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Pioggia e Sangue
Pioggia e Sangue
Pioggia e Sangue
E-book272 pagine3 ore

Pioggia e Sangue

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Info su questo ebook

Gunnar era un giovane giornalista in Islanda. Occuparsi di cronaca locale lo annoiava e lui voleva disperatamente uscire da quella strada a senso unico verso il dimenticatoio. Quando in Spagna scoppiò la guerra civile, lui vide l'opportunità, la sua strada verso la grandezza.

Barcellona era una città con poster propagandistici colorati e personaggi interessanti. Venivano forgiate amicizie, si rideva, si beveva e si lottava insieme, ma lui avrebbe avuto un debito da pagare. Il prezzo d'ingresso a questa guerra era tradire i propri amici.

Nulla sarebbe stato più lo stesso dopo che Barcellona andò in fiamme, il 3 maggio 1937. Non ci si poteva fidare di nessuno, gli amici si rivoltavano l'uno contro l'altro e l'unica cosa che contava era sopravvivere. Pioggia e Sangue è il secondo romanzo di Villi Asgeirsson. Il suo esordio, Under the Black Sand [Sotto la Sabbia Nera], è stato pubblicato nel 2013.

LinguaItaliano
Data di uscita7 ott 2021
ISBN9781667415543
Pioggia e Sangue

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    Anteprima del libro

    Pioggia e Sangue - Villi Asgeirsson

    PIOGGIA E SANGUE

    di Villi Asgeirsson

    Copyright 2017 Villi Asgeirsson

    Smashwords Edition

    Questo libro è disponibile anche in formato cartaceo presso la maggior parte dei rivenditori online

    VilliAsgeirsson.com

    Indice

    Titolo e Copyright

    Indice (questa pagina)

    Dediche

    Un’osservazione sul Fascismo

    Lorca

    Capitolo 1 - Scontro tra mondi

    Capitolo 2 – Venti del Meridione

    Capitolo 3 - Città d’oro

    Capitolo 4 - Celestina

    Capitolo 5 - Incroci

    Capitolo 6 – La fattoria

    Capitolo 7 - Zaragoza

    Capitolo 8 – Fronte della tempesta

    Capitolo 9 - Colpito nel Buio

    Capitolo 10 – Guerra finta

    Capitolo 11 - May Days

    Capitolo 12 - Combattendo

    Capitolo 13 – Dodici Uomini Morti

    Capitolo 14 - Infedeltà

    Capitolo 15 - Biblia del Oso

    Capitolo 16 - Il Castello

    Capitolo 17 - Leica

    Capitolo 18 – Città del Paradiso

    Capitolo 19 –Pioggia e Sangue

    Capitolo 20 - Picasso

    Si prega di recensire Sangue e Pioggia

    Note sull’autore

    Contatti

    In memoria di mia nonna,

    Hrefna Ólafsdóttir,

    un esempio da seguire, artista e autrice.

    Un ringraziamento speciale a Frank Jager, Laura Hopkins, Rik van den Bosch, Natasha Kelly e Christiaan Veltkamp per la correzione della bozza e per aver aiutato a rendere questo libro il migliore che abbia mai potuto essere in questa fase della mia vita.

    Ringrazio anche la mia famiglia, Miriam Geelhoed e in particolare l’adorabile Mats Kilian per aver avuto pazienza e fede in questo mio piccolo hobby.

    Questo romanzo è ambientato negli anni antecedenti la Seconda Guerra Mondiale. Gli orrori che si sarebbero verificati sono ancora per lo più ignoti, la portata dell’olocausto fuori dall’immaginazione del grande pubblico. Ne risulta perciò che alcuni dei personaggi simpatizzino per Adolf Hitler, ai nazisti e ai fascisti. Ciò non significa che il romanzo o l’autore giustifichino o concordino con l’ideologia in qualche modo o forma. Al contrario. Ritengo che questo romanzo mostri cosa succede quando chiudiamo i nostri occhi e permettiamo che gli obiettivi a breve termine e gli interessi personali a danno degli altri guidino le nostre azioni.

    Questo libro è dedicato a tutte le vittime delle ideologie, delle vittime di guerra, discriminazione, sterminio, pregiudizio, razzismo e altre azioni disumane dei compagni umani. Lasciamo che il passato ci insegni una lezione. Facciamo sì che il mondo sia un luogo migliore.

    Halfweg, gennaio 2017

    ––––––––

    I due elementi che il viaggiatore intercetta nelle grandi città sono l’architettura extraumana e il ritmo frenetico. Geometria e angoscia.

    -  Federico García Lorca -

    Capitolo 1 – Scontro tra mondi

    Reykjavík - Luglio 1936

    «Voglio essere un vero giornalista.»

    Gunnar provò a ignorare le nuvole di fumo persistenti nell’aria. Era un’abitudine che detestava. I caffè, i negozi e gli uffici erano solitamente pieni di fumo. Il dipinto appeso sulla parete di fronte era vagamente visibile, poiché il sole illuminava le grigie nuvole di nicotina. La sirena e il marinaio. È così che Kjarval, il gran maestro, aveva visto le composizioni di lava e muschio. Il paesaggio dell’Islanda era colmo di creature, naturali e sovrannaturali. Ovunque l’artista guardasse, le rocce e i laghi gli parlavano, raccontando storie e rivelando segreti. Ma Gunnar vide solo delle rocce e del muschio. Nessuna creatura mitologica e nessuna principessa degli elfi. Solo lava e muschio, coperti dal fumo di sigaretta.

    Mise a posto i giornali sul tavolo davanti a lui. La rivoluzione spagnola era in piena azione da una settimana ormai. Notizie di omicidi politici e spargimenti di sangue erano ormai all’ordine del giorno. Insurrezione dell’esercito in Marocco, dicevano. Risse a Madrid e Barcellona. Lotte nelle strade. Molte persone morte o ferite.

    «Sei un giornalista.» Bragi era un uomo magro, quasi fragile. L’assistente dell’editore di Alþýðublaðið, un giornale per i lavoratori. A Gunnar piaceva l’uomo, lo vedeva come un mentore. Aveva preso il ragazzo di diciannove anni un anno prima per insegnargli come intervistare la gente e scrivere articoli di giornale. All’arrivo in città, il giovane, figlio di un contadino, era entrato in un mondo di notizie internazionali e celebrità locali. Avete mai vissuto cose di questo genere in Islanda? tieni in mente che Reykjavík era all’epoca ancora poco più di una città, le persone non consideravano chi era famoso come una celebrità. Cantanti e attori guidavano taxi e lavoravano al porto tra un’esibizione e l’altra. Sembravano meno importanti dei politici, ancora più distanti dalle persone comuni, e Gunnar non poteva avvicinare nemmeno coloro che governavano il paese. Bragi riconobbe il talento del ragazzo ed era intenzionato a fare qualunque cosa pur di coltivarlo. Tuttavia, mandare il ragazzo all’estero, in una zona di guerra, era una follia e oltre le sue possibilità.

    «Sto scrivendo storie sulla cattura di aringhe. Ma, dannazione, mi hai mandato in una fattoria per contare gli agnellini che nascono. Non è per niente giornalismo questo. Essere qui...» Egli mise il suo dito su un titolo che indicava l’enorme quantità di vittime a Saragozza. «Questo è giornalismo.»

    «Ti mando per riportare quei fatti di per cui sei preparato. Sei ancora giovane.»

    «Voglio andare là.»

    «Questo è puro suicidio, Gunnar.»

    «Parlare di agnellini che nascono mi farà morire di noia.»

    «Tu comincia trasmettendo qualcosa di relativamente semplice. Scrivi sulla pesca di aringhe, intervisti gli allevatori di pecore. È così che si comincia. Poi riuscirai a parlare con un cantante lirico, poi con i politici, ma tutto ciò richiede tempo. Hai vent’anni. Hai la tua vita davanti. Succederà. Diventerai un fantastico giornalista, ma prima di tutto devi avere pazienza.»

    «Nessuno riesce a diventare un fantastico giornalista in Islanda.»

    «Di sicuro nessuno ci riesce scappando.»

    «Voglio andare là.» Il suo dito era ancora su Saragozza.

    «E il tuo articolo su Krossanes era davvero buono. Hai smascherato la corruzione. È un passo sulla scalata verso la magnificenza. Sei riuscito a dimostrare ai nostri lettori che cosa un capitalista è pronto a fare sfruttando suoi lavoratori. Tutto questo farà la differenza.»

    «Voglio andare là. Voglio essere un testimone e riferire avvenimenti del mondo.»

    «Vedi cosa dice? Enormi quantità di vittime. È pericoloso.»

    «Non per un giornalista. Di solito non uccidono giornalisti.»

    «Non esserne così sicuro. Quando le guerre vanno fuori controllo, chiunque rappresenta un bersaglio. E questa cosa pare veramente brutale.»

    «Non c’è niente per me qui. Hai idea di quanto migliorerebbe il servizio, se il giornale avesse un inviato direttamente sulla scena? Posso farlo.»

    «Potrà anche essere così, ma non possiamo permetterci di inviarti lì.»

    E andò così. Era l’ultima parola. Il giornale non aveva fondi per mandare una persona all’estero per poi farla restare a galla lì.

    «Io andrò. In un modo o nell’altro, ci andrò.»

    Gunnar si sedette di fronte alla sua macchina da scrivere nel piccolo attico. Ispirato dalle testate delle settimane precedenti, provò a scrivere un editoriale. Una concessione lasciata da Bragi. Riusciva a sentirne il gusto, il gusto di essere un redattore capo presso un giornale nazionale. Mise un foglio nella macchina da scrivere e guardò fuori dalla finestra per un momento, lasciando che la sua mente vagasse per l’Europa, nel passato e nel presente.

    Sorseggiò il caffè, ormai raffreddato, e cominciò a battere a macchina.

    Guerra, fame, epidemie, re pazzi. Non è forse questa la storia dell’Europa in sintesi? Il tardo diciannovesimo secolo aveva promesso un futuro migliore. Con le Nazioni in pace, la tecnologia che avrebbe risolto i nostri problemi, la scienza che avrebbe innalzato le nostre menti e reso il futuro un posto migliore in cui vivere. Sembrava che tutto stesse andando per il meglio, fino a quando giunse quel fatidico giorno d’estate a Sarajevo verso la fine di giugno del 1914.

    Un successore del trono di uno dei principali imperi europei era stato assassinato. Ma la gente continuava con la propria vita, godendosi la meravigliosa estate. I turisti tedeschi prendevano il sole sulle spiagge olandesi, i re andavano in vacanza mentre si stava attivando il meccanismo che avrebbe portato al più grande cataclisma a cui il mondo abbia mai assistito.

    Nel luglio del 1914 ci fu l’ultima occasione che avevamo per scongiurare l’arrivo di un futuro oscuro e cupo, ma nessuno ci fece caso. Dato che gli eserciti erano mobilizzati, la gente dormiva. Una guerra su due fronti avrebbe costituito un pericolo troppo grande, perciò la Germania non ebbe altra scelta che togliere di mezzo la Francia, prima dell’inevitabile invasione russa. E così ebbe inizio la Grande Guerra degli anni 1914-1918.

    Se nel 1910 vi fosse capitato di chiedere a qualcuno come sarebbero stati gli anni ‘20, vi avrebbero molto probabilmente risposto prosperità economica, tecnologia e pace. Ma il 1914 cambiò tutto. Gli anni ’20 furono una decade di povertà, iperinflazione e fame in Europa. Era terreno fertile per la gente pazza con idee malsane. All’alba degli anni ’30, l’economia era precipitata in tutto il mondo, e i tempi erano maturi per chiunque avesse offerto un barlume di speranza. Una via d’uscita. Un futuro migliore. Perché è tutto ciò che vogliamo. Una vita decente e un futuro migliore per noi e i nostri figli.

    La Germania cadde ai piedi di Adolf Hitler nel 1933, non perché fosse un candidato convincente ma perché aveva qualcosa da offrire. Qualunque cosa. La speranza.

    Al giorno d’oggi, non dobbiamo fare altro che leggere i giornali, per capire che se non facciamo nulla, andiamo incontro a un nuovo conflitto europeo, un conflitto devastante per il continente e il pianeta. Ma come avrebbero potuto gli elettori del 1933 capire tutto ciò? E dopo il 1933, nessuno glielo chiese più. Chi crede che le elezioni si sarebbero poi tenute in Germania nove mesi dopo, quando dall’incarico di Hitler erano passati ormai quattro anni?

    I diritti umani furono aboliti dopo l’ascesa al potere dei nazisti, ma questo sembrava comunque un piccolo prezzo da pagare. Quando vennero costruite le autostrade e le fabbriche, la gente ritrovò benessere e dignità. Era così semplice credere alle bugie, perché la verità era così dura da accettare. E chi avrebbe voluto avere difficoltà economiche? La Germania, la parte pezzente d’Europa, era stata trasformata in una grande centrale elettrica. Forse Hitler aveva ragione. Forse erano gli Ebrei, i colpevoli? Ha forse importanza tutto ciò? Come tante scomode verità e bugie, è meglio non pensarci troppo. La qualità di vita è buona ora, e bisogna aspettarselo, di dover fare qualche piccolo sacrificio. Tendiamo a non preoccuparcene troppo, finché non diventiamo noi stessi i sacrifici. 

    Mentre i diritti umani stavano svanendo in Germania, le cose stavano andando verso tutt’altra direzione in Spagna. Le donne avevano pari opportunità per la prima volta nella storia, era un vero Paese democratico. Nessuno aveva mai visto qualcosa di così vicino a un’utopia socialista. Sicuramente c’erano anche scontri, ma sono inevitabili durante le fasi di transizione, e quando le cose vanno migliorate, devono cambiare.

    Difficoltà iniziali. Le ultime due decadi, gli anni 1914-1936, sono state un’impresa ardua. Siamo stati in bilico, guardando verso l’abisso, ma siamo ancora qui. Se la Germania prospera in pace, la democrazia continua a crescere in Spagna e l’economia si riprende pian piano nel resto del mondo, noi potremmo essere diretti verso nuovi anni d’oro.

    L’Islanda non è diversa dal resto dell’Europa. Il Paese è stato una colonia per 650 anni, ma ha ottenuto l’autonomia nel 1918. Dopo aver condiviso il sovrano con la Danimarca, il Paese è ora in grado di stabilire il proprio destino, progettare il proprio futuro. Potremmo essere ancora relativamente poveri, ma il futuro promette bene.

    Se si previene la guerra e se prevale l’ideale socialista, possiamo lasciarci le difficoltà del passato alle spalle e costruire una società giusta.

    Una società socialista.

    Gunnar Ólafsson tolse il foglio dalla macchina da scrivere. L’avrebbero accettata?

    La sua mente viaggiò verso la sua casa d’infanzia nel sudest del Paese. La neve che copriva le dune di sabbia nera. Al marinaio britannico che stava con loro nell’inverno del 1926. Sono già trascorsi dieci anni. La sua nave fu travolta dalla prima tempesta autunnale e loro erano stati trovati sulla spiaggia nera. La nave si era frantumata. Molti uomini erano annegati mentre le onde fredde si frantumavano contro gli scogli appuntiti, mentre altri si erano salvati nella sabbia. Per giorni avevano vagato, attraversato fiumi e camminato a piedi nudi sulla lava ghiacciata.

    Ólafur Sigmarsson, il padre di Gunnar, aveva visto l’uomo giacere nella sabbia e lo aveva portato a casa con sé. L’unico superstite. Avrebbero poi trovato i corpi degli altri uomini nei mesi seguenti. Alcuni non sono mai stati rinvenuti.

    Gunnar, che allora aveva dieci anni, era incantato da questo straniero. Parlava in modo insolito e nessuno poteva capirlo, ma i suoi occhi erano quelli di un uomo gentile e dopo aver recuperato le proprie forze, aveva dato una mano con gli animali e altri lavori agricoli. Le grandi tormente invernali non sembravano mai infastidirlo. Se mai un ragazzo in una parte isolata dell’Islanda avesse avuto bisogno di un eroe a cui appassionarsi, Harry Wilson sarebbe stato l’uomo giusto.

    Harry e Gunnar avevano trascorso le sere del freddo e buio inverno insieme. Erano riusciti a trovare i resti del vascello arenato e a salvare alcune cose. Era stata l’unica volta in cui Gunnar aveva visto Harry piangere. Il giorno in cui avevano trovato la nave e lui aveva capito che si trovavano a due ore a piedi dalla fattoria più vicina. I suoi compagni di bordo erano morti perché si erano avviati verso la direzione sbagliata.

    Harry si era concesso un piccolo momento di cordoglio, ma poi si era alzato ed era andato a lavorare. Nella nave c’erano ancora cose da salvare, prima che la sabbia la inghiottisse tutta.

    Mentre i grandi non disdegnavano il rum, ciò che più rendeva Gunnar felice erano i libri. Lui non li capiva, ma Harry era molto paziente e passava le serate a insegnare al ragazzo questa strana lingua straniera. Prima di Natale, Gunnar era in grado di sostenere conversazioni con Harry e, poco dopo Capodanno, era in grado di leggerne alcune.

    Il ragazzo era diventato un interprete, poiché i grandi non sembravano affatto essere in grado di imparare la lingua. Ciò li aveva spinti a fare tutto insieme. Gunnar era come una luna, un satellite che seguiva Harry ovunque andasse e lo aiutava a comunicare con gli altri.

    I libri erano di ogni tipo. Moby Dick aveva a che fare con un cacciatore di balene e la sua ossessione per la cattura di quella bestia gigante. C’erano alcuni libri di un certo William Shakespeare. Harry diceva che si trattava del più grande drammaturgo che l’Inghilterra abbia mai prodotto. Sarà anche così, ma Gunnar li trovava difficili da leggere. E poi c’era un libro su una spedizione in Islanda. Erano andati nel ghiacciaio Snæfellsjökull e avevano trovato un mondo fantastico, pieno di bestie feroci e pericoli. Si trattava del primo libro che Gunnar aveva letto, la ragione per cui voleva disperatamente imparare l’inglese.

    Per fortuna, questo strano individuo dall’Inghilterra non aveva intenzione di andare da nessuna parte. Ólafur aveva contattato le autorità di Reykjavík, ma era stato deciso che l’uomo sarebbe rimasto per l’inverno. Avrebbero dovuto attraversare fiumi senza ponti e viaggiare per centinaia di chilometri per portarlo in città, sarebbe stato quindi meglio aspettare la primavera.

    Harry era attratto dai tetri mesi invernali. Amava il fatto che dalla mattina si passasse alla sera senza avere in mezzo molta luce. Una stagione di tramonti eterni e oscurità che lasciava al marinaio e al figlio del contadino molto tempo per discorrere sul mondo e sulle persone che lo avevano reso speciale. Oh, quanto avevano riso per il fatto che nei libri gli islandesi parlassero borbottando. Harry non lo aveva mai capito, ma tutto ciò era comprensibile. Sarebbe un bel colpo riuscirci, ma non si può certo incolpare Jules Verne per non essere stato in grado di scrivere in islandese.

    Con l’arrivo della primavera e con essa, delle navi, Harry li aveva lasciati. Nel tardo maggio 1927, il vigoroso marinaio aveva dato un forte abbraccio al ragazzino undicenne. In quel periodo, potevano parlare di qualunque cosa. Gunnar parlava inglese fluentemente. Il mondo era diventato infinitamente più grande e più interessante grazie a Harry. Gunnar aveva pianto come un ragazzino che aveva perso il padre. Come un amante che guarda il suo amore annegare senza essere in grado di poter fare qualcosa.

    Harry, stringendo il ragazzo fra sue braccia, aveva promesso che gli avrebbe scritto. «Resteremo in contatto. Quando sarai abbastanza grande, potrai venirmi a trovare a Grimsby. Scriverò...» Il marinaio era salito su un cavallo che stava attendendo pazientemente e guardava il ragazzo da lassù. Aveva sorriso ed era come se un raggio di sole stesse splendendo su di lui. Dopodiché, i cavalli avevano agitato le loro teste e Harry era andato via. Il ragazzo era rimasto lì in piedi, agitando la mano, fino a quando gli uomini erano spariti dietro a una collina. Era rimasto lì, fino a quando gli uomini erano ricomparsi molto più lontano, rimpiccioliti dalla distanza. Agitava la mano, con le lacrime agli occhi, mentre i cavalli portavano via Harry oltre una collina lontana e i puntini sparivano.

    Niente sarebbe stato più come prima. Il ragazzo aveva gustato sapori da altri mondi. Moriva dalla voglia di saltare giù da questo treno lento, che la vita aveva scelto per lui. Non sarebbe mai diventato un contadino in una zona isolata di un paese isolato. Gunnar voleva vedere il mondo per sé, gustare sapori e sentire odori. Quando Harry se n’era andato, Gunnar era andato con lui. Non fisicamente, ci sarebbero voluti anni, ma niente lo avrebbe trattenuto.

    Rifiutarono il suo pezzo. Fu letto come se fosse una lezione di storia, non era abbastanza socialista ed era troppo indulgente con Hitler. «Quel mostro non merita compassione,» disse Bragi. E si può ottenere un futuro socialista con una rivoluzione, non facendo i carini con i fascisti. «E devi menzionare nostro grande leader, Stalin.» Gunnar avrebbe dovuto provarci di più, prima di riuscire a occuparsi degli editoriali.

    Negli anni ’30, Reykjavík era una piccola città, perciò era facile incontrare i propri amici per caso. Indriði era un reporter per il Morgunblaðið, un quotidiano tendente verso destra. A volte prendevano un caffè insieme, per lo più quando si incontravano casualmente per strada.

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