Pugni e socialismo: Storia popolare della boxe a Cuba
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Anteprima del libro
Pugni e socialismo - Giuni Ligabue
TUTTE LE STRADE
13
Pugni e socialismo
Storia popolare della boxe a Cuba
di Giuni Ligabue e Chiara Gregoris
La riproduzione, la diffusione, la pubblicazione su diversi formati e l’esecuzione di quest’opera, purché a scopi non commerciali e a condizione che venga indicata la fonte e il contesto originario e che si riproduca la stessa licenza, è liberamente consentita e vivamente incoraggiata.
Prima edizione in «Tutte le strade»: maggio 2015
Prima edizione in e-book: ottobre 2015
Design Dario Morgante
Red Star Press
Società cooperativa
Via Tancredi Cartella, 63 – 00159 Roma
www.facebook.com/libriredstar
redstarpress@email.com | www.redstarpress.it
GIUNI LIGABUE
CHIARA GREGORIS
PUGNI E
SOCIALISMO
STORIA POPOLARE
DELLA BOXE A CUBA
REDSTARPRESS
«Le menti grandi, parlano di idee e progresso
le menti medie, parlano di fatti e successi
le menti povere, parlano e criticano gli altri
perché chiunque, offre del suo cervello ciò che può».
JOSÉ MARTÍ
ISTRUZIONI PER LA LETTURA
Quanto segue non racconta la Cuba che conoscono i più. Non racconta la piccola Cuba di Varadero, Cayo Largo o Cayo Coco per quanto questi siano luoghi d’inestimabile e incontestabile meraviglia. Non racconta la piccola Cuba dei villaggi turistici o degli alberghi di lusso oppure la piccola Cuba dei locali per turisti dove si paga tutto dieci volte tanto. Non racconta la piccola Cuba del turismo del sesso maschile e femminile. Non racconta la piccola Cuba che deve per forza essere il luogo delle torture e delle barbarie dei comunisti e della dittatura, o magari la piccola Cuba della gente che scappa. Non racconta la piccola Cuba che qualcuno vorrebbe pericolosa e minacciosa per la democrazia mondiale.
Cuba non ha mai aggredito nessuno, non ha mai voluto conquistare nessuno se non la propria libertà, non ha mai preso parte né organizzato stermini di massa, non ha mai fatto guerre o intrapreso fantomatiche «missioni di pace» dove alla fine muore solo un sacco di gente innocente. Cuba non ha mai ucciso per soldi, anche perché a Cuba non importa nulla di uccidere nessuno – tanto meno per denaro o per interesse – anzi, sarebbe meglio dire, a Cuba dei soldi e degli interessi ormai non gliene frega più nulla, anche perché da troppo tempo ha imparato a vivere senza.
Quanto segue racconta la grande Cuba, la Cuba così come è. La Cuba della dignità e dell’orgoglio, la Cuba della cordialità, della sincerità e del sorriso. La grande Cuba delle passioni e dell’amicizia. La grande Cuba che studia, lavora, cresce e si rinforza. La grande Cuba dell’alfabetizzazione, del sistema educativo, dell’eccellenza sanitaria. La grande Cuba che ha sconfitto la miseria, la droga, la violenza e le armi, e che sta sconfiggendo la prostituzione. La semplice Cuba del suo grande popolo dal grande carattere. Della sua grande Rivoluzione e del suo grande pugilato.
GIRALDO CÓRDOVA CARDÍN E PLAYA GIRÓN
Il 5 dicembre del 1930 nasce a L’Avana Giraldo Córdova Cardín. La sua storia è simile a quella di tanti giovani cubani dell’epoca. Orfano di madre, da piccolo incontra tante difficoltà nel portare avanti gli studi. Sono tempi difficili e in tanti come Giraldo sono spesso costretti a mettersi a lavorare giovanissimi. Giraldo comincia a lavorare nella raffineria di petrolio di L’Avana all’età di dodici anni, successivamente decide di seguire il padre e aiutarlo nei suoi lavoretti in giro per la splendida provincia habanera.
È un giovane pieno di passioni e desideri, Giraldo, e soprattutto fatica a nascondere un’indole decisamente intraprendente. Fanatico di musica e dall’animo allegro è appassionato di boxe e adora combattere. A discapito dell’animo cordiale e rilassato dei cubani, sono infatti in tanti nell’isola a pronunciare la frase «siamo abituati a combattere fin da bambini!» e per quanto riguarda Giraldo non esiste esempio più azzeccato. In tempi in cui praticare il pugilato a Cuba era ben più difficile che ai giorni nostri, Giraldo aveva disputato e dominato cinque incontri.
L’altra grande passione di Giraldo era la politica, proprio non riusciva a staccarsi dagli scritti di José Martí. Insomma, ai giorni nostri Giraldo sarebbe stato un rivoluzionario perfetto, un esempio significativo di quella innegabile «dignità cubana» che fa parte del carattere e della personalità di dodici milioni di abitanti.
Ma è il 10 di marzo del 1952 quando il carisma del giovane Giraldo esplode in tutta la sua determinazione. È il giorno in cui le forze di Fulgencio Batista prendono il potere a Cuba, è il giorno del colpo di stato. Non ci pensa due volte Giraldo a radunare i suoi compagni di La Ceiba, vicino Marianao, e precipitarsi all’Università di L’Avana dove il governo costituzionale cubano aveva promesso di portare armi per resistere alle squadracce di Batista. Ma quelle armi all’università non arrivarono mai. È quello il momento in cui nella testa di Giraldo inizia a palesarsi la conferma di un sospetto: non ci si sarebbe dovuti aspettare proprio nulla da parte del governo costituzionale per combattere il nuovo oppressore. Passano i giorni e l’animo combattente di Giraldo esplode. È in un bar della capitale quando uno dei militari, un graduato – un tenente arrogante e fortemente alticcio – si dirige al bagno e trovandolo occupato da un «comune mortale» dà in escandescenza, si riversa in mezzo alla strada piena di gente, estrae la sua pinga, ovvero il suo pene, e si mette a pisciare davanti a tutti. Giraldo non ci vede più, si precipita di fronte all’ufficiale e lo affronta come un avversario sul ring, ma non a diretti, ganci e montanti bensì a male parole, svergognandolo se possibile ancora di più di fronte agli occhi della folla che, accanto al bagno improvvisato dal militare, aspettava l’arrivo della corriera. Il tenente lo guarda negli occhi, sorride strafottente, scioglie alcuni bottoni della giacca e avvicina la mano alla fondina per prendere in mano la rivoltella.
«Spara e uccidimi, così tutti vedranno di che pasta siete fatti voi altri!», dice Giraldo.
Il ghigno strafottente si cancella immediatamente dal volto del tenente che respirando affannosamente, un po’ per la sbronza, un po’ per la concitazione, risistema al loro posto pistola e «pistolino». E senza dire una parola si allontana.
Giraldo comincia a frequentare un ambiente particolare di L’Avana, si tratta dei locali della Joventud Ortodoxa di Calle Prado dove si avvicinerà al movimento (quello di Fidel) entrando a fare parte della cellula «Fernando Chenard» che si allena alla guerriglia all’interno dell’università e in altri porti