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Pablo Neruda, la cipolla e le lacrime del compagno Alicata
Pablo Neruda, la cipolla e le lacrime del compagno Alicata
Pablo Neruda, la cipolla e le lacrime del compagno Alicata
E-book137 pagine1 ora

Pablo Neruda, la cipolla e le lacrime del compagno Alicata

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Una sfida culinaria a base di cipolle tra Pablo Neruda e il dirigente comunista Mario Alicata, che all’epoca dell’esilio a Capri del grande poeta cileno, era colui che nel partito comunista italiano teneva i rapporti con gli intellettuali. Entrambi vengono da territori in cui la cipolla è regina in cucina, e si sfidano nell’isola regina del golfo di Napoli dove anche un duro esilio per ragioni politiche si trasforma in ispirazione poetica e voglia di vivere. Un romanzo che ripercorre, attraverso una sfida tra pietanze, un mondo che non c'è più di cui si è perduta financo la memoria. Andrea De Simone e Tonino Scala in una sinfonia di sapori descritta con grande mestiere, trasformano in un sapore immaginato un mondo, muovendosi nella vita e nei sentimenti di due comunisti di un tempo che fu. Un modo, oltreché per condividere gustosi piatti semplici e salutari, per trovare una ricetta che ridia senso a una lotta di liberazione.
LinguaItaliano
Data di uscita26 feb 2020
ISBN9788835376460
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    Anteprima del libro

    Pablo Neruda, la cipolla e le lacrime del compagno Alicata - Andrea De Simone

    cipolla

    Io sono della poesia

    di Pietro Folena *

    Ho avuto la ventura di leggere questo godibilissimo racconto di Tonino Scala e di Andrea De Simone -una sorta di inno globale alla cipolla- a stomaco vuoto. Devo confessare che la sinfonia di sapori descritta con grande mestiere sulla carta si è trasformata in un sapore immaginato, che ha reso questa fame insaziabile.

    La sfida culinaria, a base di cipolla, tra il grandissimo poeta cileno, accompagnato dalla donna che sta per sposare, Matilde Urrutìa, e il dirigente comunista Mario Alicata, con la moglie Giuliana, intellettuale vivacissimo, cresciuto come altri dirigenti comunisti e antifascisti, nell’esperienza dei GUF -i gruppi universitari fascisti- , si svolge a Capri, dove Pablo Neruda, ospite di Edwin Cerio, si era stabilito nel suo esilio, all’epoca della dittatura di Gabriel Gonzalez Videla.

    Neruda, la cui permanenza in Italia era stata osteggiata dal Governo -e solo grazie a una grande mobilitazione di intellettuali il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi aveva dovuto concedere il permesso di rimanere-, veniva comunque pedinato dalla polizia del Ministro Mario Scelba. «Siamo della Polizia» , gli dicono a un certo punto. «Io sono della poesia» fu la risposta del poeta.

    Chi ha avuto la fortuna di andare alla Casa de Isla Negra, a El Quisco, sulla costa pacifica, dove Neruda è sepolto, in uno scenario oceanico struggente, del tutto parte della poetica nerudiana, sa cosa abbia voluto dire il mare per il poeta. Certamente: immaginiamo il suo rapporto con un mare tanto diverso, come quello di Capri. Ma è qui che il ceviche prende la strada del gambero di Sorrento, e crea un superbo dialogo culinario tra i due mondi. E del resto Philippe Noiret, col grande Massimo Troisi, quest’operazione di trasposizione continentale -mi riferisco al film di Michael Radford, Il Postino, tratto dal libro di Antonio Skàrmeta, ambientato invece a Isla Negra- aveva dato già un’anima a questo Pablo tra i due continenti.

    E poi c’è la Genovese, ma questa è un’altra storia. Parlare del nostro passato -da dove veniamo- con leggerezza, ma non con superficialità, è un obiettivo qui pienamente riuscito. E oggi quando tutto appare abbastanza svanito, e c’è da piangere non per le cipolle, perché si è perduta financo la memoria, muoversi dalla vita e dai sentimenti di questi comunisti di una volta è un modo, oltreché per condividere gustose ricette, per trovare una ricetta che ridia senso a una lotta di liberazione.

    Come dice Neruda, nel suo discorso in Parlamento contro il dittatore Videla, «II nostro partito è immortale. È nato con le sofferenze del popolo e questi attacchi non fanno che innalzarlo e moltiplicarlo» .

    L’importante è crederci. E intanto darsi da fare ai fornelli.

    *Pietro Folena, già Segretario Nazionale Fgci e Coordinatore Ds. Presidente Associazione Metamorfosi

    Cibo, politica, cultura e passione

    di Isaia Sales *

    Si sono divertiti molto Andrea De Simone e Tonino Scala a scrivere questo libro, che mette insieme le loro passioni politiche, culturali e gastronomiche. Immaginano una sfida culinaria (avendo come base le cipolle) tra Pablo Neruda e il dirigente comunista Mario Alicata, che all’epoca dell’esilio a Capri del grande poeta cileno era colui che nel partito comunista italiano teneva i rapporti con gli intellettuali (e tracciava una rigida linea tra chi scriveva per elevare il popolo e chi invece no). Entrambi vengono da territori in cui la cipolla è regina in cucina, e si sfidano nell’isola regina del golfo di Napoli dove anche un duro esilio per ragioni politiche (quello che dovette subire Neruda per il suo essere comunista e oppositore di un regime che sparava sui minatori in lotta) si trasforma in ispirazione poetica e voglia di vivere.

    Quella sfida in realtà non c’è mai stata e non sappiamo se Neruda abbia poi assaggiato la genovese, il piatto della cucina napoletana che si fa con le cipolle di Montoro (le ramate, non quelle bianche o le rosse di Tropea) che Alicata aveva scelto come prima portata per competere con il ceviche, quel piatto principe della cucina cilena che si prepara con pesce, cipolla e limone. Nella finzione di questo libro la pasta (rigorosamente di Gragnano) con la genovese sarà il piatto con cui si festeggerà il matrimonio civile tra Neruda e Matilde Urrutia, la cantante sua amante, che poi effettivamente sposerà. Insomma, la sfida tra pietanze con le cipolle della tradizione cilena e di quella napoletana non finisce in parità, anche se penso che Andrea De Simone avrebbe preferito raccontare che anche Neruda si era arreso di fronte alla insuperabile bontà di quel piatto preparato con la materia prima del paesino avellinese in cui è nato (Montoro appunto), zona di elezione di quella cipolla ramate a cui ha dedicato un libro accurato e divertente.

    Sull’esilio di Neruda a Capri ci sono diverse testimonianze in libri politici, racconti e saggi di critici letterari. Ne scrive Teresa Cirillo in Neruda a Capri (edizioni La Conchiglia); ci sono ampi cenni nel libro Lessico sentimentale. Quella volta che Neruda… di Gioia Ramaglia Ricci; ma il libro che inserisce i sei mesi trascorsi a Capri nel più ampio ragionamento sull’influenza che gli anni dell’esilio di Neruda in Italia e in Europa hanno avuto nella sua opera letteraria è quello del politico e diplomatico cileno Josè Goñi dal titolo Pablo e Matilde. I giorni dell’esilio .

    Il deputato comunista Pablo Neruda, premio Nobel per la letteratura nel 1971,il più grande poeta del secolo scorso in qualsiasi lingua, secondo il giudizio di Gabriel Garcia Marquez, era stato costretto a lasciare in modo rocambolesco il Cile alla fine degli anni quaranta del Novecento dopo che aveva pronunciato in Parlamento uno storico discorso contro il presidente Gabriel Gonzales Videla, che lo stesso poeta aveva anche sostenuto all’elezioni e che si era trasformato in poco tempo in un dittatore e in un implacabile avversario dei comunisti e dei sindacati. Prima si era rifugiato a Parigi, poi a Roma e a Napoli. In Italia aveva incontrato la grande solidarietà del partito comunista e degli intellettuali ad esso legati. E fu proprio una protesta alla stazione di Roma organizzata dal partito comunista (con la presenza tra gli altri di Elsa Morante e di Alberto Moravia) che costrinse il governo italiano a revocare il vergognoso decreto di espulsione dell’esule emanato del ministro degli interni Mario Scelba su istigazione del governo cileno. Erano anni duri quelli in Italia. Decine e decine i morti a seguito di interventi armati della polizia negli scioperi e nelle manifestazioni di piazza. Migliaia gli arrestati. Ma erano anche anni di grandi speranze che si incarnavano nel partito comunista, osteggiato perché ritenuto portatore di una ideologia antilibertaria e che invece in Italia era il paladino delle libertà di parola e di organizzazione; un partito ancora pieno di grumi staliniani ma che simboleggiava agli occhi di milioni di lavoratori e di tanti intellettuali la difesa di ogni forma di libertà. Il diritto di un esule come Neruda di restare in Italia, perché perseguitato per le sue idee politiche da un regime dittatoriale, incarnò in quel periodo il massimo delle contraddizioni: i comunisti in Cile e in Italia combattevano per la libertà ed erano perseguitati e discriminati per le loro idee da coloro che si ergevano a difensori della libertà!

    Interessante la ricostruzione che Goñi fa dell’incontro tra Neruda (accompagnato da Massimo Caprara) con il segretario del Pci Palmiro Togliatti nella sede di Botteghe Oscure. Il poeta, nel religioso silenzio degli altri dirigenti del partito presenti alla riunione, racconta il dramma del Cile sostenendo che Nel Parlamento, dove fummo messi fuori legge, si sono preoccupati di utilizzare un processo costituzionale per commettere una incostituzionalità, oltre che un atto di altro tradimento e sommamente immorale. Togliatti vede nella dettagliata informativa dell’esule cileno una qualche analogia con la situazione italiana e spiega la scelta dell’autonomia e

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