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Racconti divini
Racconti divini
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E-book72 pagine53 minuti

Racconti divini

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Info su questo ebook

Tre racconti più uno per tre pensieri più uno: omaggiare la libertà in qualsiasi forma si decida di esercitarla; dissacrare la fortuna e l'abitudine di concedere a essa dei meriti non dovuti; esaltare la vita vissuta con l'emozione e non vista con gli occhi della rabbia; scambiare due parole sconclusionate con qualcosa che c'è e forse anche no.
LinguaItaliano
Data di uscita27 giu 2014
ISBN9786050310085
Racconti divini

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    Racconti divini - Marco Nasta

    Marco Nasta

    Racconti divini

    ISBN: 9786050310085

    Questo libro è stato realizzato con BackTypo (http://backtypo.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    Racconti divini

    Petito

    1

    2

    3

    4

    5

    ​Colpi di fortuna

    Alice

    Roberto

    Alessio

    Pasquale

    Federico

    Paolo

    ​Il geometra

    1

    2

    3

    4

    5

    6

    ​Dialogo divino

    Racconti divini

    ma anche di birra e di gin

    Basta omettere uno spazio e un calice di vino diventa il santo graal

    MARCO NASTA

    Petito

    tanto alcool, poco sesso e strana anarchia

    1

    Luglio. Sabato mattina. PierVittorio Stantoni, Petito per gli ami­ci, è sdraiato sul divano di casa, intento ad ascoltare il si­lenzio della stanza, stordito ancora dalla serata passata al pub con la compagnia. Le tapparelle socchiuse lasciano intrufolare il sole nella stanza, facendogli creare strani giochi di luce sul­le pareti e sul soffitto.

    I capelli sono umidi per il sudore grondato duran­te la notte, colpa del caldo torrido e della sbornia smaltita du­rante il sonno.

    La maglia è appiccicaticcia per il gin versatogli addosso dall’amico. L’alcol misto al sudore che traspira dal suo corpo ha riempito la stanza di un odore acre.

    Disteso, immobile. Non si muove; gli occhi sbarrati osservano il soffitto, uno schermo sul quale si incrociano i ricordi di qualche ora prima con quelli di giorni lontani ancora vivi nella sua te­sta. Ricordi forse non suoi, ricordi sentiti dire, ricordi pensati e mai vissuti.

    Intontito. Chiunque lo avesse visto ora, avrebbe pensato che Peti­to fosse totalmente rincoglionito. Le mani massaggiano il soprac­ciglio destro indolenzito, un dolore deciso come quello pro­vocato da una testata.

    Eppure sa di non aver litigato; di aver fatto il bravo; di essere finito sul divano logoro di casa dopo aver la­sciato il bancone del bar.

    Quel dolore, però, al sopracci­glio de­stro è la mazzata finale. Quell’ultimo whisky non ci volev­a pro­prio, cazzo!. Solita scusa; solita giustificazione per quel ri­morso proveniente dalla bocca dello stomaco. Ad alzarsi non ci pensa minimamente. Lo aveva fatto mezz’ora pri­ma, per soddisfare il bisogno impellente di pisciare.

    I due me­tri che separavano il divano dal bagno li aveva fatti camminando a zig zag, inciampando nelle scarpe abbandonate sul pavimento, sbat­tendo il ginocchio contro lo spigolo di un mobile e calciando inavverti­tamente una sedia. Ora steso sul divano non ha alcuna intenzione di riprovarci. E' deciso a non alzarsi più; a non ag­giungere dolo­re su dolore.

    Disteso, immobile. Così immobile da dare l’impressione di essere parte del divano; di essere un cuscino da seduta o, meglio, un co­pridivano: si, un copridivano a forma d’uomo. Immediatamente la mente poco lucida ma vivissima lo pone steso in vetrina, con le mani sul petto, un sorriso smagliante ed un cartellino appeso al naso indicante il prezzo e la dicitura Uomo Copridivano.

    Pensa ad un ladro entrato furtivamente in casa che ruba quel copridiva­no, alla faccia sorpresa di questo di capire che quell’uomo co­pridivano è l’unica cosa di valore in quella stanza puzzolente.

    Immaginare la faccia del ladro esclamante Cazzio che chiulo! lo fa scoppiare a ridere, ma la risata si tramuta subito in una tosse secca che gli toglie il fiato. Un rumore simile ad un motore die­sel ingolfato, smorzato da una bestemmia roca di incoraggia­mento a smettere di fumare.

    Si alza di scatto, restando in piedi qualche secondo a vedere la stanza ruotargli intorno. La ferma con un sonoro rutto. Infila le scarpe recuperate dal pavimento, si accende una sigaretta ed esce di casa diretto al bar per un caffè.

    Nel bar Doc, Paolo Pirola per l’anagrafe, sta in piedi vicino al bancone. La sera prima è tornato presto a casa dal pub, ed ora è vestito di tutto punto: completo grigio, scarpe nere lucide, cami­cia bianca aperta sul collo ad evidenziare la mancanza della cra­vatta.

    Parla con Rosy, la donna del barista del Gray Bar.

    Petito sulla porta del bar capisce subito che Doc ci sta provando con Rosy: evidentemente Lucio, il barista, è uscito per delle com­missioni. Doc è fatto così: lo rende euforico provarci con le don­ne impegnate.

    Quella mattina, però, Petito non ha voglia di ascoltare discorsi al­trui, né la forza di fare cose. Tanto meno potrebbe sopporta­re l’euforia di Doc.

    Buongiorno Petito. Serataccia ieri, eh? Sai che io mi sono davve­ro divertito molto.

    Doc… ‘ngiorno… Un caffè…

    "Rosy… Rosy! … ti ho mai detto che la grazia con cui muovi il do­satore del caffè e la dolcezza ferma con cui inserisci il miscela­tore nella macchina del caffè mi lascia senza parole? Credo sia questo il motivo per cui il caffè

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