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Il PadreNostro spiegato a mio figlio
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Il PadreNostro spiegato a mio figlio
E-book186 pagine2 ore

Il PadreNostro spiegato a mio figlio

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Info su questo ebook

L'autore, nel suo libro, racconta a suo figlio la preghiera più nota del Cristianesimo, quella che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli.

E' quasi un percorso pedagogico che ci guida nell'esplorazione della preghiera di Gesù la cui particolarità consiste nell'accostamento di ogni verso del Padrenostro a uno specifico chakra o centro energetico presenti sulla nostra spina dorsale. Partendo da "Amen", l'ultima parola della preghiera corrispondente al chakra radice che si trova alla base della colonna vertebrale, si ripercorre a ritroso il cammino ascendente per arrivare, passo dopo passo, al "Padre nostro che sei nei cieli" raggiungendo infine il settimo chakra alla sommità della nuca.

Meditando sulle parole e sul senso del Padrenostro l'autore crea un ponte tra la preghiera dei cristiani e il vissuto personale di ciascuno, rendendola quanto mai attuale e mettendone in luce la profondità spirituale.
LinguaItaliano
Data di uscita19 nov 2013
ISBN9788868559533
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    Anteprima del libro

    Il PadreNostro spiegato a mio figlio - Loris Adauto Muner

    Finamore

    Revisione testo e impaginazione a cura di

    Serena Cavallari

    Prodotto da

    Istituto DiaLogos - Life Counseling

    Counseling del Senso di Vita®

    www.istitutodialogos.com

    Prima stampa Novembre 2013

    Seconda ristampa Novembre 2014

    Milano

    Nessuno conosce il figlio se non il padre, e nessuno conosce il padre se non il figlio (Mt 11,25)

    A Marco, mio figlio.

    E a tutti i figli e a tutti i padri.

    Pater noster qui es in coeli

    Santificetur nome tuum

    Adveniat regnum tuum

    Fiat voluntas tua

    Sicut in coelo et in terra

    Panem quotidianum da nobis

    Et dimitte debita nostra

    Sicut et nos dimittinibus debitoribus nostris

    Et ne nos inducas in tentationem

    Sed libera nos a malo

    Amen

    CARO FIGLIO,

    TI VOGLIO PARLARE DELLA PREGHIERA

    Non è un argomento facile per uno come me: ex ateo, ex marxista-mandrakista, ex mangione e beone, ex psicoanalizzato, ex di molte altre cose.

    E per di più non ti voglio parlare di un tipo di preghiera da recitare a pappagallo, come quelle che ti insegnano al catechismo, ma di una preghiera che si fa in silenzio, nel luogo segreto in cui puoi ritirarti quando sei stufo della confusione del mondo e della mente.

    Ecco, quella di cui ti voglio parlare è una preghiera che non si recita con la mente (anzi meno mente c’è meglio è), è una preghiera che s’interpreta con il cuore, con tutto il cuore, anche con la rabbia e la paura che covano spesso nel cuore dei ragazzi, e con il corpo, con tutto il corpo, anche il pistolino. E con tutto lo spirito.

    Cos’è lo Spirito?

    Quando ti senti libero, quando la tua mente si perde a guardare una formica camminare su un filo d’erba, il volo di una farfalla, un tramonto, un video-game. Il luogo in cui la mente si perde è un luogo sacro: il luogo dello spirito, il luogo in cui nessuno può venire a romperti le scatole, proprio nessuno, neanche i tuoi pensieri.

    Quando un bambino si perde a guardare una formica, un bruco o un maggiolino, è in un luogo in cui non entra nessun rompimento di scatole, un luogo impenetrabile, il luogo magico e segreto che conoscono tutti i bambini. In quel luogo il bambino è completamente sereno, è solo ma sente vicino a lui e tutto intorno a lui una presenza benevola. In realtà in quel momento il bambino si è messo in connessione con la natura, se ne sente parte, è un tutt’uno con lei, questo il bambino chiama angelo custode. E lui non deve far altro che essere, semplicemente essere lì e lasciarsi cullare fra le braccia dell’angelo, come fra le braccia della più amorevole delle madri (e sarà anche vero che le madri non sbagliano mai e che sono tutte sante, ma il loro bell’Ego lo hanno anche loro), quel luogo magico in cui il bambino è perso disteso sull’erba, con una spiga in bocca e la testa fra le mani a contemplare ‘ste cazzo di formiche che non stanno ferme un attimo e tutte in riga vanno chissà dove, in quel luogo, dicevo è presente l’Amore Incondizionato, un amore che ama tutto ciò che è in te, che lo accetta così com’è, senza volerlo cambiare o rimettere in ordine niente.

    Beh, perlomeno io me la sono vissuta così. Non che lo sapessi, ho dovuto riflettere molto su quel luogo magico e soprattutto su come sia possibile ritornarci. Cinquant’anni dopo credo di aver capito che quando la mente si perde allora trova Dio (puoi chiamarlo anche Natura¹, se ti suona meglio). Quando da adulto riesci a pregare con la stessa intensità con cui un bambino contempla una farfalla, allora torni in quel luogo, e non è poi così difficile. Bisogna essere in silenzio, creare uno spazio in cui non entrano neanche i pensieri e scoprire che qualcosa d’altro riempie questo spazio: il tuo respiro.

    Ti ricordi quando venivo a baciarti la sera? Forse no, perché spesso dormivi, ma io sì, e sai cosa succedeva? Respiravamo insieme la stessa aria.

    Secondo gli israeliti baciare è condividere lo stesso alito.²

    Pregare è respirare. Quando preghi respiri con Dio, Lui ti dà un bacio.

    La cosa importante della preghiera non sono le parole che dici, ma il desiderio di respirare una boccata di aria pulita, un desiderio che tutto sia tranquillo, senza baruffe, un desiderio di Pace.

    Forse adesso non t’importa granché della pace, anzi stai per entrare nell’età in cui spesso i ragazzi si preparano alla rivolta e alla guerra, ma quando saranno finite le battaglie scoprirai che la cosa più importante di tutte è poter vivere in Pace.

    Gli israeliti quando si salutano si augurano la Pace e dicono: Shalom, che significa essere intero. ³È come se qualcuno ti dicesse: mi vai bene come sei, non cambiare. Sarebbe bello, vero?

    Posso dirti che pregare, più che parlare con Dio, è respirarlo dentro di Sé. Quando vorrai pregare, non parlare, ascolta il tuo respiro e sentirai la voce di Dio.

    Perché pregare non è parlare, ma ascoltare.

    Chi ascolta ubbidisce⁴.

    So che a un ragazzo la parola ubbidire può dare fastidio, Dio sa a quanti ordini cretini deve sottomettersi: dei genitori, dei nonni, degli zii, dei preti, delle suore, degli insegnanti, dei vigili, di qualsiasi adulto presuntuoso che si senta in diritto di dirgli cosa deve e cosa non deve fare. Non sto parlando di quest’obbedienza. Da grande non lascerai più che nessuno ti dica come devi o non devi essere, però forse scoprirai che in realtà non sai cosa vuoi essere, e proprio allora potrai sentire quella voce interiore che ti parla ogni tanto, come se dentro di te ci fosse una mamma amorevole e devota che ti parla, ti consola e ti coccola: quella è la tua Anima (oppure il tuo Angelo Custode se preferisci). A questa, e solo a questa, sarebbe meglio dare ascolto e obbedire.

    Quand’ero piccolo come te, ma molto meno furbo, pensavo che i bambini venissero messi dentro la mamma attraverso l’orecchio, e in effetti esiste un’antica tradizione apocrifa⁵ secondo cui Gesù, il Verbo, la Parola di Dio, viene concepito attraverso l'orecchio di Maria, la Madre Divina.

    Provo a riassumere: quando preghi, chiuditi nella cameretta segreta del tuo cuore, là dove nessuno può entrare e mettiti in ascolto della tua Anima, la tua Madre Divina, l’Immagine del Dio Interiore (il tuo Sé personale, direbbero quelli che hanno studiato).

    Lo so che quando senti parlare di Dio sbuffi, ti viene in mente la Madre Superiora che ti faceva paura alle elementari o la noia mortale della Messa a cui ti senti costretto ad andare, anche se non ci capisci niente. È normale che per molti ragazzini diventi difficile sentir parlare di un Dio che sembra fatto apposta per scatenare tutte le paure e le angosce di quando erano bimbi. So che cosa ti hanno insegnato di questo loro Dio, l’hanno insegnato anche a me del Dio che manda la gente all’inferno per l’eternità, un padreterno severo e terribile che ti sta sempre appiccicato per punirti e criticarti, un giudice che applica una legge arbitraria. Immagino che neanche a te, come del resto a me, sia mai andata giù la faccenda del padre Abramo che doveva scannare suo figlio per ordine di Dio. A quale figlio andrebbe giù, e a quale padre?

    Da bambino ti terrorizzano con questo dio degli eserciti, un condottiero spietato che ha spinto il suo popolo eletto (eletto da lui, e gli altri popoli chi sarebbero: figli di un dio minore?) all’invasione e al genocidio, creando un caos che dopo tremila anni non è ancora finito.

    E che dire poi del peccato originale, quell’assurda storia della mela che non si doveva mangiare? Non sarebbe ora di finirla? Cosa c’entrano i bambini con il peccato?

    E ti dicono che il vero peccato mortale, quello che ti manda dritto dritto all’inferno, è quella cosa innocente e santa che alla tua età è la più interessante e divertente di tutte: far divertire il pippo, come dicevi da piccolo.

    Per non parlare poi dell’orribile morte di Gesù che, ti spiegano, si è fatto ammazzare per colpa nostra, anzi tua. Se per caso chiedi qual è il senso di tutto ciò, allargano le braccia guardandoti storto e mormorano: «È un mistero della fede». E chiudono il discorso.

    So che fra un po’ non ne potrai più di tutte quelle storie che catechisti frettolosi e ignoranti ti hanno raccontato.

    Quando entrano nell’adolescenza e nella giovinezza, molti bambini si ritirano, disgustati, dalla pratica di una fede che non riconoscono più, e soprattutto dagli insegnamenti di una religione che non riescono più a capire e che giudicano incapace di rispondere alle domande della loro età della vita - insegnamenti che gli stessi adulti hanno gettato alle ortiche - e scoprono che c’è una doppia morale: una pubblica, per cui tutti sono buoni cristiani, e una privata che s’insegna in sala da pranzo, in cui i ragazzi vedono gli adulti mentire, manipolare, giudicare, imbrogliare, evadere le tasse, cornificarsi e litigare come ai bambini non sarebbe mai permesso. «Puah!» dice il ragazzo, «Di un dio così, al quale voi siete i primi a disobbedire, non so che farmene»⁶.

    Certi ragazzi buttano questo dio nella pattumiera della storia, là dove sono finite tutte le altre frottole a cui credevano da bambini, come Babbo Natale e la cicogna; molti altri, per tanti anni, non vogliono più sentir parlare di nessun dio. Semplicemente non sono così ipocriti come gli adulti, non riescono a fare la doppia faccia, non riuscirebbero a fare finta. A differenza degli adulti certi ragazzi hanno ancora bisogno di credere in ciò che credono. Allora rinunciano semplicemente alla loro spiritualità, si smarriscono nei labirinti della solitudine e dell’egoismo, senza nessuno a cui potersi indirizzare per un consiglio, perché non si fidano più di nessuno, e troppe volte si sono sentiti presi in giro e ingannati. Non è forse vero che la scienza moderna ha smascherato la religione definendola una nevrosi infantile, una trappola per polli, l’oppio somministrato ai popoli da chi vuole mantenerli nell’ignoranza e nella sottomissione per poter continuare a fare i propri comodi?

    Certo che è vero! Un giorno un prete, davanti alla ricchezza scandalosa della basilica di San Pietro, mi raccontò una battuta che gira per i seminari vescovili: «Guarda cosa abbiamo fatto col voto di povertà, e pensa cosa abbiamo fatto di quello di castità».  E giù a ridere con tutti i sacrestani. Io ci ho effettivamente pensato, e mi è venuta una leggera nausea.

    A molti accade, da adulti, che dopo tanto vagabondare si ritrovino al punto di partenza, a porsi le domande che li tormentavano da ragazzi: ma c’è un Dio da qualche parte? C’è un senso in tutto questo casino?

    Io sono stato uno di quei ragazzi, ho gridato e mi sono ribellato contro un dio che lasciava soli i bambini in balia degli orchi, poi mi sono calmato e ho avuto una botta di culo. Ho incontrato delle persone che mi hanno aiutato (non molte in verità, buone), e mi hanno accompagnato a riaccostarmi all’ascolto della Voce Interiore, quella voce che non mi lasciava mai solo quando ero bambino. Brave persone che con calma, pazienza e comprensione, ma inflessibilmente, mi hanno aiutato a ricollocare Dio non in una religione di potere, ma nella spiritualità dell’Essere.

    Viktor Frankl, Carl Gustav Jung, Roberto Assagioli, Hanna Wolff, Anselm Grün, Jean Yves Leloup, Annick de Souzenelle e tanti altri, nei loro libri, mi hanno insegnato a collegare di nuovo ciò che sentivo dentro di me a quello che vedevo fuori di me.

    Questi Maestri e i loro insegnamenti mi hanno dischiuso di nuovo alla consolazione dello Spirito e al potere lenitivo di un’antica tradizione di cura che dai medici-sacerdoti di Kos e dai terapeuti di Alessandria, passando per i Padri del Deserto, arriva fino alla psicologia del Sé. E da lì alla psicologia del Senso.

    Tutti noi sentiamo qualcosa che ci dice che da qualche parte deve esserci una spiegazione a tutto, che Tutto ha un Senso, che lì è la Pace.

    Quando si è bambini ciò che conta è la Volontà di Piacere; «La Coca Cola mi piace, gli spinaci no» … e ti tocca mangiare gli spinaci. Poi da ragazzi si vuole mangiare ciò che si vuole e allora inseguiamo la Volontà di Potere (poter fare quello che si vuole). E da grandi ci si comincia a chiedere qual è il senso degli spinaci o della Coca.

    Anch’io ho chiesto: «Ma c’è un senso a tutto ciò?». L’ho chiesto a qualcuno e mi ha risposto: «Cercalo».

    Così mi sono messo a sperimentare la Volontà di Senso.

    Un giorno, quando ti sarà sbollita la rabbia contro tutti gli ipocriti che ti hanno propinato un dio fatto a loro immagine e somiglianza al solo scopo di sottometterti e condizionarti (come a loro volta qualcuno ha fatto con loro), cercherai anche tu qual è il Senso (se c’è) della vita. Se non ti fai fregare dalla rabbia o dalla paura, crescendo capirai che puoi andare oltre a tutte le immagini di colpa, di giudizio, di espiazione, le immagini demoniache di dio, che duemila anni di catechismo repressivo hanno innestato nella tua Anima.

    Spero che questo condizionamento a cui sei stato sottoposto, tu come la maggior parte dei bambini, non ti renda per sempre ostile nei confronti di Dio. Anche se per ora ti è ancora

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