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Non lo dire a mio marito
Non lo dire a mio marito
Non lo dire a mio marito
E-book214 pagine2 ore

Non lo dire a mio marito

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Info su questo ebook

Un segreto si confida volentieri ad un’amica, magari per scaricare sulle spalle altrui le proprie angosce. Tre donne che sembrano non avere molto in comune, condivideranno emozioni e inquietudini.
Valeria si farà carico di consolare i rimorsi di Laura e di giustificare certi atteggiamenti equivoci di Marisa, senza immaginare fino a che punto ci si troverà coinvolta.
È lei che, con il marito, si alterna nel raccontare gli avvenimenti senza alcuna commiserazione, assumendosi la responsabilità, ciascuno dei propri capitoli.
Umorismo, disinvoltura e sagacia sottolineano il divertente intreccio di questa favola, per adulti ma non troppo. 
LinguaItaliano
Data di uscita20 dic 2019
ISBN9788835348726
Non lo dire a mio marito

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    Anteprima del libro

    Non lo dire a mio marito - Franco Lissandrin

    Epilogo

    1 - Valeria

    Era una giornata qualsiasi, fate voi, magari di primavera, ma non di quelle particolarmente piacevoli, almeno per me che alle nove avevo già accumulato un’ora di ritardo sul programma stilato per la mattinata.

    Avevo appena accompagnato a scuola due adolescenti fuori controllo, senza riuscire a scambiare con loro neppure una parola.

    Per quanto il mio tono di voce possa essere elevato, non riuscirà mai a competere con la musica pop sparata a tutto volume negli auricolari di Paolo e Chiara, i miei figli. Per dieci minuti ho il privilegio di vederli, nello specchietto retrovisore dell’auto, muovere il capo seguendo un ritmo che percepisco attraverso le vibrazioni diffuse dai loro iPod. Per il tempo che resta, una serie di impegni ed un prudente rispetto reciproco delle distanze di sicurezza eludono gli inevitabili scontri generazionali. Unica eccezione la cena. Il pranzo viene consumato, ciascuno nel proprio spazio vitale, i ragazzi a scuola, Filippo, mio marito, nella mensa aziendale. Una fortunata circostanza che mi permette di organizzare il mio pasto riducendo al minimo indispensabile l’apporto calorico, quanto basta alla sopravvivenza. Un panino farcito con qualche avanzo della cena, uno yogurt, frutta, cioccolata. Magari a sommare tutto c’è di che far rabbrividire la dietista, ma qualunque cosa va bene, pur di non mettere un tegame sul fuoco.

    Kiwi, una vivace meticcia di taglia media con il pelo dello stesso colore dell’omonimo frutto, da qualche anno condivide il nostro habitat, ed è sempre disposta a sperimentare i miei creativi accostamenti culinari. Scodinzolerebbe anche per un paio di noccioline ammuffite. I cani sì che sanno cos’è la gratitudine.

    La cena, stavo dicendo, è un’altra cosa: l’unico momento conviviale, almeno nelle intenzioni. Ma per quella c’era tempo. Prima dovevo preoccuparmi di un frigorifero ormai depredato dagli assalti dei ragazzi, di un voluminoso cesto di biancheria che attendeva da qualche giorno di passare sotto il ferro da stiro e del compleanno di Marisa, una delle mie amiche: non la definirei la migliore, ma di certo la più divertente. Sarebbe un buon soggetto per una sceneggiatura, le sue avventure rasentano il fantascientifico, l’incoscienza e la perseveranza i suoi pregi. O difetti. È solo una questione di punti di vista.

    Le sue curve scolpite su un corpo di alabastro fornivano una giustificazione sufficiente alla gelosia di Nicola, marito premuroso quanto possessivo. Inspiegabilmente interessato all’intero universo femminile, sembrava non gli bastasse quello spettacolo di ragazza che gli era toccato in moglie. Ma era solo un atteggiamento disinvolto, così almeno era pronta a giurare lei. Non aveva mai messo in dubbio la fedeltà del consorte che elargiva complimenti all’indirizzo di qualunque creatura interessante dal punto di vista estetico. Purché donna.

    Decisi si dare la precedenza agli impegni meno gratificanti. Avrei stirato e fatto la spesa nella mattinata, e raggiunto Marisa nella sua pausa pranzo per il piacere di vederle scartare la confezione di cioccolatini che avevo scelto per l’occasione.

    La paninoteca era già affollata di consumatori di pranzi fugaci. Ci intrufolammo tra i tavoli occupati adocchiando un paio di posti, gli ultimi ancora disponibili.

    Grazie, sono quelli che preferisco! esclamò appallottolando la carta argentata.

    Che farete per festeggiare? chiesi con un’intonazione maliziosa.

    Non avendo una risposta sufficientemente invidiabile da ostentare, si limitò a dichiarare che contava su una sorpresa da quel simpaticone di suo marito. Lui, affermato dentista, nonché spaccone incorreggibile, avrebbe fatto di tutto purché la moglie ne cantasse le lodi. Non più di tre compleanni prima aveva prenotato un intero ristorante per una cena romantica. Peccato che Marisa ci abbia confidato di averlo sorpreso a fare il cascamorto con la cameriera… ma senza alcuna malizia, naturalmente.

    Ci, sta per Laura ed io. È lei la migliore amica, quella a cui affiderei i miei segreti se ne avessi qualcuno. Di solito ci si trova in tre a scambiarci confidenze e consigli, ma un imprevisto le aveva impedito di raggiungerci. L’ufficio fidi della locale agenzia di una nota banca toscana non avrebbe potuto fare a meno della solerte funzionaria a fine mattinata. Quella, almeno, era la giustificazione che aveva fornito per la sua insolita assenza. A dire il vero, da più di un mese, quel tipo di impegni stava diventando una costante, mi chiedevo se Laura non avesse qualche ragione per evitare di incontrare la nostra amica.

    Ero assolutamente consapevole che porre la domanda a Marisa sarebbe stato inutile, ma provai a punzecchiarla:

    Non avrà mica un motivo per rifiutare i tuoi inviti?

    E perché mai? Con il bene che le voglio, e che lei vuole a me? Come ti viene in mente? Lo sai che ha sempre da fare, non le danno tregua in banca.

    La sua proverbiale superficialità le avrebbe impedito di accorgersi di qualunque atteggiamento sospetto, di dubitare della trasparenza delle persone e di riconoscere anche il più palese comportamento ambiguo. Nicola, marito affettuoso e opportunista, l’aveva educata con cura ad una incondizionata fiducia, principalmente verso se stesso, ma lei aveva applicato il paradigma a qualunque essere umano. L’universale atteggiamento serafico, e un contegno disinibito, le erano valsi qualche rimprovero del consorte diffidente, pronto a identificare in chiunque un possibile rivale.

    Ma se te la sceglievi meno bella, magari sarebbe stato più facile, no?

    Nicola controllava, reprimeva e condannava ogni suo minimo gesto di disponibilità nei confronti di qualunque altro esemplare maschile, eppure pretendeva da lei una magnanima indulgenza per le proprie divagazioni.

    Ci eravamo concesse un abbondante strappo alla regola, a base di gamberetti e maionese, un concentrato di zuccheri mascherato da cheesecake e un caffè forte per costringerci a digerire, senza rimorsi, l’azzardo.

    La lasciai tornare ai suoi impegni di PR (Pubbliche Relazioni), professione che le si addice alla perfezione per quell’attitudine a socializzare che le è congeniale.

    Io dovevo correre a casa, raccogliere il bucato in giardino prima che il temporale che si stava organizzando ne facesse scempio.

    Ma gli acquazzoni non si lasciano impietosire e nello stesso istante in cui giunsi a destinazione iniziò a scatenarsi un nubifragio. Il cancello non accennò ad aprirsi, evidentemente non c’era corrente e io non avrei potuto raggiungere il garage, non con l’auto, almeno. Lo svolazzare di alcuni oggetti trasportati dal vento sconsigliava di scendere dalla macchina, attesi qualche minuto prima di azzardare una corsa per superare i pochi metri che mi dividevano dall’ingresso. Bastarono per infradiciarmi.

    Kiwi scodinzolava leccando l’acqua che sgocciolava sul pavimento della cucina.

    2 - Filippo

    ANTEFATTO

    Lei lancia una proposta:

    Te la senti di scrivere un libro a quattromani?

    La mia risposta:

    Cosa intendi per quattromani?

    PREMESSA

    Il titolo è curioso. C’è da insospettirsi fin dall’inizio.

    NON LO DIRE A MIO MARITO

    La stesura del canovaccio è di sua esclusiva pertinenza, le concedo di attingere a piene mani dalle nostre esperienze personali. Senza concedermi ingerenze, lei comporrà i suoi capitoli intercalati dai miei che prenderanno spunto dai suoi. Io dovrò giocare al buio.

    Lei, Valeria, è la moglie e io il marito, quello che non deve sapere. Suppongo.

    Le regole le ha stabilite lei. Io posso esprimere le perplessità, senza diritto di recesso.

    1 - Niente violenza, pistole facili, niente colpi bassi, no sesso esplicito, e zero politica. I patti restano chiari: si può parlare di sentimenti, amicizia, famiglia, stupidaggini quotidiane e ciance da bar. Qualora mi ritrovassi a corto di argomenti, li cercherò nella mia attività, escursioni con divagazioni nell’azienda in cui lavoro: un racconto parallelo per ritagliarmi un ruolo da protagonista.

    2 - Confermo il vostro sospetto: non sono uno scrittore. Non è un alibi. Né un’attenuante. Sovente non trovo le parole giuste da infilare nella riga, mi inceppo in anacoluti, con tempi e modi imperfetti (da matita rossa e blu). La, punteggiatura… peggio dell’acne. Ne conseguirà una lingua scritta in italiano con trasfusioni dialettali parlate.

    3 - Avrei potuto affidare l’incarico ad un ghostwriter, ma spifferare cose intime ad un alieno per ritrovarmi complice in situazioni estranee alla mia realtà, NO! Mi arrangerò.

    4 - Approvate le mie specifiche istanze per poter controbattere insinuazioni o addebiti impropri a mio carico, e dosare le confidenze, accetto il coinvolgimento. Qualche frecciatina è ammessa.

    5 - Per aggiudicare l’incipit di questo libro, abbiamo tirato a sorte: lei dispari, io pari. Ha iniziato lei.

    PS

    Non amo le premesse. Le mani non le metto davanti

    PROCEDO

    Valeria mi ha presentato nel capitolo precedente e liquidato in sei parole, due virgole, un punto. – Filippo, mio marito, nella mensa aziendale.

    Tutto qui!

    Ha lasciato intuire che lavoro in un’azienda fornita di servizio ristorazione e che torno a casa, alla sera, per cena. Ben due pasti al giorno. E poi mi rimprovera la tendenza a metter su pancetta. Buon per lei.

    Sarò più generoso nei suoi confronti e ne traccerò un profilo semplice e benevolo. Di bella presenza, alta un po’ meno di me (178 meno 10). Tralasciamo pesi e volumi, in quanto costanti variabili. Non vi svelo i suoi lustri per noti motivi di genere: i miei 45 anni posso dichiararli senza bluffare sulle candeline.

    Le sue qualità fisiche e caratteriali avrete modo di dedurle, all’occorrenza, esposte tra le righe e diluite nel corso dei vari capitoli. Qualora fosse necessario puntualizzare alcuni suoi aspetti morfologici e morali, mi riservo di delinearli nel dovuto rispetto della privacy.

    Ha poi dichiarato che abbiamo due figli, frequentano la seconda e la terza media. Paolo 14, Chiara 13: nonostante l’esigua differenza di età non abbiamo risparmiato quasi nulla nel riciclaggio dell’usato. Buon per loro.

    In veste di 'padre', senza aver frequentato corsi o esami specifici, mi affido all’istinto: con il maschietto sfrutto la memoria del mio passato, con la femmina si è resa necessaria la delega alla madre. Da bravo papà cerco di affrontare le responsabilità senza improvvisare regole, ordini, punizioni, o peggio ancora, escogitare espedienti per far valere la mia autorità. Meglio dare l’esempio che affidare consigli alle parole, dosare con parsimonia i Sì e i No. Alla loro età, oltre ai libri di scuola, entrano in gioco ormoni, brufoli, i primi peli, cicli e rotondità. E poi le amicizie, le confidenze, i segreti. Spero un po’ nella fortuna e fin qui è andata bene. Buon per me.

    Kiwi è sempre presente, si esprime bene con la coda. Non morde. Abbaia.

    Si dice che uno è ciò che fa, quindi mi costringo a svelare la fonte dei guadagni che permette alla famiglia Sartori di campare.

    Una mia giornata al lavoro.

    Non marco il cartellino.

    Il caffè me lo depositano, poco zuccherato, sulla scrivania sopra il Sole24Ore. Questo è un privilegio, e non è l’unico in qualità di direttore commerciale. Condivido con il signor Domenico, titolare dell’azienda, la segretaria. Betty, l’assistente perfetta, espressione concreta delle tre massime virtù: efficienza, affidabilità e discrezione. Con lei condivido invece l’attività letteraria di routine che consiste nella stesura di corrispondenza commerciale. Mi ha consentito di darle del tu, ma non fa caffè a nessuno. Merita una presentazione più dettagliata. Ha già assistito un paio di direttori commerciali prima di me. L’ultimo, otto anni fa, l’ha sciolto per fare posto a me. Cinquant’anni ormai fissi, onnipresente, arcigna, precisa, inox. Nubile. Gattara. Non si capisce perché non sia lei a rivestire il mio incarico, ne sa dell’azienda più di tutti e ha grinta da vendere, non ha bisogno di essere giovane e bella: è troppo brava.

    Fine dei miei privilegi.

    La giornata tipo è seminata di grane che il solerte Filippo (io) cerca di risolvere per dare valore allo stipendio. Non ci si annoia.

    La mia scrivania è ordinatamente sommersa da pratiche e strumenti elettronici che lasciano poca visibilità al noce massello che regge il tutto. In primis la cartellina che Betty, all’alba, deposita diligentemente al solito posto, sotto il mio naso. Due firme da apporre e un appunto telegrafico su un biglietto. La perfezione della calligrafa non è cosa da poco ed esige rispetto. (Sospetto abbia frequentato un corso apposito in qualche monastero di Benedettini amanuensi). È un obbligo leggere quei messaggi e un piacere collezionarli. Non tutti. Infine l’agenda giornaliera mi fornisce il panorama degli impegni da sbrigare nel tempo che ho a disposizione, compreso tra il caffè del mattino, il pranzo in mensa e la cena a casa: se le rotture di palle sono inevitabili, è fondamentale evitare gastriti.

    Alla sera torniamo a casa. Per sera si intende l’ultimo frammento di lasso temporale che precede l’attivazione automatica degli allarmi notturni dell’azienda: uno sgombero forzato. Quel - torniamo - siamo io e il lavoro che mi si accomoda accanto in auto, mi accompagna fino alla porta di casa, mi aspetterà fuori, sul tappeto, fino al mattino seguente.

    Il rientro a domicilio, per prassi, è annunciato da un "arrivo!" digitato alla mia adorabile cuoca, per dare modo alla famiglia di preparare la dovuta accoglienza al benefattore.

    3 - Una famiglia e qualche amicizia

    Trattenere per più di venti muniti i ragazzi a tavola è epico. Un tempo sufficiente per nutrirli di cibo e di raccomandazioni, lasciando casualmente sfuggire poche domande per un ragguaglio sull’andamento scolastico. Per lo più se ne ricava qualche fugace aggiornamento o creative divagazioni.

    Come da copione, anche martedì sera mio

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