Ci scriverò un racconto…
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Un romanzo breve seguito da nove racconti che tutti possono leggere.
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Anteprima del libro
Ci scriverò un racconto… - Roberto Pozzi
Roberto Pozzi
Ci scriverò un racconto…
Cavinato Editore International
© Copyright 2015 Cavinato Editore International
ISBN: 978-978-88-6982-055-7
I edizione 2015
Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. I diritti di traduzione, di mem-orizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi
© Cavinato Editore International
Vicolo dell’Inganno, 8 - 25122 Brescia - Italy
Q +39 030 2053593
Fax +39 030 2053493
cavinatoeditore@hotmail.com
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www.cavinatoeditore.com
Progetto grafico, copertina e impaginazione Rakesh Kumar Sharma
Indice
Ci scriverò un racconto…
CONTRATTEMPO
L’INCONTRO
BARBARA E MICHELE
INIZIA LA RICERCA
PADRE LUDOVICO
TICINUM
DERBY
LO SCRITTORE
IL RACCONTO DI BARBARA
IL DUBBIO
TEMPO DI CRISI
SCRIPTA MANENT
IL VOLO
INCONTRO IN BIBLIOTECA
RITORNO ALLA NORMALITA’
IL CONTRATTO
DUE SETTIMANE DOPO
… e i racconti di Andrea? Eccoli!
La partita truccata
L’ultima di campionato
Previsioni meteo
Notte prima degli esami
La multa
L’incontro
La zingara
La mancia
La cara vecchia Focus
I personaggi, i fatti e i misfatti descritti in questo libro sono frutto della fantasia: ogni eventuale riferimento alla realtà è puramente casuale.
Roberto Pozzi è nato nel 1959 a Milano, ma è pavese: le sue origini sono a Inverno, località dove è cresciuto, a una ventina di chilometri da Pavia, dove vive dal 1987.
A Milano ci torna ogni mattina da più di trent’anni: è bibliotecario al Collegio San Carlo, prestigiosa scuola cattolica del capoluogo; diciassettemila libri gli fanno compagnia ogni giorno in una meravigliosa sala cinquecentesca.
Ci scriverò un racconto…
è il suo secondo libro: nel 2013 ha pubblicato, con Loquendo Editrice, Storie della Bassa e altri racconti
.
Appassionato di fotografia, è anche autore dell’immagine in copertina.
"Leggere, fotografare, scrivere erano i suoi modi per sentirsi vivo, la sua professione non gli dava molte soddisfazioni, nessuna gratificazione a parte quella economica. Ma Andrea non aveva certo mire di ricchezza o di potere, a lui bastava un po’ di considerazione, quella attenzione che nel suo ambiente di lavoro non aveva mai sperimentato.
Andrea aveva acceso il suo pc e spalancato la finestra dello studio, il silenzio e il fresco della notte lo ispiravano, il racconto si componeva veloce e leggero sulla pagina Word".
Per fortuna di Andrea, tra noi ce ne sono tanti. Tenaci lottatori che vogliono vedere realizzati i proprio sogni, difendono una passione, al di là del logorio della routine. Il sogno di Andrea è veder pubblicati i suoi racconti. Un sogno per il quale ruba tempo al lavoro, e soprattutto alle fatiche quotidiane delle vita da pendolare. Amici e parenti lo incoraggiano, lo sostengono, ma lui cerca un riscontro oggettivo. Cerca una casa editrice.
E scopre la giungla.
"Buongiorno signor Zanotta, abbiamo buone notizie per lei, il nostro team di lettura ha approvato il suo testo. Le manderemo una valutazione scritta e un contratto, lo riceverà per raccomandata nei prossimi giorni. Le devo anticipare che sul contratto troverà una cifra: è il contributo per la pubblicazione che chiediamo ai nostri autori.
Ah, chiedete un contributo?
Un malvezzo, il contributo agli autori, che Andrea scoprirà essere piuttosto diffuso in questa giungla dell'editoria in cui si è avventurato. Ma dicevamo, di Andrea, come di Roberto Pozzi, tenaci paladini delle proprie passioni, ce ne sono più di uno. Per fortuna. Ecco perché ora state sfogliando questo libro. Andrea e Roberto hanno attraversato la giungla, senza arrendersi.
Betta Carbone
CONTRATTEMPO
Una corsa giù per le scale, poi via, a perdifiato verso la metropolitana: voleva arrivare in tempo per salire sul treno delle 18,00. Di solito viaggiava in pullman, ma nel pomeriggio aveva appreso dalla radio di un mega-tamponamento avvenuto sulla A7 in cui erano stati coinvolti numerosi mezzi: automobili, furgoni e qualche TIR, con il risultato di avere l’autostrada bloccata e i caselli chiusi fino a Casei Gerola.
Così Andrea decise di prendere il treno.
Proprio in quel momento si scatenò un violento temporale, era stato annunciato fin dal primo pomeriggio da vento, lampi e tuoni. L’ombrello, manco a dirlo, era rimasto in ufficio, a naturale conclusione di una giornata da bollino rosso in una settimana da bollino nero, durante la quale non ne era andata bene una.
In ufficio un’epidemia improvvisa aveva colpito tre colleghi. Così erano rimasti solo lui e Filippo, con un sacco di lavoro urgente da sbrigare; e Andrea non sopportava di ritrovarsi con l’acqua alla gola.
Di acqua, poi, quel pomeriggio ne prese tanta, correndo verso la stazione sotto la pioggia incessante. Ormai bagnato fradicio, acquistò al volo un biglietto, raggiunse il treno e riuscì persino a trovare posto a sedere.
Ce l’ho fatta: tra un’oretta sarò a casa
, pensava. Dalla Centrale a Pavia circa 25 minuti, poi però dovrò farmela a piedi… spero solo che smetta di piovere.
Era in corso dal pomeriggio uno sciopero dei mezzi pubblici locali: niente autobus dalle 16,00 fino a fine servizio.
Cercò di asciugarsi con dei fazzoletti di carta, poi, sfinito e ancora col fiatone, appoggiò la testa al sedile. Non vedeva l’ora di fare una doccia calda e di infilarsi nel letto; era stanco e pensava al giorno dopo, all’idea di tornare all’Oasi per scattare qualche fotografia: c’era già andato la settimana precedente.
Fotoamatore da diversi anni, non aveva però la minima esperienza di scatti naturalistici; non a caso la prima uscita era stata insoddisfacente. Si era documentato su alcuni manuali, su qualche sito specializzato e infine aveva chiesto consigli a Giorgio, il quale gli aveva prestato un teleobiettivo per catturare immagini più ravvicinate e nitide. Mentre immaginava nel mirino gli aironi, le cicogne e i due pellicani che non era riuscito a riprendere il sabato precedente, si addormentò.
Prego, biglietti
, una voce stridula interruppe i suoi… profondi pensieri. Prego, biglietti!
Andrea mostrò il suo Milano-Pavia e il controllore, per tutta risposta sentenziò: Mi spiace signore, lei è in contravvenzione.
E perché mai? Il biglietto è valido, è regolarmente obliterato.
Sì, è valido fino a Pavia, ma qui siamo oltre Tortona!
Tortona?
Guardò dal finestrino in cerca di una conferma e infatti vide un paesaggio non familiare. Oh, caz… mi devo essere addormentato… non potrebbe chiudere un occhio?
Ah ah ah… lei li ha chiusi tutti e due gli occhi!
Per fortuna era di buonumore. Beh, vista la situazione, non le faccio pagare la multa ma il supplemento, quello sì. Scende a Genova, immagino.
Genova, bella città, Andrea c’era stato una sola volta, di passaggio.
Certo, a Genova
, pagò il dovuto e salutò il solerte controllore tra i sorrisini divertiti degli altri viaggiatori. Di fianco a lui un giovanotto elegantissimo manovrava freneticamente un pc, mentre, di fronte, una ragazza dall’aspetto un po’ naif ascoltava musica da un i-Pod; tornavano a casa dopo una settimana di lavoro o di studio, la giovane doveva essere un’universitaria, un grosso volume di chimica si intravvedeva nel suo zaino semiaperto.
Andrea aveva un gran senso dell’ironia e gli piaceva prendersi in giro. Aprì la borsa nella quale teneva un kit di sopravvivenza, dove c’era di tutto (dall’immancabile fotocamera digitale al coltellino svizzero, quello multifunzionale con un sacco di strumenti incorporati, dagli occhiali di scorta a un piccolo set di micro-cacciaviti). Tirò fuori un foglio, un pennarello e un nastro adesivo. Scrisse sul pezzo di carta in stampatello PER FAVORE, SVEGLIATEMI A GENOVA
, se lo appiccicò alla giacca e appoggiò la testa al sedile.
Arrivo, vado a bere un bel caffè e poi prendo il primo treno per il ritorno.
Si trovò improvvisamente in una situazione insolita e curiosa; proprio lui, un abitudinario di prima categoria. La sua condizione di single gli permetteva una certa libertà di manovra e di pensiero: Vabbè, tanto a casa non c’è nessuno ad aspettarmi, posso anche cercare un albergo per dormire e tornare domani.
In effetti, in casi come questo, il fatto di vivere soli era un piccolo vantaggio, ma quante volte aveva sofferto proprio per tale condizione.
Potrei telefonare a Lorenzo, magari può ospitarmi per questa notte…
Lorenzo Malavasi era un vecchio amico, si conoscevano sin da bambini, quando abitavano nello stesso palazzo in piazza Emanuele Filiberto; avevano fatto tutte le scuole insieme, dalle elementari alle superiori, ma all’università le loro strade si erano separate. Lorenzo era diventato ingegnere aeronautico e, una volta laureato, aveva trovato lavoro a Genova, dove si era trasferito.
Però non ci sentiamo da molto tempo, sarebbe antipatico chiamarlo solo per una necessità, a quest’ora poi…
Sul tabellone delle partenze della stazione Principe erano segnalati diversi ritardi e qualche corsa soppressa, comunque un’ora dopo sarebbe partito un treno per Milano.
Ottimo!
Pensò Andrea mentre entrava nel bar per prendere il caffè.
Si fa prima lo scontrino.
Lo avvisò il barista.
Allora si avvicinò alla cassa: Un caffè macchiato, la Settimana Enigmistica e un gratta e vinci, per favore
.
Il caffè e la Settimana gli servivano per stare sveglio durante il viaggio di ritorno, non voleva rischiare di addormentarsi di nuovo e di finire a Milano; il gratta e vinci lo prese casualmente, non era un giocatore abituale.
Mentre aspettava il caffè, appoggiato al bancone, si mise a grattare il biglietto con una moneta; naturalmente il suo non era un tagliando vincente, non aveva mai vinto nulla… perché mai sarebbe dovuto accadere quella sera?
Bevve il caffè e gettò nel cestino il biglietto. All’improvviso un urlo: un signore, che era dietro di lui, in coda poco prima alla cassa, aveva acquistato un gratta e vinci e si era appena accorto di aver trovato un premio da ventimila euro!
Ma porc...
Pensò Andrea. Fossi arrivato trenta secondi dopo…
Evidentemente era proprio una settimana da bollino nero!
Un’ora più tardi era di nuovo in viaggio, alle prese con un Bartezzaghi.
Quando il treno entrò alla stazione di Pavia era già passata la mezzanotte. Andrea era abituato ad andare a dormire verso le ventitré e quando gli capitava di sforare (se gli scappava l’ora
, come diceva lui) correva il rischio di passare la notte in bianco. In più doveva andare a casa a piedi: una passeggiata fuori programma e fuori orario.
Si ricordò di non aver cenato. Dal panino della pausa pranzo fino ad allora aveva preso solo quel caffè a Genova e gli era anche andato di traverso per via del gratta e vinci. Trovò una pizzeria ancora aperta, prese una quattro stagioni e una birra; dopo l’ultimo bicchiere si incamminò verso casa. Per fortuna aveva smesso di piovere, il temporale del pomeriggio si era ormai esaurito, anche se si vedeva ancora qualche lampo e si udiva un lontano borbottio di tuoni. Il vento aveva portato le turbolenze verso le colline. Si sentiva l’odore della pioggia e della strada bagnata; l’aria era pulita e tutto sommato si camminava piacevolmente. Certo, da piazza Minerva al Vallone, il tragitto non era breve, si trattava in pratica di attraversare Pavia, ma Andrea aveva voglia di fare quattro passi dopo tutte le ore passate sui treni.
Viveva già da diversi anni in un appartamento abbastanza grande, non di lusso ma dignitoso, in una palazzina degli anni Sessanta in via Solferino; era al pianterreno e aveva un piccolo giardino privato. L’aveva acquistato dopo aver trovato lavoro a Pavia perché, dopo una carriera scolastica da pendolare, non aveva più intenzione di rincorrere pullman e treni.
Quando, un paio d’anni più tardi, l’ufficio del personale gli comunicò il trasferimento a Milano gli crollò il mondo addosso, non ci voleva credere. Per un po’ di tempo cercò in tutti i modi di cambiare lavoro, ma alla fine dovette rassegnarsi.
Arrivato a casa si tolse i vestiti e si infilò subito sotto la doccia; ne uscì profumato e rilassato dopo una ventina di minuti, ma a quel punto non aveva più sonno: gli era scappata l’ora!
Questa notte niente sonno e niente sogni.
Parlava da solo; in casa gli capitava di frequente e, ripensando al fuori programma iniziato con la dormita in treno, si disse: Be’, in fondo è stato anche divertente, ci scriverò un racconto
. Così si mise al computer e iniziò: la scrittura era una delle sue passioni.
Aveva cominciato partecipando ad un concorso letterario, uno dei tanti trovati navigando in internet. Il risultato non era stato esaltante, ma lui si era divertito molto e da allora, ogni tanto, scriveva qualche novella frugando tra i ricordi, gli episodi della giovinezza e le storie sentite dai vecchi del suo paesino d’origine. Gli piaceva raccontare di un mondo che ormai non c’era più.
Uno dei suoi sogni era quello di moltissimi aspiranti scrittori: riuscire a pubblicare un libro. In primo luogo perché era un gran lettore, ma soprattutto perché aveva constatato che i suoi scritti piacevano a tutte le persone a cui li aveva fatti leggere, soprattutto a Barbara.