Fino alle mura di Babilonia

Di Giovanni Melappioni

La difesa di un'isba è la sola possibilità di salvezza per un gruppo di soldati tedeschi separati dai loro reparti, senza nessun contatto con le retrovie, persi nel bianco accecante dell'inverno russo. Accerchiati ma non ancora sconfitti, la loro sopravvivenza è affidata al coraggio individuale e alla chiamata al dovere, unico appiglio cui aggrapparsi per non perdere il desiderio di vivere.
Prima de “L'ultima offensiva” e di “Missione d'onore”, Grosky e Woss hanno incrociato i loro destini in questo racconto breve di Giovanni Melappioni – vincitore del secondo premio al concorso Rai La Giara – macchiando di sangue la neve in Russia e scambiandosi una promessa.

• Lingua: Italiano
• Editore: Scriptorama di Pantanetti Luca
• Data di uscita: 19 nov 2014
• ISBN: 9786050337396

Anteprima del libro

La presente opera è di proprietà esclusiva dell’autore.

Se si escludono il contesto temporale e le vicende belliche, il contenuto di questo romanzo è frutto della personale inventiva dell'autore. I personaggi e le storie che di loro leggerete sono frutto dell'immaginazione e ogni riferimento a persone reali è da ritenersi puramente casuale.

CODICE ISBN: 9786050337396

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Editing, progetto grafico, impaginazione: Scriptorama

Grafica di copertina: Alessio Cisbani

Giovanni Melappioni

Fino alle mura di Babilonia

Corri!

La gamba destra affonda nella neve, la sinistra, già serrata nella stretta ghiacciata, lotta per liberarsi.

Non fermarti!

Ora è la destra a restare bloccata. E il panico non aiuta.

Corri!

Il cervello lo martella, ma non riesce ad avanzare più veloce.

Senti come gridano? Dio, quelle urla. Urlano ancora? Là dietro, urlano? Dio, sì. Quanto ci vuole a morire schiacciati da un carro?

Sembrava che le disperate grida dei suoi compagni si intensificassero invece di smorzarsi con la distanza. Imprecò fra sé, augurandosi che morissero al più presto pur di non udirne ancora le voci. Imprecò più forte, vergognandosi per quel pensiero. Colto da un crampo perse l’equilibrio, finendo a faccia avanti nel manto che lo accolse richiudendosi bianco su di lui.

Quando alzò la testa il silenzio lo frastornò: non appartenevano ai suoi camerati, le voci che lo tormentavano. Erano echi, rimasti nelle orecchie, che giocavano a ripetersi nella sua mente come se l’inconscio volesse spronarlo a muoversi, a fuggire verso un’improvvisa quanto improbabile salvezza. Si rialzò e riprese a incespicare, ogni passo affondando fino all’inguine. Era un tormento camminare in quell’inferno color latte che sembrava aggrapparsi alle gambe come melassa; nonostante fosse il secondo inverno russo che vedeva, ancora non concepiva come potesse la neve, così eterea nella fragilità dei suoi fiocchi, divenire solida come granito una volta posatasi a terra.

L’agghiacciante rombo di un motore lo costrinse a rannicchiarsi. Si guardò intorno, temendo il peggio, ma le propaggini di un folto bosco dai fusti larghi e frondosi lo divideva dai T34 che avevano attaccato la sua compagnia, massacrandola. Il rumore proveniva dall’altra parte, si spandeva nell’aria e frustava le chiome gravi sotto il peso della neve: pareva scuoterle prima di scavalcarle e piombare addosso a