al lavandino, nello