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Ricominciare da zero
Ricominciare da zero
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E-book256 pagine3 ore

Ricominciare da zero

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Info su questo ebook

Un manoscritto è l’incomprensibile causa del rapimento dell’autore. Giulio, lo scrittore, viene ritrovato, ma l’evento ha provocato un trauma che sconvolge la sua vita. Una diagnosi di amnesia apre scenari inquietanti. 
Laura, moglie determinata e coraggiosa, suggerisce i ricordi di trent’anni di vita in comune, scoprendosi ancora innamorata di lui. Decisa a combattere la sua guerra contro un nemico impalpabile, non si arrenderà alle angosce del marito, a costo di ricominciare da zero.

Il racconto è ironico e pungente; il linguaggio colorito sdrammatizza una situazione critica.
Pennellate leggere imbastiscono pregi e difetti addosso ai personaggi e ne plasmano l’emozionante realtà.
LinguaItaliano
Data di uscita28 lug 2015
ISBN9786050401578
Ricominciare da zero

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    Anteprima del libro

    Ricominciare da zero - Daniela Cardo

    succedere

    Una volta all’anno

    Ha già pensato a tutto Giulio, non devo neppure apparecchiare la tavola. Il profumo che esce dalla cucina mi fa quasi svenire.

    Solo un assaggino, ti prego, non ho pranzato oggi imploro invano.

    Meglio! Apprezzerai di più la cena.

    Il mio aguzzino non si lascia intenerire da uno sguardo supplichevole. Provo a corromperlo con un sorrisino malizioso. Abbocca.

    Se proprio non puoi farne a meno...

    Mi concede una striminzita tartina al salmone sottratta al piatto degli antipasti. La divoro defilandomi.

    Vado a fare una doccia.

    Serve aiuto?

    No, pensa alla cucina tu! rispondo per vendicarmi della sua crudeltà.

    Mettono di buon umore questi finti battibecchi. Stimolanti antidoti alla noia che, di diritto, troverebbe giustificazione in quasi tre decenni di matrimonio.

    Mi rilasso sotto l’acqua tiepida, pregustando una serata speciale. Le premesse sono lusinghiere: menù a cinque stelle, Benny Goodman in sottofondo, pochi ospiti ben selezionati, unica eccezione mia suocera. Confido che l’occasione le imponga di rinfoderare gli artigli.

    Oltre il vetro appannato intravedo Giulio pronto a porgermi l’accappatoio, con l’altra mano tiene un calice. È indeciso su cosa offrirmi, propendo per il primo, non vorrei creare false aspettative, non c’è tempo per divagazioni fuori programma. Accetto anche l’aperitivo, soprattutto perché comprende due olive, le divoro. Misero tentativo di placare i morsi della fame.

    Indosso un vestito nero leggermente scollato, a lui piace. La collana di perle che mi ha regalato a Natale ci sta benissimo. Sistemo i capelli e spruzzo un alito di profumo.

    Argo abbaia con qualche istante di anticipo sull’arrivo degli ospiti.

    Il primo è Iacopo con un paio di bottiglie di spumante in una sola mano. Con l’altra nasconde qualcosa, dietro la schiena.

    Auguri Laura! mi rifila un bacio sulla guancia porgendomi un mazzo di fiori, poi prova a raggiungere Giulio in cucina con la scusa di mettere il vino in frigorifero.

    Fa un caldo bestiale per essere il primo giorno di giugno si lamenta allentando la cravatta, poi fiuta l’aria. Cosa ci propone questa sera lo chef?

    No, no! lo intercetto, dirottandolo nel soggiorno. Ho ordini precisi, a nessuno è concesso di entrare, neppure a me! Ma posso offrirti un aperitivo, se vuoi. Gli antipasti sono ancora top secret, credo ci toccherà aspettare qualche minuto per sapere esattamente cosa stia preparando.

    Dalla cucina Giulio lancia un vibrante: Pazienza gente, pazienza! Sarete ricompensati.

    Il solito megalomane! commenta Iacopo.

    Bada a come parli suggerisco. Potrebbe vendicarsi sabotando il tuo risotto, magari con l’aggiunta di qualche goccia di lassativo.

    è talmente vigliacco che sarebbe capace di farlo affonda Iacopo. Gli piace stare allo scherzo.

    Dalla cucina piovono minacce: Attenti voi due, o una bella dose di purgante lo metto davvero sui vostri piatti!

    L’arrivo di Irene e Matteo mette fine alla provocazione.

    Un altro coro di auguri. Non posso, e non mi voglio sottrarre.

    Sei raggiante! esclamo nell’accogliere la mia giovane nuora. Non è un complimento, è proprio bella Irene, con il sorriso addolcito dalla gravidanza e quell’accenno di rotondità che le solleva un po’ il vestito. Sulla carnagione chiarissima qualche efelide le dona un aspetto di bambina. I lunghi capelli ricci, di un rosso che ricorda la Primavera di Botticelli, sono raccolti in una morbida treccia: avrò un nipotino bellissimo.

    Iacopo è tutto preso dal complimentarsi con Matteo: Tua moglie è uno splendore, la gravidanza le dona magnificamente.

    è il parere del medico o dell’irriducibile casanova da tenere sotto stretta sorveglianza? chiede fingendo di preoccuparsi delle attenzioni che lo zio dedica a sua moglie.

    Per mio figlio, Iacopo è sempre stato lo zio. Con lui amava giocare, farsi raccontare le favole, confidarsi quando non era facile farlo con suo padre, ricevendo in cambio consigli, affetto e complicità. Consapevole della tolleranza con cui gli sarebbe stata perdonata qualche scappatella, contava sulla sua mediazione per sfuggire all’inevitabile castigo che i genitori sarebbero stati costretti ad impartirgli per tener fede ai loro sacrosanti principi. Lo zio Iacopo era sempre pronto a difenderlo e giustificarlo, salvo poi farsi severo quando si trattava di spronarlo ad affrontare con impegno le sfide che il destino pone lungo il cammino di chi va incontro alla vita.

    Ora che Matteo non è più un ragazzo, e Iacopo non sempre si comporta come un adulto, i ruoli sembrano invertiti. La parte del saggio spetta al più giovane mentre lo zio si concede ancora di giocare con lui.

    Li lascio scherzare, divertita delle loro scaramucce mentre verso l’aperitivo per Irene: Questo è analcolico!

    Grazie Laura, ma preferirei comunque mangiare qualcosa prima di bere.

    Ora non ha più scampo!

    Hai sentito Giulio? Non vorrai mica negare qualcosa a Irene, vero?

    Certo che no!

    Nessuno fa caso alla sua risposta. L’attenzione è tutta sul vassoio che Giulio esibisce. Una fantasia di forme e colori sapientemente accostati preannuncia uno splendido abbinamento di sapori. Non resisto ai crostini con i gamberetti, Iacopo li preferisce al salmone, ma cerchiamo di lasciarne qualcuno per Irene, lei punta dritta su un paio di tartine al caviale.

    Quando decidiamo che è tempo di brindare ai miei quarantanove anni, il vassoio è quasi vuoto...

    E Alda? Se non si sbriga ad arrivare troverà solo le briciole finge di angosciarsi Iacopo per il ritardo canonico con cui mia suocera sta tenendoci in scacco.

    Non preoccuparti ce ne sono altrettanti confessa il cuoco, bloccando prudentemente l’accesso alla cucina.

    Fortunatamente l’inguaribile ritardataria ci raggiunge dopo pochi minuti. Di più non avrebbe potuto difendere la postazione Giulio, che torna al suo risotto scortato dalla madre.

    Approfittiamo per azzerare il contenuto dell’antipastiera, concedendo a Irene la precedenza nella scelta.

    Alda è stata cordialmente invitata ad allontanarsi dalla cucina, le sue ingerenze non sono ben tollerate dal figlio.

    A dire il vero c’è una sorta di guerriglia tra loro, mai dichiarata, ma combattuta con armi improprie e senza esclusione di colpi. Ho sempre pensato di esserne involontariamente la causa. Non mi è mai stato perdonato di aver occupato un posto preponderante nel cuore di Giulio.

    Mi si avvicina con un’espressione infida: Tu sai il bene che ti voglio!

    Non posso fare a meno di concederle un sorriso lasciandogliene libertà di interpretazione. è la prima volta che la sento pronunciare la parola - bene - ma non è il momento di fare gli schizzinosi, annuisco. Lei mi squadra, sta aspettando che contraccambi quella dichiarazione di affetto. Ci provo, ma temo che il risultato non sia dei migliori.

    Anch’io... anch’io le voglio bene. Alda.

    Suona come uno di quegli accordi stonati che i ragazzini provano a comporre alla prima lezione di chitarra. Sui volti degli altri alunni una smorfia di disappunto tradisce il disgusto che il tentativo, miseramente fallito, ha provocato. Mi sembra di intravedere in faccia a Matteo esattamente quella espressione, per fortuna Irene mi viene in soccorso: Anch’io le voglio tanto bene nonna Alda! la sua nota è molto più accordata, e sincera!

    Argo, da bravo barboncino, sottolinea con un mugolio la sua appartenenza alla famiglia e pretende qualche carezza in cambio del suo scodinzolare festoso, apprezzerebbe anche una tartina: il secondo vassoio è stato sdoganato.

    Non vi abbuffate, il risotto è pronto! ci ammonisce Giulio dalla cucina.

    Ma come, prima ci prepari queste prelibatezze e poi pretendi che le lasciamo a rinsecchire sul piatto? Matteo polemizza e si abbuffa.

    Il profumo del riso agli asparagi che lo chef porta in tavola con orgoglio è la risposta alla domanda di mio figlio. Vale la pena di rinunciare a qualche crostino per assaporare quest’altra prodezza.

    Guardo soddisfatta Irene gustare il piatto che proprio lei aveva suggerito.

    è squisito! si complimenta tenendo una mano sul grembo. Direi che è il migliore che abbia mai fatto... ahi! Anche il piccolo approva.

    Qualcuno sta tirando calci. Matteo le si avvicina premuroso, accarezzando il suo pancione.

    La cena prosegue piena di allegria, di ardimenti culinari e nessun pacchettino da scartare. È risaputo che non amo i regali. Non quelli che si offrono in queste occasioni almeno. Preferisco le sorprese svincolate dalle ricorrenze, quelle che mi fanno capire che qualcuno pensa a me senza aver letto una data sul calendario o un promemoria nell’agenda. Una trentina d’anni di matrimonio rappresenta un’ammissibile scusante al diradarsi di questi guizzi, che registrano una frequenza inversamente proporzionale al numero di candeline da accendere sulla torta. Un’evoluzione fisiologica, inevitabile.

    Una foto! Una foto!

    Il grido mi distoglie dai miei pensieri, qualcuno, insiste perché questo momento sia immortalato.

    La faccio io suggerisce Iacopo. Così si vede tutta la famiglia.

    Ma che idiozia! lo apostrofa Giulio. Mettiamo l’autoscatto. Se vuoi che si veda tutta la famiglia devi esserci anche tu, scemo!

    Iacopo, per una volta, resta senza parole. Lo vedo deglutire, passarsi una mano sulla calvizie virile, gli occhi un po’ lucidi. Assesta due pugni sulla spalla di Giulio che incassa senza scomporsi e lo trascina nel gruppo. Tutti in posa attorno a me.

    Passiamo fatalmente al dolce, con troppe candeline. Nessuno riuscirà a contarle, mi consolo.

    Il primo brindisi è per la festeggiata, io nella fattispecie, poi per Giulio e per la sua cucina.

    Ancora uno alla famiglia e al nipotino che arriverà.

    Non li conto più. Mi impongo di non permettere a nessuno di versare altro spumante nel mio bicchiere, mi gira la testa.

    è stata una festa perfetta.

    Si è fatta notte e i nostri ospiti cominciano ad accomiatarsi. Alda, che generalmente è la prima ad andarsene, lascia che siano tutti gli altri a congedarsi. Resta ancora un po’ con la scusa di aiutarmi a riordinare. Naturalmente non approfitto della sua disponibilità, lascio solo che mi accompagni nel mio andirivieni dal soggiorno alla cucina. L’occasione è propizia per raccontarmi qualche episodio del suo passato, per me del tutto insignificante, e che fatico a collocare nel tempo per la sua pessima abitudine di omettere qualunque possibile riferimento cronologico. Fingo un interesse ingiustificato, capita di rado di invitarla a qualche ricorrenza, vale la pena di assecondarla.

    Siamo al saluto finale.

    Alda è immobile davanti al figlio, in attesa di qualcosa che non riesco ad interpretare, sarà l’effetto dell’alcool? Lui la incoraggia a guadagnare l’uscita. Lei, con un’intonazione melodrammatica, proferisce qualche parola.

    Vi ringrazio per avermi restituito un posto fra voi.

    Continuo a non comprendere, la mia lucidità è evidentemente compromessa. Giulio è più sobrio di me.

    Il tuo posto? Nessuno te l’aveva mai tolto!

    C’è qualcosa di polemico nella risposta, non è quella che lei stava aspettando, intuisco che la tregua tra i due belligeranti è già terminata. L’espressione sul viso di Alda perde quell’innaturale dolcezza che mi era parso di intravedere per quasi tutta la serata. Torna il suo piglio severo, lo trovo molto più rassicurante.

    A presto Alda! mi affretto a congedarla per scongiurare repliche spiacevoli.

    Accenna ad un sorriso che sa di falso e si rassegna ad uscire. Argo abbaia in sordina il suo saluto, lei non contraccambia, ormai non vale più la pena di sprecare moine.

    Restiamo solo noi.

    Grazie! gli sussurro in un abbraccio cercando sostegno. Mi sento vacillare, ho al mio attivo qualche brindisi di troppo. Vorrei dirgli che sono felice, lui sa leggere nei miei pensieri, gli concedo di approfittare della mia vulnerabilità.

    Di che? chiede accarezzandomi i capelli con un tocco leggero.

    Non sono sicura sia per colpa dello spumante se le gambe non mi reggono, mi lascio andare fra le sue braccia. Non so cosa accadrà adesso.

    Il lavoro prima di tutto

    Qualcuno sa dirmi perché la sveglia suona sempre quando stai sognando qualcosa di piacevole?

    Probabilmente per ricordarti che, se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, questa sarà una giornata di...

    Tant’è alzarsi, cercare senza troppe speranze le pantofole che il cane ha amorevolmente nascosto in chissà quale angolo della casa e dirigersi sbadigliando verso il bagno dove uno specchio impietoso ci accoglie rinfacciandoci tutti gli anni della nostra vita, tutte le piccole rughe che con costanza abbiamo collezionato sul nostro viso ed ogni nuovo capello bianco che fastidioso spunta senza alcun pudore tra la nostra chioma scompigliata.

    Lo confesso, sarà per la pressione bassa, ma al risveglio il mio umore non è dei migliori, ci vorrebbe una buona colazione ed una certa dose di autostima per recuperare tutte le forze e presentarsi al mondo sfoggiando un aspetto accettabile.

    Sorseggio in fretta una tazza di caffè guardando, senza osare assaggiarli, i biscotti che ha portato mia suocera, sottolineando più volte che erano stati fatti proprio con le sue mani. Nessuno ne avrebbe dubitato, tanto erano brutti e disgustosi già dall’aspetto.

    Non ho più tempo, prendo al volo la giacca mentre esco di corsa, gridando un ciao a qualcuno che probabilmente non sentirà il mio saluto.

    L’auto non è dove ricordavo di averla parcheggiata, eppure… Eccola è sul lato opposto della strada abbandonata in fretta ieri sera, fiaccata dal caldo e dalla stanchezza, comunque questa mattina non mi sembra di sentirmi molto più in forma. Dovrei concedermi una vacanza, un po’ di riposo, sono troppo sotto pressione, devo rendermi conto che non ho più vent’anni, non posso reggere a questo ritmo.

    Fosse solo per il lavoro potrei farcela, ma mi piace tenere tutto e tutti sotto controllo. Casa, Giulio, Argo, Matteo, Irene e una suocera che troppo spesso si trova a passare per caso da queste parti.

    Le mie amiche non fanno che ripetermi che dovrei trovare un po’ di tempo per me: un’ora in piscina o dall’estetista, magari una passeggiata, ma evidentemente al mio orologio manca proprio quell’ora, le altre sono già tutte occupate. C’è di buono che vivendo così in fretta non ho avuto il tempo di ingrassare, quindi non mi ritrovo chili di troppo da smaltire e non ho bisogno di sottopormi a deprimenti diete dimagranti, occupazione principale della maggior parte delle mie buone consigliere.

    Le nove sono passate da un minuto nell’istante in cui appoggio la borsa sulla scrivania e già alle mie spalle una voce, che ormai non sopporto più, ripete la medesima frase di ogni mattina.

    Ah, sei qui? Ti avevo cercato qualche minuto fa, ma non c’eri.

    Sono entrata adesso, alle nove, come ogni giorno rispondo restando girata di spalle per non mostrare la smorfia di rabbia che abilmente tramuto nel più rassicurante dei sorrisi mentre con eleganza mi rigiro su me stessa per salutare il mio capo.

    Lui è seduto sulla vecchia poltrona in fondo alla stanza. Incurante delle mie proteste, sta accendendosi la prima sigaretta della mattinata.

    Non capisco perché nascondi sempre il posacenere chiede allungando lo sguardo attorno.

    Forse nella vana speranza che tu non fumi nel mio ufficio? Perché non andiamo nel tuo?

    No! È molto più comoda questa vecchia poltrona, la adoro, lo sai.

    Te la regalo, te la faccio portare di là così puoi fumare comodamente da te.

    Non ci trovo gusto se non c’è qualcuno a rimproverarmi.

    Rinuncio, sono anni che tento di evitare l’odore nauseante delle sue sigarette, ma non ho speranze. Ci vorrebbe una legge che proibisse di fumare negli uffici, nelle case, nei ristoranti, chissà, magari un giorno… sarebbe forse il primo passo verso un mondo più civile.

    Lui mi guarda serafico, cerchi di fumo si dissolvono nella stanza. Io lo guardo furiosa, mi infastidisce la sua faccia rotonda solcata di rughe, l’occhio destro socchiuso, sullo stesso lato tiene la sigaretta con le labbra, le mani posate su uno stomaco prominente di sessantenne poco incline a qualunque attività fisica che non sia strettamente correlata al suo lavoro.

    Potrei detestarlo, ma mi limito a provare una certa insofferenza, giusto perché conosco anche certi aspetti positivi del suo carattere, che di tanto in tanto non riesce a celare dietro quella maschera burbera che esibisce con orgoglio. Un capitano d’azienda deve pur ostentare inflessibilità.

    Di cosa volevi parlarmi? chiedo sperando di togliermelo di torno.

    Io?

    Non hai detto che mi avevi cercato? sbotto.

    Ah , sì! Mi devi organizzare la visita dei Ferlini. Arrivano questa sera da Roma per la firma del contratto: le solite cose, accoglienza alla stazione, cena, pernottamento, domani visita all’azienda, pranzo, pomeriggio visita al Duomo, Galleria e qualcos’altro che ti viene in mente. Sono in due ma vengono con le mogli, quindi due stanze matrimoniali. Naturalmente a cena e a pranzo devi esserci anche tu e indosserai un vestito elegante a cena e uno molto più sobrio domani. Puoi sceglierli dalla nuova collezione.

    Naturalmente…

    Parla talmente in fretta che a mala pena riesco a prendere appunti, ma è un incarico che conosco a memoria. Già troppe volte mi è stato affidato, anche se non capita spesso che i clienti visitino il laboratorio accompagnati dalle mogli, questo un po’ mi mette a disagio. I convenevoli non sono il mio forte. Sono abituata a trattare con gli uomini, sfruttando quel po’ di femminilità che a volte Giulio dichiara essere ancora il mio punto di forza, con le donne è più difficile. Le amiche mi trovano simpatica, ma mi conoscono da una vita, due estranee come mi giudicheranno? Dovrò stare attenta a come mi rivolgo ai mariti per non dare l’idea di civettare con loro, cosa che il mio capo generalmente apprezza moltissimo. Niente più di un sorriso o di un commento benevolo sul taglio del vestito o sul colore della cravatta, s’intende, ma i maschi si sciolgono ai complimenti, si sa sono sempre dei bambini. Dovrò adottare una nuova tattica, forse potrei rivolgere i miei apprezzamenti alle signore per inorgoglire i relativi consorti, farò un veloce sondaggio per valutare la strategia.

    Quindi saremo in sei? sintetizzo mentre mi annebbia la vista con l’ennesima sbuffata di fumo.

    No in otto, io porto anche mia moglie e tu quel bell’imbusto di tuo marito, è una vita che non lo vedo!

    Ma non so se è libero questa sera!

    Questa sera e anche domani a pranzo, e per il pomeriggio, per la visita alla città. Il libro che sta scrivendo può attendere per una volta, no?

    Devo chiederglielo, lo chiamo, poi ti faccio sapere.

    Se prova a trovare scuse passamelo che lo persuado io, vedrai! Ho sempre delle argomentazioni molto convincenti!

    Se ne va sogghignando, dentro una nuvola di fumo, non so immaginare quali argomentazioni creda di poter usare nei confronti di Giulio. Lo chiamo e ci togliamo subito il pensiero.

    A quest’ora sarà davanti alla macchina da scrivere, rapito dall’ispirazione per il suo nuovo romanzo. Se lo interrompo non si arrabbierà, la mia voce è la sua musa ispiratrice, così almeno sosteneva, ma è un po’ che non lo dice più… Speriamo bene.

    Dimmi, ma fai presto perché sto seguendo un pensiero e non vorrei mi sfuggisse.

    Avrei dovuto aspettarmelo, sono stata declassata da musa ispiratrice a seccatrice inopportuna. Non importa, devo esporre la mia richiesta:

    "Puoi tenerti libero per questa sera? Cena di lavoro con

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