L'omeopatia - Le malattie guarite col metodo dei simili
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Info su questo ebook
Senza paura di errare si può affermare che la scienza medica oggi ha preso un indirizzo diverso che nel passato: si comincia a comprendere che l'organismo umano non va più studiato esclusivamente nelle sue singole parti ma come un tutto unico sintetico.
Se questo libro otterrà che si prenda in considerazione la “teoria dei simili” e la terapeutica che ne deriva, in modo che si diffonda un po' più fra noi e che apporti sollievo ad un maggior numero di sofferenti, che potranno per essa risorgere a nuova vita, non si potrebbe avere soddisfazione migliore.
Si parla, in maniera comprensibile a tutti, di un vecchio metodo di cura trascurato dai medici d'Italia, sebbene abbia basi scientifiche e nella pratica abbia conseguito in ogni tempo risultati brillantissimi: l’Omeopatia!
Quando il paziente ed i suoi famigliari reclamano l’intervento del medico, non gli impongono un metodo di cura, chiedono soltanto la guarigione o il miglioramento del malato; essi non dubitano affatto che il medico, in cui ripongono la loro fiducia, non conosca a fondo tutti i metodi per guarire le malattie e non scelga quello che con maggior sicurezza e rapidità raggiunga il desiderato scopo. È affermazione vera che pazienti e medici nella quasi totalità non conoscono l'omeopatia: non si sa nulla o quasi nulla dei principi su cui poggia, dei vantaggi che ne derivano. Ora non conoscere un metodo di cura per chi voglia veramente esercitare con coscienza l'arte umanitaria, alla quale si è dedicato, è cosa riprovevole e non permessa. E quando si tratta di una terapia che in paesi che sono all'avanguardia della civiltà è già chiamata la medicina positiva e che presto, per il consenso che alte autorità mediche le hanno dato e per il continuo affluire ad essa di medici dell'altra sponda, occuperà il primo posto nell'arte del guarire, ignorarla è delitto! L'Omeopatia, parola greca (omoios = simile, pathos = malattia) è una terapia che ha per scopo di guarire o di sollevare i malati somministrando loro rimedi, che, esperimentati nell'uomo sano, a dosi patogene producono sintomi simili a quelli della malattia che si vuole combattere. L'omeopatia dunque applica il principio di similitudine (similia similibus curantur) mentre la medicina allopatica, quella che è adottata dalla maggior parte dei medici d'Italia, applica il principio dei contrari (contraria contrariis curantur).
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Anteprima del libro
L'omeopatia - Le malattie guarite col metodo dei simili - Dott. Oddo Pace
P.
PARTE PRIMA
CAPITOLO PRIMO
CHE COS’È L’OMEOPATIA
Nihil novi sub sole!
ed io non vi dirò cose nuove. Vi parlerò soltanto, e vorrei farlo in forma piana e comprensibile a tutti, di un vecchio metodo di cura trascurato dai medici d’Italia, sebbene abbia basi scientifiche e nella pratica abbia conseguito in ogni tempo risultati brillantissimi: Intendo parlare della Omeopatia!
Quando il paziente ed i suoi famigliari reclamano l’opera del medico non gli impongono un metodo di cura, chiedono soltanto la guarigione o il miglioramento del malato; essi non dubitano affatto che il medico, in cui ripongono la loro fiducia, non conosca a fondo tutti í metodi di guarire le malattie e non scelga quello che con maggior sicurezza e rapidità raggiunga il desiderato scopo. È affermazione consona al vero che pubblico e medici nella quasi totalità non conoscono l’omeopatia: la si tiene in non cale, la si dileggia magari (non avete mai inteso chiamarla la medicina dei confettini
?) ma non si sa nulla o quasi nulla dei principi su cui posa, dei vantaggi che ne derivano. Fosse però solo il pubblico ad ignorarla! Potrebbe esserne edotto! Purtroppo anche í sanitari come ho detto, per la maggior parte o non la conoscono o non l’hanno studiata né approfondita o ne hanno del tutto un concetto erroneo! Ora non conoscere un metodo di cura per chi voglia veramente esercitare con coscienza l’arte umanitaria, alla quale si è dedicato, è cosa riprovevole e non permessa. E quando si tratta di una Terapeutica che in paesi che sono all’avanguardia della civiltà è già chiamata la medicina positiva e che presto per il consenso che alte autorità mediche le hanno dato e per il continuo affluire ad essa di medici dell’altra sponda, occuperà il primo posto nell’arte del guarire, ignorarla è delitto! L’Omeopatia, parola greca (omoios = simile, pathos = malattia) è una terapia che ha per scopo di guarire o di sollevare í malati somministrando loro rimedi, che, esperimentati nell’uomo sano, a dosi patogene producono sintomi simili a quelli della malattia che si vuole combattere. L’omeopatia dunque applica il principio di similitudine (similia similibus curantur) mentre la medicina allopatica, quella che è adottata dalla maggior parte dei medici d’Italia, applica il principio dei contrari (contraria contrariis curantur). L’omeopatia è antica quanto la medicina.
IPPOCRATE, il padre della medicina, dichiarava già: la malattia è prodotta dai simili ed il malato ritorna alla salute per mezzo dei simili che gli somministrano
ma venne GALENO e combattendo le idee di IPPOCRATE fece trionfare la terapia dei contrari. Malgrado che P. ARACELSO ed altri tentassero di combatterla, questa dei contrari è stata la terapeutica fin qui insegnata nelle nostre scuole; le idee di IPPOCRATE caddero nell’oblio e solo HAHNEMANN ha avuto il merito di farle rivivere.
Giudicare una religione dai suoi sacerdoti è forse un errore, è però un errore che si commette tutti i giorni
. E trattandosi di una terapia, che è stata per tanto tempo giudicata falsamente, parlandosi degli omeopatico come di pazzi o di ciarlatani, il conoscere a fondo HAHNEMANN e la sua vita porterà una base nuova sulle sue idee e le renderà per lo meno degne di un esame attento e obbiettivo. Racconterò dunque sommariamente la vita di questo Maestro.
CAPITOLO SECONDO
IL SOLE DI MEISSEN
SAMUELE FEDERICO CRISTIANO HAHNEMANN nacque a Meissen, piccola città della Sassonia, il 10 aprile del 1755. Suo padre, pittore in porcellana, (era impiegato nella fabbrica di Meissen) era uomo di ingegno che aveva molto viaggiato e che poté dare preziose lezioni all’anima del fanciullo, avido d’imparare. La mamma Giovanna Cristina Spiess gli fu maestra nei primi studi. Egli aveva temperamento serio, spirito di osservazione, dolcezza di carattere. In famiglia non vedeva che esempi di rettitudine e di semplicità: qual meraviglia se il suo spirito sia stato fino dall’infanzia aperto alla visione del retto e del buono? A dodici anni entrò nella scuola provinciale: il dottor MULLER, direttore di questa scuola, uomo di una probità ed elevatezza a tutta prova, si affezionò vivamente al giovanetto per le sue doti di cuore e di mente: intelligenza viva e pronta, ardore eccezionale al lavoro, amore per gli studi classici, disposizione spiccata per le scienze naturali, bontà d’animo, tutto ciò conquise l’animo del maestro, che Io indirizzò nel modo più lusinghiero nella via del sapere. E poiché il padre per la modicità delle sue risorse non voleva che suo figlio proseguisse gli studi, il dottor MULLER molto si adoperò per facilitargli il compito e riuscì a persuaderlo che il giovine SAMUELE meritava che non gli si precludesse la via ad un avvenire brillantissimo. Così egli poté percorrere tutti gli studi classici; poté apprendere a parlare e scrivere correntemente l’inglese e il francese; ebbe profonde cognizioni di filosofia e di scienze. La sua dissertazione sulla Struttura della mano dell’uomo
fu assai apprezzata. Era tempo di scegliersi una professione ed egli volle dedicarsi all’arte medica; ma doveva guadagnarsi il pane, giacche partì per Lipsia avendo per viatico solo 25 fiorini: era poco per chi li riceveva, ma era pure tutto ciò che la tenera affezione paterna poteva offrire, ed egli se ne accontentò. Sapeva che l’attendevano privazioni e preoccupazioni ma accettò senza esitare una posizione così difficile. Di giorno studiava e di notte lavorava: era forte di anima e di corpo e riposando una notte su due, dedicava le altre a traduzioni dall’inglese e dal francese, lingue che conosceva alla perfezione, ritraendone di che vivere. Dava anche qualche lezione di lingua durante il giorno. L’unico danno fu di divenire fumatore arrabbiato, dovendo ricorrere alla pipa per vincere il sonno nelle sue laboriose veglie! Stette due anni a Lipsia ma egli desiderava un ambiente più grande, dove avesse trovato mezzi più adatti di istruzione, ed avendo a forza di economie raggranellato una piccola somma, se ne partì per Vienna per apprendere alle lezioni del celebre QUARIN: per mancanza di risorse però dovette dopo soli nove mesi rinunciare a Vienna, ed andarsene a Leopoldstadt, dove in grazia della protezione dello stesso QUARIN fu autorizzato a curare malati di ospedale e ad esercitare medicina in città, favore specialissimo che ci dice quale stima e fiducia egli aveva saputo ispirare a questo dotto clinico.
Poco tempo però stette in questa città, giacché il governatore di Transilvania lo chiamò a Hermannstadt per coprire il posto di bibliotecario ed esercitare quale medico privato; nell’esercizio di queste due funzioni egli ebbe modo di estendere le sue conoscenze e di crearsi una numerosa clientela; ma egli non poteva accontentarsi di esercitare abusivamente, sia pure per una lusinghevolissima autorizzazione e nel ‘79 si portò ad Erlangen, dove nell’agosto sostenne pubblicamente la sua tesi inaugurale Aspetto eziologico e terapeutico delle affezioni spasmodiche
. Di qui incominciano le sue peregrinazioni: prima abitò Hettstadt, poi Dessau, dove nelle ore di ozio apprese chimica e mineralogia; nell’81 fu nominato medico ordinario a Gommern presso Magdeburgo; nell’85 sposò Enríchetta Kiichler, la figlia di un farmacista di Dessau; nell’87 sí stabilì a Dresda, dove trovò numerosi amici, potenti mezzi di istruirsi e clientela numerosa e sceltissima: ebbe amici intimi il consigliere aulico ADELUNG, ed il protomedico WAGNER, che tanto lo stimò da ottenere per lui dal magistrato l’autorizzazione di farsi sostituire come medico capo degli ospedali durante una lunga malattia, da cui egli fu afflitto. Tutto questo dimostra all’evidenza quali doti possedesse quest’uomo insigne. Intanto egli pubblicava opuscoli di Medicina, di Chimica, di Scienze, che lo facevano conoscere ed apprezzare anche lontano dalla sua residenza. Nell’89 ritornò a Lipsia, preceduto dalla fama di scienziato e medico insigne.
CAPITOLO TERZO
CRISI DI COSCIENZA
HAHNEMANN aveva allora 34 anni: aveva dato alla società garanzia di sapere, di esperienza, di moralità! Membro di più Accademie, colle sue molteplici pubblicazioni, col favore che aveva saputo acquistarsi nell’esercizio professionale, tutto faceva pronosticare per lui uno splendido avvenire! Ebbene, ponderate bene su questo: di punto in bianco rinunciò a tutto, alla posizione economica, alla clientela numerosa, alla stima acquistata! Che cosa era avvenuto? in seguito ad una crisi di coscienza, che lo tormentava da qualche tempo, abbandonò la professione, sebbene avesse moglie e moltissimi figli; riconoscendo l’inanità della terapeutica del suo tempo ebbe il coraggio di rinunciare al benessere, alla ricchezza non lontana per riprendere il misero mestiere del traduttore, unica risorsa ormai per la sua numerosa famiglia. Lo immaginate voi lo strazio di chi, avendo abituato i suoi al benessere economico, deve guadagnare il pane col sudore della fronte, deve vivere alla giornata, incerto del domani, deve imporsi privazioni continue e quello che è peggio imporne agli esseri che gli sono più cari? Questo dolore però ha delle consolazioni per un animo elevato, se è circondato da spiriti che lo comprendono, che lo sostengono colla dolcezza e con la rassegnazione, convinti che quello che egli fa è giusto! HAHNEMANN non ebbe questo conforto! Enrichetta Kiichler, sua moglie, non comprese affatto i suoi scrupoli, lo tormentò coi suoi lamenti, coi suoi rimproveri, coi suoi rimpianti! A questi tormenti egli rispose con una pazienza a tutta prova; cercò solo nel lavoro e nello studio le sue consolazioni, felice di poter dare alle stampe opuscoli e monografie di utilità pubblica! Ecco dunque un uomo, il cui alto valore è accompagnato ad una esemplare fermezza di carattere!
Intanto gravi malattie attaccarono i suoi figli: allora davvero passò giorni tremendi! Il padre temeva per la vita dei suoi figli, il medico non aveva alcuna fiducia nelle risorse dell’arte, quale crudele incertezza! Egli era religioso e nell’ansia che lo martoriava si rivolgeva al Padre Celeste tremante e fiducioso: E’ possibile, gridava egli, che tu, o Dio, abbia abbandonate le tue creature senza soccorso contro la moltitudine di infermità, che l’assalgono continuamente? Tu, che sei la stessa Bontà e la stessa Saggezza, accanto alla malattia hai dato anche í mezzi per combatterla e guarirla!
. E convinto che ci doveva essere per tutte le malattie il rimedio giurò a sé stesso che avrebbe consumata tutta la sua vita e rintracciarlo! Perchè, si chiedeva egli, questo mezzo non è stato ancora trovato dopo secoli che esistono degli uomini che si fanno chiamare medici? Perchè era troppo facile, troppo vicino a noi, perchè non occorrevano per rintracciarlo né brillanti sofismi né seducenti ipotesi! Ebbene io lo cercherò vicino a noi questo mezzo a cui nessuno ha pensato probabilmente perchè era troppo semplice! Ecco in che modo io m’incamminerò in questa nuova via: io penso di dover osservare la maniera onde i medicamenti agiscono nel corpo dell’uomo allorché egli si trova nello stato di piena salute; i cambiamenti che essi determinano in lui allora non avvengono senza scopo e debbono pur significare qualcosa: forse questa è la sola lingua in cui possono esprimere all’osservatore il perchè della loro esistenza!
.
Questo pensiero insieme semplice e profondo germinava nella testa di HAHNEMANN quando un giorno traducendo la materia medica del CULLEN, allorché arrivò al capitolo che riguarda la China, fu colpito dalle contraddizioni che vi si trovavano e volle da buon spirito critico rendersi conto di persona degli effetti di questo medicamento.
Per più giorni di seguito prese forti dosi di China e ben presto risentì i sintomi di uno stato febbrile intermittente analogo a quello che China guarisce: dunque per questo che diamo China nella febbre periodica, si domandò HAHNEMANN, dal momento che la produce nel sano?
e volle ritentare la prova, prima su se stesso e poi su altre persone a lui legate da parentela e da amicizia ottenendo sempre í medesimi risultati. Ma questo di China è un fatto isolato o avrei trovato invece una legge che regola tutti i medicamenti?
. Chi, emesso questo dubbio, si sarebbe arrestato? HAHNEMANN non si arrestò! Con altri medicamenti, riconosciuti efficaci, fece altre prove, su se stesso, sui suoi cari, sui suoi amici e rimarcò sempre che queste sostanze producevano nel sano turbe simili a quelle che erano prodotte dalle malattie per le quali si adoperavano. Provò Mercurio, Belladonna, Digitale, Coccolus, ecc. Per tutte queste sostanze ebbe una sola risposta! La legge terapeutica era dunque trovata: Similia similibus curantur
. Esisteva un rapporto sicuro e costante fra medicamento e malattia: l’arte del guarire possedeva perciò una guida sicura!
CAPITOLO QUARTO
HAHNEMANN ALL’OPERA
Felice di aver trovato ormai la linea di condotta per guidarsi in mezzo al caos terapeutico del suo tempo, riprese l’esercizio pratico della medicina.
Malgrado la numerosa clientela, tornata assai presto a lui in grazia di cure meravigliose, continuò i suoi lavori e le sue esperienze, che rese di dominio pubblico in alcune opere, che apparvero alla luce dal 1805 al 1821: fra esse le più importanti sono l’Organon, che contiene l’esposizione completa della nuova dottrina, la Materia medica pura, il Trattato delle malattie croniche. Ben inteso che dovette lottare con una costanza degna della sua probità contro le cabale e la malafede adoperate contro di lui: rottura con parecchi di suoi confratelli, coi quali era legato da vera amicizia, calunnie basse ed ignobili contro la sua onorabilità e delicatezza, guerra dei farmacisti, che invocarono contro di lui i rigori della Legge.
Infatti egli, che aveva trovato un nuovo metodo terapeutico