La Gallina Cleopatra
Di J. L. Defoe
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Anteprima del libro
La Gallina Cleopatra - J. L. Defoe
1991)
I
Andrea, Paco e Cleo
Bucarest è una delle Capitali più incantevoli e gioiose d'Europa. L'etimologia del nome, bucura, significa, infatti, essere contenti.
La sera, per me, Paco e Cleo ha sempre avuto un solo significato: divertimento. Siamo al quarto giro di rum e pera, quando propongo ai miei amici un viaggio a Bucarest. Inutile sottolineare che, in tema di vacanza, abbiamo una certa propensione.
Dicono che sia un po' simile alla nostra città
affermo, cercando di mantenere un tono serio.
Nessuno dei due dubita minimamente della mia lucidità.
Si potrebbe dire che io sia l'anima del gruppo. Da me partono sempre le iniziative migliori, e bizzarre. Ragion per cui, attendono, impazienti, di essere illuminati anche in questa circostanza.
Ho sentito dire che la Romania è una meta piuttosto in voga. Ricordate mio cugino Mario? Ha deciso di mettere le tende a Bucarest.
.
Mario chi? Il segaiolo? Avrà conosciuto sicuramente qualche baldracca rumena
mi risponde, ironico, Paco.
Mio cugino Mario.
Dovete sapere che, da buon napoletano, ho una famiglia molto numerosa. Inoltre, possiedo la straordinaria capacità di trovare segni di discendenza della mia famiglia, nei più remoti angoli del globo. Così, per ogni aneddoto che racconto, spunta immancabile, un mio cugino o parente.
Di me si potrebbe scrivere di tutto. Figlio di un dentista, da subito ho mostrato una profonda allergia per gli studi e una meravigliosa attitudine per il commercio e l'arte oratoria. Posso affermare, con assoluta certezza, di essere in grado di procurare qualsiasi cosa le persone abbiano bisogno. Rigorosamente taroccata. Rigorosamente cinese, ovviamente.
Il mio amico Paco, musicista, cinefilo e attore in erba, mi paragona spesso a Red, il personaggio interpretato da Morgan Freeman nel film 'Le Ali della Libertà' per questa mia dote innata.
L'ultimo mio vanto, è stata una partita di iPod taroccati, identici in tutto agli originali. Completi persino di custodia, libretto e accessori. Sono andati letteralmente a ruba, persino in provincia.
Vendere un iPod a mio zio Carlo è stata la soddisfazione più grande. Lui, da sempre con la puzza sotto al naso, e fermamente convinto di essere la persona più intelligente e furba di questo mondo. Mi ha persino ringraziato.
Ovviamente, resto un onesto, e indefesso, lavoratore.
Tra le mie tante iniziative, ho aperto anche un sexy shop. Devo ringraziare soprattutto Cleo, il primo a credere in me, nonché il maggior investore. Certo, avrei potuto chiedere un prestito a mio padre, ma non credo che avrebbe potuto apprezzato la natura del mio progetto. Mio padre, infatti, è un uomo all'antica. Eventuali commenti negativi si sarebbero sprecati.
Tra l'altro, non so per quale arcano motivo, mi rimproverasse, ad ogni incontro, il fatto che, a differenza di mio fratello, non avessi voluto mettere la testa a posto, sposarmi, e regalargli dei nipotini.
Il sexy shop, comunque, va ben oltre le attese. Cleo ha recuperato le spese dell'investimento iniziale, in meno di quanto avessimo immaginato, e, oggi, possiamo permetterci anche di pagare lo stipendio ad un ragazzo alle nostre dipendenze.
Ovviamente, rigorosamente in nero.
Sono rimasto piuttosto sorpreso, all'inizio, dalla numerosa presenza femminile nel nostro negozio, superiore, persino, a quella maschile.
Non sono tutti dei cessi. Tutt'altro. Ecco perché la tesi di Paco, secondo cui, ormai, ci sia carenza di uomini sul pianeta, è piuttosto valida.
Probabilmente, apriremo un secondo sexy shop in provincia.
Sto rollando una canna, mentre inizio a raccontare ai miei amici dell’importanza di arricchirci culturalmente, visitando la Piccola Parigi dell'Est. Talmente importante, che saremmo dovuti partire dopo soli due giorni.
Tranquilli, ragazzi. Ho organizzato tutto nei minimi dettagli. Attendo soltanto un vostro cenno di assenso. Giovedì partiamo, e domenica rientriamo. Andiamo in avanscoperta e poi, chissà, potrebbe anche piacerci. Magari, potremmo seguire l'esempio di mio cugino Mario, e trasferirci a Bucarest
.
Ma che cazzo andiamo a fare in Romania?
interviene di botto Cleo, rompendo la magia e l’idillio iniziale.
Con tanti posti sulla faccia della Terra, dobbiamo proprio andare in mezzo ai rom e le puttane? E se ci beccassimo una malattia? Ma perché non andare in un posto esotico? Magari in Brasile? Comunque, io mi faccio da parte. Divertitevi da soli
.
Inutile dire che Cleo sarebbe partito con noi. Dei tre, lui è quello con i piedi per terra, subito pronto a metterci in guardia su questa, o quella cosa; sui problemi del mondo; sull'eventualità di un nuovo conflitto mondiale, o lo scoppio di un'epidemia planetaria. È, allo stesso tempo, anche il più imprevedibile, e quello che più ama scherzare. Soprattutto dopo una fumata o una bevuta. Cosa che avviene con una certa frequenza.
Cleo è il suo soprannome, da me coniato una sera quando, nel pieno dello sballo, lo guardai in faccia e, serio, gli dissi Somigli proprio a quella troia di Cleopatra
.
Accostamento che, probabilmente, non gli dispiacque nemmeno. Non a caso, spesso ama ripetere che, nel suo mestiere, bisogna essere anche un po' troie.
Ragazzo di bella presenza, tipicamente mediterraneo e molto curato, ha sempre riscosso successo tra le donne ma, in un ipotetico trenino tra uomini, credo che gli piaccia, e non poco, stare nel mezzo.
Cleo fa l’architetto. È piuttosto bravo nel suo mestiere, che consiste, esclusivamente, nel procacciare i clienti. Nel suo studio, invece, a lavorare sono soltanto le sue segretarie. Tre balde signorine che gestiscono, ed operano, sotto la supervisione del nostro amico; schiavizzate, sottopagate, lavorando per orari assurdi, ed assunte con la scusa di dover fare esperienza. Le mie donne, ama spesso ripetere, riferendosi alle ragazze alle sue dipendenze.
Il suo grande difetto è l’attaccamento morboso al cellulare. Non di rado capita di vederlo parlare contemporaneamente con almeno due, se non tre persone. Lo fa per lavoro. Alla mamma, infatti, non riesce a dedicare più di 30 secondi di conversazione.
Dai, Cleopatra. Magari ti trovi un bel Principe di Valacchia che ti scopa, e ti sistemi per tutta la vita. In fondo, si tratta soltanto di tre notti. Considerata la tua posizione, allo studio, possono tranquillamente fare a meno di te. E, poi, sai benissimo di essere in debito con me
.
Il riferimento è ad una storia datata, che Paco, puntualmente, rinfaccia a Cleo, ogni volta che se ne presenti l'occasione.
Cazzo, Paco, sono passati più di due anni, e ancora continui con la storia di Pallina?
.
Pallina, è la collaboratrice d'eccellenza dello studio di architettura. Si potrebbe affermare che, da sola, svolga le funzioni di cinque persone normali; oltre a compiti di segretaria.
Laureata in Architettura col massimo dei voti, è arrivata per pura coincidenza nello studio di Cleo circa tre anni fa e, da allora, non è un caso che lo studio sia decollato.
Come sempre, purtroppo, c'è un rovescio della medaglia. Il suo soprannome, infatti, le era stato affibbiato a causa della statura bassa e la linea tutt'altro che slanciata. Credo che il suo vero nome fosse Sabrina.
Ragazzi, Pallina vuole lasciare lo studio
ci disse Cleo, sconsolato, una sera.
È in una fase di crisi interiore e vuole andarsene. Quella troia. Dice di sentirsi brutta e poco apprezzata
.
Diciamo che non ha tutti i torti. Per non parlare, poi, dello stipendio da fame che le dai. Dalle l'aumento, e vedrai come si sentirà apprezzata
furono le mie parole.
No, no. Ho fatto di meglio, ma ho bisogno di te, Paco. Ho provato a consolarla in tutti i modi ma, credimi, non c'è stato verso. Poi, le ho detto che, in più di una circostanza, mi avessi espresso il desiderio di conoscerla un po' meglio. Il suo umore è cambiato radicalmente
.
Ricordo perfettamente, ancora oggi, l'espressione meravigliata del mio amico.
Che cosa? Stai scherzando, vero?
gli disse, mentre, io, avevo difficoltà a trattenere le risate.
Dai, Paco. È sufficiente che tu ci esca soltanto una sera. Cosa vuoi che sia? Soltanto un paio d'ore, una scopata e basta. Le metti un cuscino in faccia. Guarda, ti ho preso una bella bustina di erba. Fumatela con calma. Magari, ti sembrerà di vederla bellissima, allo stesso modo in cui Jeff Black guardava un'obesa Gwineth Paltrow, in quel film. Dai, te ne sarò grato per sempre
.
Paco inveiva contro il nostro amico mentre io, a stento, riuscivo a trattenere le lacrime, rincarando la dose.
Dai, penso che tra obesi ve la intendiate piuttosto bene. Potreste farvi i massaggi sulle smagliature, oppure, controllare le bucce d'arancia. Tra l'altro, non capisco perché fai tanto lo schizzinoso. Hai sempre avuto il debole per le donne in carne
.
Un giorno, e dovesse mai capitare quel giorno, ti chiederò di contraccambiarmi la cortesia, pareva dicessero gli occhi di Don Paco Corleone. Fatto sta, che Paco, da buon amico, la sera dopo, uscì veramente con Pallina. Non ci disse mai come andò, né cosa fecero. La ragazza, però, dovette sicuramente apprezzare, considerato il modo in cui si mise a trottare al lavoro, il giorno seguente.
II
Destinazione Romania
La sveglia segna le 07:20. Come sempre, sono in ritardo.
Il volo parte alle 10:50 da Capodichino e ancora non ho preparato la valigia. Ho la testa che mi scoppia, e appena tre ore di sonno alle spalle.
Volo nel vero senso della parola. Una doccia, spuntatina alla folta barba, deodorante alle ascelle e spruzzatona di Joop dalla testa ai piedi. È probabile che anche la signora Carmela, al piano inferiore, possa sentire la mia straordinaria fragranza.
Prendo il mio amato trolley, mettendo lo stretto necessario per quattro giorni. Poi, uno zaino da trasportare a mano con un paio di iPod cinesi e qualche oggetto dal mio sexy shop. Magari, potrebbero tornarmi utili.
Ultima controllata al portafogli, prenotazione dei biglietti, carta di credito e documento. Credo che non manchi nulla. Il tutto, nell'arco di appena 52 minuti.
Mi domando se Paco e Cleo, siano nella mia stessa condizione, in questo momento.
Occhiali da sole, e cellulare alla mano, corro in direzione della Metro, distante poco meno di un chilometro da casa mia. Chiudo a chiave la porta dietro di me e scendo di corsa le scale. L'ascensore è in riparazione da quasi una settimana, ragion per cui sono costretto a scendere a piedi i cinque piani che separano il mio appartamento dall'ingresso della palazzina. Mario, il portiere del Palazzo, è, come sempre, nella guardiola, sprofondato nella sua poltrona lercia.
Sempre di fretta? Non sa che la fretta fa i gattini ciechi?
mi dice, con un sorriso beffardo.
Porca puttana, dico fra me, toccando i gioielli di famiglia con la mano sinistra, in segno di scaramanzia. Anche stamattina, il grasso e occhialuto portiere, non mi ha risparmiato con la sua benedizione, presagendo scenari infausti ed apocalittici per il sottoscritto. Fulmino con lo sguardo l'uomo nella guardiola.
Quanto ti odio, vecchio di merda
dico, quasi rischiando che mi sentisse. Credo, in ogni caso, che sapesse perfettamente, di non riscontrare alcuna simpatia da parte mia. Tutt'altro. Naturalmente, si tratta di un odio reciproco.
Mi incammino verso Piazza Medaglie d'Oro, direzione metropolitana. A quest'ora, Napoli, è già un caos, tra venditori ambulanti che urlano, traffico allucinante e clacson che suonano all'impazzata.
Adoro, però, questo caos. Adoro la mia città. Il sole che splende tutti i giorni, già dalle prime luci del mattino. Il mare. Il Vesuvio. La collina col suo Castello. Amo la mia città. Nonostante i tanti difetti.
Il simbolo della Metropolitana è ben visibile. La mia destinazione è prossima. Ho la grande fortuna di abitare in una zona piuttosto centrale, ottimamente servita dai mezzi pubblici. Dell'affidabilità di questi ultimi, però, potrei sollevare numerosi dubbi.
Dio, fai che almeno oggi funzioni. Soltanto oggi
dico.
Non sono credente. Non amo la chiesa. E non vorrei nemmeno scomodare santi e dei. Ma quando di tratta di metro, meglio non correre rischi.
Nemmeno il tempo di convalidare il biglietto, ed ecco, puntuale come sempre, l'annuncio: La circolazione è temporaneamente sospesa, ci scusiamo per il disagio. Seguiranno ulteriori comunicazioni
.
Quella voce. Quanto la detesto. Per chi, come il sottoscritto, utilizza spesso i mezzi pubblici, quella voce è ormai di famiglia. Penso di averla sentita più spesso di quella di mia madre.
Porca Troia, dico tra me. Sarà il presagio infausto di Mario. Così, inizio ad imprecare contro il vecchio portiere, reo di avermi scagliato contro, una potente maledizione. Naturalmente, non risparmio neppure la voce della donna dell'annuncio, tar le mie imprecazioni.
Mi avvicino all'omino che lavora in stazione, scoprendo, mio malgrado, che non è in grado di darmi neppure una motivazione. Tempi di attesa? Incerti. Non preventivabili.
Ho sempre provato, credo con ragione, una certa avversione per i trasporti pubblici. Più correttamente, una repulsione. Adesso, più che mai. Vaffanculo Napoli. Vaffanculo a questa città. Vaffanculo alla metro.
Mi dispiace, dovete attendere l'annuncio del dirigente. Non so altro. Io sono soltanto addetto ai varchi e ai monitor
mi dice l’addetto dal basso del suo metro e mezzo.
Che cazzo, puffo quattrocchi di merda. Nano infame. Ma che cazzo sta a fare se non sa nulla. Che persona inutile
impreco fra me.
Chiamo subito Paco, per informarlo dell'accaduto; magari, potrebbe trattenere l'aereo, o dare un allarme bomba, in modo da far ritardare la partenza. Purtroppo, non è raggiungibile. Provo con Cleo, ottenendo il medesimo risultato.
Chissà, come mai, al momento dell'occorrenza, i cellulari siano sempre irraggiungibili, o scarichi.
L'orologio della stazione indica le 08:45. Sempre che funzioni.
Qui, a Napoli, non funziona mai niente. L'unica cosa puntuale, da queste parti, sono i guasti ai trasporti pubblici. Non mancano mai. Ormai è abitudine.
Esco dalla metro. Di taxi, nemmeno l'ombra.
Che cazzo
.
Addio amici miei. La fortuna mi ha abbandonato. Non riuscirò mai ad arrivare in tempo. Partite, e divertitevi senza di me. L'abbattimento, giunto al culmine, scompare improvvisamente alla vista di una Fiat Panda 4x4, color cacca scambiata.
Non sono amante dell'orrido. È l'auto di mio cugino Tobia.
Che bello avere una famiglia numerosa.
L'unico al mondo, che potesse possedere quel relitto con quattro ruote, ma, in quel preciso istante, la mia àncora di salvezza.
Tobia. Tobia. Ma che ci fai, qui?
gli grido contro.
Mio cugino è un tuttofare. Fa l'idraulico, l'elettricista, il carrozziere, il carpentiere, il muratore. Purtroppo, non ha nessuna capacità per svolgere, in modo decente, uno solo di questi lavori.
Un giorno, gli chiesi di dare una sistemata al mio citofono ed ottenni, come risultato, un corto circuito in tutta la palazzina. Ho sempre sostenuto di non conoscere chi avesse fatto i lavori in casa.
Tobia è uno di quei ragazzoni tutto lavoro, e lavoro. All'inizio, era una necessità, dovendo sfamare una moglie e quattro figli. Poi, è diventata un'abitudine. Oggi, non può farne a meno.
Un uomo che sta troppo poco con la famiglia, non sarà mai un vero uomo, avrebbe detto di lui Don Vito Corleone.
Tobia, devo andare urgentemente in Aeroporto e, qui, non c'è nemmeno un taxi di merda. La metro è rotta. Tanto per non cambiare
.
Normale amministrazione pare dirmi Tobia, scrollando le spalle.
La famiglia. Che bello avere una famiglia tanto numerosa.
Purtroppo, mio cugino mi informa di avere un appuntamento urgente, e non è in grado di aiutarmi.
Prima che lo sconforto si impadronisca, succede l'insperato. Dalle scale della metro spuntano dei viaggiatori sorridenti.
Sia lodato Cristo. La metro funziona di nuovo.
Senza neppure salutare mio cugino, scendo come un forsennato le scale; supero i varchi di accesso, mentre fulmino