La meravigliosa storia di Peter Schlemihl
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Anteprima del libro
La meravigliosa storia di Peter Schlemihl - Adalbert von Chamisso
La meravigliosa storia di Peter Schlemihl
Adalbert von Chamisso
In copertina: Ernst Ludwig Kirchner, Schlemihl’s Encounter with the Shadow, 1915
© 2014 REA Edizioni
Via S. Agostino 15
67100 L’Aquila
www.reamultimedia.it
redazione@reamultimedia.it
www.facebook.com/reamultimedia
Questo e-book è frutto di una rielaborazione editoriale originale realizzata sulla base di testi e traduzioni non più soggetti al diritto d’autore, la casa editrice rimane comunque a disposizione di chiunque avesse a vantare ragioni in proposito.
Indice
A GIULIO EDOARDO HITZIG
FOUQUE’ ALLO STESSO
A FOUQUÈ
AL MIO VECCHIO AMICO PETER SCHLEMIHL
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
A GIULIO EDOARDO HITZIG
Tu, che non dimentichi nessuno, ricorderai ancora un certo Peter Schlemihl, che, anni or sono, hai incontrato un paio di volte a casa mia, un giovanotto alto, un po’ timido e perciò considerato buono a nulla e che passava per un fannullone a causa della sua pigrizia. Io gli volevo bene...
Tu certo non hai dimenticato, Edoardo, come, ai tempi della nostra giovinezza, ci accadde di incontrarlo; l’avevo portato con me ad uno dei nostri tè letterari, ed egli si addormentò mentre ancora si stava scrivendo, senza attendere il momento della lettura. Ed ora mi ricordo anche di una tua battuta su di lui. Lo avevi già precedentemente incontrato, Dio sa dove e quando, vestito di una vecchia giubba nera, che allora indossava sempre, e dicesti:
Quell’originale sarebbe veramente apprezzabile, se la sua anima fosse anche soltanto la metà immortale di quanto non lo sia la sua giubba.
Tanto poca considerazione avevamo di lui. Eppure gli volevo bene.
Da questo Schlemihl dunque, che da lunghi anni avevo perso di vista, mi giunge il racconto che voglio che tu conosca. Soltanto a te, Edoardo, a te che sei il mio più intimo, il mio più prossimo amico, il mio migliore me stesso, di fronte al quale non posso tenere alcun segreto, narro questa storia; soltanto a te e, naturalmente, al nostro Fouqué, radicato quanto te nel mio cuore, solo che in lui, questa volta, considero unicamente l’amico, non il poeta.
Capirete, leggendo, quanto potrebbe dispiacermi se la confessione fattami da un onest’uomo, certo di poter contare sulla mia amicizia e sulla mia discrezione, venisse messa alla gogna in un’opera letteraria, o anche se soltanto si credesse di farne uso indegno, come di una trovata di cattivo gusto, di una cosa che non lo è e che non deve esserlo. Ammetto io stesso, che è un peccato per il racconto, diventato insipido sotto la penna di un uomo di cuore, di non essere stato scritto da mano più esperta e meno sentimentale, che avrebbe dato risalto a tutta la sua forza comica. Che cosa non ne avrebbe ricavato Jean- Paul! Inoltre, amico mio, nel corso della narrazione può essere fatto il nome di persone ancora viventi e anche di questo bisogna tener conto.
Ancora una parola sul modo nel quale questi fogli mi sono arrivati. Mi sono stati consegnati ieri mattina, al mio risveglio. Uno strano uomo dalla lunga barba grigia, vestito di una vecchia giubba nera, con una borsa da botanico a tracolla e, a dispetto di questo tempo piovoso, con un paio di pantofole calzate sopra gli stivali, aveva chiesto di me e aveva lasciato un plico, dichiarando che proveniva da Berlino.
Kunersdorf, 27 settembre 1813.
ADALBERT VON CHAMISSO
FOUQUE’ ALLO STESSO
Dobbiamo custodire, caro Edoardo, la storia del povero Schlemihl; custodirla in modo che resti nascosta agli sguardi di chi non la deve conoscere. È un compito difficile. Di quegli sguardi ve ne sono troppi, e quale mortale può garantire della sorte di un manoscritto, di una cosa, cioè, quasi più difficile da tenere segreta di una parola detta! E allora io mi comporto come uno che, preso dalla vertigine, nel suo spavento preferisce gettarsi subito in fondo all’abisso: faccio stampare il racconto.
Tuttavia, Edoardo, questa mia decisione trae la sua origine da motivi migliori e molti più seri. Se tutto non mi inganna, credo di poter dire che nella nostra cara Germania battono molti cuori capaci di capire ed anche di apprezzare il povero Schlemihl; e il tiro maligno che la vita gioca a lui, come pure all’ingenuo che è dentro di lui, strapperà un sorriso commosso a più di un onesto viso di contadino. E tu, mio Edoardo, quando, leggendo questo schiettissimo libro, sarai portato a pensare che molti ignoti, a noi vicini per affinità di cuore, impareranno anch’essi ad amarlo, sentirai forse come una goccia balsamica cadere sulla ferita che la morte ti ha inferto, colpendo così anche tutti coloro che ti amano.
E infine: esiste per i libri stampati, me ne sono convinto attraverso varie esperienze, un genio che li mette nelle mani adatte, mentre molto spesso, anche se non sempre, li tiene lontani da quelle inadatte. Ad ogni modo, questo genio possiede per ogni genuina opera dello spirito una cassaforte che, di volta in volta, apre e chiude con infallibile giudizio.
A questo genio, mio carissimo Schlemihl, affido il tuo sorriso e le tue lacrime, e con ciò addio!
Nennhausen, fine maggio 1814.
FOUQUÉ
A FOUQUÈ
Eccoci ora di fronte alle conseguenze della tua eccentrica decisione di far stampare la storia di Schlemihl, che invece avremmo dovuto custodire come un segreto del quale eravamo depositari. Non si tratta soltanto del fatto che Francesi e Inglesi, Olandesi e Spagnoli lo abbiano tradotto, gli Americani essendosi limitati a ristampare l’edizione inglese, come ti ho già detto nella mia dotta Berlino; bensì, che anche per la nostra cara Germania ne viene preparata una seconda edizione, illustrata con i disegni di quella inglese, presi dal vero dal celebre Cruikshank{1}, cosicché è innegabile che la cosa si diffonde sempre più. Se non ti ritenessi già abbondantemente punito per la tua arbitraria decisione (nel 1814 non mi hai fatto menzione della pubblicazione del manoscritto), in quanto che il nostro Chamisso, durante la sua crociera intorno al mondo, fra il 1815 e il 1818, trovandosi nel Cile e a Camciatca, se ne è lamentato con il suo amico, il beato Tameiameia, ti accuserei ancora e pubblicamente quale unico responsabile.
Ormai — anche indipendentemente da ciò — quel che è fatto è fatto, e forse tu hai avuto ragione, poiché, nei tredici anni fatali da quando ha visto la luce, il libricino si è conquistato molti amici. Non dimenticherò mai il momento in cui lo lessi a Hoffmann per la prima