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Orgoglio e sacrificio
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E-book106 pagine1 ora

Orgoglio e sacrificio

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Fantascienza - romanzo breve (73 pagine) - Le Famiglie mantenevano la pace e la ricchezza nella galassia da dieci milioni di anni. Ma un potere così grande poteva davvero essere lasciato nelle mani di pochi senza conseguenze?


La pace regna nelle galassie da dieci milioni di anni. L'umanità si è sparsa ovunque, sotto la protezione delle mille Famiglie, esseri che la tecnologia e la genetica hanno reso quasi divini, immortali e dotati del potere di terraformare mondi, di manipolare stelle, di creare la vita.

Ord ha solo una cinquantina d'anni, è ancora un bambino, quando nella casa dei Chamberlain arriva, inaspettata, una visita che mette tutti in agitazione: Alice, una degli esponenti più anziani della Famiglia. Ma perché Alice non vuole parlare con nessuno se non con Ord? Quale terribile segreto porta con sé? Cosa è accaduto davvero nel Nucleo della galassia?


Nato il 9 ottobre del 1956 a Omaha, nel Nebraska, Robert Reed ha vinto il premio Hugo nel 2007 con il magnifico romanzo breve A Billion Eves (Un miliardo di donne come Eva, Delos Books) ed è considerato in patria come uno dei massimi scrittori di fantascienza viventi. Eclettico e multiforme, Reed ha al suo attivo più di una dozzina di romanzi (tutti inediti in Italia) e circa duecento racconti e romanzi, tra cui vanno ricordati, oltre al già citato A Billion Eves, anche La verità (The Truth), apparso anch’esso su Odissea Delos Books, e Celacanti (Coelacanths).

LinguaItaliano
Data di uscita3 mag 2016
ISBN9788865307045
Orgoglio e sacrificio

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    Anteprima del libro

    Orgoglio e sacrificio - Robert Reed

    9788865307793

    1

    Quando mi sorpresi a sognare a occhi aperti la mia infanzia, ricordando i divertimenti, pensando a quanto era stata spensierata… fu in quel momento che il mio istinto cominciò ad avvertirmi che il nostro lavoro aveva preso una gran brutta piega, una piega tragica…

    Testimonianza di Alice

    Xo disse alla sua squadra che quello era un pessimo posto dove costruire e che il loro fortino era difettoso, che i Blu li avrebbero fatti a pezzi e che era colpa di Ravleen. Tutto era colpa di Ravleen. E naturalmente lei lo sentì brontolare e arrivò, interrompendo le esercitazioni e ordinando a Xo di piantarla. E lui rise, dicendo: – Tu non sei un generale. – Ord lo sentì. Lo sentirono tutti, e a Ravleen non restò altra scelta che buttarlo a terra e prenderlo a calci. Xo era un Dorato e lei era la loro Sanchex, l’eterna generalessa dei Dorati. Doveva punirlo, mirando al ventre e alle costole. Ma Xo cominciò a imprecare contro di lei. Le parole, splendenti e velenose, rimasero sospese nell’aria. – Non sei una Sanchex – ringhiava sotto i colpi – e non mi fai paura. – Poi Ravleen passò alla sua faccia, rompendogli il naso e gli zigomi, squarciandogli la pelle, spargendo il suo sangue sulla neve fresca. Tutti rimasero a guardare. Ord sostava nei paraggi, guardando la neve che si scioglieva nel sangue e lo diluiva. Vide la faccia di Xo diventare un ammasso informe e sentì la voce del giovane ridursi a una maldestra risata fradicia.

    Tule si fece avanti e disse: – Se continui a fargli male, non sarà più in grado di farne agli altri.

    Ravleen si interruppe, ansimando per la fatica, e decise che Tule aveva ragione. Lasciò ricadere il piede e si scostò dagli occhi i lunghi capelli neri, ora sorridendo, assicurandosi che tutti vedessero quanto era sicura di sé. Poi si inginocchiò e toccò la neve insanguinata, chiedendo: – Chi vuole aiutare questa merdina a tornare a casa?

    Tule era la più vicina, ma disprezzava Xo. Non le piaceva quel piantagrane; riteneva fosse suo dovere fare in modo che il lavoro del clan si svolgesse regolarmente e tutti si inchinassero ai voleri di Ravleen.

    D’altro canto, Ord era più comprensivo. Xo non era il suo migliore amico, ma era un tipo affidabile. Inoltre, per il momento erano nella stessa squadra. Un soldato aveva dei doveri nei confronti della sua squadra, e fu per questo che Ord si fece avanti e disse: – Ci penso io.

    – Poi torna subito qui – aggiunse Ravleen.

    Lui annuì e chiese a Xo: – Riesci a reggerti in piedi?

    La faccia sanguinolenta disse: – Forse. – Una mano inguantata si allungò verso di lui e Ord pensò alle costole del ragazzo mentre lo sollevava. Ma i gemiti di dolore erano un po’ eccessivi; Xo aveva una predisposizione verso il melodramma. – Grazie – borbottò, poi si mise le dita in bocca, ne tirò fuori un bianco incisivo lucente e lo scagliò verso il fortino appena eretto. Il dente centrò uno dei robot emettendo un lieve ping.

    – Andiamo – lo incitò Ord.

    Camminarono lentamente, attraversando il grande pascolo e inerpicandosi verso il bosco. Xo si fermò al primo albero, vi si appoggiò e sputò un globulo di sangue scuro. Ord si sforzò di portare pazienza. Spostando lo sguardo sul pascolo, osservò i robot che lo sgombravano dalla neve per erigere il fortino secondo il progetto di Ravleen. Un’asta metallica spuntava al centro del futuro cortile, sormontata da un immobile stendardo dorato. Le figure in tuta da neve bianca avevano ripreso l’addestramento, sei squadre che si preparavano alla nevitenzone. Il pascolo sembrava facile da difendere. Digradava su tre lati, protetto da pareti rocciose e foreste quasi verticali. L’unica via di accesso agevole era dal punto dove si trovava lui, dall’alto. Ravleen partiva dal presupposto che i Blu avrebbero adottato la strategia facile, ed era per quello che la parete più vicina aveva le fondamenta più robuste. Opponi le tue forze alle loro forze era un vecchio detto dei Sanchex. Ma se avesse avuto ragione Xo? Se lei avesse lasciato troppo deboli le altre pareti?

    – Non posso camminare in fretta – lo avvertì Xo. La sua faccia gonfia non sembrava più umana, ma l’emorragia era cessata, si stavano formando le croste e i tagli più piccoli cominciavano a guarire. Strascicando lievemente le parole, Xo ammise: – Quando parlo faccio ridere.

    – Avresti dovuto lasciare il dente dove stava – ribatté Ord. Le gengive preferivano riparare i denti, non rimpiazzarli. – O magari avresti potuto tenere la bocca chiusa fin dal principio.

    Xo fece una risatina.

    In lontananza qualcosa si mosse. Ord socchiuse gli occhi e capì che era solo un’aeronave, il cui scafo scintillava sotto i raggi del sole; e allora disse: – Andiamo. – E poi: – Sono stanco di stare fermo.

    Percorsero uno stretto sentiero, andando piano; cominciava a cadere la neve e nel bosco la neve più vecchia arrivava alle ginocchia. Non erano troppo distanti dalle pianure e ogni tanto, specialmente nelle giornate limpide, i rumori della città giungevano fino a loro da quella torrida distesa piatta. Non quel giorno, però. Una specie di silenzio imposto sembrava sospeso nell’aria. Camminare senza sentire il rumore dei propri passi rendeva Ord segretamente nervoso. Si rendeva conto di essere in allerta, come se si aspettasse un’imboscata. La guerra sarebbe iniziata sono di lì a due giorni, ma lui la stava presagendo. O forse era per lo scontro a cui aveva appena assistito.

    – Sai perché l’ho fatto? – chiese Xo.

    Ord non disse niente.

    – Sai perché l’ho fatta incazzare?

    – Perché?

    La faccia malmenata sogghignò. – Ora non devo più partecipare a questa guerra.

    – Ravleen non è così arrabbiata – ribatté Ord. – Non abbastanza da bandirti, in ogni caso.

    – Ma sono ferito. Guardami.

    – E allora? – Ord rifiutò di lasciarsi impressionare. Guardandosi sopra una spalla, osservò: – Stai camminando e riesci a parlare. Non sei ferito gravemente.

    Se non che la Famiglia di Xo, i Nuyen, erano gente prudente. Una sorella avrebbe potuto vederlo e ordinargli di restare a casa per diversi giorni. Non sarebbe stata la prima volta, specialmente se avesse continuato a lamentarsi come adesso, dicendo a Ord: – Non mi va di giocare alla nevitenzone.

    – Perché no?

    Trasalendo, Xo fece finta di soffrire. Ma a quel punto una miscela di anestetici era ormai all’opera, e lo sapevano entrambi.

    – Se riesci a stare in piedi, puoi combattere – gli ricordò Ord. – Quando sei diventato un Dorato hai giurato di servire…

    – Aspetta. – Il ragazzo attraversò la neve alta, dirigendosi verso un affioramento di falso granito. Raccolse un blocco di pietra color rosa acceso, lo riportò indietro e lo lasciò cadere ai piedi di Ord. – Me lo fai un favore?

    – No.

    – Non troppo forte. Dammi solo un colpetto qui. – Si toccò i capelli neri, corti e ispidi. – Ti sarò debitore. È una promessa.

    Ord alzò la pietra, poco convinto.

    – Falla sembrare brutta – lo incoraggiò il ragazzo.

    Ord scosse la testa, dicendo: – Prima dimmi perché non vuoi combattere. È per colpa di Ravleen?

    – Non esattamente.

    – Dimmelo o non ti aiuto.

    Il ragazzo si toccò la faccia tonda e scura con i guanti bianchi. – Perché è stupido.

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