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La Leggenda di Fulginia - I cavalieri del re I° generazione
La Leggenda di Fulginia - I cavalieri del re I° generazione
La Leggenda di Fulginia - I cavalieri del re I° generazione
E-book231 pagine3 ore

La Leggenda di Fulginia - I cavalieri del re I° generazione

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Info su questo ebook

Da una drammatica storia vera ("il mostro di Foligno"), l'autore trae lo spunto per dar vita ad una favola adatta a tutti. I due protagonisti di nome Simone e Lorenzo, nella vita reale sono due bambini. Un giorno, per colpa di un orco cattivo, Simone viene trasportato in un mondo fantastico, parallelo a quello reale, che nessun essere umano conosce. Entra in un regno dove dovrà sottostare a delle regole ferree ma anche accattivanti. Più avanti anche Lorenzo sarà costretto a raggiungerlo. Entrambi conosceranno esseri fantastici, verrà loro cambiato il nome e vivranno appieno questa loro fantastica avventura. Il sottotitolo lascia intendere che questo libro è solo la prima parte di una favola infinita.
LinguaItaliano
Data di uscita10 ott 2015
ISBN9788892505193
La Leggenda di Fulginia - I cavalieri del re I° generazione

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    Anteprima del libro

    La Leggenda di Fulginia - I cavalieri del re I° generazione - Marcello Taccucci

    innocenti.

    Note dell’autore

    Luoghi, avvenimenti e nomi che verranno citati in questa storia di fantasia daranno risalto a tutto il territorio di Foligno che ho messo in parallelo con il fantastico mondo di Fulginia.

    Note

    L'Accademia: a Foligno vi è una grande caserma, adibita a Centro di selezione nazionale, dell’Esercito Italiano, dove vengono svolti molti concorsi e vi affluiscono da tutta la penisola giovani volontari da avviare alla carriera militare.

    Nel fantastico castello di Fulginia ho immaginato un’accademia dove si accede tramite selezione periodica e gli allievi vi frequentano corsi di diversi livelli.

    La Quintana : la più importante manifestazione della città di Foligno è la giostra della sfida e della rivincita che rievoca gare cavalleresche di epoche antiche. I costumi storici sono un tuffo nel passato come lo stadio dove i dieci cavalieri si sfidano in nome dei rispettivi rioni, in cui è divisa la città. Così anche a Fulginia avviene lo stesso ma i nomi dei rioni sono anglofoni pur mantenendo lo stesso antico significato dei rispettivi, storici,rioni di Foligno.

    Gli inni allegri: i canti e le musiche popolari nordiche vengono portate dagli gnomi barboni e bevitori di birra, che ho adottato perché notoriamente sono personaggi simpatici e divertenti.

    Sibilla: la leggenda della sacerdotessa Sibilla entra di diritto. Nel fantastico regno di Appennino non può mancare la misteriosa leggenda dei monti Sibillini. È una parentesi un po’ più tenebrosa ma anche stimolante, che da vivacità alla storia stessa.

    L’avvenimento principe : a cui mi sono ispirato per creare questa storia, è un avvenimento drammatico trattato all’infinito dalle cronache nazionali e internazionali. Simone, 4 anni, scompare il 4/10/1992 e viene ritrovato cadavere il 6/10/1992. Lorenzo, 13 anni, scompare il 7/08/1993 e viene ritrovato cadavere lo stesso giorno. Entrambi vittime del mostro di Foligno, catturato subito dopo aver ucciso la seconda vittima innocente e identificato in Luigi Chiatti. Simone e Lorenzo non possono morire. Le loro anime immortali ci accompagnano e ci proteggono in questa nostra breve esistenza. Il mio caro amico Luciano Paolucci (padre della seconda vittima del Mostro di Foligno), nelle tante conversazioni, mi ha sempre espresso la volontà di pensare a cose piacevoli e divertenti. La sofferenza personale patita per la perdita di Lorenzo e poi, con l’Associazione Marcia degli Angeli, da lui creata e volta ad aiutare bambini vittime di violenze, lo hanno duramente provato in questo lungo ventennio. Negli ultimi nostri incontri mi disse:" Perchè non facciamo una cosa divertente … per i bambini ".

    L’ho voluto ascoltare e quella sua frase espressa con molto sentimento mi ha ispirato. Ho impiegato molti mesi prima di capire esattamente cosa potevo o volevo fare per accontentarlo.

    Ho pensato ai nostri nonni, ai nostri avi. Mi sono chiesto come facessero a insegnare ai più piccoli che vi erano persone cattive da cui bisognava stare alla larga, senza terrorizzarli.

    Ho pensato a quando ero bambino io e mi sono ricordato: " le favole ".

    La Leggenda di Fulginia

    (Fulginia Legend)

    I cavalieri del re - 1° Generazione

    (The Knights of King - 1° generation)

    Regno di Appennino

    Il fantastico Regno di Appennino , che scopriremo dentro la storia, è situato in un territorio misto, composto di vallate verdi e pianeggiati e monti con fitti boschi. Il centro più importante è il castello di Fulginia. Il suo territorio confina con altri regni: Regno di Longobardiaa nord dove c’è il castello di Padania ;

    a est lo sterminato Regno di Carpazia con il castello di Sofia;

    a ovest il Regno di Iberio con il castello di Ispania;

    a sud i Regni dei mari, quello di Tirreno a sud-ovest con il castello di Narnia e quello di Egeo a sud-est con il castello di Atena.

    Nel mondo reale …

    la città di Foligno, edificata dagli uomini ai piedi dei monti Appennini, accanto alle sponde del fiume Topino, per dominare la vallata. Una maestosa cinta muraria sta a dimostrare le vicissitudini bellicose dei tempi remoti. La pacifica popolazione, oltre che tra le mura cittadine, vive anche in villaggi di campagna consistenti principalmente in piccoli agglomerati di fattorie. La vita reale, per queste genti, già dai tempi remoti, e stata affiancata da mondi fantastici, dove vivono esseri immortali e dove il tempo sembra essersi fermato. Questo però, avviene soltanto nei racconti degli adulti, che usano le fiabe per alimentare le fantasie dei più piccoli. La magia fornisce loro un’esistenza colorita e vivace e spezza la monotonia della vita terrena. Un brutto giorno, però, accade un evento che sconvolge la serenità di tutto il popolo.

    Capitolo 1

    Foligno

    Udii il canto del gallo. Stropicciai gli occhi per cercare di aprirli meglio. Mi sollevai sul letto con addosso il torpore del sonno. Con gli occhi semiaperti notai una debole luce provenire dalla finestra. Era appena l’alba e quel richiamo proveniente dalla rimessa degli animali mi aveva svegliato, come ogni mattina. Questa volta però, non lo ignorai e anziché rigirarmi sotto le calde coperte, come facevo di solito, mi alzai. Indossai alla svelta pantaloni e maglia. Un’occhiata fuori dalla finestra per osservare la situazione atmosferica e per un attimo rimasi a mirare il paesaggio che mostrava giochi di luci ed ombre sotto l’effetto della debole luminosità dell’alba appena spuntata. All’orizzonte la fila di monti incorniciavano la valle sottostante, dove la vegetazione nascondeva il rimanente paesaggio. Quei monti erano un baluardo naturale, dove le correnti fredde provenienti da settentrione e le tormente invernali vi si infrangevano, difendendo tutta la vallata sud occidentale. La stagione calda era da poco terminata e le prime piogge avevano appena rinfrescato l’atmosfera, quindi era necessario coprirsi meglio del solito ma la frenesia e la curiosità che avevo dentro non mi fece pensare al freddo del mattino.

    Cercai di non far rumore e, malgrado gli accorgimenti, dalla stanza accanto una voce mi richiamò <>. Sospirando e rassegnato, risposi: <>. <> rispose mia madre dalla stanza accanto. la tranquillizzai:<>.

    Lei non aggiunse altro, tanto non i avrebbe fatto desistere dalle mie intenzioni, ed uscii all’aperto. L’aria fresca del mattino mi avvolse tutto facendomi rabbrividire ma non tornai indietro. Raggiunsi velocemente la rimessa e aprii il grande portone di legno, rimuovendo il chiavistello, che era piuttosto pesante, ed entrai. Attraversai il corridoio centrale, mentre ai lati scorrevo i vari scomparti dove erano sistemati gli animali. Erano divisi per razze. Le mucche, i maiali, le pecore ed infine le galline con pulcini insieme ad un paio d’oche. Il gallo se ne stava appollaiato sul legno della staccionata, impegnato a sventagliare all’atmosfera quel canto che mi aveva appena svegliato.

    Al mio transito ogni animale si volse ad osservarmi e malgrado ognuno di loro si aspettasse qualche attenzione da me, dato che li conoscevo da sempre, uno per uno, non li degnai di uno sguardo e raggiunsi l’ultimo scomparto dove vi erano sistemate, nel pagliericcio, due pecore di piccola taglia. Una di esse, era distesa a terra con un pancione enorme, forse più grande del suo stesso corpo. <> feci avvicinandomi ad accarezzarla.

    La pecora, come a volermi rispondere, volse lo sguardo verso di me ed emise un flebile belato e poi distese nuovamente la testa sul pagliericcio. <> feci.

    Le rimasi accanto per farle compagnia, accarezzandola. Mi ci ero affezionato e nel sentire il contatto con la mia mano anch’ella sembrò respirare tranquilla. Tenendo la mano sul suo corpo avvertii come dei singhiozzi. La mano sobbalzava leggermente ad ogni movimento. Non capivo cosa fosse e mi venne il dubbio che forse, non tutto stesse andando per il verso giusto , perciò mi allontanai e tornai sui miei passi. Rientrai in casa e raggiunsi la stanza dei miei genitori chiamando a voce alta:<>.

    Mio padre, che dormiva pesantemente, cercò di alzare la testa senza però riuscire ad aprire gli occhi e chiese:<>. Mi affrettai a spiegare: <>. Ero preoccupato per l’atteggiamento dimostrato dall’animale. Mio padre: <> mi chiese, e io risposi: <>.

    Mio padre riappoggiò la testa sul cuscino e parlò ancora ad occhi chiusi:<>. Ribadii:<>. Lui rispose ancora, con la testa sotto il cuscino: <>. Mestamente mi arresi, pur non convinto del tutto. Le parole di mio padre non mi avevano rassicurato ma dovevo accettarle perché lui era più esperto di me. Quindi tornai nella mia piccola stanzetta e i mi distesi nuovamente sul letto, restando ad osservare il soffitto. Ero preoccupato per le sorti di Bettina ma sicuro dell’esperienza di mio padre e dopo poco, senza accorgermi, il sonno residuo prese il sopravvento.

    <>. Appena aprii gli occhi rimasi abbagliato. Udii ancora quel richiamo, <> ma la stanza era completamente illuminata dalla luce del sole che penetrava dalla finestra e mi impediva di aprire gli occhi assonnati. Era la voce della mamma che giungeva dalla cucina. Intuii che era trascorso molto tempo. Saltai subito giù dal letto, ancora un’occhiata veloce fuori dalla finestra per osservare meglio la posizione del sole. Era ormai alto nel cielo. <> fu la mia prima risposta.

    La mamma, appena sentita la mia voce, disse: <>.

    Mi si illuminarono gli occhi. Feci:<> con un’espressione di meraviglia e con tutta l’energia che avevo dentro, attraversai velocemente la cucina, senza riservare neanche una sguardo alla mamma, che invece mi richiamò immediatamente all’ordine:<>. Si era fatta seria e ribadì <>. Mi bloccai sull’uscio dicendo:<>. Tornai velocemente indietro e in bagno mi accinsi a lavarmi i denti. Osservai il mio volto allo specchio come facevo ogni volta ed era quello l’unico momento in cui potevo ammirare me stesso. La forma rotondeggiante e le due gote pronunciate potevano farmi sembrare grassoccio ma non lo ero affatto, tutt’altro. Soffrivo molto quel ciuffo all’insù che presentava la mia capigliatura scura. Ogni mattina ero costretto ad abbassarlo ma non ci riuscivo mai. Almeno non quanto volevo io.

    Quando giunsi nella rimessa osservai i due agnellini che già si sorreggevano barcollando sulle sterili zampe, e tentavano di raggiungere le mammelle. Mio padre era a poca distanza e mi osservava sorridendo. Probabilmente aveva già provveduto a tutto. Rimasi un po’ ad ammirarli, divertendomi molto nel vederli cadere, rialzarsi e scontrarsi tra loro quando tentavano di accostarsi alla madre. Dopo un po’, tutto soddisfatto, uscii all’aperto.

    Il paesaggio tutt’intorno appariva con le caratteristiche sfumature autunnali e l’intensa luce del sole ravvivava il colore rossastro del fogliame agonizzante. In prospettiva, sopra le cime delle piante, svettava il campanile della città da cui partivano i rintocchi delle campane che scandivano tutte le ore della giornata. Ad ogni rintocco il suono si diffondeva nella vallata, disperdendosi. Con la luce del giorno si potevano ben distinguere anche le altre fattorie che componevano il nostro piccolo villaggio. Era un angolo di paradiso, dove, al riparo delle montagne la vita scorreva tranquilla e serena, ma non ne avevo ancora preso coscienza. Avevo da poco compiuto il mio quarto compleanno e ciò che mi circondava riempiva la mia vita ma non ne percepivo l’unicità e l’importanza. La mia vita era limitata a quel piccolo villaggio dove vivevano poche famiglie, che conoscevo bene, anche perché ci si aiutava a vicenda. Poche erano le occasioni in cui sono entrato all’interno delle mura di Foligno. Solo gli adulti andavano e venivano dalla città quasi quotidianamente.

    Vidi venirmi incontro il mio amico fedele. <> lo chiamai e lo accarezzai. Il colly bianco e nero ricambiò il saluto con uno scodinzolio frenetico.

    <> dissi. Non stavo più nella pelle, ero talmente elettrizzato che dovevo sfogarmi e parlarne con qualcuno. Chi meglio del vecchio Antonio, l’anziano della fattoria accanto, con cui avevo un rapporto confidenziale e molto intimo.

    Raggiunsi la piccola costruzione in legno e lo chiamai a gran voce: <>. Attesi all’uscio e chiamai ancora: <>.

    Una voce rauca provenne dalla campagna: <>.

    Aggirai lo spigolo del muro e lo vidi a poca distanza dalla casa. L’uomo, al riparo del suo vecchio cappello, si sorreggeva aiutandosi con un bastone rudimentale. Mi avvicinai quasi gridando:<< Sono nati. Sono due>> e ripetei ancora <>. Il vecchio rimase impassibile e con lo sguardo se ne stava a fissare il cielo. Smisi di parlare quando mi accorsi che Antonio non mi aveva degnato neanche di uno sguardo. Osservava un punto fisso verso l’alto. Qualche attimo di silenzio e poi l’uomo si voltò dicendo: <> disse. Io continuai: <>. Li descrissi con tutto l’entusiasmo che avevo mentre l’anziano invece di condividere la mia gioia tornò a scrutare il cielo, senza esprimersi. Attesi rispettosamente che il suo silenzio, apparentemente indifferente alle mie parole, terminasse.

    Cominciai ad incuriosirmi. Gli chiesi: <>. A quella domanda l’anziano si distolse:<>. Si voltò, degnandomi finalmente di uno sguardo e notando la mia perplessità, disse ancora:<<È strano. Guarda lassù>>. Allora mi misi anch’io a scrutare con lui, guardando nella stessa direzione dove l’azzurro del cielo era velato da poche nuvole passeggere. Vidi un uccello dalle ali spiegate con volo quasi statico che sembrava dominare dall’alto tutta la campagna sottostante.

    Domandai: <>.

    <> rispose Antonio <> fece riflessivo.

    Chiesi ancora: <> e lui rispose: <>.

    L ‘animale volava ad ali spiegate ed il suo stridio penetrava prepotentemente nell’aria fino a giungere, con i suoi acuti, fino alle nostre orecchie. La scena anche per me era del tutto nuova. Ero ancora un bambino e non avevo ancora molta esperienza sugli uccelli ma quello non lo avevo mai visto prima.

    Il vecchio Antonio si voltò, mise un braccio sulla mia spalla. <> fece dubbioso e poi aggiunse << Ora andiamo a vedere questi nuovi arrivati. Dobbiamo trovare un bel nome per ciascuno. Hai già pensato a come chiamarli?>>. Ci avviammo e risposi: <>. Parlottando, raggiungemmo la rimessa, e vi entrammo.

    Malgrado la stranezza dell’evento non si poteva fare altro che ignorarlo e andare avanti con le faccende giornaliere. Intanto anche il tempo stava cambiando. Nuvoloni scuri avanzavano da occidente, e stavano oscurando il sole e portarono la penombra in tutta la campagna.

    Dopo un po’ che stavamo nella rimessa udimmo alcuni tuoni ravvicinati che ruppero il silenzio e spaventarono gli animali. Poco dopo il suono scrosciante di una intensa pioggia che batteva sul tetto, ci fece capire che la giornata si era guastata. La pioggia autunnale ci stava traghettando verso la cattiva stagione.

    Quel giorno gli animali della fattoria non sarebbero più usciti all’esterno e sarebbero rimasti nelle stalle mentre all’aperto i recinti si stavano riempiendo di pozzanghere e rigagnoli d’acqua piovana. La buona stagione si stava allontanando, giorno dopo giorno, e le belle giornate estive erano ormai soltanto un bel ricordo. Per far uscire gli animali avremmo dovuto attendere giornate migliori. Al riparo della rimessa ebbi tutto il tempo di coccolare i miei nuovi amici mentre all’esterno la pioggia cadeva a fasi alterne con tratti più intensi e brevi pause di silenzi. I tuoni iniziali si interruppero e quello che poteva sembrare un temporale passeggero invece si tramutò in una giornata grigia e piovosa.

    Con monotonia giunse la sera e il buio si fece subito intenso, mentre la pioggia, dopo i primi scrosci di quella mattina si era trasformata in leggera e continua, quasi senza interruzione. La foschia assecondò l’oscurità senza dare spazio alla solita luminosità serale. Sembrava di esserci immersi improvvisamente in pieno autunno. Durante la notte, mentre il sonno profondo aveva catturato tutta la famiglia, sia io che i miei genitori fummo improvvisamente svegliati da un frenetico muggito delle mucche. Gli animali stavano manifestando una certa agitazione. Neppure quando avevano fame facevano tanto baccano.

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